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Autore: Aishia    16/01/2016    1 recensioni
La guerra andava avanti da più di quattordici secoli.
Vampiri e licantropi lottavano per il potere da un tempo immemorabile e la pace sembrava un’idea irrealizzabile, sognata da coloro definiti pazzi e sognatori e io mi definivo tale, poiché segretamente combattevo per un mondo idealista, senza più guerra e schiavitù.
Questa era l’utopia della mia bisnonna, Felicity , la terza sovrana della casata dei vampiri che durante il suo regno cercò di portare la pace tra i due mondi, invano. Innamorata di un licantropo cercò di unificare le due fazioni ma nonostante ciò il loro amore fu impedito, soprattutto per la paura dell’unificazione della specie che avrebbe dato vita ad un essere bandito dalla natura stessa.
Quelli erano tempi lontani e io sarei stata la prossima a salire al trono, figlia di Adam, l’ultimo dei cinque.
Nessuno mi aveva detto che la storia si sarebbe ripetuta
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I could die for you





L'inizio della fine
 
 La guerra andava avanti da più di quattordici secoli.
Vampiri e licantropi lottavano per il potere da un tempo immemorabile e la pace sembrava un’idea irrealizzabile, sognata da coloro definiti pazzi e sognatori e io mi definivo tale, poiché segretamente combattevo per un mondo idealista, senza più guerra e schiavitù.
Questa era l’utopia della mia bisnonna, Felicity , la terza sovrana della casata dei vampiri che durante il suo regno cercò di portare la pace tra i due mondi, invano. Innamorata di un licantropo cercò di unificare le due fazioni ma nonostante ciò il loro amore fu impedito, soprattutto per la paura dell’unificazione della specie che avrebbe dato vita ad un essere  bandito dalla natura stessa.
Quelli erano tempi lontani e io sarei stata la prossima a salire al trono, figlia di Adam, l’ultimo dei cinque.
Nessuno mi aveva detto che la storia si sarebbe ripetuta …

 
*
 
« Questa notte sono stati fatti prigionieri dei licantropi, Savannah. Si sono introdotti tra le mura del castello ma fortunatamente sono stati fermati prima che potessero infliggere un grave danno alla corona ».
« Questa mattina? ».

Mi voltai sconvolta verso Adele, la mia fedele nutrice affidatami dopo la morte di mia madre, assassinata dai licantropi quando io ero solo una bambina.

Per questo mio padre disprezzava così immensamente quegli esseri da lui stesso definiti così inferiori, che perfino la natura stessa ripudiava con così tanto fermento, torturandoli finché non avrebbero sofferto almeno la metà di quanto fece la mia adorata  madre, prima di inalare il suo ultimo respiro.

Adele mi intimò di rimanere ferma mentre spazzolava con vigore i miei capelli scuri, assentendo con il viso rabbuiato per la cruente notizia arrivata a lei al sorger del sole.

« Si, Annah. Quel che non comprendiamo è il perché ci abbiano colpiti nel momento in cui siamo al pieno delle nostre forze! Come se non bastasse non c’era nemmeno la luna piena a rendere i loro poteri nocivi per la nostra specie ».

«Cosa ne sarà di loro?», mi sollevai di scatto, sconvolta dai miei stessi vili pensieri che torturavano la mia anima in tempesta.
Sapevo perfettamente a quale sorte sarebbero andati incontro, quale triste destino sarebbe toccato a quegli uomini senza dio ma non potevano esserci ancora spargimenti inutili di sangue.

La guerra andava avanti da tempi immemori, inimmaginabili e questi stermini non facevano altro che alimentarne la fiamma e dare ancora brace al fuoco.

« Parlerò io stessa con mio padre. Quest’eterno conflitto dovrà trovare pace ».
Uscii dalle mie stanze come se fossi inseguita dal diavolo in persona, sperando in cuor mio di  giungere in tempo e fermarlo prima che l’odore del sangue si potesse insinuare fra le mura di questo castello, ormai macchiato da troppo dolore.

Mia madre  avrebbe voluto un destino diverso per il suo popolo e non avrebbe mai permesso a nessuno che si giungesse a questo punto di non ritorno, in cui la vendetta alimentava una fiamma che oramai era senza principio né fine.

Mio padre, invece, era divenuto un mostro crudele dal cuore tarchiato da sangue innocente.
Con il cuore in gola, arrivai all’ala principale del castello, dove il Re giudicava tutti coloro che finivano sotto il suo cospetto, sedendo sul suo trono inciso di spine e intricato di sangue che lui stesso spargeva.

Di fronte a sé, sei uomini dall’umano aspetto attendevano inermi la loro fine che da li a poco sarebbe sopraggiunta.
Erano questi i mostri che tanto narravano gli antichi profeti ?

Il loro carnefice camminava avanti e indietro con passo spedito, lanciando di tanto in tanto occhiate infuocate a quelle bestie che lui stesso definiva inferiori,  aggrappandosi fermamente al suo bastone di ottone dove all’apice vi era incastonata una pietra di cristallo rosso fuoco, contente il sangue della sua adorata sposa.

Quegli occhi grigi e stanchi avevano già deciso la sorte dei sei malcapitati  ma con tutto ciò amava vederli brillare di una tenue speranza, prima di spegnerla in un battito d’ali, spedendo le loro anime a marcire all’inferno.

« Padre! », chiamai a gran voce, richiamando l’attenzione dei presenti che si voltarono verso di me, tra cui le guardie che fiancheggiavano il loro Re e che s’inchinarono non appena mi videro entrare.

Lui si voltò e sbiancò in viso, stringendo fermamente il suo amato bastone,con talmente foga da far diventare le nocche delle mani bianche come neve.
« Savannah, che fai tu qui? Non mi sembra il caso che i tuoi occhi vedano un simile abominio! ».

Li guardai ad uno ad uno e mi avvicinai a lui, con lo sguardo colmo di dolore e compassione per ciò che il suo cuore l’aveva portato a diventare, prendendo le sue mani fredde come la sua anima e racchiudendole tra le mie.
 Chi era l’uomo che avevo davanti?

Era ben diverso da colui che un tempo chiamavo padre, diverso dall’uomo che conoscevo e  di cui adesso non comprendevo più le sfumature e che ormai sembrava aver perduto perfino sé stesso.

L’amore verso il suo popolo era divenuto un sconfinata battaglia alla ricerca della vendetta per la morte della mia adorata madre strappataci via in una gelida notte d’inverno in cui la luna piena faceva da sfondo ai nostri cuori che si raggelarono come ghiaccio, per sempre.
Soprattutto il suo che non trovò alcun modo per sciogliere quella gelida corazza e  ricominciare a battere.

« Padre cosa ne sarà di loro? Sono stanca di tutte queste inutili morti e spargimenti di sangue. Vi imploro di lasciarli andare. Ve ne prego ».
Il suo volto si tramutò in una maschera di dolore e si allontanò da me, coprendosi il viso con le mani e guardandomi poi con disprezzo quando i suoi occhi incrociarono i miei, come se stessi mettendo in discussione tutto ciò che aveva costruito in tutta la sua vita, come se stessi tradendo il suo cuore ferito e perfino la mia stessa razza.

L’avevo appena pugnalato al petto e solo adesso me ne rendevo conto.
« E dimmi: cosa vuoi che ne faccia?! Che li lasci liberi di far ritorno alle loro case e di programmare un nuovo attacco? Vuoi che uccidano il tuo stesso padre, o peggio, vuoi che arrivino sino a te e che mettano fine al nostro regno, per sempre?», si avvicinò a me, accarezzando dolcemente il mio viso con le sue mani fredde come il ghiaccio, baciandomi amorevolmente la fronte  « non posso permettermi di perdere anche te ».

« Non mi perderete ».

« E noi cosa perderemo allora?! ».
Fu allora che lo vidi …

I suoi occhi ci squadravano con sguardo fiero e colmo di nobile coraggio, con il dorso nudo perturbato e macchiato da ferite indelebili di chi aveva lottato tutta la vita pur di diventare il guerriero di sé stesso.

Il volto baciato da una bellezza inaudita, avvolto da una strana  luce di chi sapeva di non posseder ferite sul cuore e gli occhi scuri infine, scrutavano i miei, trasmettendomi  tutta la forza che inondava la sua limpida anima, tutt’ altro che mostruosa.                     
Quel giovane uomo non aveva paura di morire.

Guardava la morte dall’alto in basso senza mostrare alcun  mimino segno di cedimento e paura.
Il mio cuore perse un battito verso tale nobiltà d’animo e mi parve ben diverso dalla bestia definita dal mio stesso padre.

Prima che potessi proferir parola, con uno scatto fulmineo, mio padre avanzò brutalmente verso l’uomo che aveva osato sfidarlo e mancargli di rispetto e mi mancò il fiato quando afferrò il suo collo e l’issò al cielo, digrignando i denti e fuoriuscendo i canini affilati pronto all’attacco e a mettere fine alla vita di un uomo che forse aveva avuto la sola colpa di eseguire gli ordini di un altro re spietato.

« Che altro potrei farne di bestie come voi, eh?! », contestò avvicinando il suo viso a quello del povero malcapitato « Dovrei provare la stessa misericordia che avete avuto voi con la mia adorata sposa? ».

« Il peccato di un solo uomo non può esser pagato da un intero popolo! Il mostro siete voi che sterminate interi villaggi e ci definite bestie quando la vera bestia è proprio davanti ai miei occhi! ».

Mi sentii morire.
La pressione sulla sua gola si fece più audace e il viso divenne niveo, segno che il respiro  gli stava venendo a meno.
Non potevo permettere che gli accadesse qualcosa e non potevo sopportare che mio padre macchiasse la sua anima di altro sangue innocente, di porre fine alla vita di quell’uomo che sembrava avvolto da una strana luce ma che di li a poco si sarebbe  spenta, per sempre, per mano di un sadico e un folle.

« Fermatevi! Fermatevi, vi prego! », supplicai con voce tremante, avventandomi su di lui, tentando con tutte le mie forze di far ritornare in sé quell’essere abominevole che stentavo io stessa a riconoscere.

Le mie urla sembrarono parole al vento, preghiere vane per un uomo che aveva perso sé stesso alla ricerca di una vendetta che avrebbe trovato pace solo quando l’ultima goccia di quel sangue si sarebbe intricata nella lama della sua spada.

« Troverò pace solo quando vedrò scorgere l’ultima goccia del vostro sangue bastardo! »
Come potevo fermarlo?

Solo una cosa avrebbe potuto mietere il suo folle gesto.
Il mio sguardo divagò su quella stanza, posandosi poi sulle spade che le guardie stringevano saldamente, pronte ad intervenire in caso di bisogno o quando il loro re gliel’avrebbe ordinato.

Non avevo tempo.

Non potevo fermarmi a pensare.

Era compito mio ripristinare l’equilibrio tra i mondi.

Con uno scatto fulmineo mi scagliai su una di loro a afferrai saldamente quell’arma appuntita, puntandone la lama affilata in direzione del mio ventre casto, pronta ad infilzarmela e mettere fine alla mia vita per una giusta causa, la stessa che mia madre aveva portato avanti da tutta una vita.

«  Le uniche gocce di sangue che vedrete usciranno dal mio corpo se non mettete fine a questo massacro ».
Fu la seconda volta che vidi in Re Adam  uno sguardo talmente carico di dolore e angoscia, con il viso impallidito dal terrore di perdere per la seconda volta colei che diceva d’amare più della sua vita stessa.

Giurai di sentir perfino il suo cuore battere dopo tanto tempo ad un ritmo smisurato e finalmente capii che ancora possedeva un’anima che poteva essere salvata.

«Savannah! Non puoi farmi questo. Non puoi causarmi altro dolore ».
Le sue urla mi penetrarono l’anima e mi sentii morire quando vidi i suoi occhi bagnarsi di lacrime amare, intrise dalla stessa paura che aveva provato tempo addietro quando vedemmo morire mia madre davanti ai nostri occhi.
Non sopportavo di vederlo così.

Non accettavo di far rivivere in lui quel dolore che io stessa aveva scolpito nella memoria, come una scritta indelebile incisa sul lato destro del cuore.

Questo, aimè, era il solo modo per mettere fine ad una pazzia.
« Allora padre, non macchiate la vostra anima di questo crimine e non vi servirà un altro amuleto con il mio stesso sangue ».

Mio padre impallidì e guardò con sguardo velato il suo bastone, per poi strizzare gli occhi e puntarli su di me, consapevole che nessuno avrebbe potuto osare tale affronto.

Avanzò verso di me, con cautela, poggiando le sue mani sulle mie e impugnando l’elsa di quella spada la cui lama era appoggiata sul mio ventre, lasciandosi poi cadere in un tonfo sul pavimento freddo e inginocchiarsi a me con il volto colmo di dolore.
« Perdonami, figlia mia ».

Forse era ritornato in sé.

In quelle lacrime rividi l’uomo compassionevole di un tempo e finalmente lo avrei convinto a ricominciare da capo, dimenticando tutto il dolore che aveva inflitto con la sua sete di potere e lo avrei persuaso a chiedere perdono per la sua indole e per le sue manie di vendetta che non aveva portato altro che tanto dolore.

Sarebbe iniziata un nuovo giorno.

Una nuova Era.

« farò ciò che mi chiedi, figlia mia », sussurrò baciandomi le mani e lo aiutai ad alzarsi, guardando i suoi occhi colmi di dolore e velati da uno sguardo che non avevo mai visto in vita mia.

« vi amo, padre », sussurrai lasciandomi avvolgere dalle sue braccia forti e possenti. Lui mi prese il viso tra le mani e sorrise.
Non avrei mai più dimenticato quelle parole.

« Guardie, fate marcire quei mostri in prigione e ponetevi anche la vostra amata principessa ».
 
 
  
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