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Autore: John Spangler    15/01/2016    1 recensioni
Dopo aver lasciato la piccola città di Cocoyashi, Nami Watanabe e sua madre si trasferiscono nella metropoli di Loguetown, una delle perle della California meridionale, per iniziare una nuova vita. Tra amori, drammi e problemi vari, le loro vicende si intrecceranno con quelle degli altri abitanti di Loguetown, mentre intanto il boss mafioso Crocodile conduce nell'ombra i suoi loschi affari, con la collaborazione del Joker. Come andrà a finire? Lo scoprirete solo leggendo questa storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Pieces'
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Capitolo 1: Arrivo a Loguetown

 

16 Novembre 2015

Da qualche parte nella California meridionale

Sulla strada per Loguetown

 

Un'automobile nera percorreva a velocità elevata la strada polverosa, illuminata dal sole del tardo pomeriggio. Era una Chevrolet Impala Sport Sedan del 1967, molto ben tenuta e carica di roba fino all'inverosimile. A bordo vi erano due donne, entrambe coi capelli rossi: una quarantenne con un paio di occhiali da sole dalle lenti a specchio che cantava a squarciagola, e una ragazza di venti anni che si copriva le orecchie con le mani e pregava qualunque divinità fosse all'ascolto di porre fine a quel supplizio.

 

- HIIIGHWAAAY TOOO HELLL! I'M ON A HIIIGHWAAAYYY TOOO HEEELLL!-

 

Il nome della donna era Kyoko Watanabe, ma molti la chiamavano col suo soprannome, Bellemere (Anche se nessuno sapeva che origine avesse, questo soprannome, e del resto lei non lo aveva mai spiegato). La ragazza era sua figlia Nami (C'è da dire che, nonostante i nomi giapponesi, le due erano americane al 100%), e in quel momento desiderava ardentemente essere sorda. Il fatto era che sua madre, oltre ad un taglio di capelli decisamente bizzarro, possedeva anche una delle voci più stonate d'America. E dato che Nami non aveva mai avuto il cuore di dirglielo, la donna continuava imperterrita a tormentarle le orecchie.

 

Fortunatamente, poco dopo la canzone finì e Bellemere spense la radio. Nami sospirò e riportò le braccia nella loro posizione originaria. Si girò e si mise a guardare il paesaggio fuori dal finestrino con un'aria leggermente malinconica.

 

Sua madre se ne accorse.- Perchè quella faccia, Nami? Cerca di sorridere. Stiamo per iniziare una nuova vita, in fondo.-

 

Qualche ora prima Bellemere aveva ricevuto una telefonata da parte di sua sorella, il cui marito gestiva un pub a Loguetown. L'aiuto-cuoco del locale si era appena licenziato, e lei, d'accordo col marito, aveva pensato di offrirle non solo il posto, ma anche un appartamento accanto al pub. Bellemere aveva accettato con gioia: era disoccupata da più di due settimane, e per quanto si fosse data da fare non era riuscita a trovare un lavoro. Lei e Nami erano andate avanti con i pochi risparmi che avevano da parte. Quell'offerta era arrivata proprio al momento giusto. Perciò, dopo aver affidato la casa a una persona di fiducia, avevano impacchettato le loro cose, le avevano caricate sull'Impala (Che, miracolosamente, era riuscita a trasportarle tutte senza esplodere), ed erano partite alla volta di Loguetown.

 

Inoltre, da un pò di tempo la donna stava pensando di lasciare Cocoyashi, la piccola città in cui lei e sua figlia vivevano. Non che fosse un brutto posto, tutt'altro. Era semplicemente una città con poche prospettive (Per intenderci, il tipo di cittadina di provincia da cui i giovani con un minimo di ambizione e di buonsenso cercavano di scappare il prima possibile), e lei voleva che sua figlia avesse una possibilità di realizzarsi.

 

Nami, invece, era un pò meno entusiasta. Certo, anche lei desiderava cambiare aria, ma Cocoyashi era pur sempre la città in cui era cresciuta, il luogo in cui vivevano i suoi amici (Quei pochi che le erano rimasti, almeno. Molti li aveva persi di vista negli anni). E soprattutto, era anche il luogo in cui aveva incontrato il suo primo amore, una ragazza di nome Kayme.

 

Era successo sei anni prima: Kayme e la sua famiglia erano venuti ad abitare accanto alla casa di Nami. Le due avevano fatto subito amicizia, ma questa dopo un pò si era trasformata in qualcos'altro. Per Nami era stata una rivelazione. Dopo tanti dubbi, aveva finalmente capito di essere lesbica (Ma non l'aveva ancora detto a sua madre, nonostante fossero passati tanti anni). Il rapporto con Kayme era durato poco più di tre anni, poi si erano lasciate, pur rimanendo amiche. Qualche mese dopo, la sua famiglia si era dovuta trasferire in Canada, e da allora Nami non l'aveva più rivista. Oltre ai bei ricordi, di quel rapporto le era rimasto anche un'altra cosa: un tatuaggio sulla spalla sinistra, che lei e Kayme si erano fatte per festeggiare il loro primo anniversario. Era una specie di girandola con attaccato un mandarino. A sua madre aveva spiegato che era un'immagine vista su un giornale; fortunatamente, la donna aveva accettato la spiegazione senza battere ciglio.

 

Su con la vita, Nami, pensò la ragazza. Pensa al lato positivo: Loguetown è una città grande, e potrà darti più spunti per capire cosa vuoi fare.

 

A differenza di molti suoi amici, Nami ancora non sapeva cosa fare nella vita. Finito il liceo, aveva deciso di non andare al college e prendersi un periodo di riflessione (Inizialmente Bellemere aveva protestato, ma alla fine aveva ceduto, soprattutto dopo che Nami le aveva ricordato che non avevano abbastanza soldi per pagare il college), facendo solo dei lavoretti qua e là, per guadagnare qualche soldo e aiutare sua madre. All'inizio aveva sperato che in quel modo le sarebbe venuta un'ispirazione, ma purtroppo non era andata così: dopo tanto tempo, Nami non aveva ancora deciso quale sarebbe stato il suo lavoro. E la cosa iniziava a darle fastidio.

 

- Eccoci qui! Loguetown a ore dodici!-

 

Nami guardò davanti a sè e vide i primi edifici di Loguetown.

 

- Ti ricordi dov'è il pub?- chiese a sua madre.

 

- Certo, per chi mi hai preso? Non è mica la prima volta che vengo qui. Se non c'è traffico, arriveremo lì tra massimo una decina di minuti.-

 

Invece, il traffico c'era. Le due avevano avuto la sfortuna di arrivare proprio nell'ora di punta, e ci misero più di mezz'ora per arrivare a destinazione; un lasso di tempo che Bellemere trascorse imprecando e facendo gesti minacciosi verso gli altri automobilisti, i quali ricambiarono con gioia. Nami era abituata al carattere di sua madre, e non ci fece caso più di tanto.

 

- Ma tu guarda quel...se lo becco di nuovo, gli mollo un pugno su quel grugno da porco!- Digrignò i denti e si guardò attorno.- Allora, dove diavolo...ah, eccolo lì!-

 

Accostò vicino al marciapiede e spense la macchina. Scese, seguita a ruota da Nami, e si prese un attimo per guardare il luogo dove avrebbe lavorato da lì in poi. Aveva l'aspetto di un tipico pub irlandese, e sull'insegna c'erano il nome del locale scritto in grandi lettere rosse, Red Force, e il suo simbolo, la sagoma di un antico galeone, anch'essa rossa.

 

Il Red Force era famoso in tutta Loguetown. Sebbene non fosse certo elegante e raffinato come l'altro famoso ristorante della città, il Baratie, aveva comunque un gran numero di clienti che venivano lì per l'atmosfera confortevole e i prezzi accessibili. Il periodo migliore era quello in cui si festeggiava San Patrizio, perchè anche chi non era irlandese veniva al Red Force per fare baldoria. Insomma, Bellemere aveva davvero delle ottime prospettive.

 

La donna trasse un respiro profondo e si tolse gli occhiali, infilandoli in una tasca della camicia.- Ok, basta perdere tempo. Entriamo, Nami.-

 

Aprì la porta, facendo suonare il campanello posto all'entrata, e si guardò attorno. Non c'era nessuno, e le sedie erano tutte state poggiate sui tavoli. Questo, unito all'odore di detergente nell'aria, fece capire a Bellemere che qualcuno stava facendo le pulizie. E infatti, pochi secondi dopo, da una porta all'estremità opposta della stanza uscirono due ragazzi, ognuno con in mano un secchio e una ramazza. Avevano entrambi i capelli neri e sembravano molto giovani, e uno dei due aveva un naso molto lungo e la pelle scura. Appena videro lei e Nami, posarono a terra gli oggetti e le vennero incontro.

 

- Buongiorno signora, possiamo aiutarla?- disse il ragazzo dalla pelle scura, con un accento che denotava una chiara origine straniera.

 

- Sì, sto cercando il proprietario. E' qui?-

 

- E' nel suo ufficio, aspetti che vado a chiam...-

 

- Non preoccuparti, ci penso io.- Si mise una mano attorno alla bocca.- SHANKS! VIENI FUORI, BASTARDO DI UN IRLANDESE!-

 

Da una porta accanto a quella da cui erano venuti i due ragazzi giunse il rumore di una sedia che veniva spostata, seguito da dei passi. Subito dopo, nella stanza entrò un uomo alto, di bell'aspetto, con dei capelli rossi che gli arrivavano alle spalle. Il suo nome era Cassidy O'Malley, detto Shanks, proprietario del Red Force e cognato di Bellemere. Vedendo quest'ultima, l'uomo ridacchiò e incrociò le braccia.

 

- Vedo che non hai perso nulla della tua raffinatezza, cara Kyoko.-

 

Bellemere si avvicinò a suo cognato e gli diede una pacca sulle spalle che quasi lo ammazzò, per poi abbracciarlo.- E tu sei sempre il solito, caro cognatino. A proposito, tua moglie e tua figlia dove sono?-

 

Shanks si massaggiò una spalla dolorante.- Makino è andata a fare la spesa. Nojiko invece è in vacanza in Francia, tornerà tra una settimana...- Non fece in tempo a finire la frase che fu investito da una palla di cannone rossa.

 

- Zio Shanks!-

 

Il poveretto barcollò un attimo, poi riuscì a liberarsi dalla stretta della ragazza.- Ehi, ma tu e tua madre state cercando di uccidermi?- disse in tono scherzoso.- Allora, come sta la mia nipotina preferita?-

 

- Benissimo. Oh, sono così contenta di vederti!- Per dare un'ulteriore prova della sua felicità, la rossa decise di stritolare di nuovo suo zio con un abbraccio. Per fortuna, Bellemere intervenne prima che potesse rompergli qualcosa.

 

Subito dopo, Shanks presentò alle donne i due ragazzi che le avevano accolte all'ingresso. "I miei due schiavi", come li definì scherzosamente lui, che in realtà erano i due camerieri del locale e che, occasionalmente, si occupavano delle pulizie. Il ragazzo col naso lungo e la pelle scura si chiamava Usop Abacar, ed era un turista brasiliano arrivato da poco in America. L'altro invece era americano, e il suo nome era Rufy D. Monkey. Avevano entrambi la stessa età, cioè un anno in più di Nami, e sembravano molto simpatici. Finite le presentazioni, Shanks decise di offrire una birra a tutti i presenti, per festeggiare l'arrivo delle due donne.

 

Zio Shanks è davvero una brava persona, pensò Nami mentre guardava suo zio versare la birra nei boccali. Vorrei averlo avuto anche io un padre così.

 

***

 

18 Luglio 2003

Cocoyashi, California, USA

Una casetta in periferia

 

- Ecco che arriva l'onda!-

 

Nami ridacchiò e alzò un braccio per coprirsi, venendo subito colpita da una piccola massa d'acqua. Decisa a ricambiare il favore, mise le mani a conca e le immerse nell'acqua, lanciando poi il contenuto addosso a sua madre.

 

Bellemere rise e accarezzò i capelli di sua figlia.- Va bene, Nami. Ora usciamo da qui, prima che ci spuntino le branchie.-

 

Madre e figlia uscirono dalla vasca da bagno e presero gli accappatoi. Nami indossò il proprio e iniziò ad asciugarsi, guardando sua madre fare altrettanto. Di solito, quando la guardava, pensava che da grande avrebbe voluto diventare bella come lei. Stavolta, invece, i suoi pensieri erano rivolti in un'altra direzione. C'era qualcosa che voleva chiederle da quando era tornata a casa, dopo aver passato il pomeriggio al parco con le sue amiche, ma fino a quel momento aveva sempre esitato. Non aveva mai affrontato quell'argomento con sua madre, non in maniera approfondita, e aveva un pò paura della sua reazione. Tuttavia, alla fine si decise. Se continuo così, pensò la bambina, non farò altro che tormentarmi. Meglio chiederglielo e non pensarci più. Abbassò le braccia e prese un respiro profondo.- Mamma?-

 

- Sì, Nami?-

 

- Ecco, c'è una cosa che volevo chiederti...-

 

- Di che si tratta?-

 

Nami esitò un attimo e guardò negli occhi sua madre. Ora o mai più, si disse.- M-mi parleresti un pò del mio papà?-

 

Bellemere interruppe quello che stava facendo e alzò un sopracciglio.- Il...il tuo papà? Perchè?-

 

- Oggi, al parco, la mia amica Perona stava parlando di suo padre, e mi è venuto in mente che io del mio non so quasi niente. So solo che è morto prima che nascessi. Me ne parli, per favore?-

 

Bellemere si accarezzò il mento, palesemente nervosa.- Credo che sia meglio di no...-

 

- Per favore, mamma.- La bambina guardò sua madre con un'espressione così tenera che la fece capitolare immediatamente.

 

La donna sospirò.- Va bene, in fondo è giusto che tu sappia. Sediamoci che te ne parlo.-

 

Bellemere si sedette sul bordo della vasca, seguita da sua figlia. La prese per mano e la guardò negli occhi.- Tuo padre si chiamava Arlong Fishmann, ed era...- Esitò un attimo, poi riprese a parlare.- Non ti mentirò, Nami. Tuo padre era una persona orribile.

 

- L'ho incontrato a Loguetown, verso la fine del 1994. Io e la nonna eravamo andate a trovare zia Makino, che all'epoca non stava tanto bene. Un giorno, mentre stavo facendo una passeggiata, mi si avvicina un uomo che mi chiede una roba che adesso non ricordo neanche. Comunque, quell'uomo era tuo padre. Iniziammo a chiacchierare, e mi chiese se quella sera ero libera. Io gli dissi di sì, e poi...beh, per farla breve, iniziammo a frequentarci. Aveva il doppio dei miei anni, ma non mi importava. Era affascinante, e mi faceva ridere.- Abbassò un attimo lo sguardo e sospirò.

 

- Poi, qualche mese dopo, scoprii che...che frequentava altre ragazze. E non solo: era anche sposato, e aveva quattro figli. Lo affrontai, chiedendogli spiegazioni, e lui...mi picchiò. Mi disse un sacco di cose brutte, e poi se ne andò. Non lo rividi mai più. Mi sentivo talmente male che non parlai a nessuno della cosa, neanche a zia Makino.

 

- Tornai a Cocoyashi. Qualche giorno dopo, venni a sapere che tuo padre era morto in un incidente aereo assieme ad altre persone. E contemporaneamente, scoprii di essere incinta. Fine della storia.-

 

La piccola Nami era rimasta a bocca aperta per lo stupore. Aveva sempre pensato che tra suo padre e Bellemere fosse successo qualcosa di brutto, ma non avrebbe mai immaginato una cosa del genere.- Era...era davvero così cattivo?-

 

Bellemere annuì con tristezza.- Già. Il tipo di uomo che ti fa odiare l'intero genere maschile.-

 

La bambina strinse più forte la mano di sua madre.- Scusa se te l'ho chiesto.-

 

- Tranquilla, è tutto a posto. E' passato tanto tempo, ormai. E poi avevi il diritto di sapere.-

 

Nami fece per dire qualcosa, ma si bloccò. C'era un'altra cosa che voleva chiedere a sua madre.- Mamma...tu volevi dei figli, all'epoca?-

 

- Beh, ero parecchio giovane. Avere dei figli non era proprio in cima alla lista delle mie priorità. Perchè?-

 

Le labbra della bambina iniziarono a tremolare.- Allora...allora io sono nata per errore.-

 

Bellemere trasalì.- Che...che stai dicendo?-

 

- P-perona h-ha detto che...che quando i figli nascono senza che i genitori li vogliano...nascono per errore...- Una lacrima le scese da un occhio, rigandole la guancia.

 

Bellemere strabuzzò gli occhi.- NON DIRLO NEANCHE PER SCHERZO!- Si ricompose e prese il viso di sua figlia tra le mani.- Nami, non devi ascoltare quello che dice quella str...quella strega. E' vero che all'epoca non pensavo ad avere dei figli, ma tu non sei un errore! L'errore è qualcosa di brutto. E tu...tu sei una sorpresa. La sorpresa più bella che potesse capitare nella mia vita.- Le baciò la fronte e la abbracciò, stringendosela forte al petto.- Sei mia figlia, e ti voglio un bene dell'anima.-

 

Nami singhiozzò e scoppiò a piangere. Ma erano lacrime di felicità. Quelle semplici parole le avevano tolto qualsiasi dubbio.- Ti...ti voglio bene anche io, mamma.-

 

 

NOTA DELL'AUTORE: La canzone cantata da Bellemere all'inizio del capitolo è "Highway to hell", degli AC/DC. La sua auto, invece, è un piccolo riferimento alla serie tv Supernatural. Il cognome di Usop l'ho preso da "Malê Rising", una storia che ho letto qualche tempo fa sul sito alternatehistory.com (si tratta di un'ucronia in cui l'autore immagina un percorso storico alternativo per l'Africa e il resto del mondo.)

 

Lo so, una nota molto stringata, ma non sapevo cosa dire. Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ci rivediamo tra due settimane col prossimo capitolo. A presto!

  
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