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Autore: ayama5    01/02/2016    0 recensioni
"...non sentì nemmeno il dolore dell’impatto col terreno e chiuse gli occhi per l’ultima volta avvertendo la sua anima spegnersi."
Salve a tutti!!!
Questa storia è ambientata dopo la fine dell'anime, si tratta di una possibile conclusione dopo il combattimento con il Kishin.
Questa è la mia prima fanfic in assoluto quindi per favore siate clementi :)
Critiche, recensioni e commenti sono ben accetti!
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Black Star, Death the Kid, Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Soul si svegliò di soprassalto lanciando un urlo che fece aprire gli occhi anche agli altri. Black Star si infuriò e Tsubaki cercò subito di calmarlo.
-Era solo un sogno- sussurrò Soul più a se stesso che agli altri.
-Cos’hai sognato? – gli chiese Kid.
-Niente di fico - rispose lui, poi posò gli occhi sugli altri. Avevano tutti un’espressione tesa e lo sguardo vuoto.
-Tutto ok? – chiese a Liz, Patty, Crona e Kid.
Annuirono tutti ma fu Crona a parlare per primo.
-Ho sognato che Maka moriva dopo la battaglia col Kishin. –
Il silenzio accolse quella dichiarazione.
-Era solo un sogno – disse Soul.
-Si ma anche io...- cominciò a dire Patty.
-Anche se lo avessimo sognato tutti sarebbe sempre e solo un sogno – urlò lui in risposta. Guardandoli negli occhi capì che la paura che provava lui era anche in loro.
-Che cavolo ci mettiamo a fare i sogni uguali? – sussurrò Liz.
-Dai andiamo – disse Kid – In fondo siamo venuti a dormire da te per poter andare presto no? –
-Giusto. In marcia gente!! – gridò Black Star e il gruppo iniziò a prepararsi.
 
In una casa un po’ fuori mano Stein si sciacquò il viso e si guardò allo specchio. Era davvero preoccupato, quel sogno non gli aveva lasciato un buon presentimento. Si mise la maglia, il camice e si avviò verso la porta.
-Vai di già? Così presto? – gli chiese la sua partner che gli si era presentata con due tazze di caffè in mano.
-Sì, sono un po’ preoccupato. Mi spiace. –
-Aspetta – lei lo fermò quando aveva già la mano sulla maniglia – Dammi due minuti e arrivo anch’io. –
Lui annuì.
 
Spirit sedeva sul letto con una mano tra i capelli, aveva ancora la fronte sudata per quello che aveva visto in quello stramaledetto sogno. Era così vero, così nitido nella sua mente che l’ansia e l’angoscia lo assalirono. Si cambiò il più in fretta possibile e uscì sbattendo la porta alle sue spalle.
Fece una strada che gli era ormai famigliare, aveva perso il conto delle volte i cui si era recato in infermeria in quegli ultimi tempi.
Era ancora presto e nei corridoi dell’accademia non c’erano ragazzini urlanti ma solo alcuni professori che discutevano del programma della giornata, per questo riconobbe subito le sagome di Stein e Mari. Era tropo presto per loro perciò Spirit dedusse che la loro meta doveva essere il luogo in cui si stava dirigendo anche lui.
-Buongiorno – disse per attirare la loro attenzione.
I due si girarono e ricambiarono il saluto.
-Ti vedo stanco, Spirit – commentò Mari.
-Non ho riposato bene. Troppi incubi – rispose lui. Stein lo guardò da dietro gli occhiali, capiva bene come si sentiva la sua ex-arma.
Arrivarono alla porta della stanza e l’aprirono trovandosi davanti una scena ormai troppo conosciuta.
Dalla finestra aperta entravano i raggi del sole e una piacevole brezza che faceva muovere dolcemente le tende. L’unico letto presente era circondato da sedie occupate dagli studenti più promettenti della Shibusen ed era occupato da Maka Albarn.
Come succedeva da quindici giorni a quella parte, cioè da dopo la sconfitta del Kinshin, alla sinistra di Maka si trovava Soul, seduto e a braccia incrociate, con gli occhi chiusi e estremamente teso, come se a lottare tra la vita e la morte fosse lui e non la sua partner; accanto a lui Crona guardava in basso. Poco più indietro Black Star era in piedi e appoggiato con la schiena ad un armadio, le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo puntato fuori dalla finestra; Tsubaki era di fronte a Maka seduta e con le spalle curve come sempre. Tutto il lato destro di Maka era occupato dal gruppo di Kid, Patty era quella più vicina alla porta e anche quel giorno non aveva il suo sorriso allegro ad illuminarle il viso; sua sorella, seduta accanto a lei, si torturava nervosamente le mani, ogni giorno le sue unghie erano in condizioni peggiori ma lei non se le era mai sistemate. Infine Kid, in piedi, affianco a Maka, era l’unico che ogni volta puntava i suoi occhi dritti sul suo viso e la guardava come se sperasse di riportarla tra loro con lo sguardo.
Come al solito nessuno si girò quando entrarono i tre adulti e i saluti furono immediatamente accantonati.
-Come sta? – chiese Mari.
Il dottor Stein prese la cartella che registrava le variazioni nella notte.
-È stabile- rispose, come ogni giorno.
Tutti coloro che erano in quella stanza non riuscirono a tirare il sospiro di sollievo che avrebbero voluto. Era viva certo ma per quanto lo sarebbe rimasta? Un giorno? Un mese? Oppure la prospettiva peggiore che li avrebbe uccisi tutti, interiormente e lentamente, per sempre?
Non erano molte le parole condivise in quei momenti, giusto le frasi di circostanza. Tutti tenevano costantemente sotto controllo Kid e Stein, loro in fondo potevano vedere l’anima di Maka, avvertire dei cambiamenti, prevedere cosa stava per succedere, ma nessuno dei due aveva mai mostrato di percepire nulla provenire da Maka.
A un certo punto dalla finestra aperta entrò un po’ di musica, trasportata dal vento da chissà dove; era dolce e malinconica, il gruppo venne cullato da quelle note senza preoccuparsi di lasciarsi trasportare.
Patty emise un singhiozzo e venne prontamente abbracciata da Mari e Liz. Tsubaki portò le mani al petto e si raccolse in una preghiera silenziosa; Soul iniziò a tenere il ritmo con le dita e Black Star sbuffò.
L’attenzione di Kid e Stein però era tutta catalizzata dall’anima di Maka che aveva preso a brillare debolmente, la luce seguiva il ritmo della canzone senza una spiegazione.
-Che succede? – chiese Spirit.
-La sua anima sta vibrando – rispose Kid senza riuscire a nascondere una nota di eccitazione nella voce.
Ognuno si ridestò dallo stato squo in cui era precipitato e guardò Maka.
Le palpebre della ragazza tremarono un attimo e poi aprì gli occhi.
-Maka!!! – la felicità nella voce dei suoi amici la fece sorridere.
-Ehi ragazzi. Che succede? – chiese.
-Come che succede! Sono quindici in giorni che sei in coma. Come ti senti? – le chiese Soul.
-Abbastanza bene, grazie – rispose lei con un filo di voce poi li guardò uno a uno come a volerli salutare.
Kid le sorrideva, aveva le guance leggermente rosse e gli occhi umidi. Allungò una mano e le sfiorò la fronte.
-Ci sei mancata – le disse ritraendo la mano.
Accanto a lui, Liz e Patty la salutavano sorridendo con gli occhi che brillavano e la più piccola delle due tirò fuori una piccola giraffa fatta di cartone.
-Questa è per te – gliela offrì con un tono orgoglioso – Ho pensato che avresti voluto qualcosa di allegro appena svegliata. –
-Grazie mille, Patty – le rispose Maka. Lei non poteva sapere che le due sorelle erano rimaste in piedi due notti di seguito per farla e che l’avevano portata tutti i giorni successivi sperando di dargliela.
Mari la salutò con una mano e poi corse ad accudire suo padre che dalla felicità stava addirittura vomitando. Una vota ripresosi dal conato si posizionò davanti al letto e le mostrò un dito in segno di vittoria.
-Ben fatto piccola mia. Non sai quanto sono orgoglioso di te. Sono grato che tu ti sia risvegliata piccolo angelo mio. –
Maka arrossì.
-Ma piantala – gli disse però il tono era giocoso e il viso allegro.
Il dottor Stein le sorrise semplicemente, un sorriso rassicurante e sollevato che lei ricambiò con uno pieno di gratitudine.
Black Star sfoggiò il suo solito sorriso a trentadue denti e le puntò il dito contro.
-Dì la verità, ti sei svegliata perché volevi vedere la mia immensa grandezza nel momento in cui avrò superato gli dei giusto? E comunque era ovvio che ce l’avresti fatta. In fondo puoi combattere a fianco di un dio. –
Maka rise. La sua risata cristallina riempì la stanza e tutti si bearono di quel suono.
Tsubaki si allungò sul letto e le strinse una mano, aveva le lacrime agli occhi e la sua voce tremava.
-Oh Maka. Sono così contenta, così contenta – sussurrò.
Maka le strinse la mano ma i suoi muscoli indolenziti protestarono per quel gesto e una smorfia di dolore le attraversò il viso.
-Tutto bene? – le chiese apprensiva Tsubaki.
-Sì tranquilla. È solo che era tanto che non mi muovevo. –
-Allora appena ti avranno dimessa organizzeremo dei pic-nic, una gita e delle partite di pallacanestro. Va bene? – chiese Crona.
Maka lo osservò. Aveva gli occhi rossi, la pelle più pallida del solito, le mani che stringevano la tunica sopra le gambe e uno sguardo speranzoso.
-Volentieri – disse solamente e questo bastò per far sorridere il ragazzo che in uno slancio di coraggio si alzò e la strinse forte a se. Poi si staccò tutto rosso e imbarazzato.
-Scusa, mi spiace. Ho fatto male immagino. E che non so come comportarmi con qualcuno che si è appena ripreso…-
Maka lo interruppe.
-Non hai sbagliato niente. Mi ha fatto piacere. –
Crona si zittì e si rilassò.
Infine Maka posò i suoi occhi su Soul giusto in tempo per vederlo asciugarsi una lacrima con la manica della felpa.
-Piangi? – gli chiese ignorando quante lacrime aveva versato per lei in quei giorni.
-Assolutamente no – rispose lui –Piangere è molto poco fico no? –
Le sorrise e le appoggiò una mano su un braccio stringendolo delicatamente.
-Bentornata Maka. –
-Sono a casa – rispose sorridendo lei.
 
 
 
 
 
Piccoli appunti:
 
La frase finale è il modo in cui in Giappone uno si annuncia quando ritorna a casa. Mi sembrava appropriato.
Accetto volentieri critiche e commenti da chiunque avesse voglia di farli :)
   
 
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