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Autore: bloop    31/01/2016    2 recensioni
Cosa succede quando Roma incontra la Romagna? E quando un turista - prendiamone ad esempio uno qualunque, chiassoso ed espansivo - si prende una cotta per una barista, ma ha solo tre settimane di tempo a disposizione da trascorrere con la sua bella?
Aggiungiamoci una piccola migliore amica intenzionata ad evitare cuori spezzati, un silenzioso migliore amico che non riesce a stare zitto davanti ad un'ingiustizia, un ragazzo fin troppo socievole e innamorato e concludiamo con una coppia di gemelli eterozigoti dotati di lingua pungente.
Ventuno cappuccini del buongiorno al Bagno Girasole basteranno ad intrecciare tutte queste vite? Scommetto che avete già intuito la risposta.
«È carino».
«Ninì...»
«Sì?»
«Vacci piano».
«Non vado proprio da nessuna parte, sto solo dicendo che è carino. Non ho intenzione di farci cose né di innamorarmi o di sposarlo o...»
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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- Come ti sconvolgo la vita in tre settimane -

 

12. Giorno decimo

 
 

Anita stava sistemando i tavoli sotto il pergolato, puliva e riordinava le sedie e i posacenere, dopo il passaggio dei bagnanti che prima di scendere all'ombrellone si erano fermati per la colazione. Il sole scaldava già l'aria, sebbene fossero solo le dieci, il cielo privo di nuvole sottolineava il colore acceso dei muri del Bagno Girasole.
Accostò l'ultima sedia al tavolo e sospirò, scrutando l'orizzonte che si intravedeva tra le file di lettini. Quanto le sarebbe piaciuto inforcare le cuffiette e scendere giù a riva per farsi una corsa, magari in compagnia di Sebastiano. Irrimediabilmente arrossì e rientrò al bar, per caricare la lavapiatti e preparare i panini per l'ora di pranzo.
«Buongiorno, biondina!»
Una voce che Anita proprio non si aspettava di sentire la strappò alle proprie occupazioni; alzato lo sguardo scorse l'inconfondibile faccia da schiaffi di Davide, mentre si appollaiava su uno degli sgabelli per poi portarsi il ciuffo castano all'indietro. «Come va la vita?»
Anita deglutì silenziosamente, soppesando le parole per evitare di mandarlo al diavolo o di uscire dal bar senza dire niente.
«Davide» mormorò con un misto di diffidenza, severità e acidità. Tornò ad asciugare le tazze e a riporle ordinatamente sul ripiano. Lui rise sommessamente, divertito dalla diffidenza che immancabilmente otteneva da Anita da quando non stava più con Agnese.
«Mi fai un caffè shakerato?» domandò con un sorriso d'ostentata gentilezza.
La ragazza annuì e gli voltò le spalle per caricare la macchinetta e preparare l'ordinazione. Era tentata di chiedergli apertamente cosa volesse da lei, ma si trattenne e non disse niente, a costo di sembrare maleducata.
La risposta, comunque non tardò ad arrivare. «Chi è il nuovo amichetto di Toby? Li ho visti molto... affiatati ieri sera» buttò lì, quasi per caso, mentre giocherellava con il portatovaglioli, facendolo saltare da una mano all'altra. Lei si voltò lentamente, tenendo lo shaker con entrambe le mani, e lo guardò con la testa leggermente inclinata da una parte.
«Ieri sera Agne era da me, non so niente» mormorò, intimamente convinta che la sua amica le dovesse dei racconti dettagliati di quello che era successo lungo il breve tragitto tra le loro case.
Davide rise sguaiatamente e batté la mano sul bancone. «Qualcuno ti tiene un segreto!» la prese in giro, con il suo solito sorriso strafottente stampato in faccia; fu in quel momento che Anita effettivamente si ricordò che Davide significava solo una cosa: guai in vista. Non rispose la ragazza, decisa a non dargli altro materiale su cui ricamare i suoi stupidi giochetti. Magari con le parole poteva anche incantare Agnese - una volta, almeno: sperava che la sua influenza fosse ormai svanita -, ma di certo con lei non attaccava. 
A Davide non piaceva essere ignorato, motivo per cui non tardò ad aggiungere: «E lei c'è oggi?»
«No» replicò d'istinto, senza nemmeno doverci pensare. Potendo tenerle lontano quell'idiota, si sarebbe impegnata per riuscirci. «Magari è con lui adesso» infierì un istante dopo, accompagnando quelle parole con uno sguardo di sfida. Lo sapeva, in fondo, che l'idea di Agnese con un altro ragazzo lo faceva impazzire; non tanto perché gli importasse di lei, ma perché non riusciva ad accettare che qualcuno potesse ottenere ciò che a lui era stato negato. Non era niente più di un ragazzino viziato e prepotente Davide.
Ci fu un momento durante il quale i due non fecero che fissarsi con ostilità, finché poi Davide non le rise in faccia per poi allontanarsi verso le scale che portavano sul tetto, senza consumare o pagare la sua ordinazione né prestare attenzione alle sue parole. E Anita lo avrebbe volentieri seguito, per tenere sotto controllo la situazione, se solo quell'insolito momento di quiete non fosse appena sparito, lasciando il posto ad un gruppo di nuovi clienti e alla solita nevrosi di Michele.
In un primo momento sperò che Agnese fosse in compagnia di Leonardo, poi però ci pensò su e convenne che non fosse davvero il caso di affrontare Davide con l'altro ragazzo presente, perché non si sarebbe sentita a suo agio. Sospirò e rovesciò il caffè nel lavandino, poi sfoderò un sorriso convincente ma decisamente finto e accolse la clientela.
Michele le si affiancò e si mise a covino per rifornire il cassetto dei succhi di frutta, ma poi guardò Anita dal basso e aspettò che lei si accorgesse di lui. Non appena ebbe la sua attenzione assunse un'espressione dura in viso.
«Almeno per oggi risparmiami i casini, per favore» la rimproverò.
Lei si sforzò di non alzare gli occhi al cielo a quella richiesta e per non rispondere con scortesia rimase in silenzio. Fosse stato per lei avrebbe evitato un sacco di problemi, purtroppo erano quelli a seguirla come la sua ombra. Si chiese come stesse andando sul terrazzino, ma non riuscì a darsi alcuna risposta, ché dovette affrettarsi a tornare al lavoro.

Agnese era seduta al solito tavolino, gli appunti sparsi davanti a lei e la mente altrove. Pensava alla sera precedente, alla mano calda di Leonardo, alla sua risata serena, al sorriso dolce ed irresistibile; pensava al suo cuore che martellava al solo pensiero dell'innocuo bacio che lui le aveva dato sulla guancia prima di darle la buonanotte. Si mordicchiò il labbro inferiore e non sentì i passi alle sue spalle, fino a quando quel rumore non si trasformò in una voce.
«Pensi a lui, Toby?» 
Agnese sussultò e lasciò cadere la matita, voltandosi a guardare chi le avesse rivolto quella domanda, sebbene avrebbe riconosciuto quella voce anche tra la folla ad un concerto heavy metal. Il suo cervello aveva reagito come un contatore che scatta al sovraccarico di energia: si era spento, aveva cancellato ogni singolo pensiero che la faceva arrossire. Ora c'era solo confusione, rabbia, stizza.
«Cosa vuoi?» sibilò, lottando contro l'impulso di alzarsi e fronteggiarlo, più che altro perché era consapevole che avrebbe fatto la figura della stupida. 
«Chi era il tipo con cui eri?» domandò lui, avvicinandosi per prendere posto sulla sedia che il giorno prima aveva occupato Leonardo. Le sistemò i capelli dietro l'orecchio e le accarezzò la guancia con l'indice, per poi arrivare alle labbra.
«Mi sono sempre piaciuti i tuoi baci» la schernì. «Peccato tu non abbia mai voluto fare un passo oltre» continuò, fingendosi dispiaciuto e tirando leggermente in fuori il labbro inferiore, come un bambino a cui negano una caramella.
Agnese trattenne il fiato e si allontanò di scatto da lui, come scottata da una fiamma sottile e appena percettibile. «Tornatene da dove sei venuto» riuscì a dire in un sibilo incerto, tremolante. 
«Prima devi rispondere alle mie domande». 
Era anche per questo che Anita non era mai andata d'accordo con lui: era arrogante, pieno di sé e trattava Agnese come se fosse la sua schiava.
«Chi è il tuo nuovo amico?» chiese di nuovo, prendendo il mento della ragazza e costringendola a guardarlo.
«Non è affare tuo».
Davide rise sguaiatamente e avvicinò il viso a quello della ragazza, che arrossì e si lasciò incantare dagli occhi del ragazzo. Era sempre andata così con lui: gli bastava davvero poco per farla cadere ai suoi piedi.
«State insieme?» la interrogò di nuovo, incalzante e schietto.
Avrebbe voluto rispondere di sì, Agnese, ma non trovò il coraggio e scrollò impercettibilmente il capo, per quanto le fosse concesso dalla mano di lui che ancora le teneva il mento.
Il ghigno di Davide si fece sempre più vicino, fino al punto che il suo respiro si infrangeva sulla pelle leggermente abbronzata della ragazza.
«Sono l'unico che abbia mai avuto il coraggio di baciarti, eh?» la prese in giro, per poi premere con forza le sue labbra su quelle di lei. Agnese si aspettava qualsiasi cosa da Davide, ma non che la baciasse. Non così, non dopo così tanto tempo e soprattutto non dopo che le aveva espressamente detto che non gli importava più niente di lei e della sua… purezza. Strinse le mani a pugno così tanto forte che le unghie incidevano i palmi, fino a lasciare dei segni rossi e scavati, poi finalmente trovò la forza di spingerlo via e approfittò del momento di confusione per alzarsi e correre al bar, dove sapeva che avrebbe trovato Anita a proteggerla.
Un insieme di emozioni negative batteva sordo nel suo petto, mentre camminava spedita. C'era rabbia nei confronti di Davide a pulsarle nelle tempie, poi disgusto per quel gesto affettuoso a cui aveva perso il diritto tanto tempo prima, l'umiliazione subita si insinuava fredda fin dentro le sue ossa. E c'era un'acuta fitta di frustrazione a stringerle lo stomaco con la consapevolezza di non essere in grado di fronteggiarlo, di cavarsela da sola, finendo sempre per correre a nascondersi dietro a qualcun altro. Ciò, comunque, non le impedì di raggiungere il bar e arrampicarsi su uno sgabello tra i clienti che si ammassavano davanti al bancone. Ad Anita bastò intercettare il suo sguardo per leggere il tormento da cui era afflitta e non ebbe bisogno di domandarsi di chi fosse la colpa.
Michele la precedette, fiondandosi verso di lei prima che Anita potesse farlo. «Buongiorno, Agne. Cosa ti porto?» Non che non avesse notato che qualcosa non andava, ma in quel momento non poteva permettere che il suo unico aiuto si allontanasse dal bar. 
«Un bicchiere di candeggina» mormorò lei, facendolo ridere.
«Il solito cappuccino in arrivo! Ninì, pensaci tu» le accordò, salvo poi ammonirla a non muoversi di lì con uno sguardo severo.
La ragazza ricambiò l'occhiataccia, per poi addolcirsi per affrontare Agnese.
«Vado su a picchiarlo?» domandò, facendo l'occhiolino alla sua amica, che stiracchiò un sorriso e scrollò il capo.
«So io cosa ti serve!» esclamò allora, mettendosi già ad armeggiare con bicchieri e bottiglie.
«Non sarà un altro dei tuoi drink, vero? Senza offesa, ma non sono proprio in vena di mandare giù uno di quei miscugli infernali» sbuffò, per poi nascondere il viso tra le braccia incrociate sul balcone. Anita mandò giù la piccola delusione e sospirò silenziosamente.
«Capito...solito cappuccio?» provò ancora, ottenendo solo un muggito non ben identificato come risposta.
«Te lo preparo» mormorò, rimproverandosi di non aver impedito a Davide di salire sul terrazzo. Mentre era voltata verso la macchinetta del caffè entrarono al bar Leonardo e Sebastiano, seguiti da un'Elisabetta alquanto annoiata.
«Buongiorno» salutò Leonardo, avvicinandosi al bancone e osservando Agnese, ancora con il viso nascosto.
Anita sistemò una tazza sotto al bocchettone del caffè e si voltò a preparare il piattino su cui appoggiarla.
«Buongiorno» mormorò distrattamente. «Cosa vi preparo?» continuò, apatica.
Sebastiano rabbrividì e affiancò Leonardo, che nel frattempo si era accovacciato vicino ad Agnese, in modo da sbirciare sotto le braccia.
«Ninì, tutto bene?» chiese il biondo, piegando la testa di lato ed osservandola con intensità. Lei annuì e si sforzò di sorridere. Si sentiva inutile, perché non era stata capace di impedire a Davide di importunare la sia amica e, cosa ancora più grave, non sapeva come risollevarle il morale.
Sebastiano, nonostante forse non si potesse definire la persona più sveglia del mondo, capì al volo che qualcosa non andava. Ma cosa? Sperava di non essere lui la causa del malumore di Anita. A dirla tutta si era aspettato di vederla accoglierlo col sorriso sulle labbra quella mattina.
«Quando... stacchi?» domandò, nella speranza di poterne parlare con lei il prima possibile. Era sempre stato il tipo di ragazzo che andava in panico per un nonnulla e il pensare troppo senza avere risposte era proprio ciò che lo spingeva verso quella direzione. Deglutì rumorosamente, in attesa di una risposta.
Anita guardò Michele nella speranza che questo le desse il permesso di prendersi una breve pausa dal lavoro. Il ragazzo sbuffò, ma non seppe dire di no di fronte all'evidenza che qualcosa quella mattina aveva turbato la serenità del Girasole.
«Ti concedo dieci minuti» bofonchiò, agitando la mano come a cacciarla via dal locale. Anita lo ringraziò e si slacciò il grembiule, abbandonandolo sotto il bancone, dal quale uscì alla svelta.
Sebastiano l'accolse con un sorriso tirato e un leggero tremolio alle mani. «Ciao» la salutò in un sussurro e la seguì fuori dal bar fino ad un tavolino nell'angolo del portico. 
«Stamattina è passato Davide ed è andato a parlare con l'Agne e quello è il risultato», indicò con la testa il bar, sospirando. Il ragazzo non riuscì a non trattenere un sorriso, ripensando alla sua preoccupazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. Lanciò un'occhiata nella direzione a cui aveva accennato Anita e ridacchiò, vedendo Agnese e Leonardo ridere tra loro. «Be', non mi sembra andata tanto male» osservò, allungando una mano a sfiorare la sua. 
La ragazza arrossì e gli sorrise timidamente, per poi mordersi il labbro inferiore. «Non so esattamente cosa sia successo» mormorò, «Ma sicuramente nulla di buono». 
Lui intrecciò le loro dita, deciso a risollevarle il morale. «E mo ce pensa Leo a lei» la rassicurò. «Lui è il migliore in queste cose».
Anita accennò una risatina e si decise finalmente a guardarlo negli occhi; nel momento stesso in cui lo fece si sentì subito meglio, rincuorata da quell'azzurro limpido e sereno. Tutto d'un tratto non si sentiva più così in colpa per l'accaduto e l'unica a cosa a cui riusciva a pensare divennero le labbra di Sebastiano, che aveva imparato a conoscere bene un paio di notti prima. E in quel momento, per sfuggire alla realtà e rituffarsi in quella piacevole sensazione, avrebbe volentieri annullato le distanze tra loro; fu la consapevolezza delle persone attorno a frenarla, oltre che un briciolo di insicurezza. Si limitò a sorridere, quindi, e a stringere la mano nella sua, sperando che fosse lui a fare la prima mossa.
Sebastiano, dal canto proprio, si era letteralmente incantato a guardarla, studiando ogni dettaglio del suo viso, ogni linea e ogni piccola particolarità. Si riscosse solo quando lei inclinò la testa da un lato e allora scoppiarono a ridere insieme, ogni paura svanita di nuovo nel nulla.

«Insomma... tutto a posto?» 
Agnese annuì lentamente, ancora rossa in viso per l'imbarazzo di essere stata sorpresa in quelle condizioni da Leonardo. Le era bastato aprire gli occhi e vederlo accovacciato sul pavimento a guardarla dal basso per vincere lo sconforto e ridere piano per la sorpresa. Ora che si era un po' ripresa, col cappuccino davanti e quel ragazzo seduto accanto, non si sentiva più così piccola e smarrita. Era sempre offesa e arrabbiata con Davide per aver osato tanto e aver giocato con lei ancora una volta, ma non più succube dell'umiliazione. 
«E...» azzardò Leonardo, mescolando lo zucchero all'interno della tazzina del suo caffè; «Posso sapere cos'è successo?»
C'era un che di timido in quella richiesta; quel "posso" non era pura retorica, era una sincera richiesta di permesso, sembrava le stesse chiedendo l'autorizzazione a recuperare la confidenza della sera precedente. Niente che Agnese fosse in grado di negargli. 
Lei annuì di nuovo debolmente e poi farfugliò la sua risposta. «Davide ci ha visti ieri sera e... deve essersi fatto un'idea sbagliata. Mi... mi ha baciata» sussurrò, sentendo la vergogna per l'accaduto premerle di nuovo addosso.
Leonardo sussultò vistosamente e strinse forte il manico della tazzina. «Con che diritto l'ha fatto?» disse con voce bassa e vibrante per la rabbia trattenuta.
Agnese si voltò verso di lui, colpita da quella reazione strana e inaspettata, senza pensarci gli appoggiò una mano sul braccio e cercò gli occhi del ragazzo, che fissava la macchinetta del caffè di fronte a lui. «Non ha significato niente» si sentì in dovere di di confermare, ma Leonardo scrollò la testa e soffiò un sorriso amaro.
«Non è per questo, immagino che per te non abbia significato niente. Non ha nessun diritto di immischiarsi e rovinare tutto», la guardò dritto negli occhi e lei vacillò. In un attimo tutto sparì e lei dimenticò quello che era successo, compreso il bacio di Davide. Lì, seduto al bancone, c'era solo Leonardo e sentiva un'irrefrenabile voglia di abbracciarlo. Senza pensarci troppo e lasciando da parte la timidezza balzò giù dallo sgabello e lo abbracciò delicatamente, senza essere troppo invadente e mantenendo una certa distanza, annullata poi da Leonardo, che le fasciò la vita e la strinse forte a sé. 
Era del tutto naturale e meraviglioso, ma anche tremendamente incongruente ed improvvisato. Nessuno dei due sapeva come sarebbe continuata quella vicenda né a cosa quell'abbraccio avrebbe portato, ma entrambi sapevano che tra quelle braccia sentivano il cuore accelerare e la testa leggera.

Presto Anita rientrò nel locale ed Agnese si allontanò velocemente da Leonardo, entrambi rossi in volto.
«Ti sei ripresa?» chiese la biondina, allacciandosi il grembiulino nero in vita. La sua amica annuì e si affrettò a sorseggiare il suo cappuccino ormai freddo, sotto lo sguardo ammiccante di Anita.
Sebastiano si fermò sulla porta e fischiò, attirando l'attenzione di tutti i presenti. «Annamo?» disse in direzione di Leonardo, accennando alla spiaggia con la testa. Lui impiegò qualche istante prima di decidersi e allontanarsi. «Ci vediamo più tardi?» chiese, muovendo qualche passo incerto. 
Agnese arrossì ancora e annuì senza il coraggio di guardarlo dritto negli occhi, mentre glielo assicurava. Se pensava alla cotta che si stava prendendo per lui, le veniva voglia di prendersi a schiaffi. Sapeva benissimo che non era il caso di farsi coinvolgere, ma Leonardo sembrava così gentile e interessato a ciò che lei aveva dire come Davide non era mai stato; continuava a dimostrarsi pronto a proteggerla, schierandosi in sua difesa o consigliandole come comportarsi.
Lo guardò allontanarsi finché lui non fu troppo lontano e lei non si rese conto che se si fosse voltato la faccenda sarebbe risultata imbarazzante e difficile da spiegare. A quel punto non le rimaneva che affrontare lo sguardo consapevole di Anita e raccontarle tutto ciò che voleva sapere, completamente libera dall'influsso negativo di Davide.

Anita e Agnese erano sedute sul muretto che recintava una delle aiuole del Bagno Girasole e stavano finendo le loro granite ingannando con le chiacchiere la tensione che annodava lo stomaco di entrambe. Uno chiassoso vociare attirò l'attenzione di Agnese, più suscettibile del solito, che appoggiò il bicchiere sul muretto e si sistemò la coda ormai sfatta, sotto lo sguardo attento e divertito di Anita. La complicità tra di loro era aumentata nel momento in cui Leonardo era salito sul palcoscenico e si era preso un posto nella schiera dei protagonisti. 
«Ciao ragazze» salutò un allegro Elia, che si piazzò davanti a loro con un sorriso a trentadue denti. Agnese lottò con tutta se stessa per non guardare subito in direzione di Leo, così si concentrò sulla criniera ribelle del ragazzo che aveva davanti. Si vedevano le ore passate al sole, la salsedine e la sabbia che caratterizzavano le giornate d'agosto per i turisti. Lei proprio non capiva cosa ci provassero di tanto magico nel ruzzolarsi in un campo da tennis con un sole che avrebbe potuto uccidere anche le lucertole.
Anita salutò in fretta il ragazzo e si avvicinò a Sebastiano, che le fasciò i fianchi con un braccio e le sorrise apertamente.
«Ciao» mormorò. La ragazza arrossì leggermente e lo salutò con piccolo bacio sulla guancia. 
«Almeno evitate di fare i piccioncini davanti a tutti» sbottò Elisabetta, superando il gruppo di amici e avviandosi verso la strada, sotto lo sguardo truce di Agnese, che forse -e solo lontanamente forse- stava cominciando a farsi prendere dal romanticismo della situazione e non pensava più che Anita fosse una stupida. In fondo la capiva, era tutto così nuovo e apparentemente perfetto, se non si teneva conto del fatto che in una manciata di giorni Cesenatico avrebbe perso due turisti che le due amiche non avrebbero dimenticato facilmente.
Tommaso sbuffò un sorriso e accennò alla sorella, «Betta non risparmia frecciatine a nessuno», ridacchiò e diede una pacca sulla spalla ad Elia, trascinandolo lontano dalle due coppie. Leonardo gli aveva parlato di come si era sentito con Agnese, la sera prima e la mattina stessa, ed era convinto che prima o poi la pera sarebbe cascata anche tra di loro, per questo aveva in programma di favorire i suoi due amici.
Sebastiano approfittò della privacy per tentare di conquistare la compagnia di Anita; «Hai da fare stasera?» le sussurrò all'orecchio, facendo poi l'occhiolino a Leonardo, quando lo sorprese a guardarlo con un sorriso sornione.
La ragazza arrossì e si mordicchiò il labbro inferiore.
«No, sono libera» mormorò «Perché?»
Era quella la risposta in cui lui sperava. «Ti va di uscire?» propose, sorridendole raggiante, a pochi centimetri dal suo viso, mentre combatteva con la voglia di baciarla davanti a tutti. Il sorriso di Anita si allargò a tal punto che le labbra erano ridotte a due sottili ombre rosa.
«Certo» accettò, lasciandogli un piccolo bacio all'angolo della bocca.
Fu il turno di Sebastiano per arrossire, poi scoppiò in una gioiosa risata e le stampò un bacio a fior di labbra. «Daje!» esclamò, un attimo prima di prenderle la mano e voltarsi verso il migliore amico. «Ci si vede, Leo!»
Anita fece appena in tempo ad accennare un saluto in direzione di Agnese prima di essere trascinata via da Sebastiano.
Leonardo rise e agitò una mano a mo' di saluto, scrollando il capo con fare divertito. Non si aspettava niente di meno da quella testa calda di Castelli; la pazienza non era ma stata il suo forte, dopo tutto. Rivolse un'occhiata ad Agnese, che divenne ancora più rossa di quanto non fosse diventata vedendo i due piccioncini scambiarsi effusioni.
«Ehm, ciao» mormorò lei, sentendosi improvvisamente smarrita: la sua migliore amica l'aveva appena piantata sul posto con un bicchiere di granita all'arancia mezza vuota e un ragazzo che... be', le piaceva. Avrebbe dovuto odiarla o adorarla?
«Ti va di prenderci qualcosa da bere?» propose Leonardo, un po' per rompere il ghiaccio, un po' per non sentirsi da meno, ma soprattutto per trascorrere con lei un altro po' di tempo. Cominciava ad affezionarsi a lei e non riusciva a smettere di pensare ai momenti di compagnia che si erano presentati in quella bizzarra vacanza.
Agnese rimase in silenzio, cercando un buon motivo per rifiutare quell'offerta, ma prima che il suo cervello riuscisse a trovarle una, la sua bocca aveva già parlato: «Sì, perché no». Si sarebbe congratulata con se stessa per la bella mossa da ragazza sicura di sé (evento più unico che raro), se solo la sua voce non fosse suonata così flebile. Abbozzò un sorriso imbarazzato, prima di alzarsi e incamminarsi con lui, dimenticando il bicchiere sul muretto.
Leo si sentiva felice, spensierato e a proprio agio con Agnese, riusciva a parlarci bene e ad essere sicuro di sé quel tanto che bastava perché lei si fidasse. La seguì fino ad uno stabilimento poco lontano dal Bagno Girasole e presero posto sul grande terrazzo lussuoso. Era un bagno completamente diverso dall'altro, era tutto più ricercato e avevano tutti l'aria di essere gente con i soldi. Lui non riuscì a non sentirsi un po' a disagio, ma gli bastò guardare verso l'orizzonte e vedere il panorama per mettersi il cuore in pace.
«Io e Anita veniamo spesso qui a prendere una Coca con ghiaccio e limone e chiacchierare» spiegò Agnese con un filo di voce, come se stesse entrando in punta di piedi nei pensieri del ragazzo.
Leonardo spostò l'attenzione su di lei e la vide leggermente rossa sulle guance e questo lo fece sorridere più di quanto già non stesse facendo. Agnese si stava aprendo con lui ed era evidente che cominciasse a fidarsi. Sperava che non fosse altrettanto chiaro il fatto che a lui piacesse tanto e sempre di più, soprattutto perché sapeva di non essere un campione nelle relazioni con il gentil sesso e non mancavano le occasioni che glielo ricordassero. Tommaso lo sfotteva ogni due per tre e lui non faceva che sentirsi uno schifo, nascondendolo dietro ad un finto sorriso divertito. 
«È davvero un bel posto» disse. Stava per aggiungere altro, ma la cameriera si avvicinò al loro tavolo e porse loro due menù, riservando particolare attenzione a Leonardo, che non ci fece caso e cominciò a consultare la lista degli aperitivi offerti dal locale.
«Tu cosa prendi?», guardò Agnese, che aveva un cipiglio strano, mentre fissava la tavoletta di legno su cui era fissato il foglio del menù. 
«Agne?» cercò di attirare la sua attenzione, appoggiò una mano sul suo braccio e piegò la testa di lato. Agnese sobbalzò e lo guardò interrogativa.
«Come?» farfugliò, rendendosi conto di essersi distratta e persa nei propri pensieri. Come un avvoltoio -fin troppo bello e spigliato, secondo Agnese- la cameriera tornò al loro tavolino e sorrise a Leonardo, che si era voltato appena a guardarla. 
«Cosa vi porto?» domandò cortesemente, senza togliere gli occhi di dosso al ragazzo. 
«Due Cola con ghiaccio e limone».
Agnese alzò lo sguardo dal menù e arrossì leggermente.
Leonardo stiracchiò un sorriso, sperando che lei non prendesse la sua iniziativa come sfacciataggine, specie perché forse poteva averla offesa il fatto che lui avesse in un certo senso rubato il posto di Anita. La cameriera si allontanò ancheggiando sensualmente, attirando l'attenzione di un altro paio di clienti, ma non di quello che voleva lei.
«Quindi, ehm, cosa avete organizzato per domani?»
L'indomani in questione altro non era che, finalmente, Ferragosto. Era pieno di gente il spiaggia che da giorni non discuteva altro che il da farsi in quella data, l'eccitazione dei turisti in Riviera era quasi palpabile e così quella dei gestori di locali, i quali non potevano non sperare in un bel buon guadagno dai festeggiamenti. 
Leonardo ci pensò su solo un istante, prima di stringersi nelle spalle. «Anguria e barbeque? Qualcuno vorrà andare in discoteca domani sera, sicuramente». Forse loro cinque erano gli unici a non aver davvero pianificato qualcosa. «E gavettoni, ovvio» aggiunse poi con un sorrisetto divertito. 
Agnese sghignazzò, scuotendo il capo. «Ah, grazie al cielo quest'anno mi salvo!» commentò; «Mamma vuole a tutti i costi andare dai nonni nelle Marche, partiamo domani mattina presto» aggiunse, non senza un pizzico di rammarico. Le sarebbe piaciuto passare quella festa, una volta tanto, con i suoi amici, ma a sua madre era impossibile dire di no e dunque...
Leonardo storse le labbra in quello che doveva essere un sorriso, ma che uscì come una smorfia dispiaciuta e quasi infastidita. 
«Peccato, ti saresti potuta unire a noi» confessò piano, prendendo a guardare l'orizzonte. Agnese si mordicchiò leggermente il labbro inferiore, cercando un modo per cambiare discorso senza sembrare menefreghista. L'occasione gliela offrì lo stesso Leonardo, che fece schioccare la lingua sul palato.
«Pensi che Anita sia libera domani?»
Purtroppo la risposta non sarebbe stata molto più confortante. «Di solito lavora» disse infatti; era sempre stata una magra consolazione in quelle occasioni quella di sapere che la sua amica era altrettando occupata durante i suoi viaggi verso Pesaro.
«Sebastiano andrà in paranoia», si afflosciò sul tavolo e guardò la ragazza dal basso, «Tutto il giorno?»
«Gli altri anni sì, hanno molto da fare a Ferragosto» disse automaticamente, senza che davvero le importasse dei capricci della nuova fiamma di Anita; era troppo impegnata in quel momento a osservare - cercando di non farlo, perché, accidenti, si stava comportando da stalker - i lineamenti del ragazzo da quella nuova prospettiva: alla luce del tramonto e in quella posizione i suoi occhi, in particolare, sembravano ancora più grandi e profondi e assumevano nuove sfumature dai toni caldi che, se solo non si fosse sentita così in imbarazzo, avrebbe volentieri continuato a studiare. Invece distolse lo sguardo e, senza un motivo apparente, si ritrovò a sorridere timidamente.

Contemporaneamente,da qualche parte nel centro di Cesenatico, Sebastiano aveva trascinato Anita su una panchina e l'aveva baciata a lungo, prima con impazienza e poi dolcezza.
«A cosa pensi?» le stava chiedendo ora, accarezzandole i capelli corti sulla nuca, lo sguardo che le perlustrava il viso, affamato di dettagli.
Lei si strinse nelle spalle e sorrise timidamente, sentendosi osservata dai due occhi che avrebbe fissato per ore. 
«È la prima volta da quando lavoro al Girasole che vorrei avere il ferragosto libero» confessò, guardandolo timidamente. Non le era mai importato granché avere quel giorno libero, erano ormai sette anni che la sua famiglia non faceva più il tradizionale picnic e si sentiva molto più serena a servire le tavolate di persone che si riunivano per passare insieme quella giornata speciale.
Tuttavia quell'anno avrebbe volentieri messo da parte il lavoro e sarebbe scappata in spiaggia con Sebastiano, a fare la vita che per anni aveva visto fare agli altri. Sospirò silenziosamente e appoggiò la tempia alla spalla del ragazzo, che le depositò un paio di delicati baci tra i capelli.
Profumavano di frutta fresca, i fini e chiari capelli di Anita, e a Sebastiano piaceva molto quell'aroma così estivo e penetrante. Era come se riuscisse a sognarlo la notte, se lo sentiva addosso, ma invece di infastidirlo lo faceva sorridere da solo.
E non aveva più parole, ma solo una gran voglia di baciare le labbra morbide della sua ragazza. Poteva definirla così? Lei era pronta ad impegnarsi in una relazione oppure preferiva aspettare? E se questo appellativo l'avrebbe fatta scappare?
«Ora cosa siamo?» chiese allora, rompendo il silenzio, «Voglio dire, stiamo insieme?»
Anita fu presa alla sprovvista da quella domanda; un sorriso le increspò le labbra, mentre balbettava ad occhi sgranati nel tentativo di una risposta di cui non era sicura. Non perché non si sentisse al settimo cielo al solo pensiero, ma poiché, nonostante il cuore le battesse all'impazzata nella cassa toracica in quel momento, non era del tutto certa di come la pensasse il ragazzo. Che forse avrebbe potuto essere il suo. «Tu che dici?»
Anche Sebastiano ebbe un sussulto, poi però sorrise apertamente e ride forte. Cavolo se voleva che Anita fosse la sua ragazza, non aspettava altro!
«Mi piacerebbe che tu fossi la mia ragazza» confessò e le sue guance si tinsero di un rosso vivo che gli dava le sembianze di un maratoneta a fine corsa.
Allora Anita sorrise dolcemente e lo guardò arrossendo teneramente, poi si voltò verso di lui con tutto il corpo e gli accarezzò un braccio abbronzato. Aveva la testa piena di pensieri e le farfalle nello stomaco come ogni volta che si trovava in compagnia di Sebastiano. Si schiarì la gola e si mordicchiò il labbro inferiore, poi annuì.
«Piacerebbe anche a me» sussurrò. 
Il cuore di Sebastiano fece una capriola e non riuscì a resistere, ma baciò Anita con passione, attirandola a sé per i fianchi. La fece sedere sulle sue gambe e continuò a baciarla tenendola dietro la nuca.
Lei si sentiva andare a fuoco, ma la sensazione non le dispiaceva affatto; gli circondò il collo con le braccia e ricambiò con enfasi quel bacio con cui stavano festeggiando l'inizio ufficiale della loro relazione. Dovevano ancora conoscersi a fondo, scoprire gli spigoli taglienti l'una dell'altro, ma al momento non importava. Non importava essere condannati ad avere una storia a distanza, non importavano gli esami alle porte e la sofferenza che legarsi così presto con una persona vicina solo per poco tempo avrebbe comportato. Non esisteva niente al di fuori di loro due in quel momento; niente e nessuno.

Il sole era ormai calato e come se si fossero letti nel pensiero Leonardo e Agnese lasciarono lo stabilimento e si incamminarono per le strade della città, ormai affollata di turisti che uscivano per godersi una cena di pesce lungo il canale. 
«Tornerete a Cesenatico?» domandò Agnese, arrossendo leggermente dopo essersi accorta del tono implorante che le era uscito. Leonardo rise piano e timidamente le circondò le spalle con un braccio. 
«Penso proprio di sì, ma non prima di avervi fatto vedere Roma!» rispose, controllando di sottecchi la reazione della ragazza.
Lei abbozzò un sorriso, incerta sulla giusta reazione da avere. L'idea di vedere la capitale la entusiasmava, ma sapeva benissimo che ciò che la rendeva più felice era la possibilità di rivedere Leonardo. E Sebastiano, per Anita, ovviamente. Il solo pensiero della loro - sua - imminente partenza la metteva di malumore, ma decise che non era il momento di farsi prendere da sconforto o paranoie. Era stato proprio Leonardo a suggerirle di buttarsi dopo tutto, no? 
«Non ci sono mai stata, che io ricordi» rispose quindi; «mi piacerebbe visitarla. È bella come dicono?»
«Molto di più!» si sentì sicuro di rispondere. Roma aveva una marea di motivi per cui essere amata, ma altrettanti per farsi odiare. D'estate era invivibile, fra il caldo, i turisti e le manifestazioni sportive che paralizzavano il traffico e monopolizzavano l'attenzione di tutti gli abitanti. No, d'estate era decisamente meglio Cesenatico. 
«Potreste venirci questo inverno! Roma è sottovalutata nel periodo natalizio»
Agnese sorrise della sua sicurezza e scosse leggermente il capo. «Magari!» esclamò con cortesia, anche se già l'incombenza di esami e lezioni smontava qualunque speranza a riguardo. «Sarebbe bello» aggiunse, poi si affrettò a cambiare discorso: «Cosa pensi stiano facendo Ninì e Sebastiano?»
A quel punto Leonardo rise forte, facendo voltare un gruppo di ragazzine che camminavano davanti a loro.
«Non farmelo dire!» riuscì a rispondere, prendendo una profonda boccata d'aria per placare un nuovo moto ilare.
Lei arrossì violentemente e senza nemmeno pensarci domandò: «Perché?», una nota allarmata nella voce. Ninì non poteva essere tanto sciocca da star facendo zozzerie con un ragazzo conosciuto da così poco tempo, no? Vero? Non voleva nemmeno pensarci.
«Quei due si piacciono davvero» disse semplicemente lui, scrollando le spalle e sorridendo intenerito, «Seba è fatto così»
Quella risposta non placò nemmeno un po' le ansie della nostra Agnese, che proprio mentre era sul punto di chiedere ulteriori spiegazioni, fu interrotta dalla suoneria del suo cellulare. Lo ripescò in fretta dalla borsa, sentendosi in imbarazzo anche solo nel lasciare che Leonardo ascoltasse la canzone di Olly Murs che aveva impostato come tono per le chiamate, e rispose al volo. «Pront-... mamma. Sono per stra-...» Si accigliò, mentre la madre dall'altra parte della cornetta protestava a gran voce per quel ritardo ingiustificato.
«Sì, scusa. Sto arrivando. - Alzò gli occhi al cielo. - Arrivo!»
«Ti ho messa nei guai?» domandò a bassa voce Leo, non appena Agnese ebbe riattaccato. Sperava di non averle causato troppi problemi con sua madre invitandola a bere qualcosa insieme. Il fatto era che non aveva saputo proprio resistere alla voglia di passare altro tempo con lei e aveva provato a buttarsi.
«Oh», la ragazza sghignazzò nervosamente e scosse il capo. «No, figurati» si sentì in dovere di rassicurarlo;  «è tutto fumo e niente arrosto, mia mamma punta tutto sui sensi di colpa, quindi nessun guaio» spiegò, interrompendo la marcia. «Ma forse è meglio che vada». Se sua madre le aveva telefonato per rimproverarla, molto probabilmente la colpa era da imputare a sua sorella Alice: doveva averla innervosita con una bravata delle sue e la donna, come ogni volta, ne approfittava per richiamare tutti all'ordine con eccessive apprensione e severità.
«Ti accompagno!» si precipitò a ribattere, per poi arrossire impietosamente, «Se ti va, certo» farfugliò poi, nel più completo imbarazzo.
"No" disse la ragione di Agnese; "no, sarebbe imbarazzante se la mamma ti vedesse con lui." E anche se i vicini ti l'avessero vista con lui: erano sempre pronti a sparlare di tutti, lei non era di certo un'eccezione a quella regola. E se sua madre avesse fatto domande? Certo, la verità era molto semplice - erano solo amici, dopo tutto -, ma Agnese non voleva parlare di lui con nessuno. Non che ci fosse molto da raccontare comunque. 
«Sì» rispose invece, senza saperselo spiegare - e non volle farlo, non volle ragionarci su, per una volta. «Mi farebbe piacere, grazie», sorrise timidamente con lo sguardo fisso ai propri piedi.
Il ragazzo sorrise apertamente e la prese per mano, «Fammi strada».
Si piegò sulle ginocchia e cercò di catturare quello sguardo fuggitivo e quando i loro occhi si incontrarono il suo cuore accelerò leggermente e le sue guance si tinsero di rosso. Dio, che effetti gli faceva quella ragazza! Gli spappolava completamente il cervello e lo faceva sembrare ancora di più un rimbambito.
Lui non poteva saperlo, ma Agnese in quel momento stava pensando esattamente la stessa cosa di sé stessa, mentre una strana elettricità le attraversava tutto il corpo diffondendo un calore che con l'insopportabile umidità della riviera aveva poco a che fare; proveniva dal contatto della loro pelle e disinnescava qualunque procedimento razionale nel suo cervello. E Agnese si sentiva estremamente sciocca per questo.
Nonostante ciò, non sciolse quell'unione, ma sorrise con più sicurezza e, «Di qua», gli indicò il percorso che avevano già seguito un'altra sera.



Bloop's corner:
Buona sera lettrici e lettori, sono Mari! Come sta andando questo freddo gennaio? Il vostro 2016 è iniziato bene oppure speravate in qualcosa di meglio? 
Non mi dilungo troppo perché non so nemmeno se qualcuno ci arriverà alle note a fondo pagina! Comunque, godetevi questi piccioncini!
A presto
AP

 

   
 
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