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Autore: Stellacalimon    25/01/2016    1 recensioni
Storia molto liberamente ispirata al capolavoro cinematografico "Titanic" del 1997.
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Yuumika; fem!mika
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Il momento in cui, quel giorno lontano, Yuu si rese conto di star finalmente attraversando l'oceano e di essere riuscito ad imbarcarsi sulla nave più famosa e grande di tutti i tempi, fu lo stesso in cui scorse il paio d'occhi cerulei più bello di sempre.
Una ragazza, poco lontano da lui, guardava i flutti con una malinconia che gli fece dolere il cuore.
~
"Sono Yuu"
Malgrado tutto, Yuu avvertì la ragazza sorridere lievemente.
"Mikaela" sussurrò al suo orecchio, come se quello fosse stato il segreto più geloso che avesse. Yuu non poté trattenere le sue labbra, che si distesero a formare un grande sorriso.
"Un po' troppo lungo" commentò, non preoccupandosi di sembrare villano e sentendosi davvero troppo contento per essere riuscito a dare un nome al volto che lo perseguitava dalla prima volta in cui si era accorto di quella ragazza.
"Ti chiamerò Mika, d'ora in poi" decise, e lei annuì, con gli occhi lontani e le mani nuovamente sulle sue spalle.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mikaela Hyakuya, Yūichirō Hyakuya
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Philadelphia, 4 agosto 1997
 
Yuu chiuse gli occhi, sospirando. Posò la testa sul morbido cuscino bianco e tentò di tenere a freno il mal di testa.
Evitò di proposito lo specchio, poco più in là, appeso alla bianca parete fresca. 
Lì, nel suo arioso studio, avrebbe atteso fino a che il sole non avesse raggiunto la sua massima altezza, e poi si sarebbe alzato dalla poltrona su cui sedeva, perché il calore estivo gli avrebbe raggiunto le ginocchia, e lui odiava avere caldo alle gambe.
Avrebbe chiuso le tende, come sempre, avrebbe sorriso a sua moglie e sarebbe andato avanti, finché avesse avuto aria nei polmoni, e poi... 
Si tirò in piedi, rialzando lo sguardo e cercando... cercando qualcosa... 
Si avvicinò allo scrittoio di legno di quercia, sorridendo al pensiero di essersi chiuso la porta alle spalle, di essere sfuggito alle voci ed alle risate dei suoi nipotini, che erano affettuosi, ma che lo sfiancavano. 
Si sedette allo scranno e gettò un'occhiataccia veloce allo schermo del nuovissimo computer che suo figlio gli aveva regalato per Natale, e che se ne stava poco più in là, tronfio ed ingombrante.
Non importava quanto si impegnasse: non sarebbe mai riuscito a comprendere il funzionamento di quell'aggeggio demoniaco. 
Aveva sempre scritto e disegnato a mano, nella sua vita... 
Le sue dita corsero in automatico alla sua cartellina azzurra, e quando l'aprì, il sorriso di Mika gli scaldò l'anima, la dolcezza dei suoi occhi lo fece ridacchiare, i suoi capelli, mossi dal vento, lo fecero sognare... credere, per un solo attimo, di essere ancora con lei. 
La sua mano non era peggiorata: i suoi disegni erano sempre precisi, sempre minuziosi; Yuu non ricordava come avesse fatto ad imparare: era qualcosa di innato in lui, qualcosa che gli era venuto spontaneo come innamorarsi di Mika. 
Tutti i suoi disegni la raffiguravano, tutti quei disegni erano una impeccabile riproduzione dei ricordi che aveva di lei. 
L'aveva rappresentata mentre gli parlava, mentre rideva, mentre guardava l'oceano.
L'aveva rappresentata perfino con l'acqua alla vita ed i capelli in disordine, le guance accaldate per via della corsa, il vestito bagnato, gli occhi che lo cercavano. 
Yuu-chan...
Talvolta gli sembrava ancora di udire la sua voce. Era bella e limpida, come una campanella, e tutto ciò che Yuu avrebbe voluto era ritornare ad ascoltarla. 
Yuu-chan!
Si volse solo per un attimo, in direzione della finestra.
Sbirciò attraverso i vetri lucidi, che la governante non scordava mai di pulire. 
Era solo il vento.
Solo il vento.
"Stai proprio diventando pazzo, vecchio mio" fece a se stesso, mentre tornava ad osservare i disegni. 
Se solo avesse fissato la pagina per un po' avrebbe potuto avvertire l'aria fresca sul viso e tra i capelli, e le mani di Mika sulle sue guance. 
Se solo si fosse chiuso in un luogo silenzioso, avrebbe potuto udire di nuovo i gabbiani. 
Le sue dita salirono spontanee al collo e strinsero un piccolo ciondolo, un pendente che non aveva mai tolto in vita sua. 
Quell'oggetto era tutto. Era stato di Mika, ed era la cosa a cui teneva di più: una piccola piuma dorata. 
Yuu la tenne a lungo sul suo palmo ruvido -davvero troppo grande in confronto a come era stato all'epoca dei suoi beneamati sedici anni- e rimase, per altrettanto tempo, ad occhieggiare la piccola gemma azzurra che scintillava al suo centro.
Mi manchi, Mika, vorrei che tu fossi qui... vorrei stringerti tra le braccia per tutta la vita, Mika...
Mika, Mika, Mika... 
 
Yuu non era più andato al mare; non dopo il disastro, non dopo che le turbe psichiche gli avevano devastato l'esistenza per gli anni che avevano seguito quell'avvenimento e che erano andate affievolendosi solo in quegli ultimi anni. 
Solamente nell'ultimo periodo erano cessati gli incubi sull'oceano, sull'acqua gelida che gli faceva dolere il corpo come se fosse stato trafitto da centinaia di coltelli, sulla mano di Mika che era tesa verso di lui, ma che non riusciva mai a raggiungere, sulle lacrime che stillavano dai suoi occhi azzurri, mentre la nave stava affondando, con loro al suo interno; mentre lei gli diceva di andare, scappare. 
Tuttavia, faceva sogni ugualmente traumatizzanti. E forse peggiori.
Mikaela che gli era di fronte, di spalle, che non si voltava quando chiamava il suo nome. Mikaela che iniziava a camminare lontano, via, affondando nelle tenebre, nell'ombra, nell'acqua salmastra, nonostante lui le urlasse a squarciagola di fermarsi, che quella era la direzione sbagliata...
Oh, Dio.
E poi, tutto finiva lì: Yuu si svegliava, gridando il suo nome, con gli occhi spalancati, pieni di tutte le lacrime non versate ed una mano tesa ad afferrare qualcosa che non c'era più da tanto tempo. 
 
Titanic, sabato 13 aprile 1912
 
Quella mattina, Mika venne destata da due occhi cremisi che la scrutavano, e dalla conseguente sensazione di pizzicorio su fronte e guance. 
Sebbene con molta fatica, aprì gli occhi con un mugolio, e ciò che vide, la lasciò vagamente turbata.
Ferid se ne stava comodamente seduto in una delle tre poltrone che originariamente si trovavano dinnanzi al camino, ma che lui aveva rivoltato in modo da rivolgerla verso il letto. 
Il suo letto. 
Oh, Buon Dio.
Il nobile teneva una mano a sorreggersi il viso ed un sorriso ben poco rassicurante sulla faccia. 
Mika si tirò a sedere il più velocemente possibile, gridando interiormente. 
Che diavolo ci faceva lì quel maniaco? E perché la fissava in quel modo?
Cielo, non credeva di volerlo davvero sapere.
Si passò una mano sulla fronte, e tentò di fare mente locale riguardo a ciò che doveva essere accaduto quella notte, perché -accidenti- lei non ricordava proprio di essersi addormentata a letto. 
L'ultima cosa che ricordava erano le fiamme ardenti del focolare, il tepore della vestaglia e... 
Serrò le palpebre e tentò di nascondere il viso, mentre avvertiva le guance ardere. 
Anche allora, il pensiero degli occhi di Yuu le faceva effetto. 
"Finalmente, Mikaela. Ho atteso il tuo risveglio per un bel po'"
Mika inghiottì appena in tempo una rispostaccia, e non poté non imprecare tra sé e sé quando avvertì il lieve scricchiolio della poltrona ed il rumore di passi che si avvicinavano. 
Non poté non distogliere lo sguardo quando il nobile si sedette sulla sponda del suo letto, iniziando a lisciare con aria composta il copriletto di raso blu all'altezza delle sue ginocchia.
Nonostante lo conoscesse già da qualche anno, Mika non si era ancora abituata all'eccentricità di quel personaggio: era uno di quegli individui che indossava perennemente un'espressione fittizia, un mare di pensieri dietro un sorriso vuoto. 
"Beh, sembri a disagio, mia cara..."
La ragazza scosse il capo, con una mano tra i capelli, e la mente vagante per lidi lontani. 
"Ti sbagli. Mi stavo solo chiedendo..." 
Si interruppe, per poi alzare gli occhi e fronteggiare direttamente il nobile.
"Io non ricordo di essere venuta a letto..."
Ferid ridacchiò, e quella fu una delle poche volte in cui il divertimento si dimostrò evidente in lui. 
Mika lasciò che una delle sue mani salisse al proprio viso, che le sfiorasse la guancia con alcuni delicati buffetti. 
Non che le facesse piacere ricevere tutte quelle attenzioni da lui, ma almeno non era stata coinvolta ancora in uno dei suoi giochetti piccanti. 
Qualche carezza avrebbe anche potuto sopportarla... forse.
Probabilmente. 
"Ma certo che non ricordi!" spiegò Ferid, amabilmente "Quando sono entrato qui, questa mattina, ti ho trovata sdraiata sul tappeto" 
Strinse gli occhi, in piena concertazione, mentre tentava di pettinarle la chioma con una mano, abbassando un ciuffo particolarmente arduo da domare e che si ergeva sulla sua testa a mo' di antenna.
"Per favore, Mikaela, smetti di comportarti come una proletaria..." sibilò con disprezzo, soffermandosi e calcando con attenzione sull'ultima parola, come se si fosse trattato di una bestemmia. 
Mika non poté sopportare la piega disgustata che aveva deformato la bocca dell'uomo, e quindi si schiarì la voce, scostandosi da lui, fuggendo dalle sue mani. 
"Ti dispiacerebbe uscire? Devo cambiarmi" chiese, con più asprezza di quanto avesse desiderato. 
Comunque, anche se sapeva bene di aver sbagliato, non avrebbe dato la soddisfazione all'uomo di vederla vacillare. Ormai il danno era fatto, e non restava che attendere le conseguenze. 
Forse Ferid si sarebbe oltraggiato, probabilmente avrebbe gridato, come al suo solito. Beh, lei non aveva tempo, per tutte quelle scempiaggini, non davvero. Non quando la cena con Yuu era così vicina. 
Tutto ciò che Mikaela chiedeva era che si sbrigasse a fare il pazzo e che levasse le tende il più presto possibile. 
Tuttavia, già dai primi attimi che seguirono, Mika comprese che quel giorno il nobile avrebbe cambiato il suo gioco, che non avrebbe assecondato il suo piano. Che avrebbe continuato ad alimentare i suoi incubi anche da sveglia. 
Il silenzio aveva letteralmente sommerso la lussuosa suite e non si sentiva altro che lo sciabordio dell'acqua aldilà della finestra e gli sbuffi intermittenti dei fumaioli. 
Non credeva che lo avrebbe mai pensato, ma Mika avrebbe pagato per udire di nuovo la voce di Ferid: vederlo così, in piedi, volto verso di lei ormai solo per tre quarti e con gli occhi ancora intenti a scrutarla, non era l'immagine più rassicurante del mondo.
Il nobile sbatté un tacco a terra, con forza, e Mika aumentò istintivamente la presa sulle lenzuola. 
Quando, alla fine, Ferid parlò di nuovo, la sua voce riempì la stanza come un'onda burrascosa, fredda e tagliente come un coltello.
"Puoi farlo mentre sono qui con te" disse, senza battere ciglio, lasciandola spiazzata e senza nulla da dire. 
Il nobile sorrise, ferino, voltando il viso e portando il mento quasi a contatto con il petto. 
Mika sapeva -o meglio, credeva di sapere- cosa le avrebbe detto: che sarebbe diventata sua moglie, che avrebbe dovuto farci l'abitudine; tuttavia, quando l'uomo parlò, ciò che udì, la fece tremare da capo a piedi. 
"Tua madre mi ha dato il benestare" 
Il cuore le si strinse ed il viso si scurì, venendo velato dalla frangia. Tentò di defilarsi, ma le labbra dell'uomo le aggredirono il collo prima che avesse anche solo il tempo di realizzare le sue mossa fulminee, e lei non riuscì a reprimere un singulto sorpreso. 
Stette inerte a percepire le mani del nobile infilarsi sotto la camicia da notte, ad avvertire le unghie graffiarle blandamente la pelle delicata della schiena. 
Strinse i pugni, chiuse gli occhi. 
Provò a divincolarsi, ma l'uomo scosse la testa, ridacchiando contro la sua pelle ormai preda dei brividi.
Mikaela provò un disgusto tanto profondo -per quella situazione e per se stessa- da chiedersi quante probabilità ci fossero che il pavimento si alzasse e la inghiottisse in quel preciso istante. 
Poteva scorgere il suo riflesso, poco più in là, nello stesso specchio in cui si era osservata la notte precedente, davanti al quale aveva pensato al suo incontro con Yuu-chan. 
Yuu-chan...
Fu quello il pensiero che la fece riavere, e scuotere la testa.
"Per favore... oggi no" sussurrò, dissipando qualche lieve carezza sul capo dell'uomo, mentre gli occhi si velavano di lacrime. 
Doveva ammansirlo, giusto? Non poteva semplicemente opporsi, perché non ne aveva il diritto, no? Sua madre sarebbe andata per stracci, se solo il matrimonio fosse saltato, e lei non glielo avrebbe mai perdonato.
Per la prima volta, pregò che Ferid avesse pietà di lei, anche se sapeva bene quanto fosse remota la possibilità che ciò accadesse.
Come previsto, il nobile rise e, per tutta risposta, rinsaldò la presa su di lei, cominciando a sbottonare il retro della camicia da notte.
Gli occhi di Mika pizzicavano, e le immagini cominciavano a perdere nitidezza. 
Sbatté più volte le ciglia, dissipando le lacrime, ed osservò attentamente tutto ciò che aveva intorno: ricche suppellettili, una camera meravigliosa, un dorato cofanetto con costosi gioielli proprio sul comodino... ma tutto ciò che provò fu pena ed odio per l'inerzia della sua vita. 
Nella sua mente stava gridando. 
Nella sua mente tutto vorticava, ed a lei parve di impazzire. 
Quando il nobile fece aderire i loro corpi assieme, sospingendola nuovamente tra le lenzuola, credette che, davvero, avrebbe dovuto subire di nuovo, sopportare ancora. 
"No... per piacere"
Come avrebbe voluto che con lei ci fosse Yuu-chan... 
Come avrebbe voluto...
La sua attenzione si focalizzò sulla superficie lignea del comò che fiancheggiava il suo letto e sulla tazzina da the, in delicata porcellana smaltata che lei stessa aveva posato lì la sera precedente. 
Allungò un braccio più che poté e, sebbene non avesse nutrito fiducia, riuscì a raggiungerla. 
Strinse i denti e, con una violenza inaspettata, calò la porcellana sulla testa argentata del nobile, serrando gli occhi un attimo prima che l'oggetto si riducesse in mille acuminate schegge. 
Avvertì il viso ferito, e, cosa più importante, il corpo di Ferid che si allontanava con un'imprecazione. 
Si tirò in piedi così velocemente da non rendersene nemmeno conto, ritovando a malapena una labile consapevolezza per trattenere la camicia addosso. Fece qualche passo indietro, incespicando, osservando il disastro a terra, sul suo letto...
La risata di Ferid le fece gelare il sangue nelle vene. 
Si affrettò a raggiungere lo scrittoio e ad afferrare un pennino, ancora sporco d'inchiostro.
Giusto per precauzione, si disse.
Il nobile non si mosse. Si teneva una mano sul viso e le volgeva le spalle, ancora sul letto. 
"E brava Mikaela" disse "non me l'aspettavo" 
Mika pregò che il suo cuore non battesse così forte da essere percepito dall'uomo, pregò che la sua paura rimanesse nascosta, celata. 
Strizzò gli occhi ed il cuore parve spezzarsi. 
Così debole. Sei così debole. È per questo che il tuo destino è segnato: non riuscirai a cambiarlo neanche volendolo. 
Indubbiamente, parte di quei pensieri era vera. Era stata debole, troppo per essere rispettata, o almeno felice. 
Era stata debole perché non aveva trovato nulla per cui continuare davvero a vivere, ma ora che aveva conosciuto Yuu sarebbe stato diverso: sarebbe stata abbastanza forte da liberarsi dai vincoli e da non lasciarlo andare. Avrebbe trovato la forza per proteggere entrambi. 
Con quell'ultimo pensiero, aprì la porta della stanza e vi si buttò oltre.  
 
I suoi piedi nudi corsero per un tempo che parve infinito, tra i corridoi ancora mezzi assopiti della prima classe, almeno finché non individuò, poco lontano, la figura di uno dei camerieri più fidati di casa sua. 
Il giovane uomo si era voltato già da qualche istante verso di lei, sebbene Mika non avesse prodotto un suono. 
Le andò incontro con un espressione congelata, il sorriso tranquillo ora trasformatosi in una smorfia pietrificata. 
Si preparò ad accoglierla tra le sue braccia, quando lei si coprì il volto con una mano, piena di imbarazzo per il fatto di essere seminuda. 
"Accidenti, signorina... René! René, porta un soprabito, svelto!" 
Quando giunse di fronte alla ragazza, le circondò le spalle con un braccio e con l'altro tentò di sorreggerla. 
"Signorina... è successo di nuovo?"
"No" sussurrò Mika, scuotendo la testa, parendo lievemente insicura di quello che stava dicendo "no, io... io credo che... credo che questa volta-" 
Venne bloccata dai passi lontani e frettolosi dell'altro inserviente, a servizio della sua famiglia da minor tempo, ma non meno fidato. 
Le mani di René le adagiarono sopra un cappotto pesante, anche se lei riuscì a malapena a notare la sua presenza. 
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Yuu venne malamente destato da una mano posata dritta in faccia.
In un primo momento, il ragazzo pensò che dovesse trattarsi di Guren, che cominciava già dalla prima mattina a dargli fastidio: in fondo, l'uomo non era di certo nuovo a riservargli certi tipi di trattamenti. 
Tuttavia, quando -con incommensurabile fatica- riuscì a tirar su le palpebre, si ritrovò faccia a faccia con uno dei suoi più cari amici. 
"Uh, Yoichi... si può sapere che diavolo ci fai qui?" chiese, assonnato, tentando senza troppo sforzo di riacciuffare la coperta che gli era stata rudemente strappata di dosso. 
L'altro giovane sorrise, indulgente, ma non gliela dette vinta. 
Si raddrizzò, abbandonando la posizione prona che gli era servita per infilarsi nella cuccetta del moro, e portò le lenzuola con 
"Mi dispiace, Yuu, ma è impossibile svegliarti con le buone maniere!"
A quelle parole, il ragazzo bruno si rannicchiò velocemente, ravvoltolandosi su se stesso in poco tempo. 
"F-freddo!" sibilò, allungando una mano in direzione dell'amico e muovendo lievemente le dita, più nel tentativo di fare pena, che altro. 
"Per favore, Yoichi... sto congelando..."  
A quel punto, Yuu aspettava solo la vittoria: Yoichi stava tentennando per via del suo buon cuore, e lui pregustava altre tre belle ore di sonno. Sorrise, mefistofelico, nascondendo abilmente il viso tra le braccia, e continuando a gemere. 
"Yuu..." sussurrò, infatti, un vacillante Yoichi, riavvicinandosi piano. 
Ecco, era quasi fatta: Yuu avrebbe riavuto sicuramente indietro la sua meravigliosa coperta di linus, se in quel momento non fosse sopraggiunto un certo spilungone di sua conoscenza.
"Sei patetico" disse lo spilungone in questione, il cui nome era Kimizuki. 
Yuu aprì, adagio, prima un occhio e poi l'altro. 
Inutile dire che, quando scorse il ragazzo torreggiare su di lui (peraltro con un alquanto terrificante secchio gocciolante d'acqua gelida tra le braccia), Yuu saltò a sedere velocemente sul materasso, guadagnando una dolorosissima collisione tra la cuccetta superiore e la propria fronte. 
Si prese immediatamente la testa fra le mani, mugolando qualche imprecazione, mentre -per la miseria!- le risate di Kimizuki non lo stavano aiutando per niente. 
"Dannazione a te!" 
"Ahaha! Chissà che grande impressione farai questa sera con la tua bella: incasinato e con la fronte livida! Ahaha, la bimba di prima classe chiamerà il suo vecchio maggiordomo  e ti farà prendere a pedate nel didietro, scemo di uno Yuu" 
In quel momento, tra le proteste di Yoichi -che pregava Kimizuki di non essere troppo scortese- e tra le repliche di quest'ultimo, ancora intento a ridersela della grossa, Yuu riuscì a porre in essere il primo pensiero coerente della giornata. 
Si prese la radice del naso e strizzò gli occhi, allungò una mano, nel tentativo di richiamare l'attenzione di uno dei due, e, alla fine gabbò un polso a Yoichi. 
Questi tacque immediatamente, porgendogli la più sveglia attenzione. 
"Che ore sono?"
"Le undici"
Il cuore di Yuu rilasciò un sospiro di sollievo: per un attimo (un solo istante) aveva creduto di aver dormito talmente tanto, da essere in ritardo all'appuntamento con Mikaela. A quel punto, perciò, non riusciva proprio a comprendere come mai lo avessero destato in un modo tanto brutale.
Duh.
"Quindi perché-" 
Quando provò discretamente ad informarsi, Yoichi lo interruppe immediatamente, con un cenno della mano ed un sorriso tranquillo. 
"Io e Kimizuki crediamo che tu non possa andare questa sera all'appuntamento con quei tuoi vestiti" informò, con le mani dietro le spalle ed un'aria fin troppo dolce. 
Ma non ho nient'altro!
"Eeeh?" 
Yuu strabuzzò gli occhi e sbatté le mani sulle coscie, in un attimo di concernimento. 
Quindi lo avevano tirato fuori dalle coperte per parlare di vestiti? 
Dove diavolo erano finiti i suoi vecchi amici? 
"Non essere più stupido di quello che sei, altrimenti ci complicherai la situazione" disse duro Kimizuki, incrociando le braccia sul petto. 
"Ma non scherziamo" 
Yuu puntò velocemente un dito in direzione dei due ragazzi, per poi spostarlo alternativamente da uno all'altro "esigo delle spiegazioni" 
Yoichi sorrise e Kimizuki... Kimizuki si limitò ad essere semplicemente sé stesso.
"Il fatto è che abbiamo contattato una persona che può darci una mano con l'abito per te: una mia amica cameriera davvero molto gentile; le abbiamo raccontato la tua storia e non ha avuto il coraggio di dire di no"
Gli occhi di Kimizuki scintillarono sinistramente.
"Questo ti dimostra quanto sei penoso!" buttò fuori, rigidamente, con il palese intento di provocarlo.
Yuu decise semplicemente di ignorarlo, e strisciò lentamente fuori dal letto, stando ben attento alla testa, stavolta. 
"Ma questo cosa c'entra con il mio interrotto riposo di bellezza?"
Quando fu in piedi, Yoichi gli strinse affettuosamente una spalla. 
"Vedi, Yuu, l'incontro è stato stabilito per l'ora di pranzo in prima classe..."  
A quelle parole gli occhi di Yuu si dilatarono davvero tanto, permei di comprensione. 
"E a che ora mangiano, i nobili?" si informò, con le mani nelle mani e le sopracciglia aggrottate. 
Sperò davvero che il suo amico pronunciasse un'ora compresa tra le due e le quattro del pomeriggio, ma a rispondere fu di nuovo Kimizuki.
"Alla nostra stessa ora, asino!" 
Yuu saltò immediatamente fuori dal letto ed iniziò velocemente a cercare i propri vestiti, senza provare neanche una minima vergogna nonostante avesse indosso solo le mutande. 
Acciuffò la maglia, la camicia ed i pantaloni migliori che aveva, in fretta e furia.
"Ragazzi... io non so davvero come ringraziarvi" disse, con gli occhi concentrati fissi sulle proprie mani, affondate nella piccola borsa da viaggio che si era portato dietro. 
"Non preoccuparti, Yuu: lo abbiamo fatto con piacere: ci hai parlato così tanto di quella ragazza che anche noi ci siamo affezionati, e vogliamo solo il meglio per te" sorrise Yoichi, mentre Kimizuki si limitava a negare il suo coinvolgimento in tutto quello. 
Yuu sorrise, non potendo essere più grato ai due amici, e si lasciò guidare, fuori dalla terza classe, per tutto il ponte Lance, fino a giungere in prossimità della prima. 
 
Inutile dire che, anche solo occhieggiando l'insegna che indicava il settore, fuori dall'entrata, a Yuu salì l'ansia. 
Aveva osservato passeggiare alcuni di quei ricconi per la nave, e non poteva non ammettere a se stesso che, in confronto ai loro, i suoi abiti non sarebbero stati idonei nemmeno per pulire uno dei loro pavimenti. 
"Beh, che hai, scemo?" 
Kimizuki lo sospinse molto poco gentilmente in avanti, per poi trattenerlo alla svelta quando, squadrandolo, si accorse di qualcosa a cui sarebbe stato opportuno porre immediato rimedio;
"Prima sistemati quei capelli"
Yuu annuì, per la prima volta in vita sua, senza ribattere. 
Si osservò, riflesso in quel vetro scintillante di prima classe, e, poco dopo, emise un lamento sfiduciato, non sapendo proprio dove mettere mano: le ciocche scure dei suoi capelli erano incasinate quasi quanto lui; la vertigine partiva dalla frangia fino a giungere sulla nuca e, anche quando il ragazzo trovò il coraggio di infilare le sue dita in quel disastro color pece, per tentare di aggiustare la situazione, i capelli lo ignorarono bellamente, ritornando strenuamente nella loro posizione iniziale, facendolo sbuffare per il disappunto. 
Prese due ciocche e le tirò con forza, frustrato; le braccia dolevano e non aveva ottenuto nulla, in più, se avesse incontrato Mika che razza di impressione avrebbe fatto? 
"Insomma, hai finito?" 
"Ohi, vedi di piantarla, Kimizuki! Non vedi che-" la mano dell'amico corse immediatamente a tappargli la bocca, con uno schiocco di lingua infastidito. 
Ricordati che sei in prima classe, Yuu. Non fare le tue solite figure, parve ricordargli anche il suo cervello. 
Cosa penserebbe Mika, vedendoti adesso? 
Yuu sbuffò sonoramente, districandosi dalla presa dell'amico e spingendolo via con un mugolio a malapena trattenuto, ma quando, tuttavia, vide da lontano lo scintillio adirato negli occhi dell'altro ragazzo, si preparò subito per contrastarlo. 
"Adesso ti insegno io, le buone maniere" minacciò il più alto, mostrando il pugno con fare battagliero, e Yuu rise, con le mani sui fianchi e un'aria di chi la sa lunga sul viso. 
I capelli in disordine gli davano ancor più l'aria di un tipo da zuffe. 
"D'accordo, Kimizuki, vediamo quello che sai fare, ma non piangere quando sbatterò il tuo sedere per terra!"
Nessuno dei due parve accorgersi delle preghiere disperate di Yoichi, che cercava di fare da pacere, nessuno dei due parve neanche rendersi conto degli sguardi scioccati dei pochi passeggeri di prima classe che passavano di lì. 
Kimizuki colpì comunque la guancia di Yuu, e questi, di rimando, gli fece volar via gli occhiali con un manrovescio.  
Kimizuki ricambiò con uno spintone che lo avrebbe spedito dritto dritto contro la porta d'entrata della prima classe, ma che, lo fece finire proprio addosso ad uno sfortunato passeggero che era uscito di lì in quel preciso istante. 
 
Il passeggero in questione, notò Yuu una volta che furono entrambi piombati a terra, era una ragazza, e lui le posava proprio il viso sul petto morbido. 
Quando si accorse di ciò, l'imbarazzo lo paralizzò. Le guance cominciarono a scottare terribilmente, e la testa a girare. 
Il cuore della ragazza batteva all'impazzata, e Yuu sapeva che avrebbe dovuto togliersi da sopra di lei, o, quantomeno spostare il capo dai suoi seni, ma in quel momento gli parve di aver esaurito tutta la forza che aveva. 
Dio, che imbarazzo.
"Signore, si tolga subito. Questo non è un guanciale. Lei è un grande maleducato" 
La voce della ragazza si alzò irritata, e Yuu si sentì un verme. 
Facendo leva sulle braccia, si tirò su quel tanto che bastava per staccarsi dal corpo morbido e caldo della giovane, senza scendere da lei. 
Si vergognava da morire e avrebbe pestato Kimizuki, quando fossero tornati in cabina, questo era più che sicuro. 
"Lei è veramente un villano. Travolgere in questo modo una persona e non chiedere neanche venia" 
Chiedere cosa a chi? 
Yuu storse la bocca e si preparò a rispondere a quella voce tanto fredda ed urtata, ma rimase con le labbra dischiuse e gli occhi persi, quando si ritrovò faccia a faccia con qualcuno di molto familiare...
 
...Mika pareva altrettanto stupita di vederlo. 
Si era rialzata sui gomiti e in una delle mani guantate reggeva un grande cappello a larga tesa.
Il suo viso era incredibilmente prossimo a quello di Yuu, i suoi occhi di zaffiro erano spalancati, le sue guance erano piacevolmente colorite e le labbra tremavano, in piena sorpresa. 
Ah. Adesso aveva smesso di parlare.
"Yuu-chan"
 
Yuu non seppe quanto avessero trascorso in quella posizione: gli occhi di Mika erano due calamite che non riusciva a smettere di osservare, che gli avevano fatto dimenticare anche del tempo che passava e del fatto che si trovassero in una posizione alquanto imbarazzante. 
Eppure, anche allora, Mika sorrideva, ed il suo approccio era completamente mutato: sorrideva come se Yuu non l'avesse appena sbattuta al suolo col suo stesso peso, sorrideva come se la gonna che indossava non si fosse sollevata lasciando scoperte le gambe in una maniera che non si addiceva ad una signora. 
Yuu si dette dello stupido, mentre anche il suo cervello lo stava insultando pesantemente; diavolo... possibile che, tra tutti i passeggeri che si trovavano a bordo, doveva proprio urtare contro Mikaela?
"Mi dispiace davvero, Mika" sussurrò, pentito, sbrigandosi a rialzarsi dal corpo di lei, ed aiutandola a tirarsi in piedi, sorreggendola scrupolosamente per la vita e premurandosi di riabbassarle la gonna color lavanda, inchinandosi e lisciando persino le pieghe del prezioso tessuto, ma arrestandosi quando la mano di Mika strinse la sua.  
La ragazza allontanò con delicatezza le sue dita dall'abito, e tirò Yuu di nuovo in posizione eretta.
Scosse la testa, le belle labbra ancora piegate agli angoli in un dolcissimo sorriso e le ciocche bionde dei suoi capelli che le incorniciavano il volto, illuminando tutta la sua figura di oro. 
Mika era il sole.
A Yuu incespicarono le gambe, mancò il fiato e forse -solo forse- Mika se ne rese conto, perché il ragazzo avvertì una delle sue mani stringergli la spalla destra, ed avvertì il suo respiro ancora più vicino, mentre, intorno a loro, il tempo sembrava essersi congelato. 
"È tutto a posto, Yuu-chan; ascolta, io non sono una persona che bada a queste cose" 
Ma se poco prima di riconoscermi stavi per mangiarmi vivo?!
A Yuu occorse tutto il suo autocontrollo in quel momento. 
Respirò a fondo più volte l'aria salmastra e poi tirò su lo sguardo, affondando letteralmente in quello d'oceano che aveva di fronte. 
Senza pensare, allungò una mano a sfiorarle la vita. Solo un attimo, solo per essere sicuro che tutto quello fosse reale, tangibile. 
Mika non si scostò, ma gli occhi vennero posseduti da uno strano lucore, lacrime che scomparvero nell'arco di qualche istante, così come erano comparse, tanto velocemente che Yuu si domandò più volte cosa effettivamente avesse visto. 
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Mika deglutì il più lievemente possibile, e dissipò la tristezza con un battito in più di ciglia. Respirò più volte, cercando di non attirare altre attenzioni. Yuu doveva aver capito che qualcosa non andava, sicuramente, ma Mika non avrebbe voluto mai leggere la preoccupazione che, invece, aveva scorto pochi attimi prima.
Semplicemente, non era giusto. 
Yuu stava probabilmente vivendo il sogno di una vita grazie a quel viaggio, e lei non avrebbe dovuto angustiarlo con i suoi problemi; avrebbe dovuto restare lontana, perché non sarebbe stata altro che veleno per il bel sorriso del ragazzo; non avrebbe nemmeno dovuto invitarlo a cena, a ben riflettere, avrebbe dovuto dimenticarselo e tornare alla sua vita di sempre... sorridere, subire, nascondere
Invece, l'unica cosa che si ritrovò a fare, fu ridacchiare, mentre sperava che gli occhi di Yuu non fossero tanto acuti da scorgere le ferite sul viso procurate dai cocci di quella mattina, celate con il trucco. 
Quando scorse il sorriso di Yuu si rilassò un poco. 
Avvertì la mano del ragazzo stringere il suo fianco con tenerezza, e lottò di nuovo contro le lacrime. 
Benché fosse uscita nella speranza di rivederlo, ora svincolarsi era necessario, ma il lasciarlo si faceva sempre più difficile, secondo dopo secondo, e non importava quanto si reprimesse, non importava quanto evitasse i suoi occhi verdi.
"Ehi, Mika" iniziò Yuu con un sorriso, interrompendo i suoi pensieri e sospingendola più in là, lontano dagli astanti "ti creerebbe disturbo se scambiassimo due parole?" 
Disturbo? 
Oh, Cielo, la testa faceva male per l'urto con il suolo, ma avrebbe ripetuto quel l'episodio per almeno altre quattro volte. 
Mika infilò una mano tra i capelli e massaggiò per un attimo la nuca, proprio nel punto in cui sarebbe sicuramente sbucato un bel bernoccolo.
Che giornata. 
 
  
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