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Autore: Laylath    01/02/2016    3 recensioni
(Legato alla serie Un anno per crescere, quindi è consigliabile aver letto l'opera principale e gli spin off).
Raccolta di one shot sui vari protagonisti di Un anno per crescere: prima, seconda e anche terza generazione che avete avuto modo di vedere solo nell'epilogo.
Saranno di vario tipo, ma fondamentalmente restano sul genere slice of life.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Protagonisti: Jean Havoc, Rebecca Catalina/Havoc, Elisa Meril/Falman


Troppo grande

 
Quel piccolo angolo di mondo, 1910
 
Ormai era da qualche settimana che Jean nutriva diverse perplessità in merito, ma non aveva ancora osato parlarne con nessuno, nemmeno con Heymans. La verità era che aveva paura di scoprire che qualcosa non andava e fino a quel momento aveva preferito restare con i suoi dubbi piuttosto che esternarli e trovare delle certezze sgradevoli.
Però qualcosa non mi torna – ammise, prendendo l’ennesima sigaretta e accendendola con un gesto distratto – sono sicuro che la mamma non era così, proprio no!
Fissando il panorama che si godeva dal portico di casa sua, socchiuse gli occhi tornando indietro con i ricordi fino a vent’anni prima, cercando di visualizzare sua madre quando era incinta di Janet. Forse non ci aveva fatto troppo caso a soli otto anni, però qualche ricordo di quella pancia doveva averlo… e non così grande.
“Jean! – chiamò una voce stanca dall’interno della casa – Vieni a darmi una mano! Non riesco proprio a muovermi!”
“Eccomi, Reby!” rispose, spegnendo subito la sigaretta in un vecchio vaso con terra secca e correndo dentro l’abitazione. Arrivò fino al salotto e rimase imperterrito a fissare Rebecca che, con la stessa grazia di una balena spiaggiata, cercava di sollevarsi a sedere sul divano… con una pancia decisamente enorme per essere nemmeno all’ottavo mese di gravidanza.
“Che cosa guardi come un ebete? – chiese la donna con aria stizzita – mi dai una mano o no? Guarda che il responsabile di questo peso sei anche tu!”
“Sempre simpatica – sbottò lui, cercando di recuperare la solita spontaneità: non voleva assolutamente contagiare Rebecca con le sue paure – sono arrivato, no? Datti una calmata.”
Lei non disse nulla, ma tese la mano per farsi sollevare in posizione seduta: ormai nessuna posizione le riusciva confortevole per più di mezz’ora, con ovvie ripercussioni sull’umore.
“Dannazione – sospirò infine, posandosi sullo schienale imbottito e mettendosi una mano sul pancione – non vedo l’ora che nasca… Elisa ha detto a novembre, ma mi pare ancora tremendamente distante.”
“Siamo ad inizio ottobre – cercò di consolarla il marito, posando a sua volta una mano su quella montagna – ormai manca poco, devi solo essere ottimista… ehi, ha dato un calcio!” I suoi occhi azzurri si illuminarono di meraviglia nel sentire quel piccolo movimento proprio sul palmo della sua mano.
“Sì, l’ho sentito! – sorrise Rebecca, riuscendo a trovare di conforto quei segnali di vita del bambino – proprio sulla mia mano!”
“No, sulla mia…” corresse Jean.
Il silenzio calò sui due coniugi Havoc mentre si guardavano con perplessità. Poi, contemporaneamente, abbassarono gli occhi sul pancione di lei e sul punto su cui ciascuno aveva posato la propria mano: esattamente agli opposti.
Va bene… va bene! – si allarmò Jean, cercando di apparire sereno mentre il suo cuore iniziava a battere all’impazzata – E’ solo talmente vivace da poter dare un pugno ed un calcio in due punti diversi del ventre… ed è… enorme!
“Sei… sei sicuro che abbia dato un calcetto dove hai la mano tu?” chiese Rebecca con voce leggermente nervosa.
“Dai, non è così… distante… non credo…”
“Non è così distante? – ansimò lei, agitando le mani con fare isterico – Ma ti rendi conto di quello che hai appena detto? E’… è enorme!”
“Beh, con una pancia così dovevi aspettartelo, no? – Jean si alzò in piedi quasi ad allontanarsi da quella cosa così grande che ormai era stata identificata come pericolosa – non è che lo scopri solo ora che è grande!”
“Mi ucciderà! – cercò di alzarsi la donna, riuscendo però solo a rotolare di lato – questo mi ammazza come lo partorisco! Non è un bambino, è un bisonte! Oh cielo.. cielo… io pensavo che parecchio fosse… grasso!
“Grasso! Beh, è vero che mangi parecchio da quando sei incinta, però non… come hai fatto a non pensarci prima?”
“Perdonami se non sono un’esperta e se questa è la mia prima gravidanza – scoppiò a piangere Rebecca – e scusami tanto se probabilmente morirò nel mettere al mondo il tuo erede! Cielo… non voglio morire! Sono ancora così giovane!”
“Ferma, dai! – la bloccò Jean, aiutandola a rimettersi dritta – vedrai che Elisa farà in modo che le cose vadano bene: ci saranno anche mia madre e la tua… e mia zia Allyson, diamine lo sai che pure lei è una levatrice.”
“E ci sarai pure tu – lo supplicò lei – vero?”
“Ma certo! – annuì l’uomo, battendosi una mano sul petto con fare sicuro – Ti sosterrò in ogni momento, anche a costo di beccarmi i tuoi insulti quando sarai all’apice del dolore e…”
“Non aiuti così!”
“Scusa, scusa…”
“Dannazione, ma quando arriva Elisa? – tirò su col naso Rebecca – oggi doveva venire a visitarmi…”
“Speriamo arrivi presto!” annuì Jean con la medesima disperazione.
 
Jean teneva, anzi serrava la mano di Rebecca nella sua mentre osservava Elisa tastare il ventre gonfio con aria esperta. Cercava di cogliere nella loro amica qualsiasi segnale di disastro incombente: non sapeva come avrebbe fatto, ma non avrebbe mai abbandonato sua moglie in un momento così difficile.
Dannazione a me… ma perché gli Havoc sono così robusti?
“Beh, qui mi pare proceda tutto bene – annuì la dottoressa alzandosi con un sorriso – con molta probabilità partorirai con una decina di giorni in anticipo rispetto al tempo, ma penso che pure tu lo immagini, Reby.”
“Credi che ce la potrò fare?” chiese la mora con ansia.
“Perché non dovresti?”
“E’… è enorme, lo vedi bene pure tu! Oggi… oggi ha dato un calcio ed un pugno in contemporanea… in due punti opposti del mio ventre!”
“Sì – annuì Jean, prendendo la distanza con le mani come quando parlava delle dimensioni di una trota presa al torrente – sarà grande più o meno così: per un neonato è pazzesco! Insomma, va bene che io e Rebecca non siamo mingherlini come te e Vato… ma io mi ricordo Rey appena nato e…”
Si bloccò vedendo che Elisa li stava guardando stranita, come se non capisse di cosa stesse parlando. Poi si mise una mano davanti alla bocca e ridacchiò.
“Beh, mi pare strano che non c’eravate arrivati da soli… vieni, Jean, ascolta con lo stetoscopio – propose, porgendogli lo strumento – prima qui… che senti?”
“Un battito… il cuore del bambino, no?” rispose lui dopo una decina di secondi di attento ascolto.
“Se lo senti accelerato è normale… e ora – la dottoressa spostò lo stetoscopio dall’altra parte del ventre di Rebecca – qui che mi dici?”
“Un altro… cazzo… ha due cuori?”
“Gemelli! – sospirò di sollievo Rebecca, lasciandosi cadere sui cuscini – oh cielo grazie! Grazie! In due fasi ce la posso fare!”
“Gemelli? – Jean era incredulo – come gemelli?”
“Succede sai – sorrise Elisa – con un pancione così grosso era praticamente scontato! Non mi dite che siete rimasti con l’ansia per tutto questo tempo! Oh Reby, eppure ti avevo detto di farmi qualsiasi domanda e…”
“Gemelli!” ridacchiò Jean, correndo ad abbracciare l’amica ed interrompendo la sua spiegazione
Adesso tutto aveva un senso… e lui era l’uomo più felice del mondo.
  
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