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Autore: everything88    25/01/2016    4 recensioni
È giusto credere nel destino? Due anime gemelle sono sempre in tempo per superare ogni difficoltà e trovare il modo di stare insieme?
Questa storia è ambientata dopo la fine della sesta stagione.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo il piccolo cliffhanger che ha chiuso il primo capitolo, eccomi qui a raccontarvi l'incontro tra Camilla e Gaetano. Vi dico subito che ho penato non poco e che non sono assolutamente convinta del risultato, sia perché volevo trasmettere di più, sia perché rischio di andare molto ooc. Il fatto, però, è che proprio non riuscivo ad andare in una direzione diversa, almeno per ora. Ma bando alle ciance, ci vediamo a fine capitolo.
 

 

Capitolo 2 - “Non è tempo per noi”

 

Quella sera il tempo sembrava non passare mai. Seduto sul divano, Gaetano continuava a fare zapping davanti al televisore per cercare di mettere a tacere il solo pensiero che aveva monopolizzato la sua mente nelle ultime ore: correre da Camilla per capire cosa si celasse dietro quelle telefonate rimaste senza risposta. Frustrato dal non riuscire ad uscire dall'impasse, il commissario decise di lasciare quelle mura che lo facevano sentire prigioniero in casa propria e di assegnare nuovamente alle onde del mare il difficile compito di convincerlo a non cedere all'istinto.
Aveva compiuto pochi passi, quando scorse da lontano un maggiolino che, anche al buio, avrebbe riconosciuto in ogni dove e che gli fece spuntare sul volto un sorriso spontaneo, mentre si domandava come diavolo fosse riuscita ad arrivare fino a lì con quello scassone e perché non avesse usato la macchina nuova. 'Ma dove la trovo un'altra come lei?' , si ritrovò a chiedersi; il che lo riportò indietro con la memoria a ben otto anni prima, quando, durante un loro battibecco, Camilla se n'era andata sbattendo la porta, lasciandolo sospirare con lo sguardo dolcemente rassegnato di un uomo certo di non poter amare nessun'altra. L'emozione scaturita da quel ricordo, però, cominciò rapidamente a cambiare natura, nel momento in cui realizzò di avere appena avuto l'ennesima conferma di essere stato troppo a lungo preda di un veleno senza antidoto. Una maledetta droga che, dopo l'estasi, l'aveva sempre riportato sulla terraferma smanioso di poter ricevere un'ultima dose. Chiuse gli occhi per un attimo che gli sembrò infinito, nel corso del quale lo sfiorò l'idea di scappare per non affrontare l'unico sguardo in grado di fargli perdere la ragione. Poi, senza quasi avere il controllo dei propri movimenti, cominciò a camminare nella direzione in cui i piedi lo conducevano e, quando la vide in procinto di accendere il motore, totalmente assorta nei suoi pensieri, non potè fare a meno di bussare a quel finestrino ed esordire con un cliché da manuale: “Professoressa, che ci fai qui?”

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Una notte estiva come tante, una vecchia casa di campagna, un uomo e una donna in piedi l'uno di fronte all'altra in una sala illuminata da una luce fioca, unica spettatrice discreta in attesa di scoprire ciò che i protagonisti dello spettacolo sapranno offrirle quando apriranno le danze su questo palcoscenico mai condiviso. Occhi dentro occhi, bocche che più di una volta si aprono e si chiudono nel vano tentativo di proferire anche solo una parola. Alla fine fu Camilla a rompere gli indugi, tentando goffamente di rispondere all'ultima domanda rimasta in sospeso tra loro.

“Non so se riuscirò a spiegarmi e se stavo per andarmene è perché non voglio rovinare tutto”

“Più di così? Direi che con 'la nonna libera e indipendente' e 'l'amico adottato' abbiamo raggiunto livelli abbastanza difficili da superare” , replicò Gaetano, una nota di cinismo che tentava con scarso successo di nascondere un malessere profondamente radicato.

“Mi dispiace di averti detto quelle cose e soprattutto di averti mancato di rispetto mettendoti sullo stesso piano di Renzo. Sai, il giorno in cui sono nati i bambini, poco prima che portassimo Livietta in ospedale, mi sono rivolta a mia madre per chiederle di aiutarmi a capire che cosa dovessi fare. Mi sentivo smarrita, come mai prima di allora, e so che non è una giustificazione ma, in quel momento, allontanare tutto ciò che non mi dava serenità e perdermi nello splendore di mia nipote è stata una scelta istintiva e inevitabile.”

“Camilla, l'avevo capito che non riuscivo più a farti stare bene, che ero diventato un peso per te. Ma perché hai assunto quell'atteggiamento? Perché nei tuoi occhi mi hai fatto leggere una grande soddisfazione ogni volta che mi ferivi? Quando ti ho detto che non mi amavi, tu hai glissato rigirando la frittata, ma la verità è che, se ami qualcuno, non ti passa nemmeno per l'anticamera del cervello di trattarlo così.”

“Lo so, è la stessa conclusione a cui arriverei io se analizzassi questa situazione dall'esterno. Il punto, però, è che le cose sono più complicate di così” , provò ad andare avanti Camilla.

“E allora spiegami come stanno queste cose, sono mesi che non aspetto altro” , esortò Gaetano, il tono di voce che tradiva una punta di nervosismo.

“Ti ho detto più volte di aver bisogno di tempo, di sentirmi scottata da una brutta delusione. Questo è vero e la ferita è ancora aperta, ma c'è anche qualcosa in più. Tu mi hai sempre amata in maniera piena, totale, devastante e mi hai permesso di dare spazio ad una parte di me che mi faceva sentire viva e che, nella maggior parte del tempo, dovevo tenere sotto chiave. La prima volta in cui sono scappata da te, correndo via da quel loft, non avevo ancora capito se anch'io ti amavo davvero o se non riuscivo a rinunciare a ciò che rappresentavi, alle emozioni che il TUO amore mi suscitava. Con il tempo, ogni volta in cui le nostre strade sono tornate ad incrociarsi, una nuova tessera si è aggiunta al mosaico, fino a che l'immagine completa mi ha gridato a gran voce l'ovvio: ci sei sempre stato, ancora prima di entrare nella mia vita, perché sei la mia anima gemella, la persona che mi capisce più di ogni altra e che mi fa trovare pace per il solo fatto di esistere. Hai ragione quando dici che stare insieme ci ha tolto qualcosa, ma il fatto è che quando mi hai chiesto di definire il nostro rapporto, ho avuto il terrore che tutto potesse precipitare. Io adesso mi sento schiacciata dal peso di una grossa fetta della mia vita ormai alle spalle e non solo non so se sono in grado di fidarmi di nuovo di qualcuno senza riserve ma soprattutto ho paura di non essere più capace di vivere un semplicissimo amore vero, senza limiti, totalizzante. È questo che volevo farti capire quando ti ho accusato di pretendere troppo, anche se so benissimo che tu mi stavi chiedendo qualcosa di assolutamente normale.”

“Mi vuoi dire che non hai fiducia in me? O che riesci a stare bene con me solo quando non stiamo insieme perché, in caso contrario, all'adrenalina delle indagini e della passione si affianca la vita vera, che è anche fatta di problemi e responsabilità? È questo che ti fa sentire in gabbia?”

“Ti voglio dire che da quando ho letto la tua lettera non riesco più né a mangiare né a dormire. Ti voglio dire che se sono arrivata fino a qui è perché non sono in grado di immaginare la mia vita se tu non ne fai parte, perché sei sempre stato una parte di me, dovunque ci trovassimo. E per rispondere con un paio d'anni di ritardo ad una delle tue tante domande pericolose: sì, non ho mai smesso di pensare che il nostro destino ci avrebbe costantemente portato a ritrovarci e a 'guardarci dalla finestra'. Nei mesi in cui siamo stati insieme, ho avuto un assaggio della realizzazione delle mie paure, ma solo adesso ho capito di essere stata vittima di una profezia che si autoavvera. E non solo perché la tempistica con la quale tutto è iniziato ci ha remato contro, ma soprattutto perché la paura di perdere quello che avevamo mi ha portata paradossalmente ad assumere un atteggiamento disfattista e a riversare su di te una freddezza e un cinismo che non mi appartengono, piuttosto che ad aprirmi e a mostrarti tutte le mie fragilità. Vederti andare via in un modo così deciso e definitivo, però, mi ha fatto completamente mancare la terra sotto i piedi perché non voglio rinunciare a te. Non posso dirti che se adesso mi prenderai per mano e torneremo insieme a Torino i problemi saranno magicamente finiti, ma una cosa posso farla: posso chiederti perdono, posso dirti di essere pronta a rischiare tutto e credere in noi, posso dirti che IO TI AMO, non da oggi né da ieri ma da tanto tempo, che per te voglio essere una persona migliore e che farò qualsiasi cosa affinché tu possa di nuovo sentirmi tua senza alcun dubbio.”
 

Quelle parole, pronunciate con un tono di voce via via più concitato, ed enfatizzate dagli occhi di un cerbiatto pervaso di passione che gli avevano fatto perdere la testa sin dal primo sguardo, erano ciò che Gaetano aveva sperato di sentire ogni giorno negli ultimi 10 anni della sua esistenza. Eppure, arrivate come un fulmine a ciel sereno in quella notte fuori dallo spazio e dal tempo, ebbero su di lui uno spiazzante effetto boomerang.

“Grazie per essere stata finalmente sincera, ma adesso è troppo tardi. Vorrei premere un interruttore e poter cancellare dalla mia mente il senso di smarrimento che mi ha accompagnato quotidianamente negli ultimi mesi, stringerti a me e non lasciarti andare mai più, ma amarti ha già consumato quasi ogni fibra del mio essere e non posso e non voglio continuare ad avere il ruolo di complice della mia condanna. Sai, professoressa, una volta ho letto una frase che più o meno diceva: 'Non lasciarti ingannare dalla nostalgia di quel poteva essere. Non poteva essere nient'altro, altrimenti lo sarebbe stato' . Poco tempo fa, ho detto a Torre di aver capito di non poter stare senza di te, ma te lo ribadisco, non posso più permetterti di controllare la mia esistenza. Tu adesso sei convinta che sia arrivato il momento per noi, ma io non ci credo più e non voglio continuare ad illudermi e ad essere schiavo di un'ossessione, perché un altro fallimento mi darebbe il colpo di grazia. So che me ne pentirò nel momento stesso in cui ti vedrò attraversare quella soglia, ma ti prego: apri la porta e sparisci dalla mia vita!” , sentenziò Gaetano con un tono indecifrabile per la molteplicità di stati d'animo che lo componevano.
 

Nell'accusare il colpo di quella stilettata, che le fece gelare il sangue nelle vene, rendendola distrutta e svuotata come se qualcuno le avesse strappato via con violenza inaudita il cuore dal petto, Camilla ebbe un allucinato dejà vu, che la riportò indietro a quando un delirio febbrile aveva giocato un ruolo di primo piano nella sua scelta di trasferirsi a Barcellona. La donna non riuscì più a sostenere la potenza di quegli occhi azzurro cielo che, nonostante un drastico cambio di scenario, per l'ennesima volta la imploravano di aiutarlo a salvarsi da lei. Abbassò lo sguardo, certa di aver sbagliato tutto e di essere ormai fuori tempo massimo, si voltò senza più dire una parola e uscì da quella casa. Solo pochi passi, fatti da gambe che non riconosceva come proprie, prima che una mano afferrasse la sua e che, in una frazione di secondo, si ritrovasse attraversata da un brivido freddo e caldo che la fece tremare e sconvolse ogni certezza con la forza di un uragano. Fu un bacio breve ma possente, che ripercorse in pochi istanti una vita di sogni infranti fungendo da perfetta chiosa per quell'incontro senza vincitori né vinti. Staccatosi da lei, Gaetano la guardò ancora per un attimo e raccolse una lacrima con una carezza, prima di voltarsi e di rientrare, stavolta senza possibilità di appello.

“Addio, amore mio!”

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Sdraiata su quel letto che non era il suo, incapace di rimettersi al volante in quello stato, oltretutto con la concreta possibilità di ritrovarsi ferma in mezzo alla strada nel cuore della notte, Camilla si sentiva completamente a pezzi. Eppure, nonostante questo, per un attimo un tiepido sorriso solcò il suo volto, quando ricordò la sera in cui Tommy, malgrado la maldestra opera di persuasione improvvisata dagli adulti, si era rifiutato di andare a dormire in albergo in seguito al cortocircuito, ed era riuscito come sempre ad averla vinta abbracciandosi disperatamente alle sue gambe. Del resto - e adesso lo provava sulla sua pelle - l'impiastro, come amava definirlo Livietta, non aveva assolutamente torto: nessun albergo, per quanto curato e confortevole, può avvolgerti con il calore di una casa e di una famiglia. Ripensò agli ultimi istanti di quella 'convivenza forzata', nei quali lei e Gaetano avevano vegliato sul sonno leggero di quello che - non poteva fare a meno di pensarci - sarebbe potuto essere il frutto della loro unione e solo la 'saggezza' di Potty aveva fatto slittare la magia di altri due anni.
Insonne, Camilla cercò di ricordarsi la frase citata da lui poche ore prima: 'Non lasciarti ingannare dalla nostalgia di quel poteva essere. Non poteva essere nient'altro, altrimenti lo sarebbe stato' . Con le lacrime che le avrebbero fatto compagnia ancora a lungo e con ogni pensiero che la riportava a lui, maledisse la propria mancanza di coraggio che gli aveva causato così tanta sofferenza e disillusione e si chiese se sarebbe mai riuscito ad essere di nuovo felice. A questo punto, era l'unica cosa che la interessasse, perché tutto il resto, compresa se stessa, senza il suo sorriso non aveva più la benché minima importanza.

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Un bacio. Un ultimo, disperato bacio e poi l'aveva lasciata andare via. Nelle sue parole, accorate come quelle di una preghiera, Gaetano aveva respirato amore, pentimento, sincerità e un reale desiderio di rimettersi in gioco; ma sarebbe stato così anche il giorno dopo, superata l'emergenza e ristabilito lo status quo? Mentre la baciava, per un attimo i dubbi erano riusciti a lasciare spazio alla voglia di crederci ancora. Avrebbe voluto fermare il tempo, prenderla tra le braccia e perdere la testa a contatto con la sua pelle. Avrebbe voluto un'ultima irragionevole occasione per imprimere a fuoco nella mente ogni singolo dettaglio di lei. Ma quando il cuore viene calpestato una volta di troppo, l'istinto si biforca in due linee parallele destinate a prendere ognuna la propria strada.
 

 

E così, per adesso i Gaudini si dicono addio e dovranno provare a ricostruirsi l'una senza l'altro. Ci riusciranno? Staremo a vedere! Per quanto mi riguarda, spero che quanto scritto finora non vi abbia annoiati a morte e, in caso affermativo, vi do appuntamento al prossimo capitolo.

   
 
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