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Autore: ARed    27/01/2016    3 recensioni
Bella ed Edward sono una famosa coppia di attori, famosi per essere i protagonisti di una delle saghe di più successo degli ultimi anni.
Sono felici e innamorati, ma qualcuno gli vede come delle semplici macchine da soldi. Persone senza scrupoli, a cui non importerà nulla di far soffrire i due protagonisti, colpiti da un tradimento che come un fulmine a ciel sereno gli separerà.
“Era un inferno che visto dall’esterno poteva sembrare il paradiso”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CERTE NOTTI – Parte 1 

La mia vita, ormai, aveva ripreso una normale abitudine, solo casa e lavoro. Niente uscite, eventi o interviste. Volevo prendermi cura di me stessa, non pensare agli altri. Essere egoista per una volta. 
C'eravamo solo io e Coco, ma lei mi ricordava tremendamente lui. 
Pensare a lui mi faceva ancora male, erano passate solo due settimane dall'ultima volta che lo avevo visto e sentito, eppure il dolore del suo viso si alternava con l'immagine di lui con l'altra nelle mie notti insonni. Ogni notte mi faceva paura, perché sapevo che gli incubi mi avrebbero assalita non appena avrei osato chiudere gli occhi. Mi svegliavo urlando; 
"No, no, no" e piangendo, avevo una riserva di lacrime infinita. 
Alice e Rose stavano male nel vedermi così, perciò chiesi a Sam di cercarmi un nuovo appartamento. 
<< Te ne vuoi andare?>>, mi disse Alice, perché diavolo era sveglia alle sei del mattino? 
<< Buongiorno anche a te!>>, le risposi con lo sguardo fisso al muro. 
<< Allora?!>>, era furiosa, << Bella, parla!>>. 
<< Alice siamo in troppe, questo appartamento è vostro>>.  
<< Non vedi come stai? Sei uno straccio, da sola non ce la farai!>>, aveva ragione, ma era proprio per quel motivo che dovevo andarmene. Il mio malumore colpiva anche loro e questo non mi andava giù. 
<< Ti ricordo Bella che questo appartamento è tuo!>>. Si lo era, il mio primo appartamento da "donna adulta", così lo chiamavo. Ora avevo bisogno di cambiare. 
<< In termini legali si, ma è mio quanto vostro>>, mi erano state sempre vicine, dare loro quell'appartamento era il minimo, di certo i soldi non mi mancavano. Era uno dei lati positivi del mio lavoro. 
<< Sei matta? Perché te ne vuoi andare?>>, dovevo essere onesta se volevo uscire illesa da quella conversazione. 
<< Ho bisogno di rimanere da sola Alice, di piangere quando mi pare e di non tenermi tutto dentro fino a esplodere. Non voglio essere compatita, consolata..>>. Alice si avvicinò e mi abbracciò,  
<< Tesoro, qui nessuno ti impedisce di piangere, non è necessario tenersi tutto dentro>>, mi disse Alice stringendomi a sé.  
<< Non te ne andare, resta. Noi ti vogliamo bene, e se soffri tu soffriamo anche noi. E se decidi di andartene questo non cambierà!>>. Aveva ragione allontanarmi dalle ragazze avrebbe fatto soffrire sia loro che me. 
<< Vado..>>. Alice mi sbarrò la strada. << Dove pensi di andare?>>, non era più preoccupata, lo capivo dal cambiamento del suo tono di voce. 
<< Beh per mantenere questa casa dovrei lavorare!>>, dissi fingendomi arrabbiata Alice si mise a ridere ed io con lei, << Vai a guadagnarti il pane, sù. E torna qui poi>>. Anche quella sera sarei tornata a casa non avrei garantito per gli altri giorni. 
<< Va bene. A sta sera>>, usci di casa e mi rifugiai nella mia 500, e come ogni volta che rimanevo da sola il dolore mi colpì, le lacrime cominciarono a ripercorrere la loro strada sul mio viso. 
Quella mattina sul set passò velocemente, avevo girato solo due scene.  
Quando stavo sul set richiudevo in un cassetto tutta la mia vita privata e mi sentivo leggera e libera di essere qualcun altro; anche di fingermi felice. Stare sul set mi aiutava, mi dimenticavo di Isabella Swan e dei suoi mille problemi, quando stavo sul set ero semplicemente number 2. 
Ma bastava uscire e tutto tornava indietro con gli interessi, il doloro diminuisce con il passare del tempo, nel mio caso aumentava. 
Avevamo dei progetti assieme, voleva un figlio, voleva costruire una famiglia con me. E poi aveva distrutto tutto, ridotto in cenere tutto ciò che avevamo costruito assieme. Per stare assieme avevamo sfidato tutti: registi, produttori, paparazzi, fan e anche le nostre famiglie. Avevo messo lui prima di ogni altra cosa, mi ero illusa di quella aurea di felicità che ci circondava. 
La coppia perfetta ci definivano, facevamo sognare milioni di persone, i Bellward ci chiamavano.  
Mi faceva sentire in colpa il fatto di aver deluso tutte quelle persone, assurdo mi sentivo in colpa. 
Era la domanda che tutti mi ponevano, sempre, “ Tu ed Edward state assieme?”, avevo sempre risposto “Siamo solo amici”, mentivo per proteggere la mia privacy e la sua. Quanto volevo, ora, che quelle mie affermazioni fossero vere. 
Mi avevano detto di separare lavoro e amore, non confondere l’amore che provava il mio personaggio nei confronti del suo. Io, però, mi ero innamorata di lui fuori dal set, mi aveva conquistato con le sue battute detto con l’accento inglese. Mi faceva ridere, ridere tanto e lui stesso mi aveva strappato quel sorriso che non riuscivo a ritrovare, nonostante l’aiuto delle mie amiche. 
Milioni di storie erano finite, perché io non riuscivo a riprendermi? Perché? Sentivo che mi mancava qualcosa, qualcosa per superarlo. Mi mancava lui? 
Ero in pausa pranzo, il mio appetito non aveva fatto progressi nel frattempo, Rose mi chiamò, decisi di risponderle. 
<< Hey, Rosalie!>>. 
Rideva, << Vedo che il senso d’umorismo non ti manca, neh?>>, quanto si sbagliava.  
<< Già!>>. 
<< Senti, hai finito li sul set?>>, dovevo girare delle scene nel pomeriggio, ma avevo un paio d’ore buche. Che diamine stava progettando? 
<< Perché?>>. 
<< Ho qui con me Coco, ed ora veniamo a prenderti e andiamo a fare una passeggiata!>>. Cosa? Ma io dovevo lavorare! E sinceramente non ne avevo voglia. 
<< Sai dovrei lavorare!>>, le risposi acida. 
<< Ah, è qui che ti sbagli, hai il pomeriggio libero!>>>, no! Dovevo rimanere sul set, Sam mi avrebbe avvisata se avessi avuto il pomeriggio libero. 
<< Che diavolo..>>, Sam si sedette accanto a me con aria dispiaciuta. << Scusa>>. Erano complici, ottimo! Mi sentivo una bambina di cinque anni che aveva tutta la giornata programmata, che doveva obbedire e fare tutto ciò che gli veniva ordinato. Mi sentivo tradita anche da loro. Ma loro, lo sapevo bene, lo facevano per fami sentire meglio.  
<< Hale?! Io e te dobbiamo parlare!>>. 
<< Sicuro, ma dopo. Perché ora sto guidando e la polizia se mi vede con il cellulare in mano mi ritira la patente!>>. Questo suo atteggiamento mi faceva saltare i nervi, sbuffai e conclusi la chiamata. 
<< Perché? Solo questo ti chiedo, perché?>>, rivolgendomi a Sam che aveva lo sguardo fisso sulla sua pasta al pesto. 
<< Perdonami, davvero. Ma ammettilo, un po’ d’aria fresa ti farà solo del bene>>. 
<< Si, hai ragione. Ma io devo lavorare>>, scandendo bene quest’ultima parola. 
<< Per oggi tu hai finito, quindi vai a prendere le tue cose e aspetta Rose al cancello numero 5>>.  
Era una battaglia persa, era inutile combattere. Ci stavo facendo l’abitudine perdevo tutte le battaglie, anche quelle che non sapevo di combattere. 
<< E la mia macchina?>>, la mia amata 500. 
<< Non ti preoccupare la porto a casa io e ..>>. 
<< Come..>>, non mi fece finire, odiavo quando mi interrompevano, perché, poi, mi si fraintendeva, e succedeva spesso specialmente nelle conferenze quando c’era anche lui. 
<< Poi prendo un taxi e me ne ritorno  a casa. E si, starò attenta a non graffiarla>>. 
<< Giuralo>>. 
<< Parola di  mangiona di cioccolato!>>, le lanciai un occhiataccia, Riley, dall’altra parte rideva di gusto. Gli sorrisi. 
<< Cosi va meglio>>. 
<< Dove andiamo?>>, chiesi a Rose appena salì in macchina, prendendo Coco tra le mie braccia. 
<< In spiaggia!>>, era troppo contenta. In spiaggia, un posto pubblico, pieno di gente , di paparazzi.. 
<< Ma sei completamente impazzita? È pieno di gente in spiaggia!!>>, le dissi quasi urlando. 
<< Non tutte le spiagge qui a Los Angeles, sono pubbliche..>>. 
Che diavolo.. la macchina di Rose imboccò l’autostrada, la velocità mi piaceva e mi rilassava. 
Pochi minuti dopo uscì dall’autostrada e prese la direzione per Surfrider Beach, perché quella spiaggia? Sapeva benissimo che io e il surf appartenevamo a due mondi diversi. 
Rose parcheggiò la macchina e scese. << Scendi!>>, mi ordinò. Ma io non volevo, esitavo, ero priva di qualsiasi forma di energia. Volevo solo tornare a casa mia, nella mia casa. Non dalle ragazze. 
<< Bella, fidati, nessuno ti si avvicinerà se accanto a te ci sarà JJR!>>, disse piena d’entusiasmo. 
Che.. come.. non riuscivo a formare una frase che avesse avuto senso, infine riuscì solo a dire;  
<< Ah..>>. Scesi dalla macchina, Coco si liberò dalle mie braccia e raggiunse Laura in spiaggia. 
Se volevano farmi delle foto, che le facessero, ma Laura aveva ragione, con JJR vicino nessuno mi si sarebbe avvicinato. 
<< Signorina, buongiorno>>, quante diavolo di volte dovevo dirgli di chiamarmi Bella e basta? 
<< JJR>>, dissi quasi irritata e lo salutai con un cenno del capo. 
Io e Rose cominciammo a passeggiare in riva al mare, senza parlare. Godendoci il rumore delle onde che si frantumavano contro la sabbia, come il  cuore. 
Insistette un paio di volte per tuffarci, ma non era la giornata ideale per un bagno, c’era troppo vento per i miei gusti. Così alla fine rinunciò.  
L’aria di mare mi faceva bene, mi sentivo libera e leggera. Lontana da occhi indiscreti, lontana dal mondo, lontana da lui. Ecco, ci ero ricascata, pensare a lui mi faceva male. Ma di una cosa ero convinta non volevo dimenticare nulla. Perché, nonostante il finale, con lui avevo vissuto tre anni bellissimi. Lui amava il surf, ed io amavo osservarlo per ore e ore, senza mai distrarmi. Avevo una paura matta che cadesse, che ci fosse un’onda troppo alta, che me lo avrebbe portato via. 
<< Andiamo?>>, Rose mi riportò alla realtà, decisi di chiudere in un cassetto quei ricordi, e di tirarli fuori ogni tanto, per ricordarmi di quando ero stata felice. 
<< Scusa, ero soprappensiero>>, il sole stava tramontando , quanto avevamo camminato? Per quante ore non le avevo rivolto la parola. 
<< Rose scusami tanto , io non volevo. Mi dispiace>>. Era stupita, stavo impazzendo di sicuro, era l’unica cosa spiegabile. 
<< Perché mai dovrei scusarti?>>, ma mi stava prendendo in giro? 
<< Non ti ho rivolto la parola per tutta la passeggiata..>>, cominciò a ridere, io ero sempre più confusa. 
<< Ah, per quello>>, dovevo farmi perdonare. << Quando ho visto che la tua mente era da tutta altra parte, beh, ne ho approfittato e ho chiamato Emmet >>. Come? Avevo capito bene? Lei aveva chiamato Emmet ed io non me ne ero nemmeno resa conto? Si, decisamente stavo impazzando.  
La guardai perplessa, chissà cosa pensava di me. << Bella tutto a posto?>>. 
<< Si, si>>, farfugliai, << Andiamo?>>. 
Facemmo dietrofront e tornammo alla macchina in poco meno di venti minuti, riuscì anche a tenerle il passo, stavo migliorando. Visto che il suo concetto di camminata era leggermente diverso dal mio. La sua camminata era più una corsa lenta. 
<< Grazie, uscire e stare all’aria aperta mi ha fatto quasi bene>>, volevo stuzzicarla un po’.  
<< Perché “quasi”?>>, domandò confusa. 
<< Beh, Hale diciamo che il mio concetto di camminata è ancora diverso dal tuo, e quindi penso di avere le vesciche ai piedi!>>.  
<< Ohps!>>, e scoppiò in una fragorosa risata che mi contagiò. 
<< Rose forse è meglio se guido io>>. 
<< Ricordi? Hai le vesciche ai piedi>>. 
<< Sopravverranno>> , dissi decisi e salì al posto di guida, Rose non parlò per tutto il tragitto e nemmeno io, sapevo quanto mi volesse bene e quanto gliene volevo io. 
 
CERTE NOTTI – Parte 2 

Quando tornammo c’era Alice che ci aspettava per cena con il suo famoso riso freddo e tutte assieme cenammo, per la prima volta, dopo molti, giorni finì il mio piatto. 
<< Lo sapevo, il mio riso freddo fa miracoli!>>, Alice era entusiasta del mio piatto vuoto. 
<< Sei una cuoca provetta, te lo riconosco!>>. 
<< A me continua a non piacere!>>, la mia Rose non sarebbe mai cambiata. 
Verso le dieci diedi la buonanotte, ero stanca, sfinita ed avevo un gran mal di testa. Forse avevo un po’ di febbre. 
<< Bella stai bene? Sei molto pallida>>, mi voltai guardando il mio riflesso sullo specchio della camera, ero più bianca del solito e i miei occhi erano segnati da profonde occhiaie, opera di molte notti insonni. 
Rose mi si avvicinò e posò la sua mano sulla mia fronte, << Tesoro sei bollente>>, ci mancava solo la febbre per completare il quadro. 
<< Mettiti a letto, ti porto subito qualcosa e poi riposa. Passa tutto!>>, disse uscendo dalla stanza. 
Seguì i suoi ordini e mi misi a letto, pochi minuti dopo arrivò con un bicchiere d’acqua e una Tachipirina. Presi il medicinale ed entrai sotto le coperte, colpita da improvvisi brividi di freddo. Per la prima volta mi addormentai appena chiusi gli occhi, la camminata di quel pomeriggio e la febbre mi avevano sfinita, erano state un mix esplosivo, meglio di qualsiasi altro sonnifero. Pensai mentre il mio corpo si abbandonava ad un sonno profondo. 
 
Dal punto di vista di Rose 

Bella si era appena addormentata, soffriva ancora per quello che Edward le aveva fatto. 
L’aveva completamente distrutta, davanti a tutte noi si fingeva forte, per non farci soffrire. Preferiva soffrire in silenzio, non riusciva mai a sfogarsi completamente con nessuna di noi, e a me faceva male vederla in quel modo. Sapevo che si amavano alla follia, e che, forse, sarebbe riuscita un giorno a perdonarlo, la conoscevo, sapevo che gli mancava come l’ossigeno quando si è sott’acqua.  
Però non riusciva a dimenticare, perché gli incubi la tormentavano ogni notte, si svegliava urlando, piangendo, tremando. Era sfinita, non aveva energie, non sapevo cose le passasse per la testa, non parlava. Era dimagrita, solo quella sera, dopo molti giorni, l’avevo vista finire il suo piatto, la febbre sul suo corpo fragile aveva avuto un accesso facile.   
Lo squillo del mio cellulare, mi distrasse dai miei pensieri: era Edward. 
Ormai mi chiamava tutte le sere, verso le undici, quando sapeva che Bella era andata a letto. Era preoccupato per lei, neanche lui l’aveva mai vista in quello stato. 
<< Pronto>>, risposi come tutte le sere. 
<< Ciao Rose. Come sta?>>. 
<< Diciamo che sta meglio>>, un sospiro di sollievo arrivò dall’altro capo del telefono. 
<< Bene, sta dormendo?>>
<< Si è addormentata profondamente, era sfinita>>. 
<< Perché sfinita? Cosa le è successo?>>, chiese con voce iper preoccupata. 
<< Nulla, ha solo un po’ di febbre>>. 
<< Devo vederla, devo starle accanto>>, no, non poteva venire qui a casa. 
<< Edward, no! È solo febbre non ha nulla..>>, ma a quel punto aveva già riattaccato. Stupida, stupida, stupida. Perché non imparavo a tenere chiusa la mia bocca ogni tanto? Quando sapevo benissimo di quanto si preoccupasse per Bella. In quel momento capì che aveva sbagliato, che se ne era pentito e di quanto amasse la mia Isabella. 
Sentì qualcuno bussare alla porta, era Edward! << Edward, se Bella ti vede qui io sono morta, lo capisci questo?>>, non mi ascoltava mi superò e si avvio verso la stanza di Bella. 
<< Edward lo sai che non ti vuole vedere>>, si fermò, le mie parole lo bloccarono. Lentamente si voltò verso di me, << Giuro, non mi faccio vedere, voglio solo vederla. Sapere che sta bene, lei è tutta la mia vita>>, era così dolce non potevo impedirgli di vederla, << Va bene, ma stai attento>>. Mi sorrise ed entrò in camera di Bella. Dormiva ancora profondamente. 
 
Dal punto di vista di Bella 

Ero in uno stato di dormiveglia, sentivo delle voci provenire dal salotto, guardai l’ora erano appena le 23:30, possibile che il mio sonno profondo fosse durato così poco? 
Non capivo se quelle voci ci fossero veramente o se me le stessi solo immaginando. Poi le riconobbi, erano le voci di Rose e di.. Edward?! Il mio cuore cominciò a battere fortissimo, voleva uscire dal petto e tornare da lui. Perché era qui? Gli avevo detto di non cercarmi, cosa diavolo voleva? Ad un tratto sentì la porta di camera mia aprirsi, era lui, chiusi gli occhi fingendo di dormire. 
Edward si avvicinò, il mio cuore era ormai impazzito. Posò la sua mano sulla mia guancia, il suo tocco mi provocò una serie di brividi lungo la schiena, non di freddo questa volta. 
<< A che ora ha preso la Tachipirina?>>, era venuto qui per assicurarsi se avevo preso i medicinali, Edward era preoccupato per me, il mio Edward. Perché insisteva, così faceva del male ad entrambi. 
<< Verso le dieci>>, disse Rose. Me l’avrebbe pagata. 
<< Dovrebbe aver fatto effetto allora, ma perché la febbre non è scesa? È ancora bollente!>>, lo disse mentre la sua mano fredda  si posava sulla mia fronte. 
<< Calmati Edward, non lo vedi come dorme. Significa che sta bene. Ora vattene>>, no, non lo fare volevo urlare, ma non lo feci, Edward mia anticipò. << No, finché non le scende la febbre io sto qui con lei>>. 
<< Edward se lei si sveglia..>>. Cara Rose non mi saresti scappata, perché ero molto più che sveglia. 
<< Tu non ti preoccupare, mi prenderò io tutta la sua furia se si sveglia>>, oh no ne avevo per tutti e due. 
<< Come vuoi>>, si arrese Rose, << La ami ancora vero?>>, perché se ne era uscita con quella domanda? 
<< Non ho mai smesso di amarla..>>, anche io lo amavo, non avevo mai smesso.  
<< Allora perché lo hai fatto?>>, chiese diretta Rose. Ero curiosa volevo sapere. 
Esitò un attimo poi parlò, << Perché sono uno stupido, avevo tra le mani la cosa più bella del mondo e l'ho distrutta, oltre a quel bacio e quella volta.. non c'è stato nulla di più>>, disse con un filo di voce, desideravo tanto abbracciarlo, ma ero immobile, ferma, non riuscivo a muovermi. 
Rose uscì dalla camera, Edward mi si avvicinò ulteriormente posando le sue labbra sulla mia fronte bollente. 
<< So che sei sveglia, ma per favore non arrabbiarti. Permettimi di starti vicino per l’ultima volta>>, mi sussurrò all’orecchio, il mio cuore non ci capiva più nulla, non sapevo cosa fare, non volevo mandarlo via. Solo uno stupido: << Ho sete>>, uscì dalle mie labbra. Prese subito il bicchiere d’acqua sul comodino e mi aiutò ad alzarmi per bere, la testa mi girava, pulsava, faceva male. Ma il mio amico, il  dolore, sembrava perso, smarrito. 
Prese una sedia e si avvicinò al mio letto, io volevo che lui venisse sul letto, che mi abbracciasse come solo lui poteva fare. Successe in un attimo, lui e lei assieme facevano l’amore ed io gli guardavo, impotente. No, il dolore non si era smarrito, mi colse di sorpresa, facendomi ancora più male. 
<< Calmati>>, mi sussurrò e non so se per la sua presenza, per la febbre o perché la tachipirina stava cominciando a fare effetto ma mi addormentai.  
Quando mi svegliai guardai l’ora erano le tre del mattino, e lui era ancora li. Seduto su una sedia, si era addormentato. Doveva andarsene, non stava comodo su quella sedia. Quanto era bello quando dormiva.. 
<< Edward, svegliati>>, lo scossi un paio di volte e i suoi bellissimi occhi verdi si aprirono catturando i miei. 
<< Bella, torna a letto. Come stai?>>, disse tutto molto velocemente. 
<< Sto meglio, vieni mettiti sul letto. La sedia non è adatta per dormire>>, che diavolo mi passava per la testa? Volevo che lui dormisse accanto a me? Si, lo volevo. 
<< Ma..>>, mi guardava confuso, sorpreso e, si, anche felice. << Vieni>>, lo invitai. 
Si sdraiò accanto a me, non mi sfiorò, ovvio ora stava con un’altra. Ma io lo volevo, lo volevo e basta e al diavolo tutto. Isabella fermati mi convinsi. 
Quella stanza la conosceva era la mia camera all’appartamento delle ragazze, qualcuno dormiva sul mio letto, era Edward, sembrava un angelo. << Buongiorno amore>>, stavo per rispondere quando una bionda uscì dal mio bagno: Jessica. Si avvicinò a lui e cominciò a baciarlo, un bacio di quelli forti, violenti e dolci. Cominciò a toglierle la vestaglia.. 
<< No!>>, urlai svegliandomi di colpo, tremavo tutta, la mia fronte era impregnata di sudore. Lui era ancora li, mi fissava terrorizzato. << Bella..>>, parlò allungando una mano verso il mio viso, ma mi spostai. Volevo che sparisse dalla mia vista, lo odiavo. << Vattene!!>>, gli urlai addosso, con gli occhi pieni lacrime. 
Non se lo fece ripetere due volte si alzo, prese le sue scarpe e uscì dalla stanza.  
Io mi raggomitolai su me stessa, un’altra ondata di dolore arrivò per squarciare in due il mio petto, o meglio, quel che ne rimaneva. Le lacrime cominciarono a scendere, ed io non glielo impedì, le lasciai precorrere la strada che avevano formato sul mio viso. 
 
Ed eccoci arrivati alla fine anche di questo capitolo, i due si sono incontrati in un modo inusuale e dolce. 
Sento che qualcosa sta per succedere..
Grazie a tutte, alla prossima! 
Un bacio, AlmaRed..
Lo so è un po' lunghetto ma mi dispiaceva pubblicarlo in due parti, così le ho messe entrambe!

   
 
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