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Autore: Malinne    17/03/2009    3 recensioni
(Kabuto PoV) "Gli esseri viventi esercitavano un fascino inferiore soltanto alla morte. Avevo trascorso le ultime ore della mia vita con un cadavere che era diventato il mio cadavere particolare." Uno scontro tra Sasuke Uchiha e Kabuto Yakushi.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kabuto Yakushi, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Cadavere


Sasuke Uchiha era perfetto.
Non lo si poteva definire in altro modo. Lo guardavo di nascosto, finché rivolgeva gli occhi altrove. Era una perfezione pallida e fiera, dai pensieri nascosti, con occhi che avevo visto in pochi.
Quegli occhi respingevano il mondo, impedendogli di entrare in lui. Erano occhi neri e vuoti come il colore che un incendio si lascia alle spalle. Non voleva intimidire, anche se il suo sguardo era mortalmente freddo; semplicemente, quello era il suo modo di guardare.
Anche i suoi capelli erano neri. Spiccavano con uno splendido contrasto sulla sua pelle pallida e liscia, donandogli un’eleganza dannata. Erano questi i suoi colori: il bianco e il nero. Inevitabilmente, il nero del suo sguardo intaccava la purezza che gli era rimasta, scoprendo l’unico lato di sé che era disposto a rivelare. Freddezza.
Lui era bellissimo anche mentre non faceva nulla. Era bello anche mentre era gelido.
Più lo guardavo, più la mia invidia cresceva. Impallidivo fino a svanire, di fianco a lui. Il bel ragazzo dai capelli di luna diventava poco più che una nullità.
Sospirai.
Gli esseri viventi esercitavano un fascino inferiore soltanto alla morte.
Avevo trascorso le ultime ore della mia vita con un cadavere che era diventato il mio cadavere particolare. Lo nascosi ai suoi occhi pericolosi, coprendolo con un velo bianco. Nessuno poteva vederlo.
Sul tavolo del mio laboratorio c’era un corpo di un uomo e il pensiero di averlo strappato alla vita non mi toccava. Un tempo, non appena sfioravo la pelle di una delle mie vittime, sentivo qualcosa all’altezza del petto. Un grande buco gelido e vuoto ha preso il suo posto. Ne sento i contorni freddi, ma non mi chiederò mai cosa contenga. Non lo toccherò mai, finché mi sarà possibile.
È grazie a quel freddo che riesco a fare ciò che faccio.
Era diventata una consuetudine, quella di scoprire i segreti del corpo umano sacrificando vite. Lo facevo naturalmente. Non era più una fatica, semplicemente un’abitudine.
Alla mattina bevevo tè verde, al pomeriggio svisceravo cadaveri.
Consideravo i corpi come oggetti magnifici e intriganti, piuttosto che come involucri di vita. Erano interessanti e sempre diversi. Non si potevano nemmeno immaginare i segreti che contenevano e la complessità che li caratterizzava. Comprenderli era sublime. Mi faceva fremere di piacere.
Però, c’erano corpi che non riuscivo a vedere come oggetti. Uno di quelli era lì davanti a me, così splendido da non poter non essere vivo. Riconoscevo comunque la bellezza della vita quando la vedevo, anche se non era affascinante come la morte. Sentivo la sua compagnia tranquilla, una calma pesante, anche se terribilmente vuota. Lo stesso vuoto che mi era familiare e che mi ero reso conto di temere. E così, davanti a me quel giorno vidi uno dei corpi vivi più unici che avessi mai visto. Toccarlo mi avrebbe fatto sentire morto. C’era qualcosa in lui che aveva una forza vitale straordinaria.
Un sorriso amaro, non riuscii a trattenerlo. Poteva l’odio essere l’origine di quella vita che rendeva bello Sasuke? Era l’odio che lo rendeva vivo?
Mi diressi verso il lavabo, per pulirmi le mani dal sangue incrostato.
«Togliti i vestiti, Sasuke-kun» gli dissi, gentile. «Devo visitarti.»
Lui annuì senza guardarmi. Prese a slacciarsi il cordone viola che gli fermava la veste. «Vedi di fare in fretta.»
«Farò in fretta se questa volta mi permetterai di visitarti come si deve, senza capricci.»
«Odio avere mani altrui addosso.»
«È per il tuo bene. Non possiamo permetterci che il tuo fisico crolli» feci, iniziando a concentrare il chakra nelle mani. «Hai avuto una brutta ricaduta.»
Lui sbuffò. Guardarlo con quell’aria imbronciata e vestito soltanto dagli ampi pantaloni del keikogi mi fece un effetto strano. Era ancora più splendido che con quelle vesti eleganti.
Sasuke era bello proprio come Orochimaru l’aveva descritto la prima volta. Vederlo con i miei occhi era doloroso e riconoscerlo mi faceva ancora più male.
Ero geloso,provavo una gelosia viscerale. Allo stesso tempo, ero invidioso di Sasuke perché era lui che attirava gli occhi di Orochimaru. E non io. Vedevo lo sguardo del mio signore quando lo guardava. Credevo di non avergli mai fatto quell’effetto. Però, sapevo anche che guardava al di là della sua bellezza e questo mi consolava. O almeno lo speravo.
Mi riscossi e iniziai ad esaminare il ragazzo. Introdussi il mio chakra in lui e cominciai a farlo scivolare tra i suoi organi e i suoi muscoli con movimenti concentrici. Sentivo le sue vene pulsare, il suo cuore battere e il suo corpo emanare un calore rassicurante. Se non fosse stato vivo, avrei potuto trarre piacere dalla sua morte solamente se lo avessi ucciso io. Il suo cadavere sarebbe stato soltanto più vuoto di quanto fosse lui ora da vivo, e senza quella bellezza.
Quando le mie dita sfiorarono la sua pelle, rabbrividii.
Sasuke alzò un sopracciglio. «Va tutto bene?»
«Sì, Sasuke-kun. Sono solo stanco» sospirai. «Faresti bene a dire ad Orochimaru-sama quando arrivi al tuo limite. Il tuo fisico non reggerà, se ogni volta ti sforzerai  in questo modo.»
Il giovane Uchiha sbuffò. «Credo che non serva elencarti tutte le ragioni per le quali sono qui. Ma ti ricordo che sono venuto per il potere e se mi fermassi ogni volta che arrivo al limite non lo otterrò mai.»
«Impegnarsi per diventare più forti è ammirevole. Ma arrivare a collassare per la fatica è solo involutivo. Devi controllarti.»
«Dici a me di controllarmi? Kabuto, vedo esattamente quanti stimolanti ingoi al giorno e le droghe che prepari per Orochimaru quando arrivate al vostro limite. La coerenza ogni tanto non è un male.»
Mi sforzai di essere cortese. «Questo non ti riguarda, Sasuke-kun» feci, continuando a visitarlo, nonostante lo sforzo per rimanere calmo. «Noi… io e Orochimaru-sama abbiamo sulle spalle un fardello piuttosto pesante e le ore del giorno non ci bastano. Dobbiamo sfruttare anche la notte.»
«Capisco» disse, indicando il cadavere sul tavolo con un cenno del capo. «Immagino sia un lavoro faticoso.»
«Stai fermo, Sasuke-kun. Non muoverti.»
Parve non ascoltarmi. «Certe volte mi chiedo come possiate dormire sonni tranquilli con quello che tu e Orochimaru fate.»
«Io e Orochimaru-sama abbiamo progetti precisi» dissi a denti stretti.
«Ah, sì» strascicò lui, indifferente. «Immortalità, conoscenza e potere, vero? O forse ho dimenticato qualche altra sciocchezza?»
Fermai il chakra sul suo torace. «Non li definirei così.»
«E come li definiresti? Ambizioni? Sogni? O scopi? Orochimaru ha dimenticato che nella vita il traguardo è sempre e solo uno. E tu lo segui ciecamente in questa follia.»
La mia mano si spostò sulla sinistra del suo petto. Mi appellai a tutte le mie forze per trattenere i miei istinti. La mia voce tremava: «So che non approvi l’operato di Orochimaru-sama, ma in questo momento sei nella sua casa e sei di fronte a me. Ti prego di tenere per te certe osservazioni.»
«Orochimaru non mi toccherebbe nemmeno con un dito. Lo sai perfettamente. E nemmeno tu ti permetteresti di farlo. Quindi, non vedo ragione per tenere la bocca chiusa.»
La cosa che mi faceva infuriare era il suo tono. La sua freddezza non si estendeva solamente agli occhi, ma era in ogni parte del suo corpo. Senza quasi volerlo, introdussi violentemente il mio chakra a fondo dentro di lui. Lo vidi trasalire.
Sasuke spostò lentamente lo sguardo su di me. «Che cosa ti farebbe Orochimaru-sama se scoprisse quello che stai per fare?»
Ci guardammo per un lungo istante. Sentivo la rabbia fluire in me, come se scorresse nelle mie vene. Limiti, aveva detto: uno di quelli che oltrepassavo facilmente era quello dell’odio. Avrei potuto schiacciare il suo cuore in qualsiasi momento, ma non lo feci. Gli sorrisi: «Mi ucciderebbe.»
«E allora ne vale la pena, Kabuto?»
«Non ne varrà mai la pena.»
«Allora continua a fare il tuo lavoro. Non ho tempo da perdere.»
Era una battaglia persa in partenza, quella che combattevo contro di lui. Non potevo toccarlo in nessun modo: questo bastava per decretare la mia sconfitta. Sarebbe stato come colpire il fumo.
Più lo osservavo, più quei suoi occhi neri e vuoti mi facevano infuriare perché era indifferenza allo stato puro quella con cui mi guardavano. Sapeva di aver già vinto.
Distolsi lo sguardo, digrignando i denti. Il mio cuore esplodeva di rabbia. Avrei voluto ucciderlo, lì, davanti a me e farlo sparire per sempre dalla mia vista. Mi sarebbe bastato un istante, ma quell’istante non sarebbe mai arrivato.
Mi occorse qualche secondo per recuperare il controllo. Inspirai, chiudendo gli occhi. Poi, quando li riaprii, mi costrinsi a riprendere ad esaminarlo.
Senza più guardarlo, feci il mio lavoro in silenzio.
«È tutto nella norma. Non c’è alcuna lesione. Devi solo riposare, i tuoi muscoli sono stanchi.»
Sasuke annuì. Riprese la sua veste, mentre mi allontanavo da lui. «Quindi, la visita è stata come sempre completamente inutile.»
«È meglio che tu te ne vada» mormorai, la testa china, i pugni stretti in una morsa.
«Certamente. Ti lascio senza troppe moine, visto che sei in ottima compagnia.»
Il bell’Uchiha mi sorrise di scherno. Ma quella volta sorrisi anche io, senza alzare gli occhi. «La sua compagnia è molto più piacevole di quanto tu possa immaginare.»
Lui rimase immobile davanti a me. Anche senza guardarlo, sapevo che mi stava scrutando imperturbabile e inespressivo. In fondo, conoscevo bene la sua apparenza.
«Sai che cosa ti farebbe Orochimaru-sama se tu mi uccidessi?»
«Non mi ucciderebbe.»
«No, non ti ucciderebbe. Ma conosce la sofferenza e come causarla, il che è molto peggiore rispetto alla morte. La sofferenza perdura, la morte è un istante. Tremeresti un unico, breve momento: quello che precede la fine. Ma è solo un momento, un secondo che prende il volo verso il grande nulla. Ora, dimmi cos’è la sofferenza di fronte alla morte?»
«Le conosco entrambe. Meglio di quanto tu creda.»
Decisi così di prendermi l’ultima parola: «No. È l’odio quello che conosci meglio di tutti. E ti ha reso completamente cieco.»
Silenzio.
Sasuke non aveva più nulla da dire. Mi fissava muto e vuoto come l’odio l’aveva reso. Quel ragazzo era ciò che rimaneva di un incendio. Mi era capitato di svegliarmi tra le ceneri, tempo prima.  Conoscevo quel luogo e la sua desolazione. Mi avevano sottratto ad esso prima che mi accecasse, ma a lui non era toccata la stessa sorte.
Il giovane Uchiha mi diede le spalle e fece per andarsene. Lo vidi indugiare sulla porta qualche secondo. Trattenni il fiato, aspettando che sparisse dalla mia vista.
Quando se ne andò senza una parola, seppi di aver vinto.
Uno, due, tre, quattro, cinque secondi. Ero solo, immerso nel silenzio.
Un ghigno mi deformò il volto.
Il mio cadavere particolare.
Lentamente, mi diressi al tavolo dove giaceva il corpo di un uomo morto. Il velo bianco con cui era coperto lo nascondeva agli occhi indiscreti.
Sentivo il mio cuore palpitare per la gioia. Il suo battito era così forte che aveva sostituito la presenza di quel ragazzo nella mia mente.
Il ghigno si allargò. Mi passai una mano sul viso come per voler cancellare quell’orrendo sorriso che sapevo di aver impresso. Quasi, mi vergognavo di me stesso.
Scoprii il corpo e allora non riuscii più a trattenermi: risi in faccia a quel viso morto che mi fissava ad occhi sbarrati, sorridevo a quegli occhi sul nulla, aperti sul vuoto.
Era il mio spettacolo personale. Rimasi fermo ad ammirare quel corpo inerme macchiato di sangue, la bocca dischiusa in un grido muto. Quella scena l’avevo creata io stesso, un momento della mia vita che non avrei mai vissuto in un altro modo: il corpo di Sasuke era davanti a me, orrendo nella morte proprio come volevo io. Sapevo che l’avrei orribilmente sfigurato privandolo della vita.
Era un’illusione che dava sfogo alla mia gelosia. Ormai ero un maestro dei cadaveri, conoscevo i trucchi della morte e le facevo compagnia.
Era un corpo fittizio il cui volto era solamente pelle modellata, ma mi rendeva felice. Avevo plasmato il viso di Sasuke Uchiha, esattamente come potevo creare una maschera.
Ora, non lo invidiavo più, sapendolo morto. Ridevo da solo, con un defunto, il battito assordante del mio cuore e la mia euforia.
Era strano come l’odio mantenesse in vita lui, ma era lo stesso che la gelosia faceva per me.
«Alla fine siamo simili, Sasuke-kun» sussurrai a fior di labbra.
Le maschere, le conoscevo bene. Le illusioni ancora di più. E il mio sorriso non voleva sparire.
Avevo vinto due volte.

  
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