Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Adeia Di Elferas    18/01/2016    2 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~~Girolamo Riario stava guardando fuori da una delle finestre del primo piano del suo palazzo. Era giorno di mercato.
 Una varia umanità si stagliava davanti ai suoi occhi, nello spiazzo polveroso in cui mercanti e cittadini di ogni sorta parlavano, ridevano e si davano da fare.
 Quasi nessuno aveva fattomostra d'aver notato il Conte appollaiato lì, con il suo sgaurdo sempre accigliato e la sua figura sempre più scarna e tormentata.
 Da quando le tasse erano state ripristinate – ed era passato davvero molto poco – un'aura di sospetto e indignazione racchiudeva tutta la popolazione di Forlì, che non degnava più il proprio signore nemmeno del saluto.
 Girolamo non soffriva molto di quella condizione. In parte per via delle vicissitudini dello Stato e in parte per la distanza ormai incolmabile creatasi con la moglie, si sentiva molto più a suo agio nel muoversi come un fanstasma, sfuggendo le attenzioni della folla.
 Dal battesimo del quinto figlio, a cui era stato dato il nome di Galeazzo Maria, ulteriore smacco per Girolamo, il Conte aveva fatto una vita estremamente ritirata e intendeva proseguire in quel senso la sua vita. Si era già in marzo, le giornate principiavano a essere un poco più tiepide, benché di notte le gelate persistessero come in pieno inverno, ma il Conte era ancora molto restio a uscire dal palazzo.
 Si limitava a osservare la città standosene alla finestra, con interesse moderato, la mente persa nei suoi pensieri.
 Così, anche in quel momento, mentre posava gli occhi oscurati dal rancore su questo o quel passante, la sua attenzione si lasciò sfuggire un figuro che sotto a quella finestra c'era passato abbastanza spesso negli ultimi tempi.
 Uno dei mercanti, invece, l'aveva notato, quello strano personaggio. Era molto basso, vestito in modo sciatto e povero, come fosse appena arrivato dai pascoli. Teneva anche in spalla un agnello e continuava a fare proposte a tutti, facendo credere che l'animale fosse in vendita.
 Il mercante lo squadrò ancora meglio, convinto, ormai, di conoscere l'identità del finto pastore.
 Quel viso cupo e quell'espressione cattiva, quel modo di camminare ciondolando un po' e quell'evidente camuffamento, troppo eccessivo e troppo ostentato, fecero finalmente capire al mercante chi fosse quell'individuo.
 Lasciando in mano la bancarella al suo socio, il mercante non perse tempo. Anche se non gli andava a genio il Conte Riario, sapeva ben fare i suoi calcoli. Se ne fosse uscito qualcosa di interessante per la sicurezza della città, di certo i signori di Forlì lo avrebbero ben ricompensato...!
 “Signore!” si mise a chiamare, appena fu sotto la finestra di Girolamo.
 Il Conte abbassò sospettosamente lo sguardo verso il mercante, senza dire nulla. Anzi, si ritrasse appena, nel dubbio che l'uomo volesse fargli del male in qualche modo.
 “Signore!” ribadì il mercante e a quel punto Girolamo si arrischiò a dire: “Sì...?”
 “Vedete quell'uomo... Quello con l'agnello...!” fece il mercante, sperando che l'interessato, che era abbastanza lontano, non sentisse: “Ecco, mio signore, si tratta di uomo malvagio e vostro grande nemico! Fatelo subito arrestare e vedrete che dovrete darmi ragione!”
 Girolamo, sconvolto da una simile notizia, vide tutte le sue più grandi paure farsi strada tra le diffidenze nutrite verso il mercante e, senza nemmeno chiedersi se quell'uomo fosse sincero, ordinò alle guardie che stavano vicine all'ingresso del palazzo: “Voi! Arrestate quell'uomo con l'agnello in spalla!”
 A quel punto Butrighelli, che ancora stava fingendo di voler vendere la bestia che teneva con sé, si accorse delle guardie che correvano in sua direzione. Lasciò cadere l'agnello e prese a correre. Le sue gambette corte, però, non gli permisero di andare lontano.
 Il mercante era ancora sotto alla finestra, sorridente, nella speranza di sentirsi promettere qualche ricompensa da Girolamo, che, invece, lo scacciò con un gesto della mano: “Ora andatevene, voi!”
 Il mercante aprì la bocca, contrariato, e, dopo aver cercato un momento le parole, disse: “Ma mi spetta una ricompensa! Vi ho permesso di acciuffare un malintenzionato!”
 “Hai solo fatto il tuo dovere di suddito! Torna ai tuoi affari!” lo rimbrottò Girolamo, sparendo dentro al palazzo, mentre le sue guardie portavano il Butrighelli a braccio.

 “Poteva essere una trappola, te ne rendi conto?” chiese Caterina, mentre suo marito misurava a grandi passi la stanza.
 “Poteva essere che il mercante volesse indurti a far entrare a palazzo quell'uomo per farti uccidere o altro...” proseguì la donna, mentre cullava tra le braccia il figlio più piccolo.
 “Assurdità. Assurdità.” borbottò Girolamo tra sé, senza degnare di uno sguardo i bambini, neppure Ottaviano, che cercava di attirare la sua attenzione aggrappandosi alla sua giacchetta.
 “Per stavolta sei stato fortunato.” concluse Caterina: “Ma avrai capito che la tua posizione è precaria... Tutte quelle lettere di Antonio Ordelaffi erano per altrettanti cittadini del forlivese. Sai cosa significa?”
 “Che Antonio Ordelaffi crede di poter rubarmi la mia città!” fece subito Girolamo, allargando le braccia, come fosse ovvio.
 “No, vuol dire che nella città di Forlì ci sono molte persone che sono pronte a sostenerlo. Ragiona! Nelle lettere di Ordelaffi si parlava di un'invasione della città con seicento soldati, il Venerdì Santo. Per dare tante informazioni, vuol dire che tutti i complici erano già d'accordo e aspettavano solo di sapere il quando e il come!” fece Caterina, mentre tra le sue braccia Galeazzo Maria cominciava a piangere, spaventato dal tono iroso della madre.
 “Bene! Bene!” esclamò allora Girolamo: “E allora ci trasferiamo a Imola, fino a che le mie spie non avranno finito di mettere all'angolo tutti i congiurati! E metterò a morte questo laido Butrighelli! E con lui tutti i Forlivesi che scrivevano a Ordelaffi!”
 Caterina ignorò le lacrime del piccolo che teneva tra le braccia e anche gli sguardi preoccupati e interrogativi degli altri figli, limitandosi a dire: “E invece dovresti restare a Forlì e imporre il pugno di ferro. Ormai è tardi per rimangiarti la parola sulle tasse, visto che il Consiglio degli Anziani non appoggerà mai un ritorno al vecchio corso, ma puoi ancora mostrarti forte e deciso e impedire altre congiure. Metti in piazza tutto, fai capire che ogni congiura verrà scoperta e punita, ma soprattutto sii presente alle esecuzioni, agli interrogatori, ai processi, alle torture, se sarà necessario!”
 Caterina, mentre parlava, ripensava alle ultime settimane che aveva passato a Milano, a quando sua madre Bona aveva dovuto fare altrettanto per tenersi la città. Girolamo avrebbe dovuto fare lo stesso, senza commettere gli errori che invece aveva commesso la donna. Bona si era alla fine fidata delle persone sbagliate e aveva ammorbidito la sua linea di governo e come risultato si era trovata reclusa in una cella, come l'ultima delle criminali, ma Girolamo poteva evitare quegli sbagli...
 “Non se ne parla! Insabbierò tutto. Punirò i colpevoli, ma insabbierò tutto. E entro fine settimana andremo a Imola.” concluse Girolamo, uscendo dalla stanza dei bambini con il pianto dirotto di Galeazzo Maria che ancora gli rimbombava nelle orecchie.

 Il 3 aprile 1486 Butrighelli venne impiccato alla Porta di San Pietro, ma la sentenza che venne letta suscitò non poche domande tra la popolazione.
 Si accusava il giustiziato di tradimento e di aver partecipato a una congiura, ma, inaspettatamente, non venne fatto nemmeno un nome oltre al suo.
 “E che...!” disse uno dei clienti del Novacula, mentre questi cominciava a rasargli il mento: “Uno fa una congiura così? Da solo?”
 “Per me il Conte se li è fatti scappare, gli altri!” fece un secondo cliente, che aspettava il suo turno: “E per non ammettere di essere un fesso, ha fatto impiccare l'unico che è riuscito a prendere!”
 “Questo spiegherebbe anche perchè se n'è scappato a Imola!” ridacchiò il primo, con un improvviso lampo di comprensione: “Quel codardo se n'è scappato per paura di trovarsi un coltellaccio tra le scapole!”
 Il Novacula ascoltava ogni cosa, ma in silenzio. Appena prima della partenza dei Conti, aveva incontrato Caterina Sforza, che lo aveva avvisato del loro viaggio.
 La donna si era lamentata velatamente del pedaggio che avrebbero dovuto pagare ai Manfredi e aveva chiesto ad Andrea Bernardi di vegliare, come sempre, e di essere pronto a riferire tutte le novità, una volta che lei fosse tornata.
 Il Novacula aveva fatto un inchino, dichiarandosi sempre fedelissimo suddito di sua signoria, e così ora si impegnava giorno e notte nel compito che gli era stato affidato, prendendo mentalmente nota di ogni minima chiacchiera e ogni più insignificante insinuazione mossa dai suoi clienti.
 “Ecco fatto!” sorrise il Novacula, carezzando con fare professionale le guance perfettamente rasate del suo cliente.
 Questi controllò il lavoro e fece per alzarsi e chiedere quanti soldi dovesse, quando un ragazzetto entrò di corsa e senza fiato: “La peste! La peste a Forlì!”
 Il Novacula sgranò gli occhi, mentre i due clienti cominciavano a fare domande a raffica, chiedendo come e quando, perchè, chi e che rischi si correvano. Uno di loro si fece più volte il segno della croce.
 “Già tre casi nelle campagne! Dicono che presto arriverà anche in città!” riferì il giovanotto, saltellando sul posto, come se stesse sui carboni ardenti: “Devo riferire a palazzo, ma prima sono passato da voi!” aggiunse, guardando Andrea Bernardi.
 “E allora vai, no! Che aspetti!” lo incoraggiò il Novacula, agitando le mani per fargli fretta.
 Il ragazzetto riprese a correre e nel negozio calò il silenzio più totale.
 “Devo andare.” disse il cliente che stava aspettando il suo turno.
 “Tenete – fece quello che era già stato rasato, mettendo in mano al Novacula una bella somma – anche io devo andare, devo avvisare la mia famiglia...”
 Andrea Bernardi, rimasto solo, si sedette un momento sullo scranno di solito usato dal cliente di turno e si massaggiò la fronte. Quella sì che era una novità che la Contessa avrebbe voluto sapere con urgenza.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Adeia Di Elferas