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Autore: _andr_    19/01/2016    1 recensioni
Scartò altri 16 candidati per lo stesso motivo. Poi si imbattè in un certo Leorio che aveva passato l’esame di Hunter pochi anni prima. Quello che convinse Lanca a scegliere lui fu la lista delle altre persone che avevano passato l’esame quell’anno. Magari con un po’ di fortuna sarebbe riuscita a raccogliere qualche informazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La bambina dagli occhi rossi continuava a fissare il piccolo pacchetto sul suo comodino che voleva dire soltanto una cosa: era stata scelta. Non le andava. Non le andava per niente. Aveva tre anni e già doveva andare in sposa. Eppure si era impegnata per non essere scelta. Non giocava con gli altri bambini. Era antipatica, decisamente antipatica. Era disordinata e anche violenta. Tutto questo non bastava evidentemente.
-Hahaha sei stata scelta-
Mivea gli tirò un cuscino prendendo suo fratello in pieno.
-Pairo sta zitto- i suoi occhi diventarono di un rosso ancora più acceso e si riempirono di lacrime. La piccola Mivea non voleva sposarsi alla stessa maniera in cui non voleva avere un fratello gemello. Eppure Pairo faceva ancora parte della sua esistenza così come quella scatolina maledetta. Odiava la foresta e ogni singolo membro della tribù ma non aveva abbastanza fegato per scappare, o forse era soltanto troppo piccola. Non aveva mai fatto un vero tentativo di fuga, ma aveva tentato di uccidersi, o meglio di farsi uccidere. Era andata nelle tane degli animali più feroci, li aveva fatti arrabbiare, ma in qualche modo era riuscita a scappare all’ultimo secondo, era come la sua vita cercasse di resistere a ogni modo. Quello che spingeva Mivea a tali comportamenti era la certezza che le sarebbe capitato qualcosa di terribile se fosse rimasta in vita. E la cosa terribile si avvicinava sempre più rapidamente, o almeno questo era quello che sentiva.
-è arrivato Kurapika andiamo a giocare?-
Suo fratello si era avvicinato di nuovo. No, non voleva andare a giocare e per tutta risposta gli diede una delle sue peggiori unghiate lasciandogli un segno su tutto il braccio.
-Uffa sei cattiva..- disse Pairo scoppiando in lacrime. Mivea invece aspettava l’urlo di sua madre e la punizione che consisteva sempre nel “vietato uscire fuori a giocare” che era in fondo quello che lei desiderava. Invece le urla di Pairo vennero completamente ignorate da sua madre che invece entrò in camera sua con Kurapika.
-Allora, tesoro, non hai ancora aperto la scatola?- le disse sua madre con le lacrime agli occhi. Quella donna si commuoveva troppo. Kurapika invece tremava, il che non era strano, Mivea faceva paura agli altri bambini per il suo brutto carattere e il fatto che il biondo fosse un anno più grande di lei non le aveva mai impedito di prenderlo a pugni. A ogni tremore di Kurapika la ragazzina notava uno strano orecchino che seguiva i suoi movimenti. Gli orecchini per i Kuruta avevano lo stesso significato di una fede nuziale nel mondo esterno. E questo voleva dire soltanto una cosa: Kurapika aveva scelto qualcuno e il fatto che fosse tremante davanti ai suoi occhi rendeva evidente che quel qualcuno fosse lei. La bambina sentì uno strano calore, si sentiva improvvisamente onorata di essere stata scelta, così aprì la scatola e senza indugiare si infilò l’orecchino che vi era all’interno. Doveva aver evidentemente sbagliato qualcosa visto il leggero bruciore che sentiva e la goccia di sangue che fuoriuscendo dal lobo aveva fatto svenire sua madre. Ora erano ufficialmente destinati sposarsi e il matrimonio sarebbe stato reso effettivo nel momento in cui lei fosse diventata una donna. Gli occhi le erano tornati castani e le labbra cominciavano a incresparsi in un sorriso. Kurapika poi aveva smesso di tremare dato che non era arrivato il pugno che temeva.
-Quindi ora che siete sposati io e Kurapika siamo diventati fratelli!- urlò Pairo pieno di gioia.
Ah ecco era stato scelto Pairo.
 
 
 
 
Mivea osservava da un albero suo fratello e Kurapika che si rincorrevano. Aveva raccolto delle pietre con l’intenzione di colpire uno dei due in modo da riparare all’umiliazione subita per il fatto di non essere stata scelta sul serio. Tuttavia non lanciò nessuno dei piccoli sassi. Si sentiva una vera codarda. Il sole stava tramontando e un senso di angoscia le riempì il cuore: qualcosa di terribile stava per succedere. Scese dall’albero, tornò a casa sua e si mise sotto le coperte. Decise di addormentarsi e di non andare neanche a cenare, al suo risveglio l’angoscia doveva pur andarsene.
Quando aprì gli occhi si ritrovò dentro un auto ferma. Dal finestrino riuscì a distinguere il capo del villaggio prendere dei soldi da un uomo molto alto. Sentì l’impulso di gridare ma una mano le bloccò la bocca soffocando l’urlo. L’uomo torno in auto e mise in moto.
-Come ti chiami bambina?- le chiese l’uomo con una voce che sembrava tutt’altro che gentile.
-Mi.. Mive…- la bambina ricevette uno schiaffo. Da un altro uomo che era seduto accanto a lei, quello che le aveva soffocato l’urlo.
-Tu non hai un nome, sei solo una cavia.- ribatté l’uomo che aveva accettato i soldi dal capotribù.- ora bambina come ti chiami?-
Ci fu solo il silenzio e un ghigno sul volto dei due uomini. Qualcosa di terribile stava succedendo.
I successivi due anni furono un supplizio. Fu privata dei suoi abiti e dell’orecchino che furono messi in uno strano mobiletto. Gli esperimenti si incentravano sui suoi occhi che dopo un anno di torture diventarono da castani a verdi, persero anche la loro “caratteristica” in quanto non potevano più diventare scarlatti, ma arrivavano al massimo a un triste rosso spento e cupo. Successivamente cominciarono le iniezioni, alcune non provocavano dolore, altre erano lancinanti, fu durante quelle lancinanti che cominciò a avere allucinazioni. Vedeva dei nastri che le davano sollievo ogni volta che li stringeva tra le mani, gli altri non riuscivano a vederli e quindi decretarono che un certo farmaco provocava allucinazioni. I giorni passavano tutti uguali fin quando non si sentì uno strano boato e la temperatura del laboratorio cominciò a alzarsi in modo esponenziale. Una serie di nastri avvolse Mivea che chiuse istintivamente gli occhi evitando di vedere così l’incendio che divampava.
Qualche ora dopo un uomo trovò una bambina tra le macerie che doveva avere circa 5 anni. La bambina aprì lentamente gli occhi, i nastri non la avvolgevano più, ma un nastrino era ancora tra le sue mani e lo strinse con forza appena vide l’uomo che l’aveva intanto presa in braccio.
-Oh ma guarda qualcuno qui sa usare il nen eh? Come ti chiami bambina?- le disse sorridendo, ma senza ottenere risposta. Così la posò per terra e cercò di tranquillizzarla. –io sono Hans Forell, tu chi sei?-
-Sono una cavia- rispose la bambina, il suo sguardo fu improvvisamente rapito da uno strano mobile semi-nascosto dalle macerie. L’uomo andò a recuperare il mobile trovando al suo interno dei vestiti troppo piccoli per una bambina di 5 anni e un orecchino abbastanza strano. Li porse alla bambina che sembrò rattristita nel notare che quei vestiti non le andavano e la fermò quando la piccola tentò di bucarsi un orecchio con l’orecchino.
-non ce l’hai un nome?- le disse il signore sperando di ricevere una risposta.
-io sono una cavia del laboratorio analisi- rispose ancora la bambina.
-Allora dobbiamo inventarlo.. uhm che ne dici di Lanca è più corto di cavia del laboratorio analisi-
La bambina annuì e da quel momento divenne Lanca Forell l’unica sopravvissuta dell’incendio del laboratorio analisi di Silver City.
 
 
 
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Note: ciao a tutti i lettori, questo capitolo non è la continuazione della storia, ma una spiegazione del passato di Lanca, in modo da rendere più chiari i riferimenti presenti negli altri capitoli. Spero sia di vostro gradimento. Alla prossima ^-^
  
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