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Autore: laragazzadislessica    17/01/2016    2 recensioni
È stata nascosta in un corpo non suo. Ha dovuto combattere nonostante nessuno le avesse insegnato a farlo, ma è ancora viva. Avrà una seconda possibilità per poter vivere la vita che le è stata strappata troppo presto?
Dal Testo:
...- Lo so bene. È per questo che ora andrò a New Orleans. –
- Cosa? No, no, no. Caroline non puoi… - Bonnie venne presa dal panico e lo si sentiva bene.
- Bonnie ho tutto sotto controllo...
Genere: Fantasy, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: CarolineKlaus, Elijah, Hayley, Klaus, Nuovo, personaggio | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Darkshines
Parte terza


 
Sul cellulare l’indicatore rosso a forma di freccia si era fermato. Liv guardò attraverso i finestrini cercando una prova che quell'app che aveva scaricato fosse una fregatura e le sembrò proprio così. La città in cui l’aveva guidata era completamente disabitata. No, quella non poteva essere New Orleans. Con le dita controllò le impostazioni, ma erano giuste e mentre teneva la testa bassa sul suo smartphone, un lampo bianco e vaporoso si scagliò alla sua destra. Perfetto ci mancava solo la pioggia. Issò lo sguardo al cielo ed era ancora coperto da quelle nuvole grigie che l’avevano accompagnata per tutto il tragitto. Si sporse di più sul sediolino per poter vedere se avesse bisogno di un ombrello
“Toc”
Liv sussultò parandosi il petto con la mano. Il suono era arrivato alla sua destra, proprio dove aveva visto il fervore bianco. Un ammasso di polvere nera stava ondeggiando fuori dal suo finestrino. Strinse gli occhi cercando di capire di che natura fosse e le sembrò fumo. Un fumo nero come la pece che volteggiava nell’aria all’altezza del suo viso. Come era possibile?
- Ci hai messo troppo. – era quella cosa a parlare o sentiva le parole nella sua testa? Liv voleva capire cosa stesse succedendo, ma non ne ebbe il tempo. Il fumo nero si buttò sul finestrino. Liv azionò l’acceleratore cercando di fuggire da quella cosa gassosa che però, rimase attaccata alla portiera neanche fosse munita di mani. La strada era deserta, quindi spinse il pedale fino in fondo. La lancetta segnava solo i novanta all'ora ed era sicura che quella carretta di furgone, affittato a un prezzo economico, non poteva fare di meglio. Continuò in quella corsa pazza e l’adrenalina non le fece notare una cosa. Il fumo era già dentro alla macchina. Era penetrato dalle fessure della porta e adesso le stava ricoprendo il corpo fino ad arrivarle al petto. Sterzò bruscamente e il pesante furgone si voltò lentamente andando a finire nei cassonetti della spazzatura. Doveva uscire. Uno dei cassonetti bloccava la sua portiera e si lanciò sull’altro sediolino. Afferrò la maniglia e la tirò, ma la portiera non si aprì.
- L’agitazione non fa pensare, ricciolina. – ancora quella voce, ancora quella cosa o ancora la sua testa? Liv guardò la sicura ed era inserita. La tirò su e finalmente fu libera. Si lanciò in strada e iniziò a correre. Non si voltò, ma sapeva per certo che quella cosa la stava inseguendo. Era la sua prima volta a New Orleans e non sapeva dove stava andando, correva e basta, poi un nome su un'insegna di legno retta da un palo di ferro, cigolando rumorosamente, richiamò la sua attenzione. Aveva lo stesso nome del negozio dove avrebbe dovuto consegnare il corpo di Kol Mikaelson. Cercò di sfondare la porta vetrata chiusa a chiave, ma non possedeva tutta quella forza, allora si tolse il giubbotto di jeans e sé lo arrotolò sulla mano, ruppe il vetro e infilò il braccio all'interno. Riuscì ad afferrare la maniglia e la girò freneticamente da entrambe le direzioni. Si aprì. Con un grande sollievo Liv entrò e serrò la porta con un mobile che era lì vicino. Era un negozio di articoli magici che a prima vista le sembrò anche esso deserto.
- C’è nessuno? Cosa diavolo sta succedendo la fuori? - la sua voce riempì il piccolo rettangolo del locale, rivelandole che aveva ragione, era l'unica presenza lì e forse in tutta la città. - Ho con me quello che mi hai chiesto. - tentò in ultimo, sperando che la proiezione del ragazzo che le era comparso in camera si facesse vedere.
- Ben fatto. – sentì dietro alle sue spalle e si voltò aspettandosi il viso minuto del suo mandante. Come un onda di un mare agitato qualcosa le arrivò sul viso, qualcosa di nero. Il fumo. Le stava entrando dentro dalla bocca, dai fori delle narici, dagli occhi e dai buchi delle orecchie. Liv scosse la testa cercando di fuggire via, ma quella cosa la teneva incatenata a sé. Sentiva quel fumo insapore in gola e stava soffocando.
- Lascia..m.i. – tossì invano. Il fumo stava già strisciando sulle pareti dell'esofago. Un colato di vomito le scosse l’alto ventre. Era così forte che si sentì strizzare dietro alle orecchie e irritare l'inizio del naso, ma non uscì niente. Il fumo era dentro di lei. Completamente.
Sola. Liv si recò a uno specchio e si specchiò. Si aggiustò i capelli e si diede uno sguardo ai vestiti che indossava con un’espressione di disgusto e disapprovazione.
- Non riuscirò mai a capire questo stile. - si toccò i polsi e gli avambracci - Sei esile. - pensò ad alta voce parlando con il suo stesso corpo come se fosse un interlocutore estraneo - ma mi devo accontentare. - estraneo esatto. Perché non c'era più l'essenza di Liv a padroneggiare il corpo che la natura le aveva dato. Adesso un altro spirito ne aveva il possesso ed era quello di Celeste.
- Finalmente, la nostra prigioniera sta scalciando come una puledra impazzita. –
Una ragazzina dai capelli ricci e gli occhi a mandorla uscì dalla porta del magazzino. Era la stessa ragazza che aveva adescato Caroline nel vicolo. Era Monique Deveraux. L’unica delle ragazze del raccolto ad essere tornata in vita, questo perché il risveglio delle altre era stato rubato da altre streghe, le stesse streghe che entrarono subito dopo di lei. Genevieve e Bastiana.
- Tranquilla piccola, sta andando tutto secondo i miei piani e so come farla stare zitta. – sorrise Celeste alle sue complici, nella sua nuova faccia.

Brynhild era immersa nel buio. Era davvero tardi e Klaus era in tremendo ritardo. Il luogo segreto dei loro incontri era al centro di una boscaglia selvaggia e incurata, inscurita dall’assenza attuale e totale della luna nuova. Doveva tornare al villaggio, ma era sicura che Niklaus sarebbe arrivato da un momento all’altro. Si, sarebbe venuto. Come ogni loro incontro fino alla scorsa luna piena. La notte in cui dei licantropi avevano ucciso suo fratello minore. Da allora in poi non l’aveva più rivisto. Anche Esther si comportava in modo strano e chiedeva strani incantesimi in giro. Esther. Non la chiamava mamma, non lo aveva mai fatto. Il solo pensiero che le sue carni fossero state create nel ventre di quell’essere maligno, le faceva venire il volta stomaco. Le volte in cui Brynhild si era chiesta il perché la sua stessa madre la rifiutasse, erano innumerevoli. Esther non voleva conoscerla, non voleva sapere niente di lei, non provava il minimo affetto per lei. Brynhild lo sapeva perché un giorno si connesse a Esther. Sua madre era una strega furba, conosceva bene il potere della figlia, quindi si teneva sempre a una debita distanza, ma in uno di quei periodi in cui preferiva Amitola a Mikael, Brynhild riuscì a connettersi a lei grazie a un intruglio di erbe soporifere che sciolse nella zuppa che i servi prepararono quella sera. Esther avvertì da subito i primi sintomi del sonno, quindi suo padre fece preparare la stanza per ospitarla. Cadde addormentata non appena la sua testa bionda toccò il cuscino. Brynhild attese che anche suo padre andasse a dormire, per intrufolarsi nella loro stanza. Lì agì. Mise le mani alle tempie di sua madre, scavando nei suoi ricordi. Tutti. L’orrore che vide le fece ritirare le mani. Brynhild stentò nel credere nel suo stesso potere. La natura che aveva concepito lei e tutta la sua stirpe e tutte le cose meravigliose che la circondavano, era stata in grado di creare un essere del genere. Malvagità, opportunismo e cospirazione. Il sunto di tutto quello che trovò in sua madre. Niente amore, né per lei, né per Niklaus. Neanche per suo padre. Non solo. Vide anche il reale motivo per cui era ritornata dal suo amore licantropo. Ucciderla. L’unica cosa che le interessava il sapere come poteva ucciderla. Sua figlia. Sua madre voleva ucciderla. La chiarezza di quella verità le bucò il cuore, irreversibilmente. Perché credeva che la curiosità che Brynhild provava per suo fratello avesse poi portato alla scoperta del suo tradimento. Per questo, solo per questo, stava escogitando un modo per ucciderla.
Il giorno dopo, Brynhild iniziò a cercare Niklaus.
- Divina Brynhild…? -
Il suo nome la fece scrollare da quei orribili pensieri. Davanti a lei, gli occhi verde smeraldo di Abedadun brillavano emanando un lieve luccichio in mezzo alle tenebre. - Vorrei farvi presente che, per quanto sia lusingata e felice che tra tante donne al villaggio, voi abbiate scelto proprio me per incontrare vostro fratello maggiore, il sole è tramontato da diverso tempo ormai e che dovremo tornare. – mentre parlava la sua bocca compiva dei corposi movimenti per via del tenero spessore che avevano le sue labbra rosee. Bry aveva portato con sé Abedadun per un semplice motivo, era bellissima. Con i suoi capelli biondo chiaro, il viso marcato da forti zigomi e il naso all’insù. Era un esca. Forse a Niklaus, Abedadun non sarebbe neanche piaciuta e forse quella era una idea folle, ma era un inizio. Se suo fratello si fosse innamorato di una ragazza Hoenan come lei, come d'altronde era anche lui, avrebbe accettato con più facilità la sua natura che codardamente Bry non gli aveva ancora svelato. Era venuta l’ora però, quella sera gli avrebbe detto tutto. Se solo si fosse fatto vivo. Brynhild si voltò. Le era parso di aver udito un rumore tra gli alberi. Si avvicinò alla fitta natura cercando di distinguere qualcosa tra lo scuro delle foglie e lo scuro dei tronchi, ma non era facile, mentre la voce lieve di Abedadun le chiedeva cosa stava succedendo. Bry non le rispose, non era abituata ad avere così tanto contato con una suddita.
- Ahhh…. –
Bry si girò con un salto, provocato più dalla paura che dalla agilità. Abedadun era stata attaccata da una bestia…? Ma le bestie non attaccavano gli Hoenan. Era una cosa lunga e scura e incredibilmente veloce. Le stava appoggiata addosso con forza facendole curvare il corpo all’indietro, come un arco da caccia. Curiosi e incoscienti i piedi di Bry fecero qualche passo in avanti. Nessuno avrebbe mai potuto farle del male, lei era la Divina Brynhild, ma quella cosa sapeva chi lei fosse? L’essere alzò di colpo da Abedadun quella che adesso Bry capì essere la testa. Era una persona. Era una persona? Si voltò verso di lei e sputò un liquido scuro dalla bocca che nella notte, sembrò nero come il legno bruciato.
- Che sapore orrendo che hai! – disse mentre la ragazza che aveva attaccato urlava acuti di terrore. Il collo di Abedadun era squarciato da una ferita irregolare ed era ricoperto di sangue. Dal suo sangue. Bry spostò gli occhi sul viso della persona che aveva ancora le spalle di Abedadun strette nelle mani. Aveva dei strani denti aguzzi che si notavano in mezzo alla dentatura macchiata di sangue. “Che sapore orrendo…” aveva bevuto il suo sangue. Bry conosceva tutte le creature di quella terra, ma nessuna tra di esse beveva sangue umano. – cosa diavolo siete? – chiese infine l’essere lasciando la sua non gradita preda che cadde a terra.  Abedadun indietreggiò nel terrore, ma adesso l’attenzione dell’attentatore si stava prestando a Bry e lei riuscì a riconoscerne i lineamenti. Riconobbe gli occhi neri, i capelli scuri e il viso spigoloso dal mento stretto. Riconobbe il naso sottile e la fronte liscia. Era Kol. Il più piccolo dei Mikaelson.
- E tu cosa sei? – Bry gli rispose con un'altra domanda muovendo la testa in un gesto secco, indicandogli il sangue che gli stava ancora scorrendo dalla bocca. Kol sorrise divertito dalla totale mancanza di paura di quella minuta ragazza, in un modo che a lei fece venire in mente i mostri raffigurati nei disegni delle storie del terrore che le raccontava il cantastorie di corte.
- Io sono il diavolo. –
Non sapeva il perché, ma la pelle iniziò a irrigidirsi dal freddo. Era la stessa sensazione che si provava quando ti immergevi in un lago ghiacciato e il vento tiepido ti soffiava sulla pelle bagnata. Una cosa improvvisa e completamente inspiegabile, come se qualcuno stesse usando dell'acqua per farti trasalire da un pesante sonno, ma Bry non ci riuscì.

L'acqua con un vortice svuotò la bottiglia e inondò il corpo di Brynhild. Il vestito panna, che ancora indossava, si bagnò per metà e quella parte assunse un colore verdastro. Il colore della verbena che Klaus aveva sciolto dentro. Era un orribile rimedio, ma era disperato. Non fu l'unico. Aveva provato con il sangue, le aveva aperto la bocca e ne aveva versato una piccola quantità, ma non era successo niente, anzi, il sangue le era colato di traverso dall'angolo delle labbra sporcandole il viso bianco. Aveva soggiogato un medico che le aveva somministrato una dose di adrenalina e altri farmaci con una siringa ma l'ago, a contatto con la pelle dura, si era spezzato. Comunque non avrebbe funzionato. Bry era tante cose, ma di umano non aveva proprio niente. Klaus ricordò il suo sorriso imperfetto e l'ardore con il quale l'aveva abbracciato, forse si sbagliava. Il sonno di Bry, però, non venne minimamente interrotto. L'idea era che il dolore dell’ustione causatale dalla verbene, forse, sarebbe servito nel riportarla alla realtà, ma l’esile corpo di Bry non si mosse di un millimetro. Klaus lanciò la bottiglia vuota in un angolo della stanza con rabbia e afferrò la seconda bottiglia. Questa conteneva un liquido giallastro. Strozzalupo. Si perché Brynhild era diventata un vampiro solo per riuscire a sconfiggere Mikael, ma lei era un licantropo. Fece la stessa cosa e anche questo liquido cascò su sua sorella andando ai lati del suo corpo, come se lei fosse ricoperta d’olio. Finì di bagnare il materasso su cui giaceva, ma non fece altro. 
- Impossibile. – Rebekah era alla sua destra. Era stata sua l’idea della verbena e dello strozzalupo. Klaus lanciò le mani in alto per poi stringersi la testa nelle mani. Si strofinò con forza la carne delle guance, finché un urlo nato dalla bocca dello stomaco, squarciò la sua bocca. Con rabbia si accanì sulla poltroncina da tè tappezzata da una stoffa lilla romantica e il corpo di legno verniciato in panna. La lanciò contro il muro prendendo in pieno un quadro che egli stesso dipinse. Un paesaggio di margherite bianche e rose. Cadde anche quello. La poltrona e il quadro atterrarono sul comò antico, anch’esso panna, rompendo le cianfrusaglie da donna che vi erano appoggiate sopra. Legno e vetro ricoprirono il pavimento della camera che Rebekah aveva così tanto invidiato a Bry. La sua vecchia camera.
- Hai sfogato la tua ira? – gli chiese Elijah alzando il tono di qualche grado. Gli occhi spalancati di Klaus furono su di lui. No, non aveva finito. Le streghe avevano Caroline e l’unico modo per riaverla era quello di consegnarle sua sorella morente, perché potessero consacrare il suo immenso potere alla loro amata terra sacra. Cosicché il potere di Bry fosse passato a loro, ed era facile capire che cosa le streghe volevano farci. Uccidere sua figlia.
Se solo Bry si fosse svegliata.
- Proviamo con il legno? – Rebekah ne raccolse un pezzo dalle macerie create da Klaus, chiamando a sé gli occhi di tutti.
- Non credo che sia una buona idea. – Elijah si staccò dall’uscio della porta avvicinandosi alla sorella, ma velocemente Rebekah aveva già affondato il colpo e con tanti posti che avrebbe potuto scegliere per provare che il dolore fosse la risposta a quel coma di Bry, scelse il cuore. Bry era un vampiro, ma non sapevano se fosse un originale come loro. Forse il legno poteva esserle letale. Klaus scaraventò la sorella al muro con un solo gesto della mano e si inginocchiò a terra, osservando il danno che aveva causato al corpo di Bry. Niente. Solo un foro sul vestito, nient’altro… Niente? Il legno non uccideva gli originali, ma li feriva e faceva un male cane.
Rebekah si mise a sedere e guardò il paletto che aveva ancora tra le mani. Era spezzato a metà, come se lo avesse lanciato contro un’asse d’acciaio. 
- Non è possibile – sussurrò in un sibilo di orrore. Doveva pur esserci un’arma capace di ucciderla.
Klaus si rimise in piedi dandole le spalle.
- Sto aspettando le tue spiegazioni… e se quel colpo l’avesse uccisa? – le disse poi senza abbandonare la posizione.
Rebekah si alzò anche lei cercando di tenere a bada la bocca che le stava tremando dal nervosismo.
- Che idiozie. Se è diventata un vampiro nello stesso modo in cui lo siamo diventati noi, questo la rende un originale esattamente come noi. Sapevo che il legno non le avrebbe recato nessun danno e ho scelto il cuore perché è il posto più doloroso – no, non era questa la vera ragione. Rebekah stava solo sperimentando su Bry, ora che poteva, se davvero fosse la divinità indistruttibile che tutti pensavano e finora, era così. Se solo sapesse dove Klaus avesse nascosto il paletto di quercia bianca.
- Quindi il prossimo passo, secondo te, sarà usare il paletto di quercia bianca? – adesso Klaus si era girato verso di lei tenendo le mani dietro la schiena, leggendo nei suoi pensieri.
- Non funzionerà – ma Elijah si intromise di nuovo tra loro. – Pensateci. La verbena è un erba, lo strozzalupo anche, il legno… sono tutti elementi della natura maledetti dalle streghe. Non possiamo usarli contro di lei perché può comandare sia la natura, sia la magia delle streghe. – mostrò il suo ragionamento ai suoi fratelli. Bry non aveva parlato molto di sé, aveva accennato qualcosa sulla sua razza, ma era sempre stata molto vaga, quindi dovevano arrivare alle conclusioni da soli. Come la notizia che gli aveva dato quel ragazzo strega prima che Hayley lo facesse fuori. Stava davvero morendo?
Klaus annuì e con passi stanchi raggiunse il letto in cui giaceva sua sorella. Era minuta quindi i suoi piedi arrivavano a tre quarti del letto, lasciando tutto lo spazio per potersi sedere. Klaus lo fece. La guardò e poi per la prima volta le accarezzò il viso. Era freddo e duro. I suoi capelli rosso vermiglio erano così corti ora, che il viso minuto spuntò fuori. Era sua sorella e aveva dimostrato di amarlo esattamente come un familiare dovrebbe fare. Klaus respirò fino ad allargare i polmoni alla cassa toracica, tirandosi via la mano. Lui amava Caroline, la amava tanto.
- Allora smettiamola con queste stronzate e facciamo come ha detto il ragazzo strega. Diamogliela a loro. – era esattamente la cosa che avrebbe voluto fare dal principio e ora Rebekah aveva pure un alibi. Bry era fuori gioco, lei era salva.
- Non hai capito vero? – continuò Elijah. – Quello non era un semplice stregone. Quella era Celeste. –
- Cosa? – e dalla sorpresa gli occhi di Rebekah quasi e le uscirono dalle orbite.
- Ci sto pensando da tanto, ma il ragazzo ha detto che voleva la sua vendetta, e non ricordo di avergli fatto nessun torto. Ha aggiunto che io avrei bramato nel vedere soffrire Klaus esattamente come lui ha fatto soffrire me, e poi giurerei di averlo sentito rivolgersi a se stesso con il femminile in più di un’occasione. – ora che aveva riversato quel pensiero fuori, sembrò meno improbabile. Celeste era una strega forte e aveva avuto anni per escogitare la sua vendetta.
- In un ragazzo?? Quanto schifosamente si deve essere pazze per decidere di incarnarsi in un ragazzo? – Rebekah schifata alzò le mani al cielo. – E poi Celeste non era nella strega Sabine? –
- Bry l’ha uccisa. – dopo tanto Klaus riparlò e la sua voce era un sibilo rauco. Sembrava davvero stanco.
- Cosa? – non aveva intenzione di ripetersi, ma quella cosa l’aveva scioccata dieci volte di più. Stava cospirando dietro alle spalle di Brynhild da quando aveva visto che poteva rivoltare dieci cervelli di vampiro come calzini, ma ora che sapeva che era in grado di uccidere, le cose si spostarono da un altro punto di vista. Se Klaus avesse saputo del suo tradimento, l’avrebbe punita o avrebbe ucciso Marcel, forse avrebbe uccisa anche lei. Forse. Bry l’avrebbe sicuramente uccisa. Rebekah aveva creduto che Bry fosse una ragazzetta un po’ toccata dal fatto di essere stata esiliata in un corpo di lupo per mille anni dalla sua stessa madre, ma mai aveva immaginato che avesse il coraggio di uccidere. Ora che lo sapeva era più decisa a toglierla di mezzo, perché se avesse scoperto la sua cospirazione verso suo fratello, non avrebbe aspettato la decisione di Klaus, l’avrebbe sicuramente annientata con il suo raggio solare. Lei che era una figlia di Mikael.
- Sì. Bry me l’ha mostrato nell’ospedale dove ci siamo rincontrati, ma io ero così preso dalla paura che lei non fosse chi davvero mostrava di essere, così insicuro che la vita mi stesse portando una gioia tra tanto amaro, che mi sono concentrato nel smascherarla, invece di capire cosa diavolo stavano architettando le streghe. – si mise le mani al viso, nascondendosi. Era quello che era abituato a fare, dubitare.
- Come ha fatto Celeste ad usare la magia, impossessandosi del ragazzo? Bry l’aveva bloccata, giusto? – Elijah si sfilò le mani dalle tasche, rivelando un altro suo pensiero ad alta voce.
- Non lo sapremo mai, grazie alla geniale idea di Hayley nel volersi vendicare della sua morte, uccidendo il ragazzo prima che potesse parlare. – Rebekah alzò il tono di voce maledicendo la ragazza che aveva reso quella situazione terribile, ancora più difficile.
- Eri andata tu a controllare, potevi bloccarla tu? – Elijah si girò verso di lei.
- Ho provato, ma non è facile bloccare un neo-ibrido affamato e arrabbiato. – e con due passi Rebekah fu da lui puntandogli un dito contro.
- Sei immortale Rebekah! Cosa mai avrebbe potuto farti? –
- Davvero? Voi eravate due al piano di sotto e non ci siete riusciti. –
- Rebekah! Questo non è il momento per discuterne. Scopriremo tutto. Ora tu vai da Hayley per darle supporto in questo momento delicato, mentre io e Klaus troveremo un modo per risolvere questa situazione. Noi… -
- BASTA! – Klaus si alzò di scatto con gli occhi iniettati di sangue. – Troveremo, scopriremo, ne discuteremo. Questa… – indicò Bry sul letto – è MIA sorella. Le streghe hanno la donna che IO amo e MIA figlia è di nuovo in pericolo. È la MIA famiglia. È il mio momento difficile e non resterò un minuto di più a sentirvi starnazzare mentre tutto quello che di bello mi sia mai successo è in pericolo. – serrò le mascelle abbassando la testa. Elijah riconobbe quello sguardo. Era l’espressione che suo fratello mostrava quando credeva che qualcuno lo stesse per tradire.
- Klaus, ma noi siamo la tua famiglia! – nella parole di ELijah non c’era niente di comico, ma Klaus rise comunque.
- Cosa credi che non abbia sentito l’odore di lei sulla tua pelle? – si avvicinò fino a che un solo passo li divise. Elijah abbassò il viso a terra, solo per un secondo, perché mai avrebbe negato l’amore che provava per Hayley.
- I miei sentimenti per lei non condizionano… -
- Risparmiami le tue parole e guardami negli occhi e dimmi che il pensiero di usare quel dannato paletto di quercia bianca su di me, per poter vivere l’amore con quella lupa e crescere la bambina che il fato ha ingiustamente deciso di dare a me che a te, non ti è mai passato per la testa. –
- Questo è troppo Klaus, lo so che è un momento… -
- E tu sorellina. – Klaus si voltò come se non avesse nessun interesse verso le parole di suo fratello e quegli occhi pieni di pazzia furono su Rebekah – credi che sia stupido? So che non stavi tentando di svegliare Bry, ma che tentavi in tutti i modi di farle del male, come so che hai paura di lei dal giorno in cui hai scoperto che può leggere nel pensiero. Hai qualcosa da nascondere, lo so e sai una cosa… - si era avvicinata a lei, mentre Rebakah si era congelata in un pezzo di ghiaccio. – non mi importa. – le disse a un centimetro dal viso.
Non era di certo quello che si aspettava da lui. Rabbia, inseguimenti, paura e persecuzione, questo si aspettava. Klaus si avvicinò alla porta della camera e prima di uscire tornò a parlargli.
- Fate quello che volete delle vostre vite. Amate e alleatevi al diavolo se volete, come se i nemici lì fuori non siano già abbastanza. – uscì lasciando Rebekah e Elijah senza parole. Era davvero successo quello che avevano tanto sperato. Erano liberi. Si guardarono e dopo un secondo furono alla porta.
- Dove vai? – Elijah gli chiese prima che potesse prendere le scale.
- A rischiare la mia vita per salvare quello che è mio. – ma non si voltò neanche per guardarli.
- Da solo? – Rebekah era lì fuori anche lei, ma non fu lei ad arrestare suo fratello, ma Marcel. Era entrato nella villa nel momento in cui Klaus la stava abbandonando. Non era solo, ma tutti i vampiri che una volta erano sotto il suo controllo erano dietro di lui.
- Ho un piano migliore. – disse richiamando l’attenzione di tutti.

In una parte malandata della città dei morti, dove le tombe erano così antiche da aver perso ogni compiangente durante il corso dei tempi, lì su una tomba incavata nel marmo, lesionata dal tempo e dalle intemperie, le streghe avevano poggiato il corpo di Kol Mikaelson. Avevano il potere che avevano così tanto desiderato, ma non era sufficiente. Neanche loro potevano violare una delle più grandi regole che le avesse dato la natura. Quello che era morto, doveva rimanere tale. Almeno che non avessero intenzione di creare un nuovo essere con le stesse sembianze dei vampiri, ma che la sua creazione non rendesse la natura furiosa. Creare un cacciatore di vampiri. Le mancava solo un piccolo ingrediente. Il sangue degli originali, ma aveva pensato anche a questo.
Una cosa poteva farla. Usare un piccolo trucchetto che una sua vecchia amica le aveva insegnato. Lo stesso trucchetto che aveva usato lei per incarnarsi nelle carni di tante streghe sfuggendo alla morte, solo che avrebbe cambiato qualcosa, usando un'altra anima.
Gli occhi del più piccolo degli originali si spalancarono, ma erano ancora nel colore grigio della morte, poi si alzò di mezzo busto.
- Ben tornato. – gli disse. La faccia di Kol la guardò, ma non era lui. Celeste gli aveva dato un corpo nuovo e potente, come gli aveva promesso tanto tempo fa.
- Finalmente. – disse la sua bocca ingrigita guardando diritto davanti a sé e facendo sorridere Celeste.

Era stata proprio una bella giornata. Stefan le aveva fatto portare la moto come le aveva promesso. Erano andati al parco a dare da mangiare alle anatre nel lago e passeggiato lungo il lungolago parlando e ridendo come due ragazzi normali al loro primo appuntamento.
- Quindi, hai deciso in quale ramo specializzarti? – Stefan camminava con le mani in tasca del suo jeans scuro curvando così le spalle.
- Andiamo Stefan! – ma Katherine aumentò il passo per poterlo superare e poi si voltò verso di lui. – credi davvero che me la sarei bevuta? –
- Ma di che stai parlando, Elena? - qualcosa negli occhi di Stefan cambiò, ma non volle abbandonare la sua parte. Katherine alzò gli occhi al cielo.
- Basta, Stefan. Ho capito. – allargò le braccia, mentre invece Stefan si preparò a tutto. Lei era una vampira molto furba, doveva aspettarsi che non sé la sarebbe bevuta. – Se vuoi chiedermi di tornare insieme, fallo e basta. –
Stefan abbassò il capo nascondendo un grande sorriso. Per un minuto si era dato per spacciato.
- Non lo so… -
- È per Damon? Te l’ho detto, è stato un grande abbaglio e… -
- Cosa?! – una voce che non apparteneva a nessuno dei due le parlò da dietro. Nel momento in cui l’aveva percepito, le era già dietro le spalle. Da quando era così veloce?
Si voltò e lo vide, Damon. Lui gli mostrò un grande sorriso come se niente fosse.
- Pensavo che fossi quella giusta per me e… - poi scoppiò a ridere. – no, sentite non sono bravo a mentire. – allargò le braccia come se davanti a sé ci fosse un pubblico pagante, ma nei paraggi c’erano solo loro.
- Stai bene? – gli chiese Katherine girandosi verso Stefan, come a chiedere conferma di quello che stava vedendo. Il ragazzo alzò le spalle, non sapeva davvero cosa stava succedendo.
- Certo che sì. – Damon le sorrise di nuovo. – è una breve storia che non vi racconterò, ma mia cara c’è un'altra storia che vorrei che tu mi raccontassi. –
- Non riesco a capire? – Katherine arricciò le sopracciglia, ma sapeva bene che c’era qualcosa che non andava.
- Del come hai impossessato il corpo della mia amata. – a quel punto Damon scagliò un colpo, ma Katherine lo schivò. Vide il pugnale che aveva tra le mani, il pugnale che uccideva i viaggiatori. Con un ringhio si lanciò su di lui, ma altre mani la tennero stretta. Stefan. Era dietro di lei, bloccandola.
- Non pensavo di essere un così bravo attore. – le disse in un orecchio. Katherine era una vampira forte, ma nel suo vecchio corpo, questo era un corpo troppo giovane e troppo lento. Damon era davanti a lei, con il solito sorriso sulle labbra.
- Quindi è così che finisce? – si passò la lama del pugnale tra le dita osservando la donna che aveva creduto di amare per così tanto tempo, nel corpo della donna che amava davvero.
- Per piacere! Non voglio morire. Stefan io… - con un calcio colpì Damon allo stomaco. Il ragazzo dai capelli neri corvino, si inarcò dal dolore e Katherine sfruttò la situazione per poter sferrare un secondo calcio, stavolta colpendogli il mento. La testa di Damon si alzò in un modo irregolare e tutto i suo corpo seguì lo slancio cadendo a schiena a terra. Stefan lasciò la presa per poterle mettere le mani alla testa, voleva romperle il collo. Cattiva idea. Con il gomito gli diede una potente gomitata al fianco, sfuggendo dalle sue mani, poi si voltò nel guardarlo.
- Quindi, amore mio, tutto questo era una sceneggiata? E io che credevo di piacerti. – Katherine ringhiò il suo sarcasmo, gettandosi su di lui. Stefan parò i suo primo cazzotto, il suo secondo, terzo e quarto, poi Damon fu di nuovo in piedi. L’attaccò da dietro. Kathierine si abbassò, proprio quando Damon aveva scagliato un'altra pugnalata. Colpì Stefan alla spalla che urlò dal dolore. Katherine corse via, ma i due le corsero dietro. Arrivò a una panchina e con un pugno ruppe l’ultima striscia di legno per ricavarne un paletto. Si voltò e lo infilò nel petto del vampiro che le era spuntato dietro. Stefan. Lei lo guardò mentre il dolore gli percorreva tutto il corpo.
- Solo tu sai perché non ti ho colpito il cuore. – gli disse mentre piano Stefan si accovacciava a terra. Katherine scappò, senza guardarsi indietro.

La città era davvero vuota. Tutto quello che si sentiva era il fruscio della pioggia che violenta stava cadendo da quelle nuvole che avevano coperto il sole per tutta la giornata. A ogni passo le mani a penzoloni di sua sorella si muovevano nell’aria. Aveva la testa curva e i capelli bagnati grondavano di pioggia. Il corpo era del tutto gelido e non solo per il freddo che faceva. Il suo cuore aveva cessato di battere. Bry era morta. La teneva in braccio come nel primo giorno, solo che invece di portarla a casa, la stava consegnando alle streghe. Le streghe che odiava così tanto. La pioggia li aveva bagnati entrambi. Il vestito le aderiva al corpo fanciullesco e mostrò la sua esile corporatura. Sembrava un essere da proteggere, no da sacrificare. Anche le ciglia erano bagnate, di quelle palpebre chiuse che nascondevano i suoi occhioni blu, che non avrebbe mai più riaperto.
- ALLORA!!!! Sono qui, dov’è Caroline? – urlò al centro del quartiere francese. La pioggia aveva bagnato anche i suoi di capelli e corpose gocce di pioggia colavano davanti ai suoi occhi.
- Manca tanto alla luna, devi amare molto questa ragazza. – quella voce parlò, ma non c’era nessuno nella strada.
Klaus si abbassò lasciando sua sorella a terra e pregò che si svegliasse fino all’ultimo istante. Quando si alzò, la strada non era più vuota. Una vasca era al suo centro. Era colma d’acqua, ripetutamente colpita dalle gocce di pioggia. Klaus si avvicinò. La pioggia era battente e presto l’acqua all’interno della vasca straripò. Ci vide qualcosa dentro e aumentò l’andamento dei passi. Un alone chiaro circondato da filamenti d’oro. Un viso. Klaus immerse le braccia inginocchiandosi. Afferrò il corpo sul bordo di quella vasca e lo portò su. Era davvero un modo teatrale e Klaus fu convinto del tutto di starsi confrontando con Celeste. Lei era stata annegata da chi la accusava di essere di una strega in una vasca, e tutto successe per colpa sua. Non appena fu al contatto con l’aria, Caroline respirò. Aprì gli occhi e la bocca vomitò l’acqua che aveva ingerito. 
Gli occhi azzurri di Caroline lo guardarono con panico e solo quando lo riconobbe alzò le sue braccia per abbracciarlo. Klaus la tirò via da quella vasca e l’acqua dei vestiti di Caroline si mischiò alla pioggia. Era lei. Era vera. Era viva. La strinse a sé fredda e bagnata e Caroline si fece abbracciare. Tossì contro i suoi pettorali e Klaus si maledì per aversi creato così tanti nemici.
- Stai bene? – le accarezzò i capelli e Caroline annuì sul suo petto. – Ti hanno fatto qualcosa? Un incantesimo. – ora Caroline dissentì.
Si staccò da lui e lo guardò con due occhi strani e pieni di sensi di colpa.
- Pensavo che non saresti venuto. – gli disse mentre tutto il suo corpo veniva percosso da un milione di brividi.
La pioggia continuava a scendere violenta, ma non li interruppe.
- Come hai potuto solo pensarlo. So che sai quanto io tengo a te. –
Caroline sorrise in un modo strano annuendo tardamente. Lui continuò ad averla tra le sue braccia, fino a che lei glielo avrebbe permesso. Sapeva che da un momento all’altro Caroline si sarebbe spostata da lui entrando nella sua spirale di indifferenza. Non lo fece. Era gelida tra le sue braccia, ma avvertiva il suo cuore battere vicinissimo al suo e fu come se fossero una sola persona. Klaus le spostò i capelli dagli occhi per poterli guardare, mentre la pioggia li bagnava ancora. Il suo cuore batteva forte tanto quanto il suo, senonché di più. Le prese il mento con le dita. Le gocce le percorrevano il bel viso scendendo sulla curva del suo corpo. Era completamente inzuppata d’acqua e la camicetta blu le aderiva al petto. Si poteva vedere l’intimo nero che copriva i suoi tondeggianti seni e il ricordo della loro prima volta annebbiò la mente di Klaus. Battette le ciglia per un attimo, ma veloce le riaprì. Voleva guardarla. Klaus non la lasciò, anche se non era lui che prendeva le decisioni in quella loro strana storia, se fosse stato per lui sarebbe stato suo per sempre. Caroline non ritirò il viso dalla sua morsa e teneva i suoi occhi nei suoi. Lui contraccambiò, incerto. Non era abituato a questo. Lei che era sempre stata sfuggente, era lì docile guardandolo nel modo in cui aveva sempre sognato. La sua Caroline. Appoggiò la sua testa alla sua, lentamente come se il solo tocco potesse romperla e lei… lei chiuse gli occhi. Klaus aveva dato a lei l’ingrato compito di farsi avanti e lei lo aveva fatto, a modo suo. Stava attendendo e il cuore di Klaus saltò in un battito impazzito. Si avvicinò di un solo millimetro nella paura che lei potesse cambiare idea, che le cose terribili che lui aveva fatto in passato si mettessero di nuovo tra loro due, ma lei non si mosse, anzi Klaus spalancò gli occhi quando la sentì issarsi in punta di piedi. Era lei che lo voleva. Era lei che glielo stava chiedendo. Klaus espirò dal naso tutte le sue paure e annientò la distanza dei loro visi. La baciò. Trovò le sue labbra che gli erano tanto mancate. La baciò e Caroline corrispose. Aveva gli occhi chiusi, mentre lui non riusciva a chiuderli, voleva vedere, voleva marcare quel ricordo nella sua mente per sempre. La strinse a sé per non lasciarla andare via e un brivido gli percosse la schiena, quando l'interno morbido e caldo delle labbra della donna che aveva così tanto desiderato, coprirono le sue. Caroline si appoggiò al suo corpo mettendogli le mani nei capelli. Espirò dal naso il desiderio e Klaus si sentì morire quando la sua lingua toccò la sua. Era calda e il suo calore lo avvolse tutto. Chiuse gli occhi mentre le morbide labbra di Caroline continuavano a corrispondere al suo bacio, stonato dal battere del suo cuore ibrido. La amava, la amava davvero.
- Guarda un po’. L’ibrido imbattibile che amoreggia con la sua amata ai piedi di sua sorella morta. Non mi sorprende affatto. – Celeste uscì da un angolo della strada, mostrando il suo nuovo corpo, interrompendoli. Non era sola. Era accompagnata da altre tre streghe che si coprivano dalla pioggia usando degli ombrelli neri. Klaus riconobbe la nipotina di Sophie Deveraux, perita nelle mani della stessa.
- Liv? – chiese Caroline riconoscendola, ma Klaus non le fece dire altro. La spinse dietro alle sue spalle per pararsi davanti a lei.
- Sì, è questo il suo nome, ma non sono lei, non più. –
In quell’istante la pioggia cessò. Fu come se qualcuno dal cielo avesse chiuso un rubinetto.
- Ora puoi andare, Mikaelson. – Celeste fece un passo verso Bry, ma Klaus non aveva nessuna intenzione di andarsene.
- Non così in fretta. – ora fu lui a mettersi avanti a sua sorella e in quell’istante dalle strade, dai vicoli, sui marciapiedi e sui palazzi, sbucarono altre persone. Vampiri. I vampiri di Marcel. Erano circondate.
- Davvero credevi che mi sarei arreso così facilmente. – volteggiò un dito in aria mostrando alle streghe il numero elevato dei loro nemici.
- Stupida decisione. – Celeste schioccò le dita e in un attimo fu visibile un qualcosa che Klaus non aveva messo in conto. Licantropi. I licantropi del Bayou ed erano tanti. Erano dietro alle streghe ed erano sempre stati lì, solo che avevano issato un incantesimo per renderli invisibili. - Sai è facile avere il supporto dei lupi mannari quando gli si promette l’antidoto alla loro maledizione. Maledizione che ho issato proprio io. – Celeste abbassò una mano dando un comando ai suoi lupi. Il comando di attaccare. Klaus si voltò verso Caroline afferrandole tutte e due le braccia.
- Scappa e non farti mordere. –
- Vieni con me. – Caroline afferrò la manica della sua maglia inzuppata d’acqua.
- SCAPPA!!! – ma la strappò via proprio quando un licantropo stava per attaccarli da dietro. Klaus riuscì a fermarlo dandogli un calcio nello stomaco. Caroline non si mosse cocciutamente e la sua bocca si aprì come se volesse dire qualcosa, poi una figura fu al suo fianco. Rebekah. Sorrise al fratello.
- Lo so, mi hai liberata, ma sei sempre mio fratello, testa di cazzo. – prese Caroline per un braccio e la portò via con se. Caroline si voltò verso di lui, in più di una volta, e Klaus non lasciò la sua vista, finché un'altra voce familiare si fece udire. Si voltò verso la folla che si era creata. Vampiri contro licantropi stavano combattendo all’ultimo sangue e proprio in mezzo a loro, suo fratello Elijah teneva il muso di un lupo mannaro tra le mani, mentre un altro lo stava per attaccare al fianco. Elijah non lo aveva visto. Klaus corse e intercettò l’attacco. Elijah si voltò verso di lui dopo aver scaraventato l’animale a tre metri di distanza.
- Guardati le spalle, fratello. – gli disse poi Klaus. Non ebbero il tempo di dire altro, la battaglia intorno a loro stava diventando focosa e i licantropi parevano avere la meglio. Si buttarono nella mischia, fianco a fianco, per proteggere quello che avevano di più caro, la famiglia.
   
 
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