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Autore: anastasia in love    15/01/2016    1 recensioni
(Toby&Spencer)
Prendendo spunto da alcuni spoiler usciti in questi mesi e dallo speciale di novembre, ho immaginato come potrebbe essere
l'incontro tra questi due personaggi che adoro. Il primo capitolo tratterà il tutto dal punto di vista di Spencer mentre il secondo attraverso le sensazioni di Toby.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Spencer Hastings, Toby Cavanaugh
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco come promesso la descrizione dell’incontro tra Toby e Spencer dal punto di vista di Toby. Ho inserito molti parallelismi tra i due capitoli e spero che apprezzerete. Fatemi sapere pure cosa ne pensate!
Vi abbraccio,
Anastasia

 
“Allora, ricapitolando: quattro pancakes al cioccolato, due toast con uova e formaggio e caffè per tutti?”
I ragazzi del cantiere annuirono e così Toby si infilò in tasca il vecchio scontrino della lavanderia Peterson sul quale aveva appuntato le ordinazioni, si diede una leggera scrollata ai jeans ormai impolverati e salì velocemente a bordo del suo pick up. Uscendo dal vialetto come al solito si era fermato a guardare quella che un giorno sarebbe diventata la sua nuova casa, anche perché al momento non c’era molto al di là di mura decrepite e fondamenta ormai marce da decenni.
Ma a Toby piaceva così com’era e si impegnava in quel progetto dalla fine del suo turno alla Centrale fino al mattino successivo, quando indossava nuovamente la sua uniforme e tornava in pratica a dirigere il traffico. Dopo la fine della storia di A al lavoro si batteva la fiacca: litigi tra vicini e bravate di ragazzini non impensierivano più nessuno e pian piano Rosewood era ritornata alla normalità. Charlotte era rinchiusa chissà dove e la città aveva riscoperto il gusto di lasciare nuovamente aperta la porta di casa.
Così Toby aveva ridisegnato personalmente il progetto della tenuta Jefferson aggiungendovi un piccolo studio al secondo piano con una vista bellissima su un tiglio perennemente in fiore.
 
E stava proprio pensando alla sua casa quando all’improvvisò squillò il suo cellulare. Yvonne lo stava cercando già da qualche ora ma chissà perché quella mattina non aveva voglia di rispondere. Yvonne era bella, allegra, aveva saputo curare il suo cuore a pezzi e riempire il suo letto freddo come nessun’altra e sapeva benissimo che avrebbe dovuto richiamarla ma per qualche strana ragione non lo aveva ancora fatto. L’aveva lasciata a letto, ancora addormentata con i lunghi capelli ricci sparsi sul cuscino bianco, aveva agguantato in silenzio i jeans strappati della sera prima e aveva lasciato frettolosamente la sua casa.
Le piaceva Yvonne ma ad essere sincero ciò che gli piaceva di più era svegliarsi all’alba, prendere un caffè e correre immediatamente al cantiere. Quando arrivavano i ragazzi, quaranta minuti più tardi, Toby era già lì a scorticare assi con una forza di cui ancora adesso non si riteneva capace.
Quel progetto gli riempiva la vita e la testa e ogni volta che, a malincuore, doveva posare il martello per indossare la sua uniforme quasi quasi provava invidia per quei ragazzi che avrebbero lavorato fino al tramonto e poi, felici, sarebbero tornati a casa.
 
Così Toby aveva lasciato squillare il telefono e nel frattempo aveva svoltato dietro il negozio di Hugh Potter. Scese frettolosamente dal suo pick up ed entrò altrettanto frettolosamente nel negozio di Hugh dove ritirò la vernice che aveva ordinato qualche settimana prima.
Aveva fretta di tornare alla tenuta e perciò sperò con tutto il cuore che il Brew non fosse già pieno dei soliti liceali in fila per un caffè. Posò i barattoli di vernice sul sedile posteriore e sbrigò un altro paio di faccende prima di riprendere il pick up e guidare fino al locale dove parcheggiò proprio sull’altro lato della strada. Dalla sua auto l’interno non sembrava particolarmente affollato e così Toby si avviò velocemente verso l’ingresso estraendo dalla tasca dei suoi jeans il vecchio scontrino con la sua ordinazione.
 
“Ciao Jake!”
“Buongiorno agente, mi dica pure” - borbottò il ragazzo dietro il bancone. Toby lo aveva trovato a fumarsi uno spinello proprio dietro il ristorante cinese gestito da suo padre e se faceva attenzione poteva ancora sentire il suo vecchio che lo minacciava di rispedirlo in Corea per le vacanze estive se lo avesse trovato di nuovo “con quella robaccia” nei pantaloni.
“Il solito per i ragazzi del cantiere: mi dai quattro pancakes al cioccolato, due…”
“Allora è deciso, parliamo con Alison e…”
Fu un attimo. Quel nome lo fece trasalire ma a farlo tremare di più era stato il suono deciso e indimenticabile di quella voce. La sua voce. La voce di Spencer.
Toby per un attimo aveva vacillato, il cuore aveva smesso di battere e ora lo sentiva fremere in petto più veloce di un tamburo, le mani avevano cominciato a sudargli e un sordo ronzio nelle orecchie gli impediva di captare qualsiasi cosa che non fosse quella voce ora tanto vicina da accarezzargli l’anima e ora tanto lontana da portarlo a dubitare di averla sentita per davvero.
Spencer era lì, a pochi passi da lui ma non doveva essere lei, non poteva andare così quella mattina. Perché se fosse stata lei il suo cuore avrebbe ricominciato a sanguinare e né le periodiche visite alla tomba di sua madre né la bocca di Yvonne lungo tutto il suo corpo avrebbero più potuto guarirlo.

“Agente Cavanaugh si sente bene?” - borbottò perplesso Jake. Toby ritornò velocemente in sé e si accorse dell’aria vagamente stupita del ragazzo che aveva aggrottato le sopracciglia in un’espressione fin troppo eloquente.
“Si si certo ...” - aveva risposto cercando di sembrare convincente. “Aggiungi pure due toast con uova e formaggio e sei americani senza panna”.
Toby si scansò per far posto ad un paio di ragazzi che aspettavano il proprio turno e tentò disperatamente di non guardare verso la saletta interna.
Il locale ora era più affollato, il brusio delle chiacchiere aveva coperto quella voce e un paio di ragazze che stavano discutendo avevano per un attimo attirato la sua attenzione.
Ma Spencer era lì, lui lo sapeva. Come due calamite, lui aveva percepito la sua presenza nella stanza. Quella notte, quando con Yvonne tra le braccia avrebbe ricordato quel loro incontro, Toby avrebbe giurato di aver sentito persino il profumo dei suoi capelli. Così aveva alzato il viso perché la calamita di Spencer aveva attratto irresistibilmente la sua e Toby sapeva che era inutile e doloroso tentare di opporsi a due magneti.
“Spencer” - aveva detto lui, cercando di apparire non freddo ma quantomeno sereno. Come se la sua presenza non avesse smosso le sue viscere fin quasi a farlo lacrimare.
Dio, era bellissima. Come aveva fatto a vivere senza quelle lunghe ciglia da cerbiatto, senza quei polsi sottili che adorava stringere mentre facevano l’amore, senza quei capelli morbidi che finivano sempre per impigliarsi nel suo orologio. Era Spencer, questo sì, eppure per certi versi non lo era più. Aveva la frangetta e quel gesto di toccarla, un gesto nervoso e spezzato, lo aveva infastidito. Non aveva mai visto farglielo e perciò non poteva e non doveva averlo fatto. Sentì i muscoli del suo corpo irrigidirsi mentre piano piano la presenza di lei colmava la stanza fin quasi a traboccare.
“Toby …ciao” - aveva risposto lei semplicemente. Si, quella che aveva sentito prima era decisamente la sua voce.
“Che ci fai qui?” - aveva detto subito lui, quasi di getto. Non voleva sembrare duro o scontento ma non riusciva a staccarle gli occhi di dosso e aveva paura che lei se ne sarebbe accorta. Aveva persino paura di vacillare e per questo cercava di tenersi ben saldo sui piedi.
“Oh …ehm…a dire il vero una rimpatriata. Le altre sono di là”.
 Ancora bugie Spencer? Toby sapeva benissimo che avrebbero dovuto incontrare Charlotte. Il fascicolo del procuratore era arrivato sulla sua scrivania un paio di settimane fa ma dopo tutto quello che Charlotte aveva fatto non era sicuro che le ragazze le avrebbero dato un’altra possibilità.
Con la punta dell’occhio aveva visto Jake passargli due grosse buste, così le aveva afferrate e l’aveva salutato, più infastidito per quella bugia di quanto lui stesso riuscisse ad ammettere in quel momento.
“Capisco. Beh ora devo andare”. Ed era vero, i ragazzi al cantiere avevano bisogno di lui. Ma se Spencer glielo avesse chiesto, lui sarebbe rimasto lì per tutta la vita.
“Mangi tutta questa roba?” - aveva detto lei, di getto. La domanda di Spencer lo aveva colto di sorpresa. Era come se avesse voluto trattenerlo ancora lì con lei ma Toby non aveva lasciato trasparire alcuna emozione. Non voleva mostrarsi insicuro o tormentato, non dopo tutto quello che era successo.
“Nono, è la colazione per i ragazzi del cantiere. Dopo la storia di… insomma lo sai, l’assicurazione mi ha pagato una bella cifra e sto costruendo una casa. La mia casa a dire il vero.”
 
Doveva averle detto qualcosa di particolare perché lo sguardo di Spencer in un attimo si era fatto assente e Toby non aveva saputo decifrare quell’espressione tanto rapita da sembrargli quasi surreale. Possibile che stesse pensando a loro due? Possibile che stesse ricordando qualcosa del loro passato? E cosa? Il loro primo bacio? La prima volta? Il primo ti amo? Toby aveva voglia di scuoterla, di abbracciarla e di chiederle se lui fosse ancora lì, in un angolino dei suoi pensieri.
“Spencer?”
 E invece no, aveva soltanto detto il suo nome ma tanto era bastato per richiamare la sua attenzione. Spencer in un attimo aveva scosso la testa come a voler scacciar via un ricordo dalla mente.
“Ah capisco. E dove?”
Perché quella domanda? Voleva forse rivederlo? Toby sentì un tuffo al cuore e fu certo che le sue gambe, almeno per un attimo, avessero vacillato. L’immagine di lui al tramonto che riponeva gli attrezzi e si voltava trovando lei ancora aggrappata allo sportello della macchina in un secondo gli aveva attraversato la mente con un lampo.
“Poco fuori città, dove prima c’era la tenuta dei Jefferson. E’ un lavoraccio, le fondamenta sono completamente marce ma il progetto è fantastico e mi metto a lavoro ogni volta che posso.”
 
“Signorina, mi scusi, voleva ordinare?” e puff, il momento magico, la bolla di sapone, l’alchimia, la chimica, tutto era scomparso tra loro due. Jake li aveva riportati con i piedi per terra e ad un tratto Toby si era ricordato della colazione, del cantiere e del fatto che erano lì al Brew e il mondo non girava più intorno a loro. E allora una fitta di dolore gli aveva come trafitto il petto.
“Oh sisi certo, pago un espresso al tavolo 4”. Spencer aveva per un attimo armeggiato con la fibbia della sua borsa e Toby ne aveva approfittato per uscire silenziosamente dal locale, aveva attraversato velocemente la strada ed era salito sul suo pick up senza mai voltarsi indietro. Non ce la faceva ad averla lì, a pochi metri da lui e non poterla baciare, stringere, toccare. Le mani di Toby avevano cominciato a tremare ed era stato difficile inserire le chiavi nel quadro e avviare il motore ma quando ci riuscì allora si allontanò velocemente sperando di allontanarsi anche dal suo cuore che ora piangeva, piangeva, piangeva.
 
“Sei stato matto a venire fin qui nel cuore della notte” - aveva sussurrato lei stiracchiandosi come una gatta assonnata. L’aria fresca della notte gonfiava le tende bianche della stanza di Spencer facendola rabbrividire appena ma con il suo corpo caldo, quasi bollente l’aveva avvolta come una coperta e le impediva di tremare. Spencer aveva poggiato la testa sul suo petto, sfinita e lui aveva cominciato a baciarle la fronte liscia assaporando l’odore di pesca dei suoi capelli.
Era il suo compleanno e Toby le aveva fatto una sorpresa volando fino a Washington. Spencer aveva aperto la porta, aveva pianto e lui l’aveva trascinata a letto dove ora, esausti, si coccolavano in silenzio nudi, complici e felici. La sua compagna di stanza sarebbe ritornata entro un’ora ma nessuno dei due aveva voglia di alzarsi e rivestirsi, così Toby l’aveva fatta scivolare accanto a sé e aveva ripreso a baciarla tracciando con le dita il profilo dei suoi fianchi scoperti.
“Spencer, sei felice?”

 
“Toby? A cosa stai pensando?” -  Yvonne alzò la testa che aveva poggiato sul suo petto nudo e ora lo guardava piuttosto confusa. I suoi lunghi ricci bruni le ricadevano scomposti sul viso mentre con le dita cercava di togliere una traccia del suo rossetto dalle lenzuola.
“Io? A Niente...” - aveva sussurrato abbracciandola mentre una piccola lacrima salata scendeva lenta dai suoi occhi di ghiaccio.
 
  
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