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Autore: Supreme Yameta    30/01/2016    2 recensioni
Il mondo è in subbuglio dopo avere appreso della distruzione del villaggio della Foglia e di quello della Pioggia. Akatsuki è diventata una seria minaccia per tutti ed è giunto il momento che i leader delle cinque grandi potenze militari ninja si riuniscano per decidere le nuove mosse.
Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Kakashi Hatake e Madara Uchiha saranno i principali attori degli stravolgimenti che passeranno alla storia. Il mondo ninja sarà pronto per loro?
Genere: Azione, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Asuma/Kurenai, Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Naruto Shippuuden
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Salve a tutti.

Direi che nello scorso capitolo ne sono successe di cotte e di crude, ma finalmente il tanto odiato Danzo è arrivato alla fine della corsa, quindi sapete benissimo che cosa accade, quando nella mia storia un personaggio sta per tirare le cuoia: flashback!!

Vi chiedo scusa per la pessima qualità di scrittura nello scorso capitolo, fra la mia poca attenzione e il tempo in scadenza, direi che ho combinato proprio un pasticcio che tenterò di correggere il prima possibile. Detto questo, vi lascio alla lettura.



 

«Non mi prendi!»

La voce di un bambino che correva con tutte le sue forze verso la cima di un’irta collina.

Qualcuno lo seguiva a pari passo.

«Questo lo dici tu, Hiruzen! Ora ti supero!»

La voce di un altro bambino che lo seguiva nel tentativo di superarlo nella corsa.

Era veramente bello passare le giornate fra le immense foreste che circondavano il villaggio della Foglia, godere dell’aria fresca e dell’acqua che sgorgava dai molti ruscelli che entrambi superavano nella corsa, una splendida sensazione che rendeva molto piacevole quel pomeriggio.

Hiruzen continuava a tenere il passo, scattando come un grillo da un punto all’altro verso la montagna più alta della zona, quella da cui era possibile osservare il piccolo insediamento dei ninja.

Danzo tentava in tutti i modi di non fermarsi, sebbene stesse per esaurire il fiato; ogni fibra del suo corpo si rifiutava di perdere contro il suo rivale.

«Fermati!» urlò Danzo.

Hiruzen non lo stette a sentire e continuò a correre.

Entrambi i bambini continuarono a correre incessantemente, fino ad arrivare alla cima della collina nella quale si poteva vedere in lontananza la grande montagna in cui venivano svolti i lavori per la costruzione del viso del capo villaggio. Arrivati in cima, Hiruzen cadde al suolo, stanco per l’immane corsa e bagnato da tanto sudore.

Danzo lo raggiunse qualche attimo dopo.

Hiruzen si voltò verso di lui con un sorriso sornione.

«Ho vinto io!» dichiarò vittorioso.

Danzo digrignò i denti; anche quella volta era stato battuto da quell’enigmatico bambino, ma non avrebbe mai ammesso la sconfitta, per nessuna ragione al mondo.

«Hai solo avuto fortuna! Io avevo un sassolino nei sandali, per questo andavo lento!»

Era una bugia, ma per Danzo era più importante il suo orgoglio che la sua onestà; tutto per contrastare la bravura di Hiruzen; dopotutto, non ci voleva una mente geniale per gabbare l’ingenuo amico.

«Dici davvero? - domandò il ragazzino sorpreso. Allora questo non vale! Ti devo battere onestamente! Facciamo un’altra corsa per tornare al villaggio!»

Danzo deglutì, non sarebbe stato capace di contrastare Hiruzen per quell’ennesima volta, perché era troppo stanco, così ne escogitò un’altra delle sue per salvare la faccia.

«Ora non mi va! Mi mangio gli onigiri al tonno che ha fatto la mia mamma!» dichiarò Danzo.

Il bambino estrasse dalla giacca un involucro di foglie, nel quale erano contenute due deliziose e semplici palle di riso ripiene di tonno secco e uvetta, il suo snack preferito.

Danzo agguantò  una delle polpette e ne assestò un poderoso morso.

Hiruzen lo osservò, mostrando i segni di essere tremendamente affamato.

Danzo se ne accorse e arrestò subito la sua merenda.

«Che hai da guardare? Mangia i tuoi!»

«Ecco, io non ho portato nulla...» replicò Hiruzen con imbarazzo.

«Non è un mio problema! Questi sono miei!» sbottò Danzo.

Il bambino si spostò di scatto nella direzione opposta, dando le spalle all’amico, così da potere mangiare senza venire disturbato dai continui rumori prodotti da Hiruzen con la bocca. Dopo avere dato l’ennessimo morso all’onigiri, però, a Danzo venne automatico porgere la sua porzione extra all’altro bambino, il quale esultò dalla gioia; tutto pur di non starlo più a sentire.

«Tieni qua! Ora smettila di assillarmi!»

Hiruzen si illuminò dalla gioia, afferrò la polpetta di riso e si sedette accanto a Danzo, così da potere consumare il pasto in compagnia dell’amico.

«Sei veramente una brava persona, Danzo. Ti ringrazio!» disse Hiruzen.

A Danzo venne da ridere, perché gli era stato sempre insegnato dal padre a non fidarsi degli sconosciuti, specie se fossero gentili nei propri confronti; era certamente una trappola.

«Tu pensi che io sia una brava persona? E se per caso avessi messo del veleno in quella polpetta per poi dartela?» disse Danzo.

Hiruzen aveva già divorato parte della polpetta di riso, per tanto la considerazione appena fatta da Danzo era pressoché irrilevante.

«Che vuoi dire? Perché dovresti fare una cosa del genere a un tuo amico?» domandò Hiruzen con innocenza.

Danzo sospirò, amareggiato per quel bambino così esuberante che molto spesso non riusciva ad afferrare.

«Lascia perdere. - sbottò Danzo. E’ chiaro che pensare queste cose non è da te..»

«Sciocchezze! - sbottò Hiruzen. Una buona persona resta sempre una buona persona e tu per me lo sei.»

Danzo rimase abbastanza sorpreso da quella dichiarazione, ma non avrebbe mai ammesso che quello fosse il riconoscimento più importante che si avrebbe mai ricevuto dal suo più grande rivale. Ben presto, però, mano a mano che entrambi i bambini entravano in contatto con il mondo degli shinobi, la profonda amicizia di Danzo e Hiruzen avrebbe cominciato a incrinarsi, lasciandosi soppiantare dalla rivalità fra i due e nel disprezzo covato da Danzo per essere sempre l’eterno perdente.

Un episodio molto significante avvenne qualche anno dopo, quando Danzo e Hiruzen frequentavano l’accademia ninja assieme ad altri giovani promesse.

Quel giorno tutti gli studenti erano stati raccolti nel cortile dell’accademia, per accogliere la visita di un membro di alto grado del governo del villaggio, il temibile capo degli Uchiha, Madara.

Danzo rimase molto colpito dalla figura di quell’uomo così autoritario ed enigmatico. Danzo sognava di diventare un giorno proprio come lui, ovvero un uomo con una forza tale da garantirgli il rispetto degli amici e il timore dei nemici.

Essendo animato da quella determinazione, Danzo si era convinto che doveva fare del suo meglio nella prova del lancio degli shuriken di quel giorno, perché Madara era lì per esaminare le doti dei futuri ninja che avrebbero fatto parte delle schiere dell’esercito dei ninja del fuoco.

«Shimura Danzo.» lo chiamò l’istruttore.

Danzo si fece avanti, tentando di mascherare la grande emozione nel vedere un uomo così potente vicino a lui, per questo si concentrò sul bersaglio da colpire, raccolse gli shuriken nella sacca per terra e si mise in posizione.

Qualche istante per prendere la concentrazione e poi il lancio di cinque shuriken di fila in direzione del bersaglio. Tuttavia, quando Danzo dovette lanciare l’ultimo shuriken, la sua attenzione vacillò al solo pensiero di sfidare Hiruzen in tale pratica e ciò lo portò a mancare il bersaglio, operando un lavoro per i tre quarti completo.

Un fallimento.

Che enorme vergogna.

Danzo era furente, era stata tutta colpa di Hiruzen se aveva fallito.

«Maledizione!»

Mentre Danzo tornava al suo posto, non poté fare a meno di udire Madara che discuteva assieme al capo dell’accademia.

«Non male il figlioletto di Ranzo.»

«Lo può proprio dire, mio signore. - replicò l’altro. Danzo è veramente un ottimo elemento e ha molti voti alti, sono certo che sarà un ottimo shinobi.»

«Sarà… - replicò Madara vago. Però pecca ancora di determinazione.»

Dopodiché, Madara si guardò attorno, scrutando con attenzione il bambino del clan Shimura e la sua relazione distaccata con i suoi compagni di squadra.

«Comunque, a chi tocca adesso?» domandò Madara.

Danzo era veramente a terra. L’uomo che ammirava lo giudicava privo di determinazione, per tanto quel fallimento era ancora più pesante da sopportare che Danzo era certo che non sarebbe potuta andare peggio; aveva un enorme torto.

Dopo il turno di Danzo, venne il momento per Hiruzen di mostrare le sue abilità al grande Madara Uchiha.

Danzo aveva fatto di tutto per avvicinarsi al grande uomo per udire quello che diceva degli studenti, così ebbe l’occasione di cogliere quanto detto sul suo grande rivale.

«Lui sarebbe?» domandò Madara al direttore.

«Sarutobi Hiruzen, il figlio del nobile Sasuke Sarutobi.» aveva risposto l’interlocutore.

Al solo sentire quel nome, il volto di Madara si era illuminato di un fascinoso interesse nei confronti di quel bambino.

«Molto interessante. Vediamo se è più bravo del figlio di Ranzo.»

Hiruzen dimostrò proprio quello che Madara aveva appena ipotizzato, ovvero di riuscire ad assestare una lunga serie di lancio dello shuriken, senza commettere il benché minimo errore.

Applausi da parte di tutti i compagni di scuola e degli istruttori per quella bellissima figura. Hiruzen era al massimo della gioia per essere riuscito in quella impresa, invece Danzo era totalmente spiazzato per essere stato battuto ancora una volta del suo rivale.

Hiruzen era stato elogiato persino dal grande Madara Uchiha.

«Affascinante! Il ragazzino è veramente bravo. Se continua così, sarei molto felice di renderlo un mio discepolo.»

Danzo era furente. Hiruzen lo aveva battuto e lo aveva anche messo in ridocolo, conquistando il rispetto e l’ammirazione di tutti. Da quel momento in poi, per Hiruzen sarebbe stato un crescendo di persone e di amici che si fidavano al primo impatto di lui; se c’era un problema, tutti chiedevano aiuto a Hiruzen.

Danzo era la seconda scelta oppure non lo era affatto, perché la gente voleva solo l’aiuto di una persona affidabile come Hiruzen Sarutobi.

Avendo raggiunto quella consapevolezza, Danzo si mise a lavoro, si allenò allo sfinimento, arrivando persino a prendersi una polmonite, pur di diventare più bravo e raggiungere il livello di Hiruzen. Niente poté fermare Danzo dal raggiungere il suo obiettivo, ovvero battere Hiruzen una volta per tutte, marcando la sua immensa superiorità; questa determinazione aveva portato Danzo a raggiungere il rango di chunin molto prima di Hiruzen: una grande fonte di orgoglio.

Nella fase dell’adolescenza, Danzo scoprì che Hiruzen non lo avrebbe battuto solamente in campo ninja, ma anche in questioni di cuore.

Lui era cresciuto assieme a molti amici e, sebbene il suo carattere molto freddo, era riuscito a conservare delle amicizie con pochi amici su cui poteva contare. Fra questi, c’era una sua amica d’infanzia che aveva un posto speciale nel suo cuore, perché ne era innamorato; il nome di quella bambina era Biwako.

Ormai Danzo era un quindicenne e uno shinobi affermato, in perenne lotta con Hiruzen per conquistare il primato del ninja più forte, sebbene si trattasse di una lotta eterna, poiché entrambi erano essenzialmente al medesimo livello di forza. Anche Biwako era cresciuta e si era trasformata in una splendida ragazza dai lunghi capelli color pece e gli occhi color castagna; ogni volta che Danzo la vedeva, provava un sussulto al cuore che mai nessun’altra donna avrebbe provocato in vita sua.

Quel giorno, Danzo si era deciso a dichiarare i suoi sentimenti a Biwako, le avrebbe offerto un mazzo di fiori che aveva preso con cura per l’occasione, dopodiché l’avrebbe portata a mangiare qualcosa; sarebbe stato bello iniziare un rapporto del genere con una persona che aveva amato fin da piccoli e Danzo non sarebbe potuto essere più felice.

Mentre Danzo aspettava Biwako al punto d’incontro, batteva nervosamente la punta dei suoi sandali al suolo e si preparava mentalmente per il discorso che avrebbe fatto. Il ragazzo sperava solo che sarebbe stato capace di manifestare i suoi sentimenti, senza lasciarsi sopraffare dall’imbarazzo; per Biwako ci sarebbe riuscito, perché la posta in gioco era veramente alta.

«Ciao, Danzo!» disse Biwako con la sua voce squillante.

La ragazza corse verso l’amico, implorando il suo perdono per essere arrivata in ritardo.

Danzo le sorrise; si stava sciogliendo come neve al sole.

«Non preoccuparti, ero qui da poco.»

Era lì che l’aspettava da più di un’ora, ma questo non aveva la minima importanza.

La ragazza gli sorrise, era chiaro che fosse al settimo cielo per qualcosa che le era capitato e non riusciva più a trattenere la gioia.

«Beh, ma che cosa ti è successo?» le chiese Danzo.

Il viso della ragazza si illuminò; era veramente felice.

«Ti devo dare una bellissima notizia!» annunciò Biwako.

«Davvero? Sono tutto orecchi!» disse Danzo.

Che stesse per dichiarare il suo amore nei suoi confronti?

«Io e Hiruzen ci siamo messi insieme! - dichiarò Biwako. Non è fantastico?!»

Non lo era affatto.

In quel momento, Biwako aveva strappato il cuore di Danzo dal suo petto, lo avrebbe calpestato con la malvagità più pura i suoi sentimenti, dopodiché si era buttata fra le braccia di Hiruzen e lo avrebbero deriso.

Danzo non sapeva proprio che cosa dire, era rimasto troppo devastato.

Biwako si accorse dello strano silenzio dell’amico e se ne preoccupò.

«Stai bene, Danzo?» chiese lei.

Danzo si riprese immediatamente dal suo dolore; era stato battuto anche quella volta da quel maledetto di Hiruzen, ma come sempre, Danzo non avrebbe mai accennato ad ammettere la sconfitta: il suo orgoglio era a pezzi, ma era ancora lì.

«Oh, ehm… - mugugnò Danzo. Con-Congratulazioni...»

Biwako lo conosceva bene, per tanto si era resa subito conto che Danzo non fosse per nulla contento.

«Perché fai così, Danzo? E’ per via di Hiruzen? - domandò la ragazza. So’ bene che lui non ti piace, ma ti assicuro che Hiruzen è una persona molto gentile e premurosa, è forte e valoroso. E’ veramente straordinario.»

Danzo avrebbe voluto tapparle la bocca, perché non voleva più sentire parlare di Hiruzen. La gente parlava solo di lui e di quanto fosse bravo, invece di lui non parlava mai nessuno, proprio perché Hiruzen rubava continuamente la scena; adesso, quest’ultimo era persino a occupare un posto speciale nel cuore della ragazza che lui amava.

«Non c’è bisogno che tu me lo dica, so benissimo chi sia Hiruzen. - replicò Danzo. Solo fammi sapere se ti tratta male, così lo prendo a calci in culo.»

Danzo si sforzò di sorridere, lo stava facendo per Biwako, ma soprattutto per sé stesso, perché non voleva mostrarsi debole e non riusciva a vedere alcuna speranza futura senza Biwako, specie in quei tempi di guerra.

Biwako non era per nulla convinta delle dichiarazioni dell’amico e stava per investigare ulteriolmente sul suo stato d’animo così freddo, quando Hiruzen era appena sbucato dal nulla per abbracciare la ragazza.

«Ciao, tesoruccio!»

La ragazza si lasciò avvolgere dalle forti braccia del suo amato.

«Dai, Hiruzen! Così mi fai arrossire!»

In tutto questo, Danzo si era appena reso conto che il suo cuore devastato dal rifiuto lo avrebbe portato a breve a volere uccidere seriamente Hiruzen e mandare tutto al diavolo.

A quel punto, Danzo si voltò nella direzione opposta e si apprestò a buttare il mazzo di fiori che aveva comprato.

Biwako notò immediatamente quel dettaglio e qualcosa iniziò a frullarle per la mente.

«E quei fiori?» domandò la ragazza.

Danzo allora si bloccò, non poteva buttarli via, altrimenti Biwako avrebbe compreso quali fossero le sue vere intenzioni.

«Dovevo andare a trovare la lapide dei miei genitori, niente di che. - spiegò Danzo. Ora ho altro da fare, ci vediamo.»

Biwako conosceva Danzo come le sue tasche, sapeva che stava mentendo e in quel momento si era anche resa conto che Danzo fosse innamorato di lei.

«Aspetta, Danzo! Non avevano un appuntamento?» lo richiamò la ragazza.

«Infatti, Danzo. Unisciti a noi!» lo invitò Hiruzen sorridente.

Meglio la morte. Ormai non gli importava più nulla di loro.

«Ho altre faccende importanti da fare. Sono cose di cui mi sono appena ricordato di fare.» rispose Danzo secco.

Un tono che non ammise repliche e se ne andò via, lasciando i due fidanzati nella loro felicità e nella vita che avrebbero costruito assieme; a lui era rimasta solo la delusione più assoluta e l’oscurità più totale.

Animato da quel grande dolore, Danzo si era focalizzato ancora di più nell’ampliamento delle sue doti ninja nella recente guerra mondiale, partecipando a numerose missioni molto pericolose, sia con la sua squadra che da solo, rischiando la vita innumerevoli volte.

Una volta era riuscito persino a sopravvivere a una pericolosa missione, in cui la Foglia era stata decimata dagli spadaccini della Nebbia. Nonostante ciò, Danzo era riuscito a scampare dalla morte, trasportando alle sue spalle l’amico Torifu Akimichi e l’amico Kagami Uchiha, superando una lunga pila di cadaveri dei propri compagni. Danzo era poi giunto alle porte del villaggio con gli amici e aveva perso i sensi all’entrata.

Quando Danzo riprese coscienza, si era ritrovato in ospedale con un dolore lancinante in tutto il corpo. Al suo capezzale vi erano gli amici che aveva tirato con la forza via dalla morte, la squadra di Hiruzen e quella di Biwako.

Quando Danzo aprì gli occhi, trovò alquanto fastidioso che la prima persona a identificare fosse proprio Hiruzen.

«Guardate! Si è svegliato!» comunicò Kagami.

«Danzo! Come stai, amico mio?!!» tuonò Hiruzen, correndo al suo capezzale.

Biwako tirò indietro l’amato, in modo da lasciare a Danzo lo spazio per respirare in tranquillità.

«Scusalo, Danzo. Come ti senti?» domandò la ragazza in seguito.

La ragazza era veramente preoccupata per le sue condizioni, ma sembrò proprio che a Danzo non importasse del suo stato d’animo, nonostante la amasse ancora.

«Sto bene. Kagami e Torifu come stanno?» disse Danzo.

I due compagni di squadra si manifestarono all’amico, ammaccati, ma ancora vivi ed eternamente grati verso colui che aveva salvato loro la pelle da quell’inferno.

«Siamo qui, amico.» risposero di due.

Quella era stata l’unica volta in cui Danzo si era reso conto che i suoi amici lo amavano molto e si era sentito accettato e riconosciuto da tutti, persino da Hiruzen.

«Sei stato veramente un grande Danzo, non avrei mai immaginato che tu potessi fare una cosa del genere, Ti ammiro molto.» si complimentò Homura con lui.

Hiruzen si mise a sghignazzare.

«Io ve lo avevo detto che Danzo era una brava persona e finalmente anche voi lo avete capito.»

Biwako si asciugò delle lacrime e passò una carezza sulla fronte del ferito.

«E’ vero che sei stato grande, ma non dovresti correre tutti questi rischi. La tua vita non è qualcosa da prendere alla leggera, quindi fa più attenzione.»

Danzo ebbe un sussulto, gli fece molto piacere che Biwako si preoccupasse per lui, ma nonostante ciò, egli sapeva bene che non avrebbe mai potuto avere il suo amore; lei era felice con Hiruzen.

Per questa ragione, Danzo doveva rinforzare il suo cuore per evitare di soffrire, anche a costo di farsi odiare da Biwako.

«E’ la vita degli shinobi, non posso cambiare il mio destino.» replicò Danzo stoico.

Prima che Biwako potesse obiettare per quella risposta veramente piatta, Hiruzen si frappose con lei e con la sua esuberanza si rivolse all’amico.

«Lasciamo perdere tutto questo! Riprenditi subito, perché ti voglio sfidare il prima possibile! Io non voglio perdere contro di te!»

Quelle parole valevano più di tutto l’oro del mondo per Danzo, perché significava che finalmente Hiruzen lo avesse finalmente riconosciuto come un degno rivale dalla considerevole forza, ovvero uno shinobi che poteva batterlo seriamente.

Danzo non poteva essere più felice.

Dopo quell’avvenimento, Danzo era stato notato dalle alte sfere del villaggio e un giorno era stato convocato dal Secondo Hokage, il quale lo aveva convocato nel suo ufficio in un tenebroso pomeriggio di novembre.

«Oh, Danzo. Accomodati.» lo accolse l’Hokage.

Danzo entrò nell’ufficio e si mise sull’attenti in direzione dell’Hokage.

«Ho saputo che tu e Saru avete combinato un bel poco di trambusto la scorsa settimana. Immagino però che tu sia capace di tenere un comportamento molto più contenuto, invece di divincolarti come una scimmia pazza come il tuo amico Saru.»

Danzo impallidì, desiderando con ardore di sprofondare nelle viscere della terra per aveva fatt ua così magra figura con il rispettabilissimo Hokage.

«Sì, certo signore.» rispose Danzo titubante.

L’enigmatico Hokage sorrise al ragazzo, dopodiché si era alzato e si era messo a osservare il villaggio dalle vetrate del suo studio.

«Sai perché ti ho convocato?» chiese l’uomo.

«Lei vuole me per agire nelle questioni più oscure e me lo chiede, perché Sarutobi invece fa tutto alla luce del sole.» rispose Danzo.

L’Hokage sorrise per quell’affermazione, dopodiché si voltò verso il giovane shinobi e proseguì nella sua indagine.

«Mi hanno raccontato della tua prodezza nella battaglia contro il villaggio della Nebbia, hai salvato i tuoi compagni da morte certa e sei tornato al villaggio con un gran numero di ferite. Davvero una prodezza ammirevole, degna di un grande ninja del clan Shimura.»

Danzo era colmo di orgoglio, finalmente tutti quanti riconoscevano le sue doti di grande shinobi.

«La ringrazio, mio signore.» disse Danzo.

«Voglio farti una domanda adesso...» dichiarò l’Hokage tutto a un fiato.

Danzo annuì, era veramente curioso di sapere che cosa volesse da lui l’Hokage.

«Perché hai salvato i tuoi compagni? Pretendo una risposta sincera e completa.» domandò l’Hokage.

Danzo rimase sorpreso da quella domanda e, senza dare molto peso al ragionamento, decise di rispondere al suo interlocutore in tutta rapidità, così da dare una risposta di getto, una motivazione che incarnava realmente il suo pensiero.

«Perché Torifu e Kagami sono dei validi elementi e perderli avrebbe drasticamente sfoltito le nostre truppe. Il villaggio ha bisogno di individui del genere per vincere la guerra.»

L’Hokage emise una strana smorfia, dopo avere udito tale risposta, poi proseguì nel suo ragionamento.

«Quindi non lo hai fatto per i tuoi compagni, ma per il bene del villaggio. - ne dedusse l’Hokage. E’ questa la tua sincera risposta?»

Danzo annuì. Torifu e Kagami erano dei buoni amici, ma essendo shinobi, il loro compito era quello di proteggersi a vicenda nelle missioni, senza compromettere la sicurezza del villaggio.

«Quindi che cos’è più importante per te? La vita umana o il villaggio?» domandò l’Hokage.

«Io penso che la chiave di tutto sia il villaggio della Foglia. Bisogna proteggerlo con tutti i mezzi possibili e i suoi shinobi si devono sacrificare per esso. Fa parte dei loro doveri.»

L’Hokage tornò a sedersi nella sua poltrona, dando segno al ragazzo di essere soddisfatto da quello che aveva udito.

«Sei proprio l’opposto di Saru, ma sei ugualmente determinato quanto lui? - domandò Tobirama retorico. Dimmi, quale sarebbe il tuo obiettivo attuale? Vorresti diventare il Terzo Hokage?»

Danzo rimase spiazzato ancora una volta da quelle dichiarazioni. Quella era stata la prima volta che aveva iniziato a considerare quanto forte potesse essere la sua sete di potere, diventando il nuovo Hokage. Qualora Danzo ci fosse riuscito, era certo che tutti avrebbero riconosciuto il suo valore e che lo avrebbero considerato per sempre migliore del suo rivale, Hiruzen.

«Sarebbe un onore.» dichiarò Danzo.

Tobirama Senju studiò per bene l’apparenza del giovane shinobi, dopodiché portò lo sguardo su una risma di fogli che contenevano alcuni dati sul trattato di pace che aveva intenzione di stipulare con il villaggio della Nuvola.

«Tu e Saru fate parte della nuova generazione. - proruppe l’Hokage. Ho dato un’occhiata ai vostri fascicoli e ne sono rimasto molto colpito. Danzo Shimura, Torifu Akichimi, Kagami Uchiha, Hiruzen Sarutobi, Homura Mitokado e Koharu Utatane. Ho preso la decisione che studierò te e i tuoi compagni molto a fondo e sceglierò il mio successore fra di voi.»

Danzo rizzò i capelli, ansioso. Fra quei sei nomi ci sarebbe stato il nuovo leader del villaggio della Foglia, la figura più importante che avrebbe deciso la politica futura di tutta la loro gente. In quel momento, Danzo si convinse che avrebbe fatto qualunque cosa per riuscire a surclassare i suoi avversari, soprattutto, non avrebbe permesso in nessun modo a Hiruzen di diventare Hokage; non lo avrebbe mai accettato.

Mentre Danzo rifletteva con accuratezza su quello da fare per raggiungere i suoi scopi, l’Hokage aveva completato la stesura di sei piccoli rotoli che poggiò di fronte al giovane shinobi.

«Gradirei che consegnassi questi messaggi a coloro che ho nominato in precedenza. Voi sei farete parte della mia scorta in occasione del mio viaggio nel paese del fulmine. La prossima settimana ci sarà un importante incontro diplomatico fra me e il Secondo Raikage per parlare di una possibile pace.»

Danzo raccolse con cura le sei pergamene e le conservò, dopodiché rimase ritto e in silenzio ad attendere gli ordini successivi del suo superiore.

«Puoi andare.» lo congedò l’Hokage.

Danzo si preparò al massimo per quell’importante missione e avrebbe fatto qualunque cosa pur di soggiogare i suoi avversari per la carica di Hokage, continuando a seguire con attenzione i movimenti dell’Hokage, durante il viaggio verso il villaggio della Nuvola.

Tuttavia, durante l’incontro fra i due capi di stato, qualcosa andò storto per colpa di due pericolosi shinobi che avevano tradito il villaggio della Nuvola e si erano ribellati a quella pace stipulata con un’odiatissimo nemico.

I ninja della Foglia erano usciti dalla sala delle conferenze in tutta fretta, cercando di proteggere l’Hokage con tutte le loro forze dai ninja rivoltosi.

«Come state, maestro?» aveva chiesto Hiruzen all’Hokage.

L’Hokage emise una smorfia, perché non era rimasto affatto soddisfatto, a causa di quello che era successo ed era convinto che il Raikage non fosse stato capace di mantenere l’ordine fra i suoi ranghi, per questo era stato ucciso dai ribelli, i quali avevano anche tentato di uccidere anche lui, ma invano.

«Per chi mi hai preso, Saru? - sbottò Tobirama. Muoviamoci adesso, prima che l’intero villaggio si ribalti contro di noi!»

Mentre i ninja della Foglia correvano verso l’uscita del villaggio, i ninja che avevano partecipato alla congiura li stavano inseguendo. A capo di tutti loro vi erano due pericolosi fratelli che avevano combattuto contro la volpe a nove code, ottenendo un potere devastante che li rendeva avversari molto pericolosi.

I due fratelli, Kinkaku e Ginkaku, erano due creature che avevano rinunciato alla propria umanità per divenire dei pericolosi demoni senza pietà. Essi non avrebbero avuto nessuna pietà, nemmeno per gli innocenti del loro stesso villaggio, i quali, a quell’ora, inondavano le strade del villaggio.

Era necessario evitare a tutti i costi un massacro o la colpa di tutto sarebbe caduta interamente alla Foglia.

«Ci sono i fratelli Kinkaku e Ginkaku! Scappate!» tuonò Torifu.

«Correte, ragazzi! Siamo quasi arrivati all’uscita.» dichiarò Koharu.

I ninja della Foglia riuscirono a scappare dal villaggio della Foglia e si erano nascosti con cura nella foresta adiacente ai confini fra la nazione del fuoco e del fulmine.

Arrivati a quel punto, tutti quanti si chiesero se fossero riusciti a scappare dal pericoloso nemico, dopo una folle corsa composta da tanta fatica e continue misure di depistaggio per allontanarsi del pericolo imminente.

«Li abbiamo seminati?» domandò Torifu.

«Continuate a correre, ragazzi! Non siamo ancora fuori pericolo!» suggerì Danzo con autorità.

Tutti lo ascoltarono e mano a mano che proseguivano verso il villaggio della Foglia, il silenzio si impossessò della zona circostante, lasciando capire che il pericolo era stato scampato.

A quel punto, l’Hokage ordinò alla sua scorta di fare una pausa e di raccogliersi in un unico punto per fare le dovute considerazioni in merito all’intera faccenda.

«Quello che è successo è stato veramente un casino. Che facciamo adesso, maestro?» domandò Hiruzen con ansia.

«Non farti prendere dalla fretta, Saru. - lo rimproverò l’Hokage. Non ti ho forse insegnato ad analizzare la situazione con calma?»

Hiruzen si acquietò, dopodiché l’Hokage poggiò un dito sul terreno e rimase in silenzio per qualche istante, era chiaro che stesse usando le sue abilità sensoriali, al fine di captare la posizione del nemico.

Tutti rimasero in silenzio, in attesa di un responso positivo, ovvero che erano riusciti a scappare dal nemico.

Invece non andò così.

«Siamo circondati.» disse placidamente l’Hokage.

Nessuno rispose. L’incubo non era ancora terminato.

«Saranno in circa una ventina, fra cui anche Kinkaku e Ginkaku. - continuò l’Hokage. Anche loro possiedono dei ninja sensoriali. Penso che si tratti dell’unità speciale di Kinkaku.»

La situazione era molto pericolosa, non solo perché avevano a che fare con due mostri, ma anche per l’evidente inferiorità numerica nei confronti di un nemico dalla presenza più massiccia. Era necessario ragionarci sopra.

«Considerando che siamo in 7, incluso il nobile Hokage, siamo completamente spacciati.» fu la considerazione dell’analitico Homura.

Una dichiarazione che non piacque a molti.

«Non fare il codardo, Homura!» lo rimproverò Koharu.

Mai perdere la speranza.

«Lasciate che ci pensi io! - si propose Hiruzen. Li polverizzerò tutti con i miei cloni d’ombra!»

Un intero disaccordo, ancora una volta.

«Non andremo da nessuna parte con le tue inutili conclusioni!» ribatté Danzo.

«Beh, allora proponi tu una soluzione, bell’imbusto!» controbatté Hiruzen.

Una nuova lite fra i due rivali nel momento meno appropriato.

«Basta voi due! - li rimproverò Homura. Non vi vergognate di una simile condotta di fronte al nobile Hokage?»

I due rivali si acquietarono, così ci fu la possibilità di lasciare largo spazio a strategie ben più possibili e applicabili.

«Il nemico non è ancora riuscito a captare la nostra esatta posizione. Dovremmo approfittare di questa situazione per un attacco a sorpresa.» propose Koharu.

«Mi pare una strategia molto difficile da realizzarsi. - commentò Kagami. Qualcuno di noi dovrebbe fare da esca.»

«Un’esca dici? Ma questo significa morte certa!» sbottò Torifu allarmato.

«Beh, forse, ma non abbiamo altra scelta.» replicò Kagami rassegnato.

Chi si sarebbe proposto come esca e avrebbe sacrificato la propria vita per il bene comune? I sei ragazzi erano rimasti in silenzio a discutere con la propria coscienza. Nessuno di loro voleva concludere i suoi giorni in quel momento, erano ancora così giovani e una lunga vita da affrontare; nessuno di loro voleva concludere la propria storia in un posto del genere.

Nonostante quelle paure, quei ninja sapevano che era loro dovere sacrificare la propria vita per il bene dei propri compagni e del villaggio.

Danzo viveva un grande dissidio interiore. Egli continuava a ripetere a sé stesso di muoversi a dichiarare a tutti quanti che sarebbe stato lui a fungere da esca, eppure il suo corpo non riusciva a obbedire alla propria volontà, facendolo tremare come una foglia, nonostante la sua accesa determinazione nel volere dimostrare il suo grande valore. Lui non era un codardo, era un fiero shinobi della Foglia che si sarebbe sacrificato per il bene del villaggio, proprio come fecero a loro tempo suo padre e suo nonno prima di lui: doveva farlo!

«Dai! Alza quella maledetta mano! Alzala e dillo! DILLO!»

Danzo ce l’aveva con sé steso per essere così poco determinato a sacrificare la sua vita. Dopodiché, il suo pensiero si spostò su Hiruzen. Danzo si chiese se il rivale stesse provando le medesime sensazioni e questo lo fece innervosire ancora di più, perché significava che non fosse migliore di lui.

Poi accadde l’impensabile.

«Lo farò io.»

A parlare era stato proprio Hiruzen.

«Proprio tu, Sarutobi? Ne sei certo?» gli chiese Torifu.

Hiruzen sorrise a tutti loro; era quello il suo modo per nascondere la paura.

«Che vi prende, ragazzi? Avete smesso di credere in me? - sbottò il ragazzo. Figuriamoci se mi lascio uccidere da quei tizi. Io sono il più forte fra tutti noi!»

Danzo era rimasto in silenzio, perché stava continuando a odiare se stesso per essere un così grande codardo. Nel momento in cui Hiruzen si era proposto come esca, Danzo si era reso conto che l’ansia nel suo corpo era svanita, sostituendosi con un grande senso di sollievo: questo Danzo non poteva proprio sopportarlo.

Subito dopo, Hiruzen mise una masso sulla spalla di Danzo.

«Mi raccomando, Danzo. Prenditi cura di tutti loro.» dichiarò Hiruzen.

No.

Danzo non avrebbe mai potuto accettare di essere in debito con Hiruzen, non in quel modo. In quel momento la sua determinazione riuscì finalmente a sopraffare il suo corpo.

Danzo scansò con irruenza il braccio del rivale e parlò a tutti con la sua furia.

«Va’ al diavolo! - sbottò Danzo. Mi hai solo preceduto! Stavo per propormi io come esca e sarò io a farlo!»

Tutti i presenti erano rimasti di stucco da quelle dichiarazioni, incluso lo stesso Hiruzen.

«Ma Danzo...»

A quel punto, fu l’Hokage a intervenire nella discussione; nessuno poteva immaginare che in quel momento, Tobirama avesse preso una decisione sconvolgente per tutti loro.

«Danzo, la tua rivalità con Saru è molto accesa, ma questo non cambia molto quello che è successo. Saru si è proposto per primo e questo è innegabile. Entrambi siete ancora molto giovani, ma dimostrate un grande potenziale e un giorno farete la storia.»

L’espressione dell’Hokage era molto truce, nessuno lo aveva visto così tetro come in quell’occasione, tanto che persino i suoi allievi iniziarono a preoccuparsi per lui.

Intanto l’Hokage continuava a parlare, rivolgendosi a Danzo e indirettamente anche a Hiruzen.

«Una volta mi dicesti che il villaggio è la cosa più importante per te, ma se ti lasci prendere dalla tua sventatezza, finirai per mettere in pericolo sia il villaggio che i tuoi compagni. Hai bisogno di rendere più forte la tua determinazione e di aiutare Saru a diventare un ottimo shinobi.»

Danzo strinse i denti. Quelle parole pesavano come macigni sulla sua schiena. Era proprio come quando Madara aveva preferito Hiruzen a lui, oppure quando Biwako lo aveva escluso dal suo cuore e aveva amato il suo grande rivale; ancora una volta, Hiruzen era ritenuto essere migliore di lui.

«Detto questo… -  continuò l’Hokage. Adesso voi tornerete al villaggio, mentre io fungerò da esca.»

Una dichiarazione che lasciò di stucco tutti i presenti.

«No...» sospirò Hiruzen affranto.

«Questa è pura follia! - tuonò Danzo. La vostra vita è troppo preziosa per sprecarla in questo modo! Voi siete l’Hokage, non c’è nessun shinobi più forte di voi per guidare il villaggio della Foglia!»

«E’ proprio per questa ragione che sono l’unico a potere fermare l’avanzata del nemico.» ribatté l’Hokage.

La sua decisione era indiscutibile e a nessuno di loro venne dato il permesso di controbattere.

L’Hokage si alzò e spostò lo sguardo in lontananza, verso il nemico che lo attendeva.

«Il mio compito è quello di proteggere le future generazioni della Foglia ed è la stessa cosa che chiedo di fare a voi, quando nasceranno le nuove foglie da nutrire all’interno del nostro villaggio.»

Tobirama tornò a rivolgersi in maniera speciale a Danzo e a Hiruzen.

«Danzo non lasciare che il tuo coinvolgimento personale comprometta la tua relazione di lavoro con Hiruzen. Voi due dovete collaborare per proteggere il villaggio. Voi tutti dovete farlo.»

Dopodiché, l’Hokage porse le sue ultime volontà all’allievo al quale era stato sempre più legato fra i molti che aveva addestrato.

«Saru… - lo chiamò Tobirama. Proteggi gli abitanti del villaggio con la tua forza e tratta ognuno di loro come parte della tua famiglia, proprio come ti abbiamo insegnato io e mio fratello. Porta avanti la volontà del fuoco, perché da ora in poi, tu sarai il Terzo Hokage!»

Senza parole.

Nessuno avrebbe mai immaginato che l’Hokage potesse sganciare una bomba del genere in quella situazione così drastica. I presenti erano completamente allibiti da quanto udito, perché da quel momento in poi, il loro caro amico sarebbe divenuto l’uomo più potente del villaggio del Fuoco.

Danzo era furioso. La sua gelosia era tale che solo l’odio che covava nei confronti di Hiruzen era più forte. Era stato sconfitto per l’ennesima volta. Hiruzen si era preso il prestigio, l’amore della sua vita, il rispetto e il potere che aveva sempre sognato e lui era rimasto con un pugno di sabbia. Danzo Shimura era quindi da considerare come l’eterno sconfitto e mai avrebbe potuto ribaltare una situazione del genere.

L’Hokage si apprestò a dirigersi verso la morte certa, ma prima dette un ultimo pensiero al suo degno successore.

«Rendimi fiero di te, Hiruzen Sarutobi.»

Hiruzen si inchinò al suo maestro e lo ringraziò per tutto quello che aveva fatto per lui. Danzo notò qualche lacrima che colava dal volto dell’amico e non disse nulla in merito.

«Lo farò!»

Una volta che il Secondo Hokage si era precipitato ad affrontare il nemico della Nuvola, i sei giovani ninja rimasero in quella posizione in silenzio. Per molto tempo si udirono grandi esplosioni e immensi rimbombi per tutta la zona circostante; il secondo Hokage stava vendendo cara la propria pelle.

Quando gli enormi boati si estinsero, i ragazzi si affidarono alle doti sensoriali di Koharu per capire se lo scontro si fosse concluso.

«Quindi?» domandò Hiruzen con apprensione.

Koharu tirò un lungo sospiro e rimase in silenzio per qualche istante.

«E’ finita.» dichiarò la donna.

Questo significava che la squadra sovversiva della Nuvola era stata annientata dal Secondo Hokage, il quale però aveva perso la vita durante lo scontro. Quel giorno i sei ninja sarebbero tornati al villaggio con una triste notizia per la loro gente e un lungo lutto da sopportare per tutta la gente del villaggio.

«Coraggio, gente. Torniamo a casa.» ordinò Hiruzen.

Adesso il ragazzo era l’Hokage, quindi significava che tutti loro avrebbero dovuto obbedirgli, senza alcuna opposizione.

Danzo non si mosse. Ormai egli era persuaso che le parole del Secondo Hokage erano più che vere ed egli aveva deciso che avrebbe continuato la sua filosofia ninja, immergendosi completamente nelle ombre, pur di proteggere il villaggio della Foglia. Quando il Secondo Hokage aveva nominato Hiruzen come Terzo Hokage, in quello stesso momento lui era stato nominato come un anti-Hokage, ovvero un uomo che interveniva nelle questioni del villaggio dalle ombre.

«Quindi per te va bene così, Hiruzen?» domandò Danzo furente.

Hiruzen allora si bloccò e fissò l’amico.

«Che cosa vuoi dire?» domandò quest’ultimo.

La Nuvola aveva ucciso il grande leader del villaggio della Foglia. Un affronto terribile che era nato da una subdola trappola che era nata da una prospettiva di pace fra i due villaggi ninja. Quindi, se la Foglia non avesse subito ribadito con forza la sua posizione, la Nuvola si sarebbe potuta permettere persino di infangare l’onore del Secondo Hokage.

«Devono pagare! Quelli della Nuvola non la devono passare liscia per quello che è successo!» dichiarò Danzo furente.

Hiruzen non fu d’accordo con lui e non perse occasione per ribadire la sua posizione proprio lì, davanti a coloro che avrebbero formato la classe dirigente del villaggio sotto il suo lungo governo.

«Non riprenderò il conflitto con la Nuvola! Non spargerò altro sangue!» dichiarò Hiruzen.

Danzo si voltò verso Hiruzen e lo afferrò per il bavero della maglia.

«Che razza di Hokage sei?! Dannato bastardo, così getterai nel fango il rispetto del villaggio della Foglia!»

Hiruzen non si lasciò intimidire dal furente amico e ricambiò il modo con cui era stato afferrato, iniziando a urlare contro a Danzo.

«Il villaggio è stremato! Basta con la guerra! Questa situazione verrà portata a termine con le parole! Anche la Nuvola ha perso il suo leader, non dimenticarlo, per tanto non possiamo dare la colpa a loro.»

«Sei solo un debole, ecco che cosa sei! Non sai fare quello che è necessario, vigliacco!» ribatté Danzo.

Volarono i primi pugni fra i due rivali e nessuno degli altri presenti li interruppe, perché si erano resi conto che farlo non avrebbe portato a nulla di concludente.

«Non mi faccio giudicare da te! Non mi faccio dare ordini da un debole!» continuò Danzo con una furia bestiale.

«Invece lo farai! - tuonò Hiruzen. Io sono l’Hokage adesso!»

«Non mi importa! Io non ti riconoscerò mai come tale!» ribatté Danzo.

Altri colpi.

I due rivali erano giunti persino a rendere i propri pugni impregnati dal sangue del corrispettivo avversario; se le stavano dando proprio di santa ragione e solo perché le loro idee non trovavano alcun punto d’incontro.

In realtà, le ragioni per tutte quelle botte erano molto più profonde.

Hiruzen si sentiva in colpa con sé stesso per non essere stato forte abbastanza da riuscire a proteggere il proprio maestro, inoltre non era certo che sarebbe riuscito a essere un grande Hokage come i suoi predecessori.

«Che sei ostinato.» sbottò Hiruzen.

Danzo era totalmente prevaricato dall’odio che provava nei confronti di Hiruzen. Perché era così bravo? Perché era sempre migliore di lui? Non lo avrebbe mai accettato come Hokage, mai e poi mai, perché le sue decisioni avrebbero portato avanti una politica che non condivideva per il villaggio.

«Sei troppo debole. Tu non saprai prendere le decisioni che servono per la sopravvivenza del villaggio!» continuò Danzo.

«Per questo ho bisogno di te, razza di idiota! - tuonò Hiruzen. Anche se sarò Hokage, ho molte cose da imparare! Voglio che tu sia il mio braccio destro e che mi aiuti con le questioni più spinose! Non c’è nessun’altro di cui mi fido più di te!»

Danzo non avrebbe mai accettato Hiruzen come il suo Hokage, questo era vero, eppure la realtà dei fatti era chiara: lui non era Hokage, mentre Hiruzen sì.

Proprio come aveva detto il Secondo Hokage, Danzo avrebbe anteposto le proprie motivazioni personali per collaborare con Hiruzen e governare il villaggio, ma lo avrebbe fatto a modo suo.

«Bene! Lo farò!» affermò Danzo.

Hiruzen allora gli sorrise, in quel momento era veramente grato all’amico per la comprensione.

«Forse dirò una cosa che hai già sentito, ma certe volte non te ne rendi conto, amico mio. - concluse Hiruzen. Tu sei veramente una gran brava persona.»

Una volta conclusa quella discussione, la squadra era tornata al luogo dello scontro sotto insistenza di Danzo, poiché era necessario recuperare il cadavere del Secondo Hokage per rendergli il giusto tributo nella propria terra natale, ma soprattutto per evitare che il nemico lo deturpasse, captando tutti i segreti del suo corpo.

In quella occasione, Danzo iniziò a ponderare l’idea di potenziare l’esercito della Foglia con potenziamenti extra, rubando le cellule di nemici molto pericolosi, senza considerare gli aspetti etici; com’era solito dirsi, il fine giustifica i mezzi.

Trascorse il tempo. Hiruzen affermò la propria autorità come Terzo Hokage sia con una stabile politica interna che con una politica estera aperta al dialogo, quando ritenuto necessario. In quegli anni, Danzo fondò la Radice e ne assunse il comando, agendo per il bene del villaggio nelle ombre.

«Beh, perché quell’espressione così truce?» domandò Hiruzen.

L’Hokage si era incontrato con il suo braccio destro all’uscita dell’accademia ninja, dove il primo aveva incontrato i futuri shinobi, fra i quali c’erano anche i futuri ninja leggendari.

Danzo porse al suo superiore una pergamena, la quale recitava un rapporto completo da parte delle forze speciali del villaggio, dove si evinceva di un attacco premeditato ad opera di un clan di mercenari ai danni della gente del villaggio.

Hiruzen lesse tutto il rapporto con cura, dopodiché si voltò verso il suo caro amico.

«Tu… - sibilò l’uomo. Li hai già fatti uccidere tutti, non è così?»

Danzo non rispose, si limitò esclusivamente a prendere la direzione opposta all’amico, salutandolo con un rapido cenno con la mano.

«Buona giornata, Terzo Hokage.»

Le cose andavano proprio in quella maniera così desiderata dalle ultime volontà del Secondo Hokage; Danzo agiva nell’ombra e proteggeva il villaggio da esse, mentre Hiruzen operava alla luce del sole come Hokage: uno si sporcava le mani, l’altro le teneva sempre pulite.

Luce e oscurità. Tonalità così diverse, ma sempre unite e in contrapposizione, proprio come due veri rivali e amici.


*

 

Danzo non si reggeva più in piedi, l’unica ragione per cui riusciva ancora a respirare, era la sua accanita determinazione a tenere salda la propria vita, perché le sue aspirazioni non potevano troncarsi in quella maniera così poco calcolata, dato che aveva quei sogni così grandi che lo obbligavano ad attaccarsi in maniera morbosa alla vita.

Madara era di fronte a lui e si stava avvicinando lentamente verso di lui, con la mano diretta verso il suo occhio destro.

Sasuke era alle sue spalle, incapace di attendere le mosse del suo alleato, poiché determinato a privare della vita il suo così tanto detestato avversario.

Danzo era giunto a un bilico. Come ogni fase della sua vita, doveva accettare di avere fallito nei suoi propositi, proprio come quando Hiruzen lo batteva in continuazione in ognuno dei campi in cui entrambi si cimentavano. L’anziano shinobi era quindi combattuto sul fatto che accettare la morte non era poi una cosa pessima, ma almeno in essa voleva provare a essere migliore di Hiruzen, perché quest’ultimo era riuscito a dimostrare la sua grandezza persino nei suoi ultimi respiri, sacrificandosi per il bene del villaggio.

A quel punto, Danzo voleva solamente dare un suo contributo finale, prima di spirare.

«Hiruzen...» sospirò Danzo a bassa voce.

Madara e Sasuke, due folli shinobi carichi di potere che desideravano la distruzione del villaggio della Foglia, mandando all’aria tutti i sacrifici condotti dai grandi uomini del passato e da Danzo stesso. La loro, era una minaccia seria e da non prendere alla leggera, come invece aveva fatto lui e adesso ne stava pagando le conseguenze.

Nella vita era sempre stato un fallimento, era sempre stato annidato nelle ombre a complottare pur di sopraffare il nemico per un bene superiore. Danzo amava moltissimo il villaggio della Foglia, di un amore così folle che aveva dedicato in maniera accesa tutta la sua vita a esso, senza pretendere nulla in cambio. Danzo aveva rinunciato a tutto pur di ottenere il bene del villaggio e adesso la sua patria non solo si era presa la sua vita, ma reclamava allo stesso modo la sua morte.

Danzo non si sarebbe tirato indietro nemmeno quella volta. Per lui era fondamentale porre in priorità il bene della sua patria alla singola vita umana; il fine giustifica i mezzi.

Danzo allora si fece forza, si erse in tutta la sua determinazione di fronte ai due Uchiha, strappandosi il suo intero vestiario superiore, così da attivare la sua tecnica finale, che consisteva nel rilascio di una tecnica da sigillo che avrebbe stritolato qualunque cosa che fosse accanto a sé; una tecnica che si pagava con la vita.

«Ma cosa??» sbottò Madara.

«Per il bene della Foglia, vi porterò con me!» urlò Danzo con determinazione.

L’intero torace di Danzo venne riempito da una moltitudine di segni neri che avevano iniziato a rilasciare all’esterno una grossa massa d’inchiostro e sangue.

Sasuke non sapeva che cosa stesse facendo Danzo, per tanto aveva alzato la sua katana verso il suo nemico.

Madara lo interruppe, perché aveva riconosciuto la tecnica che Danzo aveva intenzione di usare.

«Sasuke! Allontanati immediatamente da Danzo!» tuonò Madara.

Era troppo pericoloso avvicinarsi a Danzo, perché un passo falso avrebbe significato la morte certa, quindi era fondamentale per entrambi allontanarsi il prima possibile da Danzo.

Sasuke spiccò un balzo nella direzione a lui opposta, la stessa cosa fece Madara dalla sua parte.

Danzo non arrestò la tecnica, anche perché era ormai troppo tardi per farlo. Quelli erano i suoi ultimi istanti di vita e non li avrebbe sprecati pur di eliminare quelle minacce.

«Per il bene della Foglia, io vi annienterò! Sasuke! Madara!» tuonò Danzo.

Un’esplosione di inchiostro, gigantesca che disintegrava qualunque cosa attorno a Danzo, maciullando persino gran parte del ponte e del monte lì vicino. L’uomo era al centro della distruttiva tecnica e stava tirando gli ultimi sospiri di vita, mentre i suoi interi organi venivano annientati dalla sua stessa tattica suicida.

Danzo sperava con tutto il cuore di essere riuscito a colpire entrambi gli Uchiha con il suo sacrificio finalmente, almeno avrebbe dato un contributo essenziale al suo villaggio, anche con la sua morte.

In quel momento, Danzo non riuscì a fare a meno di pensare al suo amico più caro, soffermandosi a riflettere alle sue emozioni il giorno in cui aveva appreso della sua morte. Danzo ricordava benissimo quanto Hiruzen fosse amato al villaggio e, sebbene le sue azioni passate non ne dessero alcuna speranza, sperava che il suo ricordo sarebbe rimasto nei suoi uomini, i quali avrebbero continuato a portare avanti alla sua filosofia di concezione del villaggio.

In tutto questo frangente, Danzo aveva sorriso al solo considerare che tutto sommato, la sua era stata una vita degna di essere vissuta, ma in essenziale, egli aveva sempre perso tutto ciò che aveva desiderato: ammirazione, amicizia, amore, rispetto, potere, ricordo.

Tutto questo era toccato a Hiruzen, a lui non era rimasto nulla; eppure non si sentiva triste.

Danzo stava iniziando a perdere i sensi e la sua mente iniziava a vagare verso l’empirico; a seguito di tale situazione psico-mentale, a Danzo venne automatico rivolgersi in astratto a una delle persone più importanti della sua vita.

«Alla fine non sono riuscito a diventare Hokage come te, Hiruzen. Credo proprio di non essere tagliato per questo ruolo. Ai nostri tempi, le cose funzionavano benissimo. Tu stavi alla luce e io agivo nell’oscurità. - pensò Danzo. Adesso tocca a me passare dall’altra parte, chissà se avrò occasione di rivederti, amico mio.»

Danzo non aveva dimenticato tutte quelle volte che si era sentito dare della “brava persona” da Hiruzen nelle svariate situazioni che avevano intrecciato le loro vite, fino all’ultimo periodo in cui entrambi erano anziani e ombre del passato che continuavano a scontrarsi come luce e oscurità.

«Io sono una brava persona, eh...» sospirò Danzo.

Dopotutto quello che aveva fatto nella sua vita, l’uomo poteva assicurare che sebbene si fosse macchiato dei più atroci tradimenti, non aveva mai tradito il suo amato villaggio e non aveva mai evitato di camminare a testa alta, fiero della propria filosofia ninja.

La tecnica si stava esaurendo e di conseguenza anche la sua vita.

Danzo sorrise; era giunta ora di passare dall’altra parte. Chiuse gli occhi e si lasciò andare al dolce torpore che lo stava avvolgendo.

«Grazie… - sospirò Danzo. ...Hiruzen, amico mio.»

La tecnica da sigillo si esaurì, lasciando una spaventosa distruzione al suo seguito, la quale aveva reso persino instabile una parte del grande ponte. Macerie di rocce cadevano come pioggia sullo specchio d’acqua a molti metri più sotto con tonfi assordanti alle orecchie dei due Uchiha che erano scampati da morte certa, nel mentre che entrambi osservarono il cadavere di Danzo precipitare sul ponte e accasciarsi al suolo, immobile.

Danzo era morto.

«Niente più chakra. - commentò Madara. Questa volta è veramente finita.»

L’uomo si era addirittura servito del suo sharingan nel tentativo di scrutare se all’interno del corpo di Danzo fluisse ancora chakra; la sua ricerca aveva riscontrato un esito negativo.

«Bene!» sbottò Sasuke.

Il ragazzo non fece a meno di mostrare un sorriso maligno degno di tutta la sua soddisfazione per essere finalmente riuscito a uccidere il tanto odiato Danzo che aveva così tanto fatto soffrire suo fratello. La sua vendetta stava lentamente arrivando a una nuova fase, sempre più oscura e tetra, fatta di ossessioni e follia dentro Sasuke Uchiha.

«Siamo stati fortunati, mio caro Sasuke. - disse Madara. Questa era la tecnica inversa dei quattro segni, se non ci fossimo allontanati in tempo, saremmo finiti compressi assieme al suo corpo.»

Danzo era ormai un ricordo per Sasuke, poiché la sua mente si era già trasportata al suo obiettivo successivo.

«E adesso, tocca alla Foglia!» dichiarò Sasuke.

Madara lo scrutò con attenzione, notando che il giovane shinobi era molto provato dallo scontro e che quindi sarebbe stato costretto ad attendere un breve periodo di convalescenza, prima di potere passare all’attacco finale contro il villaggio della Foglia.

«Non devi esagerare. Hai già abusato fin troppo del tuo potere oculare e prima o poi diventerai cieco, senza che nemmeno te ne accorgi.»

«Non sono affari tuoi.» replicò Sasuke secco.

A quel punto, Madara perse la pazienza e canzonò per bene il discendente.

«Ehi, ragazzino! Vedi di moderare i toni quando parli con me e smettila di bluffare. So benissimo che sei esausto, per tanto vedi di raggiungere immediatamente la base, mentre io intanto mi porto Danzo con me. Devo prendermi l’occhio di Shisui.»

L’uomo mascherato spiccò un balzo verso il cadavere di Danzo e vi poggiò sopra una mano, dopodiché attivò la sua tecnica spazio-temporale per lasciare il campo di battaglia, tuttavia, prima di farlo, egli si rivolse un’ultima volta a Sasuke.

«Manda Zetsu appena ti senti pronto per l’operazione. Non riuscirai a distruggere la Foglia con quel misero potere oculare. Ti serve il potere dello sharingan eterno.»

Una volta detto ciò, Madara si voltò verso la povera Karin, la quale giaceva in uno stato morente a qualche metro di distanza.

«Occupati della ragazza. Sa troppo cose su di noi.» ordinò l’uomo in seguito.

«Noi? - lo canzonò Sasuke. Quando siamo diventati alleati?»

Madara sorrise. Nonostante Sasuke avesse tutta quell’impudenza da spruzzare in ogni luogo, era certo che avrebbe seguito il suo consiglio e avrebbe ucciso la ragazza. Madara poteva dirlo perché era la stessa cosa che avrebbe fatto lui.

«Ci vediamo presto.» salutò Madara.

L’anziano Uchiha scomparve subito dopo nel nulla assieme al cadavere di Danzo, lasciando così Sasuke da solo con i suoi pensieri e con le ultime scartoffie da togliere dai piedi.

In un certo senso, Sasuke si sentiva molto eccitato per essere riuscito finalmente a soddisfare parte della sete di sangue provata dal suo animo tormentato. In qualche maniera possibile, egli era certo che Itachi avrebbe apprezzato moltissimo la morte di Danzo e il sacrificio avrebbe ricevuto il giusto onore. Tuttavia, Sasuke sentiva che c’erano ancora delle piccole onte da rimuovere dal suo animo, prima di percepire una totale soddisfazione e l’appagamento del suo senso di giustizia.

Sasuke sobbalzò all’improvviso, i suoi occhi avevano iniziato a bruciare senza arrestarsi, provocando nel ragazzo un dolore lancinante che lo fece cadere per terra e sputare persino qualche rivolo di sangue.

Sasuke respirava affannosamente, il sudore gli colava dalla nuca, bagnando anche i capelli, riempendo di punti oscuri il suolo su cui poggiava le mani. Il sudore e il sangue si mescolavano, quando entravano in contatto sulle mani di Sasuke e il silenzio era l’unico spettatore alla sua immensa sofferenza.

Sasuke non mollava, perché sapeva benissimo che quel dolore era il prezzo da pagare per avere usato il potere del mangekyo sharingan fino ai suoi limiti. Adesso, sia il suo corpo che la sua mente si stavano deteriorando moltissimo, divorati dall’immensa voracità del potentissimo potere oculare, proprio come era accaduto a Madara e a Itachi a loro tempo.

Il ragazzo alzò lo sguardo al cielo e fece come se si stesse rivolgendo al proprio fratello, pensando che lo stava osservando dall’aldilà.

«Fratello mio… questo è il prezzo che devo pagare per vendicarti.» mormorò Sasuke.

Era una giustificazione e nient’altro.

All’improvviso, l’attenzione di Sasuke venne attirato dai colpi di tosse prodotti dalla flebile voce della ragazza che giaceva a qualche metro dalla sua posizione. Solo allora, Sasuke si ricordò di quanto gli era stato detto da Madara qualche istante prima e decise che era il momento di liberarsi di Karin.

Quando Sasuke fu capace di muoversi normalmente come suo solito, si alzò e si diresse verso la povera ragazza che poco tempo prima era una sua alleata.

Karin era in condizioni molto gravi, aveva un polmone perforato e il morale a terra per essere stata usata come un semplice specchio per le allodole, pur di uccidere Danzo. Dopo quello che era successo, Karin aveva continuato a ripetere nella sua mente quanto fosse importante per Sasuke e purtroppo alla fine, quando il suo amato era giunto di fronte a lei, senza dare l’intenzione di volerla aiutare, aveva capito: lei non valeva nulla per lui.

«Sa… su… ke..» mormorò Karin.

La sua voce era troppo debole per parlare ed esprimere tutta la sua tristezza per avere appreso quanta fosse l’oscurità che si annidasse nel cuore di Sasuke. Le sue condizioni erano gravi, ma si sarebbe potuta salvare con l’ausilio di un ninja medico molto bravo, però era molto difficile reperire qualcuno in quella zona desolata e Sasuke non aveva alcuna intenzione di volerla salvare.

Karin aveva capito che Sasuke era lì perché la stava per uccidere.

I fulmini del Chidori emisero il loro tipico e consueto stridore, generando un bagliore tale da impedire a Karin la corretta visione dell’Uchiha. Questa cosa non piacque per nulla alla ragazza, la quale, ormai rassegnata a morte certa, aveva come unico desiderio che l’ultima cosa che avrebbe visto sarebbe stato il volto di Sasuke.

Durante la colluttazione con Danzo, a Karin erano caduti gli occhiali a terra, per questa ragione l’immagine di Sasuke le appariva sfocata. Lei non voleva vederlo così, per tanto raccolse tutte le sue energie per muovere la mano in direzione dei suoi occhiali e portarli al loro posto: lo voleva vedere per bene.

Che felicità nel vederlo ancora una volta, pensò Karin non appena riuscì a focalizzare per bene l’immagine del suo amato Sasuke.

Karin ricordava molto bene la prima volta che lo aveva incontrato, durante gli esami di selezione dei chunin al villaggio della Foglia. Prima di prendere servizio sotto la guida di Orochimaru, Karin era una kunoichi del villaggio dell’Erba, e veniva trattata dal suo intero villaggio come un inestimabile fonte energetica, capace di curare qualunque ferita solo mordendo la sua pelle; una pratica oscura e dolorosa per lei, sebbene la portasse in continuazione all’orgasmo: sua madre era morta in quella stessa orrenda maniera, venendo consumata dalla vorace crudeltà degli abitanti dell’Erba. Quella volta, Karin era entrata per sbaglio nella tana di un gigantesco orso, venendo di conseguenza inseguita dalla bestia furiosa; se non fosse stato per Sasuke, lei sarebbe stata sicuramente divorata.

Quello era stata la prima volta che in vita sua aveva sentito un bellissimo candore all’interno del suo corpo. Era la prima volta che si era innamorata di una persona, una non comune, solare e che emetteva dentro di lei un calore confortante.

Ora, come quella volta, Karin lo stava guardando sognante. Anche se per lui non era importante, non poteva fare a meno di amarlo e di preoccuparsi di quello che gli sarebbe successo, ora che era rimasto solo a complottare i suoi sinistri piani di vendetta.

Sasuke fu capace solamente di un’unica cortesia nei confronti della vecchia alleata.

«Addio.» la salutò Sasuke.

Per Karin fu abbastanza. Per lei era importante vedere quel viso un’ultima volta prima di morire.

La mano di Sasuke si sollevò verso l’alto, dopodiché iniziò a scendere rapidamente in picchiata verso la ragazza, ancora qualche secondo e tutto sarebbe finito.

Qualcosa però non andò per il verso giusto e la voce di una persona aveva arrestato la mano assassina dell’Uchiha.

Sakura aveva appena raggiunto il campo di battaglia.

«Fermati, Sasuke!» urlò la ragazza.

Sasuke e Karin avevano lo sguardo puntato sulla ragazza che era appena arrivata dal nulla, entrambi erano molto sorpresi di vederla lì, proprio in quel momento.

Sasuke strinse la mano investita dal Chidori e ne arrestò il flusso; il ragazzo non aveva affatto pianificato quell’incombenza e per tanto era molto infastidito da quella nuova situazione imprevista.

Sasuke sospirò con un boccone amaro, dopodiché si voltò verso la ragazza.

«Sakura...»

Sakura si fece avanti per tutta la strada, cercando di avvicinarsi a Sasuke il prima possibile, così da capire che cosa stesse succedendo e chi fosse quella figura che giaceva ai piedi del suo amato.

«Che cosa sta accadendo qui?» domandò Sakura.

«Non sono affari tuoi. - replicò Sasuke. Che cosa vuoi?»

Sakura si bloccò. Le era bastato un attimo per capire che lo sguardo di Sasuke era nettamente cambiato rispetto all’ultima volta che si erano incontrati, prima dello scontro con Itachi. A Sakura si strizzò il cuore nel constatare che l’animo di Sasuke emanava un’oscurità tale da lasciare impallidire chiunque.

Per un attimo, Sakura ebbe il dubbio che la persona che aveva davanti fosse effettivamente Sasuke.

«Non stare lì impalata. Non ho tempo da perdere con te.» continuò Sasuke infastidito.

Sakura allora proferì parola; a quanto sembrava, avrebbe dovuto effettivamente realizzare il suo piano.

«Ti stavo cercando, Sasuke.» rispose lei.

Il viso di Sasuke si distorse in un’espressione carica di fastidio.

«Va’ a rompere le palle a qualcun' altro. Non ho tempo per le tue stronzate sull’amore.»

Per Sakura fu un’autentica pugnalata al cuore. Che ne era stato del Sasuke che le aveva assicurato che si sarebbe salvato dalla sua vendetta? Che ne era di quei momenti passati assieme e di quel “quasi” bacio che si stavano per dare nel paese del Cielo? Che cambiamento pauroso.

Sakura doveva assolutamente nascondere il suo dolore e ricambiare alle parole di Sasuke con tutta la sua determinazione.

«Te lo avevo detto, no? - disse lei. A me non importa nulla del villaggio. Per me conta solamente stare con te, per questo sono scappata.»

Una dichiarazione che lasciò abbastanza sorpreso il suo interlocutore.

«Voglio unirmi a te, Sasuke! Voglio diventare un tuo sottoposto!»

Sasuke rimase in silenzio per un poco, aveva bisogno di scrutare con attenzione la situazione e di studiare il comportamento di Sakura; voleva metterla alla prova.

«Vuoi unirti a me, eh? - ripeté Sasuke. E perché mai dovrei crederti?»

Sakura allora si sfilò il suo copri fronte e lo frantumò in mille pezzi con la sola forza delle mani, lei sapeva benissimo che la minima esitazione avrebbe fatto dubitare il suo interlocutore.

«Te l’ho detto prima, no? A me interessa stare solo con te. Sono disposta a fare qualunque cosa pur che tu mi permetta di seguirti. Non chiedo altro.» dichiarò Sakura con decisione.

A seguito di quanto appena udito dalla ragazza, Sasuke prese l’improvvisa decisione di avanzare verso Sakura, la quale rimase immobile ad attenderlo, fino a quando lo sguardo di entrambi era così vicino da potere osservarsi a vicenda nei dettagli più minuziosi.

In quella occasione, Sakura ebbe conferma che gli occhi di Sasuke erano la perfetta dimostrazione di quanto fosse oscura la sua anima; il suo amato era completamente differente dalle altre volte che si erano incontrati e per la prima volta, Sakura aveva paura di lui.

«Che cosa ti è successo, Sasuke? Perché… - sussurrò Sakura. Perché sei diventato così?»

Sasuke ghignò, era veramente soddisfatto dal fatto che Sakura si fosse immediatamente resa conto che lui non era più quello di una volta, non era più il bambino innocente che viveva nella menzogna creata da Itachi.

«Perché adesso io conosco la reale verità delle cose.» rispose Sasuke.

Sakura non comprese il significato di quelle parole, non ebbe nemmeno il tempo necessario per chiedere chiarimenti, perché Sasuke le aveva afferrato il viso con una mano ed era stato alquanto brusco in quell’azione.

«Vuoi seguirmi, Sakura? Lo vuoi veramente?» ripeté Sasuke.

Sakura tentò di vincolarsi, ma non ci riuscì. Sebbene lei fosse molto più forte di Sasuke in termini di forza fisica, quando era con lui diventava docile come un agnellino, succube del suo sguardo enigmatico.

«Mi fai male...» si lamentò la ragazza.

A Sasuke non importò se le stava facendo male, anzi fu in uguale maniera maliziosamente tentato di avvicinare i loro visi ancora di più, fino ad arrivare persino a sfiorare le proprie labbra.

Sakura pensò che Sasuke stava per baciarla, ma non lo fece; la stava solo stuzzicando.

«Il mio obiettivo è distruggere la Foglia. Hai capito?» annunciò poi Sasuke.

Sakura raggelò all’improvviso, perché non si aspettava di udire una cosa del genere, dato che non immaginava che l’oscurità nel cuore di Sasuke fosse così fitta da essere irrecuperabile.

Perché Sasuke voleva distruggere il villaggio? Perché voleva rinnegare tutto quanto per ottenere qualcosa di astratto che esisteva solo nella sua mente?

«Perché Sasuke? Perché?!» domandò Sakura.

Sasuke scoppiò a ridere nella identica malefica maniera di Orochimaru. La sua stretta aveva aumentato la propria forza, facendo realmente del male alla ragazza.

«Giustizia, mia cara. Giustizia! - replicò Sasuke. Il mio clan ha dato tutto a quel dannato villaggio e guarda che cos’ha ottenuto. Niente! Adesso è arrivato il momento di restituire il favore. Inonderò il villaggio nelle fiamme e ucciderò tutti quanti! Cancellerò la Foglia dalle carte geografiche e dalla storia!»

Sasuke non esitò a continuare la sua tortura psicologica ai danni dell’ex compagna di squadra. Il ragazzo la spinse verso il bordo del ponte, con le spalle al muro, dopodiché egli le afferrò i polsi e li serrò sul pilastro del ponte.

«Ora dimmelo, Sakura! Dimmi che vuoi seguirmi, anche dopo che ti ho detto le mie intenzioni! Scegli me o la Foglia!»

Sakura non ebbe dubbi sulla sua scelta. Dichiarare la sua avversione per la Foglia era irrelativo per il suo reale piano e voleva che Sasuke avesse almeno qualcuno al suo fianco, nel momento in cui lo avrebbe ucciso; ora come ora, Sakura non vedeva altra soluzione che uccidere il suo amato e morire assieme a lui.

Animata da quella determinazione, Sakura spinse il viso verso quello del suo amato e lo baciò. In quel modo sperava che Sasuke potesse comprendere che sarebbe stata sempre dalla sua parte.

In realtà, Sasuke non fece nulla per contraccambiare quel bacio, era freddo come il ghiaccio e del tutto disinteressato a quel gesto; nonostante ciò, dopo quel bacio, Sasuke rilasciò la presa della ragazza e si allontanò di qualche passo da lei.

«Molto bene. -disse Sasuke. Allora dammi una dimostrazione che sei disposta a tutto per soddisfare il mio volere.»

Sakura non comprese quello che Sasuke volesse dirle, fino a quando quest’ultimo non indicò con la mano la ragazza dai capelli rossi che giaceva al suolo, in uno stato fra la vita e la morte.

«Uccidila e io ti permetterò di seguirmi.» ordinò Sasuke.

Sakura rimase spiazzata da quella richiesta. Non avrebbe mai immaginato che Sasuke sarebbe stato disposto a tutto pur di auto compiacersi, era diventato veramente sadico quanto quei mostri di Akatsuki che aveva precedentemente affrontato.

A confronto con Sasori, Deidara e Itachi, la sete di sangue di Sasuke era insormontabile; era come paragonare dei ruscelli con la vastità dell’oceano.

Sakura si avvicinò a Karin e iniziò a pensare a un modo efficace per potere colpire rapidamente Sasuke in un momento quando la sua guardia era abbassata.

Quando Sakura si avvicinò a Karin, si rese conto che l’aveva già incontrata in precedenza; quella ragazza faceva parte della squadra di Sasuke e adesso era in quello stato pietoso con Sasuke che voleva ucciderla.

Sakura si voltò immediatamente verso Sasuke per chiedere spiegazioni.

«Ma lei...»

«Era un membro della mia organizzazione, il Falco. - spiegò Sasuke. Ma adesso non mi serve più, per tanto è veramente una fortuna che tu sia un ninja medico. Potrai prendere il suo posto.»

Sasuke stava dimostrando di essere senza cuore, privo di compassione persino per un compagno di squadra che lo aveva aiutato così tanto fino a qualche minuto prima, durante lo scontro con Danzo.

«Allora?» ripeté Sasuke nervoso.

Sakura estrasse un kunai dalla sua sacca e si calò verso la ragazza con l’intento di ucciderla. Mano a mano che si avvicinava al suo obiettivo, il kunai di Sakura continuava a vibrare per colpa di tutta l’ansia patita dal suo animo e questo aspetto non sfuggì allo sguardo di Sasuke.

Quando Sakura fu vicina a Karin, si bloccò un attimo a riflettere sul modo migliore per agire per potere attaccare Sasuke nel momento più opportuno; doveva riuscirci a tutti i costi, anche se avrebbe significato farsi uccidere da Sasuke nel tentativo di riuscirci.

All’improvviso, Sakura sentì la flebile voce della ragazza che si stava rivolgendo a Sasuke.

«Non… Farlo… Sasuke!!»

Sakura comprese allora che Sasuke stava per fare qualcosa alle sue spalle. La ragazza si voltò immediatamente verso il suo amato e si rese immediatamente conto che era stata una sciocca e aveva calcolato male i suoi piani: Sasuke aveva intenzione di trapassarla con il Chidori, la voleva veramente uccidere.

Sakura era giunta all’ampasse, non poteva più fare nulla per impedire i movimenti di Sasuke. Sakura chiuse gli occhi e attese in silenzio la rapida fine che si stava per abbattere su di lei.

 
   
 
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