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Autore: Blablia87    25/01/2016    7 recensioni
[Omega!verse]
[Alpha!Sherlock][Omega!John]
Pezzi di una filastrocca come briciole di pane lasciate da un passato pronto a riscuotere la sua vendetta.
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock Holmes era passato davanti a Philip Anderson - Beta Minus e membro della squadra forense di Scotland Yard, intento ad indossare la tuta azzurra come da protocollo - senza degnarlo di uno sguardo.
Aveva distrattamente ascoltato i suoi richiami (poi urla) e ancor più distrattamente aveva immagazzinato l’informazione che Lestrade, come sempre, si fosse intromesso per calmare la situazione.
Tutta la sua attenzione era diretta al corpo senza vita che vedeva oltre la porta in fondo al corridoio dove si trovava.
Seduto a capotavola della sua abitazione al centro di Londra, l’ormai cadavere Signor Marston – Alpha Minus, amministratore delegato di un’azienda di medie dimensioni -  giaceva con il viso riverso sulla tovaglia.
Il tavolo, ad eccezione di un bicchiere, era completamente vuoto.
“Allora, che ne dici?” Domandò Lestrade, fermandosi sulla porta d’ingresso della sala.
 Sherlock si avvicinò al tavolo. Prese il bicchiere e lo annusò, posandolo subito dopo.
Spostò quindi la testa dell’uomo di lato, per vederne il viso.
Tornò in posizione eretta, rapido, e lanciò un sguardo furente verso l’ispettore.
“Dio, Lestrade! Neanche Anderson può essere idiota fino a questo punto! Il bicchiere sa di mandorle amare, e quest’uomo ha pupille dilatate e tracce di schiuma e sangue sulla bocca. È…”
“Cianuro.” Terminò per lui un uomo in tuta protettiva, comparendo al fianco di Lestrade.
Era più basso dell’ispettore, e doveva essere almeno diece anni più giovane. I capelli, biondo cenere, erano corti e diligentemente pettinati da un lato. Gli occhi, blu, si erano posati su Lestrade, al quale lanciò un rapido cenno di saluto.
“Oh, ciao John!” lo accolse l’ispettore con un sorriso sincero. “Dov’è finito Mike Stamford?”
“È un po’ incasinato con la storia della ristrutturazione, sai…” rispose l’altro, entrando nella stanza e avvicinandosi al corpo.
Superò Sherlock senza guardarlo, e lui assunse per un attimo un’espressione oltraggiata.
“Ah già, è vero. Tu? Hai trovato una nuova sistemazione?” Domandò Lestrade, rimanendo fermo sull’uscio della stanza.
“Mhm, no, in verità. Per fortuna il matrimonio sarà solo tra un paio di settimane, e Mike mi ha concesso di rimanere fino al loro rientro dal viaggio di nozze. Ho ancora un po’ di tempo.”
L’uomo si chinò ad osservare il volto del cadavere, alzando poi gli occhi su Sherlock per qualche secondo.
“Comunque ha ragione lui. Chiunque sia.” Disse, valutando con un certo grado di fastidio quanto quell’uomo in abiti civili stesse contaminando la scena del crimine. “È palese che si tratti di avvelenamento da cianuro. Dopo l’autopsia saprò dirti l’ora esatta della morte, ma per adesso potrei azzardare un…”
“Tre ore.” Lo anticipò Sherlock.
John lo osservò accigliato, in silenzio.
Anderson chiamò Lestrade dal corridoio, e l’Ispettore rimase immobile per qualche secondo, indeciso sul da farsi. Ad un secondo richiamo, l’ispettore si voltò a guardare cosa stesse succedendo. Poi, girandosi di nuovo verso la sala da pranzo, decise che il male minore fosse fare le dovute presentazioni e sperare che tutto andasse per il meglio.
“John, lui è Sherlock Holmes. Ogni tanto ci aiuta con le indagini.”
“Ogni tanto?” Rispose Sherlock, sarcastico.
“Ok, ci aiuta spesso. Sherlock, lui è John Watson, aiuto coroner. Vado a vedere cosa vuole Anderson. Fa’. Il. Bravo.”
Puntò un dito verso Sherlock, accompagnando il gesto con un’occhiata eloquente.
Dopo di che, sparì oltre la porta.
I due rimasero immobili qualche secondo, poi John si chinò nuovamente sul corpo.
“Aiuto coroner.” Ripeté Sherlock, portandosi le mani dietro la schiena e osservando l’uomo iniziare a scrivere degli appunti su un taccuino scuro.
“Così pare.” Rispose lui, distratto.
“Non esce molto dall’ospedale, quindi.” Continuò Sherlock.
“No, in effetti non lo faccio spesso.”
John si allontanò dal cadavere e passò nuovamente davanti a Sherlock, diretto alla piccola valigetta metallica che aveva lasciato davanti alla porta.
Si chinò, la aprì e ne estrasse alcune buste di plastica per reperti.
Si infilò i guanti e tornò vicino al corpo.
“Lei non ha scia.” Disse Sherlock, atono, osservando l’uomo raccogliere un campione di saliva.
“Sì, pare proprio che sia così.” Rispose l’altro, continuando il suo lavoro.
“Neanche… la più piccola scia.” Ripeté Sherlock, ostinato.
John alzò un attimo lo sguardo su di lui, serio.
“Non è un po’ scortese annusare gli sconosciuti?” Domandò, tagliente.
“Non si tratta di annusare. Le scie si percepiscono, sempre. Fanno parte della nostra biologia.”
“Evidentemente la mia biologia è debole. Lo ammetto, sono un Beta Minus di infima qualità. Adesso possiamo tornare a pensare al cadavere di quest’uomo?”
Per un attimo calò il silenzio, e John raccolse qualche ciuffo di capelli.
“Come ha fatto a ingannare i controlli?” Sherlock aveva abbassato il tono di voce, e si era fatto più vicino. “Diplomi falsi?”
John sentì le mani tremare, ed il campione di capelli cadde sul tavolo.
“Mi stia a sentire, razza di…” Qualcosa, nella sua mente, ancestrale come l’essenza stessa della sua natura, gli disse che non avrebbe dovuto parlere ad un Alpha in quel modo. John si bloccò un attimo, giusto il tempo di ricordare a se stesso chi avesse scelto di essere.
“…borioso bastardo.” Ringhiò, voltandosi ed incollando gli occhi a quelli di Sherlock. “Non so chi lei sia, ma so per certo chi IO sia. Sono un medico. Ed un ex militare. Ho terminato gli studi al Bart’s, e prestato servizio nel Quinto Fuciliere Northumberland. Ho passato tre anni in Afghanistan, sono un veterano del Kandahar e dell'Helmard. Cosa le fa pensare che abbia bisogno di ingannare qualcuno per fare il lavoro che ho scelto di fare?!” sibilò, lo sguardo carico di furia. “Vuole parlare di scie? Bene, parliamo di scie. Cosa ci fa un Alpha con una scia così densa su una scena del crimine? Aveva bisogno di distrarsi dal suo sicuramente faticosissimo lavoro dirigenziale?!”
Sherlock arricciò l’angolo della bocca in un abbozzo di sorriso, mentre John continuava a tenere ostinatamente gli occhi nei suoi, carico di rabbia.
In quel momento Lestrade comparve nuovamente sulla soglia della stanza.
John tornò velocemente alle sue mansioni, mentre Sherlock rimase ad osservarlo.
“Ok, che fosse cianuro lo aveva capito anche Anderson, lo ammetto.” Iniziò l’ispettore, tossicchiando nervosamente. Sherlock alzò gli occhi al cielo.
“Perché diavolo sono qui, allora?” Domandò, spazientito.
“Abbiamo pensato ad un suicidio, all’inizio. Sotto il bicchiere, però, abbiamo trovato questo.”
L’ispettore estrasse un foglio dalla tasca del cappotto, e lo passò a Sherlock.
“Ho litigato fino ad ora con Anderson e Donovan per riuscire a farmelo ridare.” Ammise, sospirando.
John – curioso - si portò istintivamente al fianco di Sherlock, e lui gli lanciò una rapida occhiata prima di iniziare a leggere il contenuto del biglietto.
“Sembra… una filastrocca, o qualcosa del genere.” Osservò John, cercando conferma nell’altro, che annuì.
 
Sette e otto e nove
ora il buio è in ogni dove!
E se il buio ancora dura
possiam solo aver paura...
...che soltanto può la luce
ammazzare chi deduce
!”
 
Lesse Sherlock, ad alta voce.
“Dov’è il resto?” Chiese, guardando Lestrade.
“Resto, quale resto?” Rispose l’ispettore.
“Il resto, maledizione! Sette, otto e nove. Dov’è il resto?”
“Ma di che diavol-“
“I numeri.” Si intromise John. “Sette, otto e nove. Dove sono i numeri prima?”
Sherlock si voltò verso di lui, un’espressione sorpresa ben chiara sul viso.
“Non… non ci sono numeri prima.” Rispose Lestrade. “Per questo sei qui, per capirci qualcosa!”
“Sono un sociopatico ad alta funzionalità Lestrade, non un indovino!” Sbuffò Sherlock in direzione dell’ispettore, e John lo guardò ad occhi spalancati.
Un Alpha - Plus, con molta probabilità - che si definiva un sociopatico (ammettendo una "tara" nella sua natura di essere "perfetto e superiore") sovvertiva praticamente ogni singola regola sociale vigente, quasi più di un Omega che aveva terminato gli studi e intrapreso una carriera lavorativa assumendo inibitori (vietati per legge) e fingendosi un Beta.
“Perfetto, quindi siamo in un vicolo cieco.” Sospirò Lestrade. “Speriamo almeno che l’autopsia possa dirci qualcosa in più.”
John sembrò ricordarsi solo in quel momento il suo ruolo, e si allontanò rapidamente da Sherlock per tornare a raccogliere campioni.
“Ok, vi lascio ai vostri noiosi compiti.” Annunciò Sherlock, piegando il biglietto e mettendoselo in tasca.
“Ehi!” Protestò l’ispettore. “Quella è una prova, Sherlock, se solo…”
“Tranquillo, devo solo fare qualche ricerca. Riavrai la tua prova domani mattina.”
Sherlock si alzò il bavero del cappotto e fece per uscire dalla stanza.
Si fermò poco prima di superare Lestrade, e si voltò verso John.
“221b Baker St.” Disse.
“Come, scusi?” domandò John, alzando gli occhi dal bicchiere che stava imbustando.
“221b di Baker St. È dove vivo. Ho sentito che a breve sarà privo di un appartamento dove vivere, ed io stavo giusto cercan-“
“No, grazie.” Lo interruppe John.
L’ultima cosa che gli serviva era un Alpha con il quale condividere un appartamento.
Assumeva inibitori da quasi vent’anni, ininterrottamente, e come medico sapeva perfettamente che primo o poi il suo organismo si sarebbe assuefatto alle sostanze e il loro effetto sarebbe svanito. Il solo pensiero che potesse accadere con un Alpha nelle vicinanze lo fece rabbrividire.
Sherlock fece qualche passo verso di lui, e si chinò in modo che quanto stava per dire fosse udibile solo a loro due.
John sentì la scia di Sherlock in tutta la sua forza, carica e densa. Era speziata, e gli ricordò i profumi esotici che aveva conosciuto durante le missioni all’estero. Nessuna traccia acidula, segno del suo buon umore. Si scoprì a ringraziare mentalmente tutti gli spacciatori di Londra per la sua dose semestrale di inibitori – che non soltanto azzaravano la sua scia – ma permettevano al suo corpo di non avere alcun tipo di reazione di fronte a stimoli così forti.
“Continui ad assumere Snubber, per il bene di entrambi, e non avrà assolutamente nulla da temere: la nostra convivenza sarà più che tranquilla.” Gli sussurrò Sherlock. “Ci pensi su, potrebbe essere divertente!” Aggiunse, questa volta a voce alta, allontanandosi di nuovo. “A volte suono il violino di notte, e potrebbe capitare che passino giornate intere senza che le rivolga la parola. Valuti.” Terminò, superando Lestrade ed uscendo dalla stanza con un generico “Buona serata!”
John lanciò uno sguardo confuso verso Lestrade.
Lui, semplicemente, annuì sospirando.
“Sì, John. Fa sempre così.”

Angolo dell'autrice:
ho poco da aggiungere, relativamente a questo capitolo (fatti salvi i ringraziamenti d'obbligo a tutte/i voi, che mi avete riempito di gioia con i vostri commenti e stupita inserendo la storia - veramente in tantissime/i - nelle seguite. GRAZIE!) se non che dovevo trovare il modo di inserire Mike Stamford come "mezzo del destino" per far incontrare i nostri due protagonisti. Nella serie era la casualità rappresentata da un uomo seduto su di una panchina, in questo caso è il fato che si manifesta in un turno di lavoro "sul campo" al quale mandare il suo collega. Ma il risultato non cambia: se mai Sherlock e John dovranno dir grazie (o maledire) qualcuno per aver fatto incrociare i loro cammini, quell'uomo sarà sempre e solo Mike Stamford (almeno per me XD)
Vorrei aggiungere una nota sulla filastrocca, ma facendolo svelerei troppo degli sviluppi sucessivi, quindi mi riservo di condividerla con voi a "filastrocca ultimata." 

Ancora una volta (e come sempre) grazie a chi ha letto fin qui.
Siete la mia forza e la mia fonte di ispirazione.

B.
   
 
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