CAPITOLO 60
Giovanni non capiva nulla di quel quartiere. Era pulito e
dalla parvenza benestante, e si differenziava dal resto della città poiché era
pieno di botteghe e di gente vestita bene, anche se a volte in modi inusuali.
La curiosità che più lo colpì sul momento fu che alcuni degli uomini che aveva
scorto portavano sulla testa una sorta di cappellino rotondo, che lui non aveva
mai visto indossare da nessuno prima di quel giorno.
Non aveva intravisto neppure un gendarme o un nobile per le
strade di Ferrara che aveva appena percorso, e questo dava un senso di incredibile
stranezza al tutto. Però, in quella specie di quartiere racchiuso all’interno
di grandi cancelli c’era gente ben vestita. Gente pulita e dalla parvenza
benestante, e non gente cenciosa come nel resto della città.
Fino a poco prima non aveva ricevuto alcuno sguardo, mentre
da quando aveva varcato quel cancello tutti gli occhi parevano puntati su di
lui e sulla sua amata. Sguardi pieni di curiosità. Di certo, il loro arrivo era
stato notato dagli abitanti di quel quartiere, che Teresa aveva chiamato
ghetto.
Lui non aveva la benché minima idea di ciò che fosse un
ghetto e del perché fosse racchiuso all’interno di possenti cancelli, ma in
quel momento si vide costretto a smettere di riflettere e a cercare di dare
forza alla sua amata, che pareva titubante dopo essersi soffermata di fronte a
quello che doveva essere l’indirizzo che stavano disperatamente cercando.
La contessina suonò la campanella, mordendosi un labbro con
indecisione crescente, e solo allora il brigante tornò la forza per avvicinarsi
a lei e abbracciarla per un istante. Quel breve contatto parve avere gli
effetti desiderati, poiché la ragazza sembrò riacquistare sicurezza fin da
subito, lanciandogli un breve sorrisetto.
Poi, la porta dell’abitazione si spalancò di fronte a loro
due, ed una vecchia serva li fissò con fare incuriosito.
‘’Chi siete?’’, si affrettò a dire la donna, mentre si
sfregava le mani sul grembiule bianco candido tipico delle cuoche.
‘’Avremmo bisogno di parlare con signor Isacco Montignoni. È
in casa?’’, chiese Teresa, evidentemente in imbarazzo.
Giovanni si limitò a tacere e a lasciar parlare la sua amata,
visto che gli aveva espresso chiaramente il fatto che doveva lasciare fare a
lei, quindi si limitò ad avvicinarsi e a prenderla a braccetto, in modo da
farle sentire nuovamente la sua vicinanza.
‘’Non so chi siete. In questa casa, i forestieri sconosciuti non
sono i benvenuti’’, disse frettolosamente la serva, preparando a ritirarsi e a
chiudere la porta in faccia ai due.
La contessina, sbalordita dalla pronta e maleducata reazione
dell’interlocutrice, non pareva aver voglia di demordere. Pure il brigante non
voleva essere sbattuto fuori da quella casa da una misera domestica, poiché lì dentro
c’era il loro unico appiglio rimasto e l’ultima possibilità di ricevere un
aiuto concreto da qualcuno.
‘’Allora se non volete farci entrare, per favore date questo
scritto al signor Montignoni’’, disse Teresa, porgendo alla serva quella
lettera che era stata scritta da suo padre e che la ragazza aveva conservato
avidamente per tutto il periodo della loro fuga.
‘’Va bene. Ma non datemi del voi, sono solo un’umile cuoca’’,
disse la donna con fare sospettoso, afferrando il foglio scritto che le veniva
allungato e chiudendo nuovamente la porta.
‘’Bene’’, mormorò Giovanni, avvilito e irritato. Per
l’ennesima volta, una porta era stata loro chiusa sotto il naso, e questo era
davvero umiliante.
La contessina lo gelò con uno sguardo truce.
‘’Non provarci neppure a fare dell’ironia. Se tutto va bene,
tra poco questa porta tornerà ad aprirsi’’, disse poco dopo Teresa, con la sua
solita maschera piena di sicurezza ben posta sul volto. Il brigante dovette
reprimere l’impulso di lasciarsi andare ad una risata amara.
‘’Piantala, Teresa. Andiamocene di qui! Come credi di poter
conquistare la fiducia di quel tizio che se ne sta barricato in questa casa,
sentiamo? Con un pezzo di carta scritto, forse?’’, tornò a dire Giovanni,
lasciandosi andare e allargando le braccia, compiendo un gesto veemente.
Le sue parole andarono a segno, ma la contessina parve
uscirne più ferita del previsto da quel dibattito.
‘’Hai un’idea migliore? Ora quell’uomo leggerà la lettera, e
riconoscendo la scrittura e la firma di mio padre, ci farà poi entrare in casa.
E se non sarà così, almeno ho provato a fare qualcosa, e non sono rimasto
smorto con le mani in mano per tutto il tempo!’’, disse la ragazza, alzando
lievemente la voce.
‘’Non ti permettere! Sei stata tu a dire che dovevo tacere,
ed è quello che stavo facendo. Mi ritieni forse inferiore solo perché non so
leggere e non so scrivere? Non me ne importa di quelle cose lì, e non credo che
abbiano tanto potere sulla gente. Resteremo in strada anche questa volta’’,
sbottò Giovanni, mentre la contessina scuoteva il capo e si appoggiava al muro
dell’abitazione, mettendosi poi le mani sul volto.
Accorgendosi di aver esagerato e di aver ferito la sua amata,
il brigante si affrettò ad abbracciarla e ad allungarle un bacio su una guancia.
‘’Mi dispiace. Non volevo discutere con te. Ho davvero
esagerato, questa volta… perdonami, ti prego’’, le sussurrò all’orecchio,
davvero dispiaciuto. La stanchezza che aveva accumulato lo stava rendendo
sempre più intrattabile, ed invece di lodare la sua compagna di fuga per il
coraggio e la fermezza che stava dimostrando, era finito per offenderla. E
questo gli faceva molto male.
‘’Tranquillo. Siamo entrambi sfiniti…’’, disse Teresa dopo un
attimo, accettando il suo bacio.
‘’Qui ci guardano tutti. E’ meglio andarcene, o attireremo di
certo ogni inopportuna attenzione su di noi’’, tornò a dire Giovanni, notando
che il tempo stava inesorabilmente scorrendo e che gli occhi puntati su di loro
erano aumentati dopo la breve discussione ad alta voce in strada.
La contessina gettò un ultimo sguardo disperato alla porta
chiusa alle sue spalle, e tirando su col naso si discostò dal muro,
allontanandosi. Il brigante comprese che a quel punto anche lei si era arresa.
Eppure, proprio mentre iniziavano ad allontanarsi insieme,
mano nella mano, la porta che racchiudeva le loro ultime speranze si spalancò.
‘’Signori, il padrone di casa vi attende’’, disse la matura
serva di poco prima, invitandoli in casa e tenendo ben aperto l’uscio.
Teresa lanciò uno sguardo pieno di speranze al brigante, che
in cuor suo non sapeva che pensare. Eppure, seguì la sua amata ed entrò dentro
a quella casa, senza farsi altri problemi ed affidandosi totalmente a lei, che
ormai era diventata il suo faro e l’unico motivo per cui continuava a vivere
senza farla miseramente finita.
Teresa entrò in quella casa con grande sollievo, e la gioia
dentro di lei era talmente tanta che neppure si guardò intorno, e rischiò di
finire a sbattere contro un attaccapanni di legno posizionato poco distante.
Cercando di riprendere il controllo delle sue emozioni, che
in quel momento era in subbuglio dentro di lei poiché le speranze parevano
essersi avverate, la ragazza attese cortesemente che anche Giovanni entrasse e
che la serva chiudesse la porta.
‘’Seguitemi’’, disse la donna, incamminandosi verso una porta
laterale al grande corridoio iniziale, già socchiusa.
Teresa ebbe modo di notare che l’abitazione era davvero
sfarzosa al suo interno, e che il signor Isacco doveva essere davvero molto
benestante, ma non fece in tempo a far caso a molto altro, poiché Giovanni la
prese per mano, ed insieme seguirono la serva, ritrovandosi però in un freddo ambiente
laterale spoglio e privo di arredi.
La contessina guardò dietro di sé, gettando un’ultima
occhiata all’ingresso ospitale e caldo della casa, mentre la serva chiudeva la
porta dietro di lei, dando pure un giro di chiave e facendo scattare la
serratura.
‘’Ma… dove ci stai portando?’’,chiese la ragazza, allibita.
Trovandosi chiusa in quell’ambiente spoglio e freddo a lei
sconosciuto, Teresa iniziò a porsi domande scomode e le sue speranze parvero
indebolirsi a tal punto da lasciarla sola in compagnia delle sue paure.
Dal canto suo, il brigante le strinse la mano con ancora più
forza; anche lui pareva aver percepito che qualcosa non stava andando per il
verso giusto.
‘’Seguitemi, prego’’, ripeté la serva, senza sorridere e
riprendendo a muoversi verso un punto indeterminato.
‘’Non vi seguiamo oltre’’, disse la ragazza riprendendo a
dare del voi alla serva sconosciuta, facendo poi due passi indietro e sbattendo
contro la porta chiusa alle sue spalle. Le sembrò di essere in trappola.
Per un attimo, pensò al peggio.
‘’Quella maledetta ci ha chiuso qui dentro! Cosa vuole da
noi? Cosa c’era scritto in quella lettera che hai consegnato al padrone di
casa?’’, chiese Giovanni a bassa voce, lasciandosi andare ad una crescente
agitazione.
‘’Nulla che potesse farlo arrabbiare o insospettire così
tanto da chiuderci a chiave in un luogo come questo…’’, mormorò la ragazza,
riflettendo sul da farsi.
‘’Seguitemi, vi ho detto. E non agitatevi inutilmente, non
c’è nulla di cui sospettare! Se non la si chiude a chiave, quella porta si apre
continuamente, visto che ha un problema con la serratura. Venite con me e tra
poco sarete al sicuro’’, disse ad alta voce la serva, notando il momento
concitato.
‘’Taci e apri…’’.
‘’Ti seguiamo’’, disse Teresa, afferrando saldamente il
braccio di Giovanni ed impedendogli di concludere quella frase che stava per
gridare.
Erano in casa di ebrei benestanti, e la serva appariva
perplessa di fronte al loro comportamento, quindi molto probabilmente non
avevano nulla da temere. Inoltre, la donna aveva utilizzato una scusa
plausibile, e forse li stava portando dal proprietario di casa.
Fino a quel momento non c’era motivo per spaventarsi così
tanto e cadere nel terrore.
Il brigante le lanciò un’occhiata perplessa, e lei si limitò
a fargli cenno di fidarsi e di seguirla, incamminandosi nuovamente dietro la
loro accompagnatrice, che sorrise compiaciuta.
Continuarono a camminare tutti e tre per qualche minuto,
percorrendo un corridoio basso, grigio e spoglio, fintanto che non sbucarono in
un grande capannone vuoto. Lì dentro almeno era più caldo, ed un grande camino
era acceso poco distante, abbastanza vicino ad un tavolo scuro e ad alcune
sedie. Si doveva trattare di un ambiente laterale al retro dell’abitazione.
‘’Accomodatevi lì, e abbiate la pazienza di attendere un
attimo, per cortesia’’, disse la serva indicando le sedie, per poi allontanarsi
rapidamente e chiudere l’ennesima porta dietro di sé, una porta che Teresa non
aveva notato quando era entrata in quel capannone, che in realtà pareva essere
un magazzino vuoto.
‘’Ecco, bene. Hai impedito che mi ribellassi, ed adesso ci
troviamo chiusi dentro ad un capannone vuoto’’.
La voce forte e roca di Giovanni riscosse la ragazza, che nel
frattempo stava continuando a riflettere.
‘’Una tua reazione così aggressiva era a dir poco immotivata.
Non c’è motivo di agitarsi così tanto, d’altronde ci hanno fatto entrare nella
loro dimora e nulla è poi così insensato o inquietante, per ora’’, disse la
contessina, andando a sedersi su una sedia vicina al tavolo e al camino acceso.
‘’Anche tu prima mi parevi spaventata’’, tornò a dire il
brigante, irritato.
‘’E’ stato solo un attimo di paura. E comunque, sono giorni
che siamo in fuga, e devo essere sospettosa riguardo a tutto. Ma qui non mi
sento in pericolo, in questo momento’’, disse la ragazza, sospirando ed
incrociando le braccia sul tavolo.
Giovanni la raggiunse ma non si sedette.
‘’Come fai a dirlo? Questo sembra un posto sospetto, così
spoglio e vuoto. E poi, per raggiungere questa casa siamo dovuti entrare da un
cancello che lo separa dal resto della città. Tutto è in ordine, tutto è così
strano. E questo fantomatico padrone di casa che ci ha chiusi in questo
capannone non deve essere da meno’’, continuò a dire il brigante, stando in
piedi e incrociando le braccia sul suo ampio petto.
‘’Questo non è un quartiere come gli altri, è un ghetto. I
cancelli che hai visto servono per emarginare questa zona dal resto della città,
e di notte vengono chiusi in modo che chi ci abita non possa uscire’’, disse la
giovane, cercando di far chiarezza. Ma il brigante la guardò con perplessità
crescente.
‘’Addirittura! Quindi ci troviamo in una sorta di carcere?
Guarda un po’ te dove siamo finiti…’’, disse Giovanni, dando un pugno sul
tavolo.
Teresa scosse la testa, comprendendo che il brigante non
aveva la benché minima idea di cosa fosse un ghetto, e di certo non doveva
essere neppure a conoscenza che esistessero. Notando la sua agitazione
crescente, decise di fare un passo indietro e cercare di spiegargli meglio la
vicenda, almeno per ammansirlo un po’.
‘’Un ghetto non è un carcere, anche se è pur sempre un luogo
di contenimento. Qui dentro, ci vivono solo ebrei, e possono praticare il loro
culto. Non sono persone cattive, ma molto spesso la gente non li vede di buon
occhio, e molti pontefici in passato li hanno perseguitati senza mezzi termini.
Per questo ora vivono reclusi in questo spazio riservato solo a loro’’,
aggiunse la contessina, cercando di ricordare ciò che le aveva raccontato il
padre a riguardo.
Lei stessa non aveva mai visitato un ghetto prima di allora,
e da quel che le avevano detto non erano neppure visitabili. Era un luogo riservato
solo agli ebrei, e loro due avevano violato la legge entrandoci. Ma d’altronde,
per loro ormai la legge non contava più nulla.
Suo padre diceva sempre che aveva avuto modo di conoscere
molti mercanti ebrei, dai quali aveva acquistato piccole mercanzie da giovane e
con i quali era riuscito ad avere ottimi rapporti, a discapito di tutto quello
che gli avevano detto su di loro.
‘’Non so… spero davvero che qualcuno ci faccia uscire di
qui…’’, biascicò il brigante, lasciando da parte le sue perplessità, per poi
raccogliere un pezzo di legno dall’apposito mucchio per gettarlo nel camino,
che riprese piacevolmente a scoppiettare. E in quel momento la porta che
avevano di fronte si aprì, ed entrò un uomo ormai anziano.
Notando che stringeva la lettera di suo padre tra le mani, Teresa
comprese che doveva trattarsi del padrone di casa, e si alzò subito dalla
sedia.
L’uomo si bloccò a poca distanza da lei, fissandola con
attenzione.
‘’Siete identica a lui. Voi siete senz’altro sua figlia!’’,
disse poi, avvicinandosi ulteriormente.
‘’Sì, sono la figlia del conte Luigi Scalindi’’, disse la
contessina, imbarazzata da quello sguardo profondo ed attento. Poco distante,
poté udire il sommesso grugnito emesso dal suo amato, sicuramente indispettito
per qualcosa a lei ignoto.
‘’Bene, è un piacere per me fare la vostra conoscenza. Io
sono colui che cercate, il signor Isacco citato in questo piccolo scritto.
Piacere di conoscervi’’, disse poi l’uomo, sorridendo affabilmente.
Teresa rispose al suo sorriso, e in quell’attimo ogni dubbio
sul padrone di casa svanì. Isacco era un uomo sulla sessantina, o forse l’aveva
già lievemente passata, con una lunga barba grigio-bianca e i capelli corti e
ingrigiti.
Non aveva nulla che potesse incutere un timore reverenziale,
poiché era davvero molto basso ed esile, ed era inoltre dotato di un sorriso
caldo e sincero, in grado di trasmettere tranquillità. Senza avere un motivo
specifico, Teresa lo aveva già preso in simpatia e le venne da fidarsi in modo
naturale e spontaneo.
I suoi abiti erano in ordine e tutto in lui aveva una
parvenza tranquilla e curata.
Subito dopo i brevi convenevoli scambiati con la contessina,
Isacco fissò Giovanni.
‘’Perdonatemi, ma costui chi è?’’, chiese l’uomo, perplesso.
‘’E’ una lunga storia…’’, disse Teresa, mentre il suo amato
pareva di nuovo in procinto di agitarsi. Gli fece un piccolo cenno per
tranquillizzarlo e per evitare che dicesse qualcosa o offendesse in qualche
modo il padrone di casa.
‘’Beh, avremo tempo per parlare. Nel frattempo, mi scuso per
l’accoglienza; la mia fedele cuoca non si fida mai di nessuno, ed ora che siamo
praticamente senza servitù tutti i compiti di casa ricadono su di lei, per
questo può apparire scortese a tratti. E vi chiedo scusa anche per non avervi
accolto nella mia umile dimora, ma non lo ritenevo opportuno né per voi né per
me.
‘’Di certo, gli altri abitanti del ghetto vi avranno notato
mentre entravate e stazionavate sotto il mio portone, e qui gli sconosciuti che
provengono dall’esterno portano solo guai. Cercherò di dire con i vicini e i
negozianti che siete miei parenti, comunque, anche se non ci crederà nessuno.
Ma qui ci supportiamo tutti a vicenda, comunque vada, e giustificheranno
senz’altro la mia riservatezza’’, concluse Isacco, strizzando lievemente gli
occhi.
La contessina capì solo in quel momento i dubbi dell’uomo, e
non si sentì di dargli torto.
‘’Non è stato un problema’’, affermò la ragazza con cortesia,
mentre Giovanni si lasciò sfuggire due colpi di tosse per segnalare la sua
irritazione sull’accoglienza. Teresa si affrettò a lanciargli un’occhiataccia.
‘’E’ una grande vergogna per me lasciarvi in questo piccolo magazzino,
ma vedete, qui siete al caldo, al coperto e al sicuro. Non posso ospitarvi
nella mia abitazione, poiché mi pare di capire dalla lettera che se siete
giunti fin qui è perché siete in gravi difficoltà, e noi non possiamo correre
pericoli… insomma, comprendetemi; noi siamo mal visti in città, ed inoltre
questo non è un posto per persone come voi, e se qualcuno vi scovasse nel mio
soggiorno sarebbero guai per tutti quanti’’, aggiunse Isacco, lievemente imbarazzato,
mentre cercava di spiegare la delicata situazione.
‘’Certo, avete senz’altro ragione’’, annuì Teresa,
comprendendo ciò che intendeva il suo interlocutore.
In passato, suo padre le aveva raccontato che gli ebrei erano
stati duramente perseguitati, soprattutto sotto certi pontefici, che giunsero
addirittura a far supervisionare i loro momenti di culto, dopo averli chiusi
nei ghetti.
Ultimamente, Gregorio XVI pareva più impegnato a combattere i
vari moti e ogni idea di libertà del suo popolo, e fortunatamente sembrava non
far troppo caso alla presenza ebraica sul suo territorio.
Ma se qualcuno avesse scoperto che nel ghetto di Ferrara
venivano nascosti dei fuorilegge fuggitivi, sarebbero sorti problemi per
l’intera comunità, e non solo per quella ferrarese. La ragazza si trovò quindi
a comprendere i rischi che stava comunque correndo il padrone di casa, già solo
per averli lasciati entrare. D’altronde, lui si era fidato solo di una lettera
scritta da un vecchio conoscente, e non aveva idea di chi fossero loro.
‘’Ma voi… perché cercate così disperatamente un mio aiuto?
Che vi è successo di preciso?’’, tornò a chiedere Isacco, sempre fissando
Teresa. Pareva veramente colpito da lei, e la contessina si sentì arrossire
lievemente quando iniziò a spiegare la loro vicenda. Sembrava che la stesse
studiando con attenzione.
La ragazza si fidò ciecamente dell’uomo e raccontò tutto ciò
che era accaduto a lei, al suo brigante e a suo padre, partendo dall’inizio
della vicenda e senza omettere nulla. Sapeva che doveva essere assolutamente
sincera, a quel punto.
Isacco annuì grevemente di tanto in tanto, lasciandola
parlare senza mai interromperla, ascoltandola con attenzione mentre Giovanni
pareva lasciarsi andare al sonno, stando seduto in modo scomposto ed appoggiando
la testa sul tavolo. Il padrone di casa non parve particolarmente scosso
neppure quando gli raccontò i particolari più macabri della vicenda.
L’unica presente in quel magazzino oltre a loro tre fu la
serva che li aveva accompagnati fin lì, che rattizzò il fuoco del grande camino
e fece avanti e indietro parecchie volte, indaffarata come non mai.
Non appena ebbe finito di raccontare tutta la storia, la
ragazza diede una sonora scossa al suo amato, che sobbalzò.
‘’No, no! Vi prego Teresa, lasciatelo riposare. Immagino che
sarete stanchi dopo un’avventura così lunga e spiacevole! Ebbene, la mia fedele
ed unica serva vi avrà già preparato una stanzetta tutta per voi, con comodi
giacigli per la notte. Deve essere chiaro che siete miei ospiti, chiedendovi
però scusa se non potrò ospitarvi tra le mura domestiche’’, si affrettò a dire
Isacco, mentre Giovanni grugniva e si rialzava dalla sua sedia.
‘’Vi ringraziamo per l’aiuto’’, disse gentilmente Teresa,
osservando il suo amato.
Giovanni pareva non rendersi conto di nulla, e non aveva una
benché minima idea di cosa fosse l’educazione. Si comportava ancora come quando
era tra i suoi monti, senza badare agli atteggiamenti più scomodi o irritanti,
e senza osservare alcuna buona maniera. Era semplicemente Zvàn, il brigante
ricercato e senza più una banda.
Pensando a tutto ciò, la contessina non riuscì a rimproverare
il brigante per il suo comportamento brusco, ma provò una grande tenerezza per
quell’uomo sradicato dalle sue origini, e che per salvarsi era stato costretto
a gettarsi in un mondo a lui totalmente sconosciuto.
Sperò che anche Isacco comprendesse il motivo di quella
mancanza assoluta del rispetto delle norme basilari di un comportamento
educato, e fu così, poiché il loro saggio interlocutore doveva già aver
compreso tutto dal racconto che aveva appena udito e non fece caso a nulla.
‘’Ci scusiamo anche per il comportamento non proprio
eccezionalmente educato’’, mormorò comunque la ragazza, mentre Isacco faceva un
piccolo cenno con la mano.
‘’E’ tutto a posto, neppure io sono stato particolarmente
educato nei vostri confronti’’, rispose l’uomo, tranquillamente.
‘’E’ ormai notte’’, fece notare il brigante, guardando in
alto attraverso i vetri piccoli di quell’ampio spazio. Teresa evitò di
guardarlo male mentre Isacco annuiva grevemente.
‘’Esatto, e sarebbe meglio per tutti noi se andassimo a
dormire. Domani cercherò di pensare qualcosa per aiutarvi in modo concreto. Dopo
aver udito ciò che vi è accaduto, credo comunque che siate brave persone, e
voglio fidarmi di voi e darvi una mano, in un qualche modo’’, disse poi il
padrone di casa, alzandosi dalla sua sedia. Era molto rilassato e la ragazza
comprese di essere riuscita a conquistare la sua fiducia.
‘’Vi ringraziamo…’’.
‘’Basta ringraziarmi. Non ho ancora fatto nulla per voi, ma
vi prometto che vi aiuterò ad uscire da questa brutta situazione e a salvarvi
la pelle’’, aggiunse Isacco, interrompendo i ringraziamenti della contessina,
che sorrise nuovamente, mentre le speranze tornavano a riprendere possesso del
suo cuore e della sua mente. Per fortuna, qualcuno pareva disposto ad aiutarli.
‘’Mi scuso se vi ho fissato con così grande insistenza,
Teresa. È solo che… mi ricordate lui. Vostro padre, intendo’’, tornò a dire il
padrone di casa proprio quando pareva in procinto di congedarsi.
‘’Capisco’’, si limitò a dire la contessina, sorridendo.
Molti le dicevano che si assomigliava tantissimo al padre, sia nei tratti del
volto sia nel modo di comportarsi.
‘’Avete il suo stesso volto. Quando lo conobbi, avrà avuto
più o meno la vostra età, ed eravamo entrambi poco più che ragazzi. Certo,
ragazzi con vite ed idee estremamente differenti, ma entrambi avevamo un punto
fisso; guadagnare denaro con il commercio’’, disse Isacco, sorridendo
anch’esso.
Teresa rimase allibita di fronte a quell’affermazione, e per
un attimo si chiese se quell’uomo avesse per davvero conosciuto suo padre. Il
conte Luigi era un nobile, e di certo non aveva alcun interesse nel commercio.
Il padrone di casa dovette riconoscere lo stupore sul suo
volto, e ridacchiò.
‘’Non lo sapevate, eh? Ebbene sì, il conte Luigi Scalindi
aveva grandi doti da mercante. Una follia! Quando suo padre scoprì i suoi
intenti, gli combinò subito un matrimonio e lo costrinse a sposarsi con vostra
madre, in modo da fargli mettere la testa a posto ed impedirgli di investire su
qualcosa che secondo lui non aveva senso’’.
‘’Mio padre… mercante?’’, disse la contessina, dopo un attimo
di esitazione. Le pareva una cosa impossibile. Suo padre si era sempre dedicato
al controllo delle sue terre e dei suoi beni, e da quel che lei sapeva, non
aveva mai commerciato con nulla che non fosse il grano o il foraggio prodotti
nei suoi campi.
‘’Sì, certo. Fu così che ci conoscemmo. Aveva intenzione di
investire su un carico di lana grezza proveniente dall’est dell’impero
austroungarico, diceva che una volta lavorata sarebbe valsa una fortuna e che
gli avrebbe reso molto di più del raccolto delle sue misere terre, tirate
avanti da una masnada di scheletrici contadini senza forza né futuro.
‘’Per questo venne da me; ero ancora giovane ma i miei viaggi
parevano senza limiti e i miei commerci senza confini. Io gli promisi la lana,
ma suo padre, ovvero tuo nonno, lo scoprì mentre sottraeva del denaro dal
tesoro di famiglia. E lì, tra i due fu la fine, e finirono anche i suoi sogni
da mercante. Ma forse questo non ve lo dovevo raccontare, perdonatemi’’, disse
infine Isacco, che accorgendosi di essersi spinto un po’ troppo oltre smise di
parlare e si scusò.
Teresa assimilò il tutto con stupore. Sapeva che suo padre e
suo nonno avevano litigato pesantemente qualche anno prima che lei nascesse, ma
nessuno le aveva mai spiegato il motivo di quella discussione.
Per lei non era mai contata nulla, poiché poi non aveva avuto
modo di conoscere bene il nonno, un uomo molto rigido che era venuto a mancare
quando lei aveva appena due anni di vita. Però, il conte Luigi non parlava mai
volentieri del padre, e spesso si era lasciato sfuggire frasi piene d’astio nei
suoi confronti, che lei aveva prontamente ignorato, credendo che fosse giusto
non doversi impicciare troppo nel passato del genitore.
Effettivamente, il conte suo padre era pur stato un uomo
dalla mente aperta ed ingegnosa, sempre lievemente in contrasto con la totale inattività
della nobiltà più radicale e antica, ma mai si sarebbe aspettata che anni
addietro fosse giunto ad inseguire un sogno ed entrare in disaccordo con la sua
famiglia e, molto probabilmente, anche con il resto della società aristocratica
e perbene.
A quel punto, la contessina si accorse che sia lei che suo
padre avevano inseguito un sogno, ma quello paterno era finito male. La giovane
deglutì.
‘’No… non avete parlato troppo. È solo che non ero a
conoscenza di tutte queste cose… in ogni caso, comunque sia andata a finire la
vicenda, mio padre non vi ha mai dimenticato; spesso mi ha parlato di voi, e
prima di morire mi ha scritto questa lettera, dove mi consigliava di
raggiungervi in caso di necessità’’, disse Teresa, tornando a parlare dopo aver
riflettuto per un attimo. Non voleva sapere altro su quella vicenda passata,
d’altronde non le riguardava. Suo padre era sempre stato un pilastro per lei, e
qualunque cosa avesse fatto da giovane non le importava.
‘’Questo mi fa piacere. Inoltre, neppure io mi sono mai
dimenticato di lui, e gli devo tanto, tantissimo… mi dispiace che sia venuto a
mancare così presto’’, disse il padrone di casa, sinceramente dispiaciuto e
tornando a sedersi a fianco della ragazza.
Con piacere, Teresa notò che anche Giovanni stava ascoltando
la loro discussione, questa volta con educazione, mentre di tanto in tanto lanciava
qualche occhiata al fuoco che ardeva nel camino e che gettava grandi e oscure
ombre tutt’attorno a loro.
‘’Anche a me dispiace tanto’’, disse la giovane rivolgendosi
al suo interlocutore, sperando di cambiare discorso. Ripensare alla fine di suo
padre la faceva stare malissimo.
‘’Sapete, io ho un debito con lui. Quando i miei affari
iniziarono ad andare a rotoli, non sapevo a chi rivolgermi; per il resto della
mia comunità ero un’irresponsabile, e forse era vero, e decisero di punirmi.
‘’Sta di fatto che nessuno mi diede un aiuto concreto, ma
quando scrissi a vostro padre e spiegai i miei problemi, mi prestò una buona
somma, che mi permise di riprendermi e di mettere su parte di ciò che ho ora.
Era davvero un uomo di buon cuore, il migliore di tutti’’, riprese a dire
Isacco, ormai incurante del fatto che fosse notte già da un po’.
‘’Lo so, aveva davvero un cuore grande. E, per favore, d’ora
in poi datemi del tu’’, disse la contessina, mentre annuiva.
Sentiva che si poteva fidare di quell’uomo, e non voleva che
lui la trattasse con troppo riguardo. Un riguardo che non meritava, perché lei
sulla carta non era più una contessina ma solo un’ombra assassina, una ragazza
che aveva ucciso e rubato.
‘’Come preferisci. Sappi che però ho intenzione di ripagare
il mio grosso debito, che ora è nei tuoi confronti, Teresa, visto che il tuo
buon padre è venuto a mancare. Non ho mai avuto modo di risarcirlo, negli ultimi
quindici anni, poiché i miei affari non sono mai andati troppo bene, come puoi
notare dal magazzino praticamente vuoto. Però, quell’aiuto mi ha permesso di
restare a galla e di non rischiare di perdere nulla per tutto questo tempo. Ed
io non esiterò ad aiutarti; questa notte rifletterò, cercando di provare ad
offrirti un aiuto concreto’’, disse Isacco, con grande sincerità.
‘’Voi non avete alcun debito nei miei confronti, davvero.
Comunque, da parte ho un po’ di denaro’’, disse la contessina, approfittandone
per mostrare la saccoccia piena di soldi, i risparmi di Alfonso che aveva
rubato alcuni giorni fa.
L’uomo la afferrò, la aprì e rimase sorpreso.
‘’E’ una fortuna. Con questi soldi e con qualche dritta, son
certo che potrete rifarvi una vita. Ho già qualche blanda idea su come
impiegare questo denaro, ma preferirei riparlarne domani, dopo averci
riflettuto sopra durante questa nottata. Quindi, ne approfitto per augurare ad
entrambi una buona notte e rassicurarvi; qui dentro siete al sicuro, e il mio
magazzino vuoto è un nascondiglio perfetto. Non preoccupatevi di nulla e
riposate, domattina vi spiegherò i piani che ho appena cominciato ad ideare per
voi’’, concluse Isacco, alzandosi dalla sedia e preparandosi a congedarsi. Continuava
ad apparire sorpreso da quando aveva visto tutto quel denaro.
‘’Sì, certo. Ormai è buio già da tempo…’’, disse Teresa,
alzandosi anch’essa, mentre anche il brigante abbandonava la sua sedia. La
ragazza lasciò che il padrone di casa tenesse i soldi di Alfonso, visto che lei
non li aveva mai neppure contati, sapendo ormai di potersi fidare dell’uomo che
aveva di fronte, che le pareva davvero molto sincero e perbene. Inoltre,
rifiutò il cibo che le fu portato dalla serva, così come anche il suo Giovanni;
erano entrambi troppo stanchi e scossi per potei ingurgitare qualcosa.
‘’Vedete? Quella è la vostra stanzetta. Chiudevi al suo
interno, e lì sarete entrambi al caldo e al sicuro. A domani, e serena
nottata’’, concluse il padrone di casa, indicando una piccola porticina
laterale e salutando cortesemente.
‘’Serena nottata anche a voi, e grazie di tutto’’, mormorò
Teresa, mentre l’uomo già se ne andava.
Seguita a ruota dal brigante, si diresse verso la porticina
che le era stata indicata e la aprì, trovandosi di fronte ad un piccolo ambiente
che conteneva due bei giacigli dall’apparenza molto comoda, il tutto illuminato
dalla tenue luce di una candela.
Senza indugiare oltre, si gettò a capofitto su uno dei due,
sdraiandosi e chiudendo gli occhi, mentre il suo amato richiudeva la porta dietro
di sé.
‘’E’ stata la serata più noiosa di tutta la mia vita’’, disse
Giovanni, sdraiandosi anch’esso a suo fianco.
‘’Non lamentarti’’, mormorò Teresa, sfinita e stanca. Capiva
il brigante, che era stato tenuto ai margini della discussione per tutta la
serata, ma in quel momento non aveva voglia di ascoltare le sue inutili
lamentele e desiderava solo dormire.
‘’Non mi lamento, infatti. Finalmente qualcuno ci ha promesso
un aiuto! Inoltre siamo al caldo, abbiamo un tetto sopra la testa ed è tutto
comodo e pulito’’, disse il suo amato,
con un tono di voce abbastanza sollevato, mentre analizzava tutto ciò che lo
circondava.
Con lentezza, la contessina aprì gli occhi e gettò uno
sguardo verso Giovanni, guardandolo mentre si distendeva meglio sul suo
giaciglio. Era molto provato dagli scorsi giorni, e i suoi movimenti lenti e
impacciati confermavano la sua stanchezza.
Teresa sorrise, mentre si chiedeva se conosceva davvero a
fondo il suo amato. Alla fine, aveva scoperto di non conoscere bene neppure suo
padre.
Scrollò la testa, capendo che ogni uomo doveva avere un
qualche suo segreto, altrimenti avrebbe perso il suo fascino.
Suo padre alla fine era riuscito ad indirizzarla con
scaltrezza verso il punto giusto, e verso l’abitazione giusta. Isacco era
vincolato a lui da qualche vecchio debito a lei ignoto e da un’amichevole
fiducia, e ciò prometteva già qualcosa di per sé. In quel modo il genitore era
stato disposto anche a farle conoscere indirettamente una parte scomoda della
sua vita, di cui non le aveva mai parlato.
In fin dei conti, si trovò davvero a sentire la mancanza di
suo padre e a riconoscerne il suo grande ingegno e il suo spirito di sacrificio.
Avrebbe dato di tutto pur di poterlo abbracciare, in quel momento.
A quel punto, mentre rifletteva, Teresa scoprì di essersi
quasi addormentata, e si allungò per spegnere la candela. Ma una fitta alla
pancia la travolse.
La contessina si sfiorò il ventre lievemente arcuato con
delicatezza, sperando che il dolore si calmasse, mentre in realtà aumentava.
Era un dolore strano, non una lievissima sensazione come al solito, che fino a
quel momento si era limitata a provocarle solo alcuni attacchi di nausea
improvvisi.
Comunque, riuscì a spegnere la candela e a non fare notare il
suo dolore a Giovanni, che ormai pareva già nel mondo dei sogni. Lui ancora non
sapeva nulla della sua gravidanza, ancora agli stadi iniziali e ben nascosta
sotto ai vestiti, e lei non aveva idea di quando gli avrebbe rivelato tutto, ma
capiva che era meglio attendere di essere al sicuro, in modo che non si
montasse la testa e che non si facesse troppi scrupoli che avrebbero solo
rischiato di rallentare i loro scopi, sperando che il bambino stesse bene.
Sapeva che si stava eccessivamente trascurando, ma non poteva
fare altrimenti, purtroppo.
Con una certa incertezza, la ragazza si sdraiò e riuscì ad
addormentarsi subito, complice la stanchezza accumulata in quei lunghissimi
giorni di fuga incessante.
Teresa stava sognando di essere al sicuro, in quella grande
casa disabitata dove aveva soggiornato durante il periodo del suo rapimento e
dove era nato il suo unico e grande amore.
Giovanni la stava abbracciando, cingendole il ventre con
delicatezza, mentre pronunciava parole d’amore.
Era un bellissimo sogno. Ma, tutto ad un tratto, la stretta
del suo amato divenne una morsa dolorosa.
Lei avrebbe voluto dirgli di smetterla, poiché attendeva un
figlio da lui, e quel bimbo era proprio all’interno del suo ventre appena
accennato, ma non ci riuscì.
Ben presto, il dolore divenne lancinante.
La contessina si risvegliò nel cuore della notte, sudata e singhiozzante,
mentre si cingeva il ventre con le mani e il dolore diventava reale ed
infernale.
‘’Giovanni!’’, gridò, mentre due lacrime calde le scorrevano
lungo il viso. Non capiva cosa le stava succedendo, e la sua mente era ancora
annebbiata dal sonno recente, mentre si accorse che il brigante era già a suo
fianco e le stava chiedendo qualcosa, avvolto nel buio.
Quando comprese ciò che stava accadendo, la ragazza tornò a rivivere
quei momenti orrendi di qualche mese prima, in cui aveva perso il suo primo
figlio durante la fuga da suo marito, e gridò ancora più forte, lasciandosi
andare al panico.
La tenue luce prodotta dalla candela appena accesa dal
brigante rischiarò per un attimo la stanzetta offerta loro da Isacco, ma lei
ben presto tornò ad essere avvolta dal buio, perdendo i sensi.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie per aver letto anche questo capitolo.
Siamo giunti ad un punto chiave del racconto; vedremo se
Isacco offrirà per davvero un aiuto concreto ai nostri due protagonisti.
Spero di essere riuscito a fare un buon lavoro anche in
questo capitolo, e che tutto vi sia risultato gradevole e curioso da leggere.
Nel prossimo capitolo scopriremo cosa sta accadendo a Teresa,
e se ciò avrà nuove ripercussioni sulla sua vita.
Grazie infinite a tutti coloro che mi sostengono ogni volta
con i loro graditissimi e gentilissimi pareri J
Grazie di cuore, e buon inizio settimana J a lunedì prossimo J