Lo guardava allenarsi ogni giorno.
Ogni dannatissimo giorno vedeva il suo corpo modificarsi, diventando sempre più possente, perfetto, una incredibile e dissoluta macchina da guerra.
E non solo.
Qualche volta aveva visto arrivare quella donna.
Ricordava bene come era stato, essere dentro il corpo di lei.
Umiliante, ma, allo stesso tempo, incredibilmente…strano…per uno come lui.
Sempre meglio che essere dove era ora.
Una noia mortale.
Essere costretto a vedere tutti i giorni quel corpo divenire infallibile era così dannatamente frustrante che lui stesso non sapeva quanto sarebbe potuto durare.
Il giorno in cui prese la decisione di cambiare definitivamente vita, fu quando li vide attraverso la porta a vetri del salone che dava sul giardino.
La vide avvicinarsi a lui.
Il tempo di qualche scambio di battute acide e poi…
I vestiti di entrambi erano finiti a terra calpestati dai soli piedi di lui che, intrappolando il formoso corpicino di lei tra il suo e il muro, l’aveva sollevata di peso, portandole le gambe sui suoi fianchi scolpiti e facendola sua.
Lui era stato lì fuori, a farsi del male osservando la scena che avrebbe potuto vivere lui stesso, se le cose non fossero andate per quell’orribile verso.
Era colpa dei sayan, se lui ora era così.
L’avrebbero pagata cara, un giorno.
Sentì i due amanti portare a termine quell’amplesso con gemiti fin troppo accentuati per essere frutto di finzione e il suo desiderare di possedere quel corpo, già agognato non molto tempo prima, divenne, da quel preciso momento, quasi un’ossessione.
Voleva i suoi muscoli scolpiti.
Voleva la sua forza.
Voleva lui.
Con un po’ di fortuna, avrebbe avuto anche lei.
Ginew cercò un rametto.
Lo prese tra le piccole dita palmate e cercò in tutti i modi di imparare a scrivere una sola parola, apoteosi della sua invidia:
“Scambio”