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Autore: Medy    28/01/2016    1 recensioni
"Well, I’ve got thick skin and an elastic heart, But your blade it might be too sharp I’m like a rubber band until you pull too hard, I may snap and I move fast But you won’t see me fall apart Cause I’ve got an elastic heart"
Quanto può sopportare un cuore? Quanto può attendere, senza disgregarsi del tutto? Quanto l'amore può essere abbastanza per tener legate due persone?
Dopo gli amori complicati, improbabili e attesi di "Vacanze Romane", ritorno nuovamente con una nuova fan fiction dove questa volta è la New Generation la protagonista di tutto. Nuovi amori, nuove amicizie, nuovi dolori e tormenti e forse nuovi lieti fine!
Spero che non rimarrete delusi!!
Medy
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Luna
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Elastic Earth 


"Million Miles Away"



Kyron saltò la lezione di Trasfigurazione fingendo un malore ben giustificato da un falso certificato ottenuto tempo prima da Madama Chips, dopo averla corrotta con qualche cassa di Whisky incendiario. La sera prima era rimasto con Drake al capezzale di Mya per assicurarsi che stesse bene, ma era ritornato in Sala Comune con ancora Mya stesa tra le coperte quasi incosciente. Quella notte era stato un incubo anche per lui. Non era riuscito a chiudere occhio, ripensando continuamente che in parte le cause del suo malore erano dipese da lui. Mya non riusciva a reggere le situazioni difficili: il litigio con Maddy, l’articolo che l’aveva vista al centro dell’attenzione di tutti, le insinuazioni - tratte da fonti vere - su Kyron e la sua tresca con la donna misteriosa. Un mix troppo amaro da buttare giú, e tutto questo si era aggiunto con l’odiata consapevolezza che i suoi sentimenti non erano ricambiati, e forse non lo sarebbero stati. Odiava ripetersi in continuazione che Mya era solo una sciocca a credere che tra loro sarebbe nato qualcosa, ma ammettere la verità lo faceva sentire meglio con se stesso. Anche se comunque si sentiva uno straccio nei confronti di Mya, cui voleva un gran bene. Era diretto in infermeria, speranzoso di vederla vigile e magari parlare, chiarire una volta per tutte che, per quanto non poteva soddisfare i suoi desideri, sarebbe stato comunque un buon amico e magari rassicurarla che tutto sarebbe andato bene, che l’articolo di Maggie May sarebbe stato dimenticato e che lei poteva continuare a vivere serenamente. Si ripetè, fino a quando non giunse all’ingresso dell’infermeria, che sarebbe stata la cosa migliore per entrambi, ma soprattutto per lei che stava vivendo il tutto con troppa sensibilità; al punto da tenerla a letto con la febbre alta e quasi incosciente.
Respirò, assimilò abbastanza coraggio, consapevole della brutta reazione che avrebbe scatenato una volta concluso il discorso ed entrò pronto ad affrontare il suo destino. Ma ciò che vide scaraventò i suoi perfetti piani in rovina, facendo strisciare in lui un altro sentimento, del tutto contrastante con le sue sicurezze:
Matthew Weasley era seduto accanto a Mya e ridevano per qualcosa detta da lui. L’unica nota positiva in quella sinfonia disastrosa che stava ascoltando la sua mente era Mya con il volto felice e sereno. Nessuna traccia di malessere era scorto nei suoi lineamenti e questo era segno che il riposo di quella notte era stato rinvigorente. 

“Kyron!” Mya si rese conto del suo arrivo e lo accolse con alcuna traccia di rancore o tristezza. Era meraviglioso poterla vedere così, ma odiò Matthew Weasley che era il motivo di tale radiositá. Lui la rendeva debole, triste, la mandava in infermeria con ferite invisibili, mentre Matthew era la cura capace di farle dimenticare tutto. Era un disastro e lo sarebbe stato da amico esattamente come da fidanzato, anche se quella parola gli giunse alla mente con incredulità. Pensare per un attimo di legarsi a qualcuno, di legarsi a lei, fu come ricevere un pugno in pieno stomaco. 

“Ti vedo molto meglio, piccola Zabini!” Ignorò la presenza di Matthew, che si spostò appena rivolgendogli un sorriso incerto, un misto tra imbarazzo e fastidio: Nott aveva rovinato la bella atmosfera creatasi tra lui e Mya. La lieve speranza di poterla invitare ad uscire si dissolse, e dovette accettare la presenza di Kyron che riuscí a metterlo in ombra solo con un sorriso.

“Ci vuole molto di piú per tenermi a letto, Nott! Madama Chips mi ha dato l’ordine di ritornare in Sala Comune stasera.” Matthew divenne invisibile e si creò un’atmosfera che coinvolse solo loro, tenendolo fuori e fuori posto. 

“Sono felice” I toni scherzosi divvenero calmi e Kyron si aprí a quella considerazione che incarnava il suo stato d’animo: era felice di vederla radiante, di vederla star bene, di vederla sorridere e sperare di poter parlare con razionalitá. Concludere quella tensione che si era creata ad inizio anno e che aveva rovinato il meraviglioso rapporto che li aveva sempre tenuti uniti.

“Spero che tu non sia venuto a mani vuote. Ho una fame da lupo mannaro” Mya avrebbe evitato sempre l’atmosfera intima e personale che, inevitabilmente, si creava tra loro, percepita da chiunque solo guardando il modo con cui si scambiavano i sorrisi e gli sguardi. Quell’atmosfera che l’aveva illusa, ingannandola sulla possibilitâ che tra loro qualcosa di piu profondo era stato instaurato con il tempo. Quel qualcosa che avrebbe dovuto accantonare e andare avanti, continuare senza di lui. 

“Mi dispiace deluderti, ma fare regali non è nel mio stile. Sono passato solo per assicurarmi che stessi bene, sperando di vederti ancora dormire. Avrei evitato di sentire la tua vocina fastidiosa” Kyron aprí le mani mostrandole vuote, e ricevette una dolce linguaccia che gli scaldò il cuore. Matthew si schiarí la voce e si alzò. Era in forte disagio, e il coraggio per parlarle scivolò nei bassi fondi della sua sicurezza. Non era un buon momento a causa della presenza di Kyron.

“Io vado, ci vediamo a lezione. Spero che gli appunti ti siano utili” La scusa degli appunti era stata perfetta, ottima per andare da lei senza insospettirla. Il suo dolce piano era andato a buon fine, fino a quando non era entrato Kyron che aveva spostato tutta l’attenzione di Mya su di sè, relegandolo in una gabbia di delusione e incertezza. Si sentì maggiormente deluso quando lei sobbalzó, come se si fosse resa conto solo adesso che minuti prima non era sola, ma c'era stato lui accanto a lei.

“Oh, certo Matt. Ci vediamo a lezione” Quel saluto distratto fu la sconfitta finale che lo fece retrocedere. Il Grifondoro salutò appena Kyron e si chiuse la porta dell’infermeria alle spalle, concludendo quel momento di disagio provato solo da lui. 

“Sbaglio o Weasley ti è incollato addosso come una cozza allo scoglio?” Avrebbe voluto evitare di notare quel particolare ed esprimersi, ma non riuscí a trattenerlo, avendo notato che da troppo tempo Matthew Weasley le ronzava intorno come un’ape golosa. Prese il suo posto e guardò Mya con una nota divertita stampata sul volto. Mya arrossí e sorrise negando l’evidenza.

“Non che a me importi, dopotutto. Potrebbe ronzarmi intorno tutta Hogwarts, ma se non sei tu a farlo non me ne importa molto.” Negare cose già note non avrebbe aiutato, ma il discorso al quale voleva giungere Mya era tutt’altro. Infatti di fronte allo sguardo sorpreso di Kyron, pronto a rispondere a tono, Mya alzò una mano in segno di aspettare e che la lasciasse continuare. 

“Ma so che aspettare non mi porterá da nessuna parte. Abbiamo discusso di questo tante volte ed io comunque non ho lasciato perdere. Però dopo ieri ho capito che posso stare solo male. Quindi accetto che non sia ricambiata e che non mi ronzerai mai intorno, o almeno come lo intendo io. Sei importante per me Kyron, ed è importante per me che tu continui a far parte della mia vita, sotto qualunque forma tu voglia.” Sorrise a malapena con un dolore all’altezza del petto simile ad un pugno, ma non poteva continuare a sperare e ritrovarsi a dover ingoiare realtá amare. Per quanto volesse che quelle speranze divenissero realtá, illudersi che sarebbe accaduto avrebbe comportato solo altro dolore, altra sofferenza ingiusta. Era ancora piccola, ancora con un vasto mondo che l’attendeva. Kyron sarebbe rimasto il suo amico, il ragazzo che avrebbe desiderato avere al suo fianco; ma non per questo si sarebbe preclusa la felicitá. 
Kyron abbassò il capo, colpevole. Si vedeva chiaramente che Mya faticava a pronunciare quelle parole, e lo sguardo radiante di poco prima era sparito di colpo. Le poteva solo infliggere dolore e si odiava per ciò che non riusciva a fare. Come poteva desiderare una persona come lui al suo fianco? Come poteva solo pensare di amarlo se ogni volta che i loro sguardi si incrociavano, in attimi delicati come quelli, Mya riusciva a fargli leggere solo il dolore che era capace di farle provare? 

“Mya, sono venuto anche per mettere alcune cose in chiaro. Io nella tua vita ci sarò sempre, perchè ti voglio bene e il mio è un bene sincero. E credo che quello che provi per me sia solo un'illusione” Questa volta fu Kyron a dover fermare Mya intenta a ribattere. 

“Pensaci! È un tipico clichè credere di amare il miglior amico del fratello. Potrebbero scriverci una meravigliosa storia d’amore sopra. Ma entrambi sappiamo che io non sono giusto per te. Forse non sarò giusto per nessuna ragazza romantica e dolce, come lo sei tu. E io non riesco a pensare di poter essere diverso da quel che sono. Proprio per questo non posso pensare di poter stare con te. Sarei ingiusto, egoista, e se cambiassi sarebbe solo in relazione al fatto che io e Drake siamo come fratelli. Non ci sarebbe volontá in quel che faccio, ma solo dovere e riconoscenza, ed io non voglio che la tua prima storia inizi per obblighi. Se mai dovessi innamorarti di qualcuno, fallo di qualcuno che ti vuole senza che guardandoti veda solo la sorellina del migliore amico, la piccoletta con la quale combinava guai e a cui raccontava storie del terrore. Perchè è quello che sei per me: ti voglio bene, questo non lo metto in dubbio, ma tu hai bisogno di qualcuno che… Ti ami.” Crudele e sincero, si era prefissato quell’obbiettivo. Meglio chiarire e mettere fine a tutto piuttosto che continuare a vedere Mya soffrire per lui. Lui era un apparente “bravo ragazzo”, ma aveva un’ottima coscienza di sè e le relazioni, l’amore, erano nocive alla sua persona. Mya non meritava di essere presa in giro. 
Mya ingoiò quel boccone ingurgitabile. Aveva previsto un ennesimo discorso del genere, già affrontato. Ma, nonostante ciò, non riusciva a prevderne l’effetto che le causava: troppo violento il colpo per poterlo parare, troppo dolorosa la realtá per poterla accettare e continuare a sorridergli. Ma si sforzò, lo fece soprattutto per se stessa. Doveva smetterla di tartassarsi il cuore, doveva smetterla di autoinfliggersi colpi violenti. Era giunto il momento della svolta decisiva.
Annuí, sconfitta per l’ennesima volta. Non riusciva a guardare Kyron che le riservava uno sguardo immerso nella pena: pena per averla ferita, umiliata e delusa ancora una volta

“Che situazione di merda” Si alzò e si portò le mani al volto, vergognandosi di sè e di ciò che continuava a farle passare, nonostante le sue buone intenzioni. Quanto avrebbe dovuto farla soffrire prima di rivederla felice? Quanto dolore avrebbe dovuto inniettarle prima di ritornare sull’argomento per riderci su, come due vecchi amici? Come un tempo?

“Ascoltami! Tu non mi ami davvero! Sono uno stronzo qualunque che potresti incontrare ovunque! L’unica cosa che mi differenzia è che mi conosci da tanto di quel tempo che hai visto qualcosa di buono. Ma non saprei da dove iniziare con te” Scattò verso di lei, deciso a farle cambiare idea su di lui, deciso a trasformare l’idea romantica che aveva su di lui. 

“Non sarei in grado di portarti fuori ad un appuntamento, e l’idea di dover fare l’amore con te.. non mi sfiora minimamente. Sei intoccabile. E' come se violassi la mia morale, è come se tentassi di far sesso con… Dakota! Meriti un ragazzo che ti baci senza sentirsi in colpa, meriti qualcuno che desideri trascorrere notti intere con te. Matthew per esempio! È un bravo ragazzo e ti guarda come io non potrei mai fare. Mya, non piangere ti prego” Aveva sbagliato ancora, e starle così vicino non aiutava. Mya tentò di coprirsi il volto, per nascondere la sua ennesima umiliazione, ma lui non glielo permise. Le strinse le mani e la incastrò con lo sguardo.

“Se non riesci ad andare avanti allora… dovrò allontanarmi io.” Non riusciva a trovare una soluzione che non prevedesse lacrime e dolore. Cosa doveva fare? Aveva le mani legate di fronte a due soluzioni che non prevedevano riscontri positivi: poteva ignorare i sentimenti di Mya, continuare a ricoprire la parte di fratello maggiore e sentirsi ogni giorno in colpa vedendola nello stato in cui l’aveva vista fino ad allora. Oppure parlare una volta per tutte, vederla singhiozzare, darle dolore fino al punto dell’odio e sperare che si dimenticasse di lui. Ma in entrambi i casi Mya avrebbe sofferto ed era l’unica cosa che avrebbe voluto evitare. 

“Scusa, io... io cerco di andare avanti ed ignorare tutto... tutto questo ma… non ci riesco” Paura di perderlo, sofferenza nell’accettare che quella conversazione sarebbe stata l’ultima sull’argomento. Paura di vederlo insieme ad un’altra e non reggere il dolore, odio per le parole che non smetteva di ripeterle con irruenza. Odio per se stessa che, nonostante gli sforzi, le promesse, la decisione di andare avanti, continuava a star ferma sempre allo stesso punto ogni volta che la situazione diveniva reale e si concretizzava. Fino a quando era tutto mera forma della sua mente il dolore poteva sembrare sopportabile, ma ogni volta che si manifestava, bruciava sulla pelle al punto da non sopportarlo. 

“Smettila di piangere. Non lo sopporto Mya! Credi che mi faccia piacere che TU, PROPRIO TU DEBBA SOFFRIRE PER COLPA MIA? Perchè proprio tu… maledizione!” Si alzò dal letto e scaraventò con un calcio la sedia, facendola volare dall’altra parte della stanza. Forse Madama Chips quella mattina non era presente, perchè non ci fu nessuno che potesse fermare la sua rabbia.

“Tra tante ragazze che frequentano questa dannata scuola, proprio tu dovevi innamorarti di me? CAZZO! TRA TANTE STRONZE CHE POTEVANO CAPITARMI DEVO PORTARMI IL PESO DELLA TUA SOFFERENZA! AVREI PREFERITO VEDERTI SOFFRIRE PER UN ALTRO COSI' ALMENO AVREI AVUTO LA POSSIBILITÀ DI SPACCARGLI IL NASO! MA ADESSO DOVREI PRENDERMI A PUGNI? COSA CAZZO DEVO FARE PER NON VEDERTI COSI'? DEVO ANDARMENE? CAMBIARE STATO? COSA?” Le parole di rabbia erano rivolte piú a se stesso che direttamente a Mya. Non riusciva a trovare una soluzione che facesse uscire entrambi integri da quella battaglia. Aveva combinato un disastro inconsapevolmente. Aveva creato tutto questo per ogni sua premura, per ogni suo gesto gentile. Non aveva agito per egoismo o per fini subdoli ma, nonostante ciò, aveva portato al caos la situazione con Mya.

“Hai ragione. Perchè proprio io, la sorellina sciocca del tuo migliore amico? Perchè non un anonima poveretta di cui avresti potuto approfittare e poi scaricare come se non fosse mai accaduto niente, giusto? È cosí che ragionate tu e mio fratello! E se lo facessi con me saresti consapevole che poi ne dovresti rispondere a Drake e magari rovinare la meravigliosa alleanza di maschi alfa che condividete!” Mya non riusciva a decifrare ciò che stava provando in quel momento: odio e dolore si fondevano insieme, confondendola e facendola parlare, quasi urlare.

“Si, Mya. E' cosí che ragioniamo io e tuo fratello! Siamo semplici adolescenti che si divertono a discapito di altri! E proprio per questo che tu non puoi amarmi o provare semplice interesse! Ammetto che sono un grande stronzo e non mi dispiace esserlo. Ma con te... NO, NON CI RIESCO! Quindi, chiudiamo questa discussione una volta per tutte. È giunto il momento che tu ti svegli e che la smetta di pensare che sia una favola! Non è una favola! Io sono un bastardo che si nasconde dietro ad un viso gentile. Sono piú stronzo di tuo fratello, se ne vogliamo dire una, ed io non sono il tuo principe azzurro! Vuoi sapere cosa farei se tu non fossi Mya Zabini?” Si avvicinò come una furia, rabbioso e incontrollabile. Doveva farsi odiare per poter mettere fine a quella situazione. Doveva rivelare la parte peggiore di sè per far capire a Mya che enorme sbaglio aveva tentato di incorrere, e doveva farle capire che era stata solo una sciocca nell’aver creduto in un finale romantico. Le strinse i deboli polsi e lo sguardo che le rivolse non era quello del solito Kyron: ironico al punto da sembrare malvagio.

“Ti avrei fatto vivere la tua favola, punto per punto. Ti avrei fatto credere che fossi perdutamente innamorato di te. Ti avrei fatto credere tante cose fino ad arrivare al mio unico scopo: quello di aggiungere un ennesima tacca alla spalliera del mio letto e poi ti avrei lasciata, umiliata, spaccato il cuore in tanti piccoli pezzi che non saresti stata capace di riconoscerlo piú. Perchè io sono fatto così, quindi ringrazia che non sia accaduto!” Mya non lo riconobbe nemmeno per la voce che assunse: strisciante e melliflua. Quindi era quello il vero Kyron Nott? Tutto quello che aveva creduto di lui era solo il frutto di una fantasia infantile, cresciuta con lei per diventare solo una delusione? Kyron non era gentile, diverso? Non era il suo principe azzurro che aveva idealizzato. Kyron era anche peggio di suo fratello Drake, che riservava amore alle persone che gli erano accanto. Kyron era solo una finta maschera che lei aveva idealizzato per troppo tempo. 
Si divincolò dalla sua presa e lo schiaffeggiò, manifestandogli tutto il disgusto provato.

“Vattene immediatamente!” Kyron aveva ottenuto ciò che voleva. Finalmente aveva ricevuto l’odio auspicato: aveva salvato, a discapito di perderla, la felicitá di Mya.
Forse un giorno, con piú maturitá, lo avrebbe ringraziato. Per ora gli sarebbe bastato l’odio che provava per lui. Tenne lo schiaffo senza ribattere e, soddisfatto di averle fatto capire che tra loro non sarebbe nato mai nulla, uscí di scena. 
Un giorno, forse lontano, Mya lo avrebbe guardato con aria felice e avrebbe capito.




**




Gli allenamenti si erano conclusi con grande soddisfazione dell’intera squadra. Coesione, collaborazione e un grande spirito di squadra aveva permesso al team Corvonero di uscire dagli spogliatoi stanchi ma soddisfatti. Il capitano, Dakota, aveva afferrato il suo ruolo da leader e aveva guidato la squadra a simulare una perfetta partita, che si sarebbe tenuta nella settimana prima di Natale contro i Tassorosso. L’avevano acclamata e incoraggiata a regalare alla squadra altri allenamenti del genere, dove non si era sentito alcun peso o tensione. Il merito, forse, era dato tutto dal fatto che finalmente Dakota era serana. La sera prima Regan l’aveva baciata, facendole aprire gli occhi su di sè e la propria vita. Proibirsi la felicitá, rilegarsi nell’odio e nel dolore, non l’avrebbero condotta da nessuna parte. Aveva provato per Noah un sentimento che poteva accostarsi all’amore o forse poteva definirlo proprio in quei termini. Ma perchè, se si era presentato un rifiuto, lei doveva rifiutare l’idea di poterlo dimenticare? Nella sua vita aveva sempre avuto comportamenti che si proiettavano al futuro, analizzando le conseguenze e l’impatto che avrebbero potuto avere su altri, non pensando mai che quel comportamento poteva giovare a se stessa. Quindi aveva accettato quel bacio come una nuova possibilitá, e il ricordo di Noah sarebbe rimasto chiuso, proibito e intimo. Uscí dallo spogliatoio, con i muscoli resi quasi in brandelli ma soddisfatta del suo lavoro. Regan era lì, ad attenderla. L’imbarazzo era palpabile nell’aria ma Dakota era decisa a non farsi frenare. 

“Stavo pensando di non cenare in Sala Grande stasera” A differenza sua Regan sembrava più sicuro, come se la loro relazione fosse sempre esistita. L’ avvolse in un caloroso abbraccio e la baciò, esattamente come aveva fatto la notte scorsa.

“E dove pensi di cenare?” Erano limitati, non potevano uscire dal Castello tutte le volte che ne avevano voglia. Restavano comunque studenti minorenni che dovevano sottostare a regole rigide. 

“Al settimo piano. Se non possiamo uscire dal Castello questo non vuol dire che non possiamo desiderare di essere altrove” La stanza delle Necessitá ormai era diventata l’unica fuga dalla routine scolastica, o il luogo dove nascondersi quando la sopportazione era arrivata all’estremo. L’idea di Regan non le dispiacque, ma un pensiero intrusivo fece capo alla mente di Dakota e che la obbligò a rifiutare.

“Io non posso nemmeno cenare, adesso che ci penso. Per domani ho da consegnare un compito di Artimanzia che non ho ancora finito. Devo rifiutare” Gli allenamenti le sottraevano ore allo studio a cui teneva particolarmente. La sua carriera scolastica era una delle migliori e non avrebbe tralasciato quel compito, nemmeno per Regan.

“Oh, allora sará per la prossima volta.” Era deluso, avrebbe desiderato passare delle ore con Dakota senza che dovesse sopportare la presenza di altri, come i componenti della squadra. Ma non poteva ribattere, non poteva costringerla a tralasciare lo studio per trascorrere del tempo con lui. Tempo che avrebbe potuto recuperare l’indomani. 

“Ci vediamo in Sala Comune allora. Non stressarti troppo, che sei meravogliosa quando sei serena” La baciò ancora e ancora, rifornendosi di affetto per quelle ore che sarebbe mancata. Dakota lo vide raggiungere gli altri della squadra mentre lei prendeva un’altra direzione. A quell’ora della giornata le aule erano completamente vuote, luogo ideale per concludere il suo compito. Quella giornata era stata impegnativa e non aveva avuto modo per assicurarsi che Mya stesse bene, quindi non appena avrebbe finito si sarebbe diretta da Drake per chiedergli come stava. 
Hogwarts ai piani alti era completamente silenziosa e il tramonto filtrava tra le vetrate, regalando un gioco di luce ed ombra meraviglioso. Avrebbe preferito assistere a quello spettacolo in sella alla sua scopa, ma il dovere la chiamava a gran voce, quindi si scelse la sua aula e si apprestò a trascorrere le ultime ore della giornata ranicchiata sui libri. Le sue intenzioni però furono tralasciate dall’unico rumore di passi, oltre il suo, presente su quel piano. Noah e Dakota si ritrovarono a guardarsi e a sentire le labbra seccarsi per la sorpresa che avevano sperato di evitare. Noah aveva evitato di scontrarsi con lei tutto il giorno e Dakota ormai lo evitava da quasi due anni. Noah si tolse gli occhiali da lettura e li ripose insieme al libro, e Dakota rimase con la mano appoggiata alla porta rimasta chiusa. Aveva ripetuto a se stessa di non doversi sentire in colpa per ciò che era accaduto ieri sera, eppure si sentí come se possedesse un segreto oscuro che Noah avrebbe letto solo guardandola. Noah invece, aveva ripetuto a se stesso che ciò che aveva visto ieri sera non era affar suo ma, adesso che se la ritrovava davanti, l’unica domanda che si ripercuoteva nella sua mente era riferita all’evento della sera precedente. Erano fermi ad analizzarsi, non distogliendo lo sguardo, non tententando la fuga. Erano fermi come statue di cera, fermi a contemplare i loro pensieri. Poi Noah si avvicinò, spezzando, come era solito fare, la barriera che Dakota aveva eretto pur di tenerlo lontano.

“Ciao” La distanza si riduceva sempre più e Dakota sentí il cuore scoppiare, salire alla gola ed il fastidio di essere guardata divenne sempre piu prepotente. 

“Ciao” Dakota abbassò lo sguardo e trovò interesse nelle sue scarpe. Non si erano lasciati bene l’ultima volta e salutarsi suonò strano, quasi stonante con quella tranquillitá che vigeva su quel piano.

“Non sei a cena” Noah non doveva chiederle nulla che riguardava lei e Regan. Doveva sforzarsi nel non chiedere dopo quel bacio cosa c’era stato. Doveva zittire la vocina che gli ripeteva di chiedere e pretendere una risposta.

“No, devo finire un compito di Artimanzia. Nemmeno tu sei a cena” Si era fermato a metá strada e, nonostante questo, sentiva una maledetta tensione che la prendeva dal collo allo stomaco. 

“Anche io devo completare un saggio di Storia della Magia.” Alzò il libro, mostrando un tomo estremamente grande. Dakota non riuscí a non sorridere: conosceva bene l’avversione di Noah per Storia della Magia. Sorriso che anche lui notò e che fu la scintilla che fece scoppiare la maledetta domanda che aveva tentato di tener per sè.

“Quindi tu e Regan state insieme...?” Dakota scattò sull’attenti e sentí ogni colpa prendere il sopravvento. Colpe e rabbia nel sentirsi cosí senza una reale motivazione.
 
“E tu come lo sai?” La notizia era trapelata solo tra i membri della squadra, semplicemente per tempistica e non per altre motivazioni, e Noah era tra i primi a sapere. 

“Ieri sera stavo venendo da te e vi ho visti...” Era calmo, anche se una leggera nota di impertinenza Dakota riuscí comunque a coglierla. La sorpresa che la fece continuare a parlare non fu data dal particolare che li aveva visti. Ciò che la prese alla sprovvista fu il particolare che Noah era andato a cercarla. 

“E perchè mai stavi venendo da me?” Si scostò dalla porta ed assunse la sua solita posa dura e arrabbiata: sguardo scuro e volto corrucciato. Noah non si trattenne di sorridere e rese il tutto meno teso.

“Quando ti imponi in questa posizione so che qualunque cosa dirò sará solo motivo di rabbia e urla” Conoscerla così perfettamente non era un punto a suo favore, ma almeno dava concretezza e senso a tante domande che si erano susseguite nella sua mente e che lo avevano indotto a comportarsi in un dato modo. Noah aveva provato gelosia, rabbia, dolore. Tutto cosí in fretta che non aveva avuto modo per pensare e meditare. Ma ritrovarsi con lei era come prendere coscienza di sè.

“Quindi sai che stai per dire qualcosa di sbagliato, giusto?” Piú che rabbia, Dakota era terrorizzata. Terrorizzata dalle parole di Noah e dalla reazione che avrebbe potuto avere, rovinando quella tranquillitá trattenuta per tutto il giorno. Pregava di vederlo andar via e non ascoltare nemmeno una parola; ma Noah restava fermo lì, con uno sguardo diverso dal solito. Aveva un'aria impertinente e sicura, un sorriso divertito e non rabbioso o deluso. Non comunicava comprensione ma solo una dolce allegria, in relazione ai particolari di Dakota che conosceva perfettamente.

“Ho lasciato Alyson.” 

“Lo so, me lo hai detto.” 

“E quando ti ho vista con Regan sono ritornato da lei e abbiamo fatto pace” Quel particolare non era ancora giunto a Dakota, e la delusione non fu un sentimento nuovo. 

“C'era da aspettarselo da te, Potter!” Non nascose la rabbia provata da quella notizia.

“Per come ti infastidisci sembra che non sia molto contenta di aver baciato Regan. O sbaglio?” Quel tono impertinente era fastidioso e quelle accuse gratuite, dettate con tanta sicurezza, la mandarono su di giri. Il volto divenne paonazzo e la sua espressione si corrucciò ancora.

“Cosa vuoi, Potter?” 

“Nulla. Mi sei capitata senza che io lo volessi. Magari da me alcune cose le si aspetta, ma non da te, Malfoy.”  Stava per andarsene, ma Dakota lo afferrò per un braccio e lo costrinse a restare e continuare quel discorso mellifluo.

“Cosa stai insinuando?” Lo aveva scaraventato contro il muro e adesso tentava di guardarlo negli occhi, ma dovette aiutarsi con le punte dei piedi.

“Sei così prevedibile. Forse è perchè ti conosco molto bene. Anche meglio di Regan, eppure…” Un lieve ghigno si dipinse sul suo volto e la rabbia di Dakota si trasformò in dolore. Sì, la conosceva meglio di chiunque altro. Eppure l’aveva abbandonata due anni prima per correre dietro al culo ossuto di Alyson. La conosceva così tanto che sapeva dove colpirla e lo stava facendo volontariamente.

“Eppure sei un grande stronzo, Potter! Mi conosci così bene che mi ferisci appositamente!” Si pentí di quelle parole, ma ormai erano state liberate.

“Ferirti? E come? Tu sei intoccabile, forte, indistruttibile! Come potrei farti del male?” La stava provocando, voleva portarla all’esasperazione e farsi urlare contro cose che ormai erano ovvie come il sole. Sorrideva ancora, mostrando un'espressione che Dakota avrebbe volentierarmente preso a schiaffi; ma si trattenne per amor proprio. 

“Che gran bastardo che sei, Potter! Sì, ho baciato Regan e adesso stiamo insieme. Sto bene con lui e non sarai tu a mettermi in dubbio e mandarmi in crisi! Non piú. Ho sopportato abbastanza da te!” Mentre lei bruciava di rabbia, Noah le rideva in faccia, prendendola in giro, deridendola. Non poteva sopportarlo, non riusciva a sopportare ancora quelle prese in giro. Proprio da lui, poi. Doveva andarsene e dimenticare quell’ennesimo incontro indesiderato.

“Io ti mando in crisi?” Sembrava sorpreso e al contempo divertito.

“Adesso basta! Me ne vado!” Fregandosene di apparire una pazza psicopatica, alla pari di Alyson,  Dakota urlò quella decisione e gli voltò le spalle.

“Tu non vai da nessuna parte!” Questa volta fu Noah a prenderla per le spalle e incastrarla tra il muro e il suo corpo.

“Spiegami come ti mando in crisi! Spiegamelo.” Tutto sembrava aver preso le pieghe di un enorme presa in giro. Dakota furiosa, mentre Noah sembrava divertito. Si crogiolava in quella scenetta da teatro e lei non potè sentirsi piú umiliata.

“Potter io e te non abbiamo piú nulla da dirci. Te l’ho già detto e te lo ripeto ancora: IO E TE NON ABBIAMO PIÚ NULLA DA DIRCI. Quello che faccio non riguarda te, non sono cose che devono interessarti. Quindi adesso lasciami stare.” Cercò di scaraventarlo via, ma lui rimase impiantato lí, immobile, tenendo fermo il suo sorriso fastidioso. 

“Io e te abbiamo da dirci molte cose. Cose di due anni. Sei rimasta in silenzio per troppo tempo, credo che avrai cosí tanto da dirmi che rimarremo qui tutta la notte.” Ormai era giunta la fine dei conti. Noah era deciso a parlare limpidamente e recuperare lo sbaglio di non averla capita due anni prima. Di non aver ascoltato il silenzio che l’aveva fatta allontanare da sè. Era deciso a farle prendere coscienza che il bacio con Regan era stato solo un resoconto contro di lui. 

“Ti odio, questo ho da dirti! Mi hai fatto passare l’inferno per due maledetti anni! Adesso lasciami stare!” I tentativi di scavalcarlo e andarsene furono vani. Lei restava tra le sue braccia e lui restava sopra di lei a soggiogarla e infastidirla con quel sorriso maledetto.

“Dimmi qualcosa che non so!” 

“Cosa dovrei dirti, stronzo?” Dakota si rassegnò e rimase lì, ferma tra la sua presa mentre il buio scendeva su di loro. Il tramonto aveva lasciato spazio alla sera e anche quello spettacolo era magnifico.

“Dimmi che il bacio di ieri sera lo hai aspettato per due anni. Dimmi che avresti voluto me al posto di Regan.” Il suo sorriso la sfiorò lentamente e tutto assunse nuovamente un andamento drastico e doloroso. Noah sapeva bene dei suoi sentimenti, perchè farsi ripetere nuovamente cose che l’avrebbero ferita?

“Vuoi pompare il tuo ego fino a scoppiare Potter? Vuoi sentirti dire cose che già sai per farti credere di essere il nuovo Casanova? Non ho idea di cosa diavolo vuoi da me!” Noah respirò a fondo, puntellò lo sguardo su Dakota e assunse la sua tipica aria seria, tipica aria da Noah Potter che presagiva qualche azione stupida.

“Perchè hai aspettato che mi fidanzassi con Alyson prima di parlare chiaro con me?”
 
“Stai forse dicendo che è solo colpa mia se tu ed Alyson state insieme? Questo è un nuovo modo per scrollarsi le responsabilitá?” Dakota era incredula a quelle accuse.

“No, idiota! Ti sto dicendo che se avessi parlato, avessi messo da parte il tuo carattere di merda da schizzata psicopatica forse…” 

“Forse cosa?” Che situazione confusa... erano tanto vicini da mischiarsi in tutte le loro componenti. Noah non aveva dubbi: conosceva bene Dakota, ma non era stato abbastanza per evitare quella situazione che forse non avrebbe avuto modo di recuperare. Quindi agí di impulso: la baciò. Finalmente sentí il sapore di Dakota ed era esattamente come lo aveva immaginato. Dolce, e le sue labbra incredibilmente morbide. Aveva il profumo piú dolce che avesse mai provato e, il modo in cui lo corrispose, fu travolgente al punto da ritrovarsi a stringerla cosí forte che per un attimo ebbe paura di stritolarla. Ma la risposta successiva non era stata inserita nel programma: si ritrovò una pioggia di schiaffi che lo colpirono dalla testa al volto e allo stomaco.

“Brutto stronzo narcisista pazzo! TI ODIO NOAH.” Più lei lo colpiva e piú lui rideva. Forse l’adrenalina del momento, la felicitá provocata dal bacio non gli permettevano di smettere di ridere. 

“Se non la smetti ti bacio di nuovo” Minacciò dolcemente, mentre continuava a ricevere schiaffi ovunque e tentava invano di pararsi dai colpi. 

“Io ti CRUCIO invece!” Quel bacio Dakota lo aveva aspettato per anni e la realtá non aveva deluso le aspettative. Era stato magico, travolgente. Era stato quello il suo primo bacio e non quello scambiatosi con Regan. Ma non poteva farsi abbindolare come una sciocca per quell’unico momento perfetto. Aveva deciso di andare avanti e sarebbe andata avanti.
Noah la fermò, stringendole le mani e la baciò ancora e ancora, ignorando le urla isteriche che ogni bacio provocava. Si fermò solo quando Dakota liberò le lacrime e lo schiaffeggiò dritto sul volto.

“Non puoi essere così egoista! Perchè adesso? Perche adesso che stavo per dimenticarti?” 

“Perchè non adesso, invece?” Si calmarono entrambi e spensero quel momento di crudeltá e gioco. Si ritrovarono a fissarsi senza alcuna risposta. 

“Noah, no. Non adesso. Se non è accaduto due anni fa, non accadrá nemmeno adesso.” Dakota non aveva spiegazioni ma era giusto così. E poi adesso c’era Regan. Non poteva deluderlo adesso che era nato qualcosa. Non poteva rinvagare sul passato che l’aveva fatta soffrire per abbandonare il presente che si presentava felice. Non avrebbe permesso a Noah di rovinarle tutto. 
Lo scaraventò da parte e si incamminò velocemente lontano da lui che non la fermò, consapevole che farlo non avrebbe risolto nulla. Ma non l’avrebbe lasciata senza prima dirle un’ultima cosa.

“Non sono ritornato con Alyson. E non ho intenzione di perderti un'altra volta. Quindi accetta l’idea che cercherò di rovinare la storia tra te e Regan.” Aveva sfoderato tutto l’egoismo mitigato con il tempo. Dakota lo guardò, non credendo apertamente alle sue parole. Ma ben presto si sarebbe ricreduta.




**




Le tensioni vissute a Hogwarts non tutti riuscivano a percepirle, non essendovi immersi personalmente. Sembrava tutto tranquillo, un giorno come tanti altri: l’aria che profumava di festa per i pochi giorni che separavano gli studenti dalle tante attese feste Natalizie e le lezioni proseguivano come sempre: stancanti e noiose. Ma molti degli studenti di Hogwarts vivevano i giorni diversamente rispetto agli altri. Mya, lontana da Maddy e Kyron, si sentiva del tutto fuori dal mondo. E la presenza, quasi asfissiante, di Matthew le faceva solo ricordare lo spiacevole scontro avuto con Kyron i giorni precedenti. Dakota, dal canto suo, viveva in una situazione strana: un dondolarsi tra la paura di incontrare Noah in atteggiamenti compromettenti, in relazione a ciò che era accaduto tra loro, tenuto segretamente protetto, e la leggerezza che Regan riusciva a regalarle con la sua semplicitá nell’adorarla. Ormai la loro relazione era divenuto di dominio pubblico, facendo zittire molte malelingue e regalando ad Alyson la certezza che la decisione di Noah non era dipesa da lei: un illusione che Dakota non avrebbe spezzato. L’unico che sembrava del tutto calmo e immune da qualunque perturbazione esterna sembrava Drake. Onnipresente nella vita di Mya per assicurarsi che stesse bene, onnipresente nella vita di Kyron che pareva essere mutato, acquistando un aria più cupa, presente anche per Kenny che ormai frequentava assiduamente Violet, sorprendendo tutti e non solo gli amici piú intimi. Onnipresente anche nel tormentare Ameliè, che aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti, adulandolo quasi come un Dio di fronte al Professor Pelois, che piú volte lo aveva trattenuto in classe per essere affiancato in un progetto sperimentale finanziato dal Ministero della Magia. La sua vita, a differenza di quella di molti altri, proseguiva sempre per la via della grandezza e del successo e lui non poteva desiderare di meglio. 
Cosa che non poteva vantare Maddy, che sentiva la mancanza di Mya ogni giorno: dal mattino non augurato con i loro muffin tradizionali, fino alla sera che mancava della tipica e tradizionale conclusione di serata trascorsa nella stanza delle Necessitá al settimo piano. La mancanza della sua migliore amica accanto, però, sembrò però essere stato armortizzata dall’arrivo assiduo dei bigliettini anonimi e dallo scambio di pensieri e parole carine. Non aveva idea di chi fosse il mittente di quelle attenzioni, ma Maddy sembrò ritrovare un amico e un confidente, fidandosi imprudemente di quell’anonimo benefattore che l’aiutava a far passare piu velocemente le sue giornate quasi insostenibili. 
Quella mattina Maddy non avrebbe immaginato però che il volto dell’anonimo gentile decidesse di rivelarsi. Era diretta alla lezione di Rune Antiche con la mente rivolta altrove e non alla sua destinazione quando un fagiano - diverso ogni volta - le planò sulla testa, entrando da una delle finestre tenute aperte, depositando delicatamente ai suoi piedi un semplice foglio di pergamena. Senza doverlo aprire, era già consapevole che quello era un ennesimo messaggio da parte del suo “amico di penna”. Lo sdrotolò e, quando lesse le poche parole scritte, si sentí invadere da una strana eccitazione mista alla delusione di non poter condividere con Mya quel momenoto atteso.

“Oggi all’ora di pranzo incontriamoci nel cortile, accanto alla serra. Ho deciso che non è opportuno nascondersi come un ladro dietro a messaggi fugaci. Abbiamo costruito un rapporto cosí profondo che voglio rivelarmi e non nascondermi piú dietro la maschera della vergogna. Spero che accetterai di incontrarmi” 

Strinse la pergamena al petto, incredula che quel momento fosse finalmente giunto. Era vero: tra lei e l’anonimo mittente si era creato un rapporto profondo, di confessioni e segreti, di risa non condivise a causa del muro di vergogna che lui aveva deciso di imporsi. Ma, nonostante non lo conoscesse fisicamente, avevano dimostrato di possedere un affinitá spirituale. Maddy avrebbe contato i secondi che la dividevano da quell’incontro, non immaginando nulla di disastroso. Anche se non fosse stato Drake a rivelarsi, lei non avrebbe sentito alcuna delusione. Si diresse alla lezione quasi saltellando per la felicitá.


Le ore di lezione sembrarono cementarsi e Maddy sentiva una strana frenesia. Non riusciva a star ferma sulla sedia mentre una lezione dopo l’altra si concludeva e l’ora del pranzo si avvicinava.
Quando scattò l’ultima ora di lezione di quella giornata, Maddy fu la prima a schizzare fuori dall’aula, con il cuore che martellava quasi ostruendole il respiro. Avrebbe conosciuto il suo amico di penna, la persona che per settimane aveva rallegrato le sue giornate, che le avevano consigliato di lasciar perdere Drake Zabini e concentrarsi su altre persone, di non mostrarsi sempre triste, perchè quando sorrideva era uno splendore. Avrebbe conosciuto quell’animo gentile che aveva cercato di capirla e starle accanto. Percorse il Castello quasi correndo, con l’ansia che stava attanagliando ogni fibra del suo essere, con l’eccitazione alle stelle. Quel giorno il sole era piú caldo del solito, esattamente come lei. Pensò a Mya e optò per farglielo conoscere non appena le avrebbe rivelato la sua identitá. Avrebbe messo da parte la rabbia e il rancore. Mya doveva sapere e condividere con lei quella gioia. Percorse il cortile non guardandosi intorno e si avvicinò alla serra che quel giorno, nonostante l’ora, era estremamente affollata. Lui l’avrebbe riconosciuta tra la miriade di studenti, per lo piú Serpeverde, che affollava il luogo? Avrebbe riconosciuto il suo viso? Maddy si guardava intorno, riconoscendo solo volti nemici.
Un istinto improvviso divenne piú forte della speranza. Qualcosa nella sua coscienza, che le fece accendere una lieve consapevolezza, e improvvisamente si sentí confusa. Erano presenti quasi tutti i Serpeverde del settimo e sesto anno e alcuni di loro, vedendola, nascosero risatine melliflue. Non poteva essere, forse la sua insicurezza le stava giocando un brutto scherzo. Maddy respirò a fondo e cercò di ignorarli. Ma gli sguardi divennero insistenti e troppi. Quando Aisha Pucey e Swami Sun si fecero largo tra la folla, Maddy ebbe la certezza che stava per assaporare una realtá amara come il veleno. 

“Guardate chi abbiamo qui” Risa sinistre si levarono tra i presenti e ad aggiungersi fu Tyra Corner, che la guardò con la sua aria di suprema arroganza. 

“Madison Diggory, o meglio... Maddy.” Aisha si posizionò alle sue spalle, come se percepisse l’odore del suo dolore e la voglia di scappare. Maddy stringeva la borsa ripetendosi di non piangere. Mya... aveva bisogno di Mya. 

“Aspettavi qualcuno, Maddy?” Tyra le si avvicinò, sfoderando una serie di pergamene e Maddy prese coscienza della sua stupiditá.

“A volte credo di essere invisibile. Nessuno mi guarda quando passo e se lo fanno vedo solo derisione...”  Citò le parole che lei aveva scritto nell’intimo delle sue confessioni e altre risa si levarono intorno a lei.
Non doveva piangere. Se lo ripetè ancora, mentre le lacrime cercavano di scivolare sul volto. Non l’avrebbe data vinta a quelle Serpi.

“Drake Zabini non guarderebbe mai una come me, anche se a volte immagino che un giorno lui apra gli occhi e si renda conto di me. Desidero tanto che lo faccia, non dovrei parlarne con te ma sento che posso fidarmi. Credo di amarlo, forse da sempre e non riesco a immaginarmi insieme a qualcun altro che non sia lui...” Questa volta fu Aisha a leggere e altre risate melliflue raggiunsere l’animo di Maddy, disintegrandolo del tutto. Questa volta le lacrime ebbero la meglio e lei non trattenne i singhiozzi.

“Se immagino il primo bacio? Sì, e riesco ad immaginarlo solo con lui. Magari a fine partita,  con lui che viene verso di me e davanti a tutti mi bacia” Swami continuò a rivelare crudelmente  ogni pensiero che lei, innocentemente, aveva rivelato al suo amico di penna, che si era presentato come una persona gentile e comprensiva. In realtá dietro le parole dolci c’erano gli intenti malvagi di tre serpi che adesso ridevano a crepapelle umilandola. 

“Sei proprio una stupida ragazzina, Diggory” Tyra sfoderò un altro segreto, e un altro ancora, dando a Maddy altri motivi per piangere e voler sprofondare nella terra. Non riusciva a muoversi, riusciva solo a piangere e sentire le risate su di se, schiacciandola, distruggendo ogni fibra del suo essere. Disintegrandola con l’umiliazione. 

“Che succede qui?” Le risate si spensero e la voce di Drake le giunse alle spalle. Sperò con tutta se stessa che non avesse ascoltato una singola parola e non ebbe il coraggio di voltarsi e farsi trovare in lacrime. Si sentiva piccola e stupida, fragile, tanto da essere stata distrutta da semplici parole.

“Niente, ci divertiamo. Ci sono cose che riguardano anche te, vuoi ascoltare?” Tyra sventolò altre pergamene in direzione di Drake e la reazione fu istintiva. Maddy si avventò contro il suo braccio, cercando di sottrarle i suoi pensieri e le urlò di smetterla tra le lacrime, ma fu scaraventata a terra.

“Guardate: la piccola Diggory sta piangendo! Sei ridicola!” Tyra la derideva con una nota di fastidio nel volto, e non aveva intenzione di smetterla, trovando l’appoggio degli altri. 

“Adesso smettila, Tyra! Se la tua vita è noiosa questo non giustifica il tuo comportamento da troia infida!” Le risa si spensero con l’urlo rabbioso di Drake. Non aveva mai mostrato uno sguardo tanto duro e serio, tanto da stupire la stessa Tyra che incrociò le braccia al petto, infastidita. 

“Da quando sei diventato noioso?” Erano increduli quasi tutti di fronte a quella presa di posizione, anche Meddy che si strinse alla sua mano per rimettersi in piedi. 

“Da quando le persone come te mi fanno scoppiare le palle per quanto siano prevedibili. Occupa il tuo tempo altrove, magari qualcuno qui in mezzo vuole farsi una scopata.”
Si spensero le risa che furono sostituite da sussurri increduli e civettuoli. Anche Aisha e Swami erano ammutolite di fronte al comportamento irrispettoso che Drake stava rivolgendo alla sua ipotetica ragazza. Anche se dopo quell’episodio molti dubitavano di poterli rivedere insieme.

“Cosa c’è Drake, adesso ti metti a fare anche beneficenza?” Maddy non riuscí a reggere lo sguardo derisorio che Tyra le riservò mentre pronunciava quelle parole. 

“In realtá l’ho sempre fatta, portandomi a letto te tutto questo tempo!” Fu la frustrata finale che Drake le riservò, prima di assicurarsi che Madison stesse bene, o almeno avesse smesso di piangere.

“Andiamo” Le strinse le spalle e, ignorando i presenti, si allontanò affiancandola.

"Stai bene?" Era una domanda sciocca, dato che era in piena crisi di pianto. Singhiozzava, cercando di proteggersi il viso e non mostrargli l'effetto ottenuto dalla cattiveria sprigionata dalle tre serpi. Ma Drake sentí il dovere di chiederglielo. Sentiva il dovere di assicurarsi che poteva riprendersi da quella situazione. Madison era come sua sorella: fragile, bisognosa di protezione e lui sentiva il dovere di fornirle un appoggio o una spalla sulla quale aggrapparsi in quelle situazioni. Anche se non era stato mai un portento in quelle cose.
Camminarono in silenzio quasi per cinque minuti, incapaci di pensare cosa dire. Maddy voleva solo sparire e Drake avrebbe preferito  non  ascoltare le cose che aveva sentito metà dormitorio Serpeverde. Si fecero compagnia in silenzio, poi Drake, utilizzando i suoi buon intenti, spezzò la tensione passandole un fazzoletto. 

“E' vero quello che… hai scritto?” Maddy fu presa alla sprovvista e per evitare di rispondere si soffiò il naso, continuando a guardare il pavimento. 

“È stato questo il motivo per cui hai litigato con Mya?” Un’altra domanda a cui avrebbe preferito non rispondere. Così fece, confermando i pensieri di Drake che si sentí immergere in una situazione senza uscita. Madison era simpatica, ma non vedeva oltre il semplice involucro mingherlino e indifeso. Era estremamente fragile e lo manifestava quitidianamente. Riusciva solo a percepirla come una persona da proteggere, ma nulla di piú. Lei era dolce, forse la ragazza piú dolce che avesse mai conosiuto, ma lui era Drake Zabini e non c’era altro da aggiungere. Respirò a fondo, sperando di ricevere qualche consiglio utile dalla sua mente eccelsa. Ma in quel momento governava l’aria e l’imbarazzo.

“Putroppo, sono davvero irresistibile...” Volle tentare di spezzare l’imbarazzo di Madison ma il risultato fu uno sguardo furioso. Non l’aveva mai vista in quello stato e non riuscí a trattenere un sorriso.

“Non guardarmi così, Madison! Sei troppo buffa” Le prese le guance e tentò di farla sorridere, ma i suoi tentativi erano uno piú disastroso dell’altro.
Si grattò il capo in cerca di una soluzione a quel disastro, ma non sapeva come rivolgersi. Madison gli camminava accanto in lacrime e lui non aveva idea di cosa dirle.

“Madison... se fingessimo che io non abbia sentito nulla riguardo al bacio e la partita? Anche perchè non è una cosa che farei… insomma, io passerei subito al dopo bacio. Cioè... non con te, sia chiaro... ma immaginarmi a fare quelle cose romantiche…” Era un disastro con i discorsi, era una certezza che non avrebbe mai confutato. Ma, per quanto si sforzasse, quello fu il massimo che riuscí a dirle. Maddy si irrigidí e si impiantò come una statua al pavimento. La rabbia le salí dalla punta delle dita fino al volto, avvolgendola in un alone di calore e prossima esplosione. Se avesse detto qualcos’altro la sua natura pacata sarebbe stato solo un ricordo.

“Sembri un semaforo. Sei tutta rossa... ho detto qualcosa che non va?” Come poteva essere così stupido? Era reale quell’inconsapevolezza che dimostrava? Era reale quella stupiditá? Maddy fu trafitta dalla rabbia piú acuta e non urlò perchè voleva mantenere la sua integrirá psichica. Così battè il piede sul pavimento, scaricando tutta la tensione e la rabbia, sotterrandola nel pavimento. 

“Sei un IDIOTA!” Fu acuto e stridulo quell’insulto e, senza aggiungere altro, voltò le spalle a Drake e lo piantò lí, senza risposte e senza alcun chiarimento. 




**




Bree ormai era uno spettro, un riflesso di se stessa. Noah aveva cercato in tutti i modi di farla uscire dalla sua stanza chiedendo aiuto anche a Liam, che fingeva ogni volta che la colpa non fosse sua. Bree soffrira nel dover nascondere a suo fratello la veritá sul suo migliore amico. Ingannarlo che il suo era solo stress da studio, che quella privazione fosse di sua spontanea volontá, nascondendogli la veritá. Noah si fidava di Liam, considerandolo l’altra sua parte, l’altrea metá di sè e al quale avrebbe chiesto sempre aiuto. 
Lei non poteva essere la causa di quella separazione e non avrebbe mai detto a Noah, come a nessun altro, quanta oscuritá potesse nascondere. Ormai era rilegata, prigioniera della gelosia, e ciò che era rimasto della loro relazione era la paura, l’umiliazione e lievi attimi di calma apparente in cui Bree riusciva a vedere il vecchio Liam. Quello conosciuto durante l’estate trascorsa in casa Potter. Il dolce Liam che, prima di iniziare la storia con lei, aveva pregato Noah affinchè gli concedesse quella “grazia” data con promessa di prendersi cura di lei. Promessa non mantenuta, all’oscuro di Noah. Ma quel giorno Bree aveva deciso di scardinare le regole che Liam le aveva forzatamante imposto. Era sgaiattolata fuori dal dormitorio, approfittando degli allenamenti della squadra e, attenta a non farsi vedere da amici o conoscenti di Liam, aveva percorso quasi di corsa le scale, diretta all’aula di Astronomia. Quelle fughe erano iniziate da poco e inizialmente le erano sembrate sciocchezze. Ma le ore trascorse lí, pian piano, avevano assunto un altro viso, un altro aspetto, fino a diventare l’unico motivo che la facevano sorridere e dimenticare per un attimo quella sua situazione inverosimile. 
Entrò in aula e chiuse immediatamente la porta, con il terrore di veder giungere Liam. 

“Non è corretto farmi aspattere così a lungo, Potter.” Kenny era seduto ad uno dei banchi a rigirarsi la penna di piuma d’oca tra le dita. Chiunque avesse scoperto di quegli incontri clandestini avrebbe pensato male, inconsapevole che quegli incontri erano innocenti, senza alcun secondo fine, se non distrarre Bree da tutto quell’inferno. Kenny aveva mantenuto la parola di rispettarla e non aveva tentato, nemmeno per un secondo, un approccio malizioso. Era rimasto fedele alla promessa di non invaderla, di smetterla con i suoi approcci aggressivi e restarle accanto come un semplice amico. 

“Scusami, ho dovuto aspettare che Liam andasse agli allenamenti...” Si vergognava di dover ammettere quelle restrizioni, ma Kenny sapeva come non fargliele pesare.

“Non mi interessa, sono qui da cinque minuti e questi calderotti non si mangiano da soli.” Sorrise, sfoderando da sotto il banco una busta stracolma di calderotti pronti per essere consumati. Era una quotidianitá ritrovarsi in quell’aula per semplice studio a mangiare fino al mal di stomaco. Si sentiva una bambina che disobbediva alle cure della madre. E tutto questo era iniziato dopo l’incontro avvenuto in biblioteca. Kenny si era riavvicinato a lei e le aveva proposto un leggero distacco dalla realtá, un piccolo spazio lontano dai disastri. Non le aveva fatto domande invasive, non aveve insistito. Aveva deciso di stare li seduto a mangiare dolci e parlare del piú e del meno.

“Cosi mi vizi! E non entrerò nei jeans il prossimo mese.” Bree gli si sedette accanto e prese un calderotto: i suoi preferiti. Li mangiarono in silenzio, guardandosi masticare e sorridere. 

“Quando mastichi ti vengono occhi a palla!” Kenny mimò il modo di masticare di Bree ricevendo uno schiaffo gentile sul braccio
.
“Ma non è vero! E poi pensa a te, che sembri uno che non mangia da settimane” Si finse offesa ma il sorriso la tradí.

“Ma smettila! Io sono meravoglioso anche quando mangio. Irresistibile come questi calderotti.” Ne addentò uno voracemente facendola sorridere. Quando si trovava con lui, Bree dimenticava per un attimo l’errore che stava accettando, la paura di non riuscire a lasciar andare quella situazione spiacevole che le stava risucchiando l’anima come la pelle dalle ossa. Era scheletrica e fragile, ma quando interveniva Kenny riacquistava forza. Averlo come amico l’aveva salvata dalla sua fine e aveva fatto rinascere la speranza che Liam sarebbe ritornato quello di un tempo.

“Certo. Se continui a mangiarli diventerei esattamente un calderotto” Il tempo a loro disposizione era limitato e Bree glielo fece notare prendendo i libri di “incantesimi”, materia che Kenny avrebbe sempre faticato a comprendere. 

“Dobbiamo gia studiare? Questo libro mi deprime solo a guardarlo” Kenny fece aderire il volto con la superfice fredda del banco, rifiutandosi di guardare l’enorme tomo che Bree aprí e sfogliò.

“Tu hai chiesto il mio aiuto, quindi adesso con buona volontá cerchi di far entrare in quella testa quadra piú informazioni possibili. Su, alza questa testa!” Bree lo afferró per il bavero della camicia e lo rimise in ordine. Era divertente quando tentava in tutti i modi, anche i piú ridicoli, di farle passare il tempo non tenendola segregata in camera. Poteva chiedere aiuto a chiunque, come ad esempio Violet, che si era prestata dispnibile. Ma lui aveva deciso di chiedere aiuto a lei proprio per farle riprendere il respiro, e lei fingeva di non saperlo, anche se era evidente dato che essendo di anni differenti studiavano argomenti diversi. La banale scusa usata da Kenny era stata pessima. Dirle di studiare insieme così che in dubbio lei avrebbe potuto aiutarlo non era stata credibile, ma apprezzava tutto ciò che stava facendo.

“Aspetta…” Aveva promesso la massima distanza, ma fu istintivo pulirle l’angolo delle labbra leggermente sporche per i calderotti. Non pensò alla violazione dell’accordo e per fortuna non ebbe nessuna reazione sgradevole da parte di Bree, cosa che lo rincuorò fortemente; non l’avrebbe vista scappare in lacrime. Bree rimase ferma al suo posto, nascondendo l’imbarazzo che quell’impercettibile gesto le aveva causato. Lo ringraziò per ritornare al punto prima dell’interruzione. Finse di non aver sentito la scarica di leggera adrenalina risucchiarle lo stomaco. Finse l’indifferenza totale, mentre tentava di far capire a Kenny un incantesimo abbastanza complicato che aveva imparato, pronta per quella lezione di recupero clandestina. Parlava ma la sua mente era rimasta a quel gesto e una piccola parte di lei sperò che quei momenti potessero continuare ancora a lungo. Kenny forse non se ne rendeva conto, ma l’aveva salvata.




**




Maddy aveva faticato molto per chiedere scusa a Mya, ma tutto era avvenuto in modo così naturale che, quando Mya se la ritrovò in camera, non ebbe bisogno di mantenere il punto della questione. La portò nella stanza delle Necessitá e lì lasciò che parlasse e piangesse, lasció che tutto il dolore causato non solo dalle tre serpi ma anche da Drake scivolasse via con le lacrime. E, quando le chiese scusa, Mya le sorrise dolcemente. 

“Forse un giorno la fortuna girerá anche dalla nostra parte...” La meraviglia di quella stanza era che potevano essere ovunque, bastava solo desiderarlo. Quella sera decisero di addormentarsi sotto le stelle. Mya aveva raccontato a Maddy quello che era accaduto in infermeria e come era mutato tutto da allora. Non pianse ma non negò la presenza di dolore.

“Quando chiedo ai miei genitori com’era la loro vita a Hogwarts, loro mi rispondo sempre che adoravano questo posto. Mi chiedo cosa hanno sbagliato con me...” Maddy guardava le stelle e quella domanda, detta a voce alta, fece sorridere entrambe.

“Mio padre era come Drake. Mamma lo dice sempre... eppure lei è riuscito a cambiarlo” Mya finse di prendere una stella, tentativo invano, in quanto erano finte e pura riproduzione di un loro desiderio.

“Mio padre era Capitano della squadra, Prefetto e Campione del Tornero Tremaghi. Il gene Diggory non mi ha sfiorato minimante.” L’ironia era l’unica arma per contrastare gli spiacevoli eventi capitati quel giorno, nonostante molte volte Maddy avesse sentito la sofferenza di non incarnare alla perfezione il talento di suo padre, oppure la bellezza della madre.

“Mia madre fece innamorare mio padre nel giro di un giorno, mentre io non riuscirei a far innamorare Kyron nemmeno se ci chiudessero insieme in una stanza per dieci anni e gli farei bere l’amortentia. Ammettiamolo, Maddy, siamo delle perdenti!” Si guardarono e inevitabilmente scoppiarono a ridere, deridendosi, deridendo la loro disastrosa situazione.

“Tuo fratello Drake ha detto che con me non farebbe nemmeno l’amore... E detto da lui, che farebbe sesso anche con la McGranitt, mi fa capire quante possibilitá ho.” Risero ancora, con le lacrime agli occhi. 

“Siamo peggio di Mirtilla Malcontenta, e lei è morta!” Si piegarono in due, ormai rimaste solo con quella dose di autoironia come unica fonte di sopravvivenza a quelle veritá inconfutabili.

“Almeno non sono sola! Ho te.” Maddy si asciugò le lacrime di ilaritá e sorrise a quella costatazione.

“Non è un granchè di cosa, ma almeno anche io ho te.” Fecero apparire due flûte colmi di burrobirra e, sotto le stelle, brindarono alla loro sfortuna e al loro cuore spezzato. 


 


Angolo autore:
Ragazze! Dopo tanti mesi sono ritornata. Ricordate che avevo promesso che sarei stata piú presente? Be', mi sbagliavo. Non ho nemmeno concluso il mio percorso universitario che ne ho subito iniziato un altro e quindi sono messa peggio di prima. Però questo non mi ha impedito di ritagliarmi qualche oretta e scrivere il nono capitolo. Spero che non mi abbiate abbandonato e che il mio rientro venga accolto con gioia! 
Questo capitolo come potete notare fa parte della collezione “disastri”. Non riesco a scrivere un capitolo in cui questi poveri personaggi  trascorrono una giornata qualunque, da semplici studentelli! Ma spero e mi auguro di non avervi deluso! Non so quando scriverò il prossimo capitolo... Ho già elaborato tutto, devo solo trovare il tempo per scriverlo, quindi mi perdonerete se non aggiorno quotidianamente!
Alla prossima, sperando il più presto possibile! Un bacio 
Medy <3

  
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