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Autore: Water_wolf    02/02/2016    3 recensioni
ATTENZIONE: seguito di "Sangue del Nord", "Venti del Nord" e "Dispersi nel Nord".
Evitare la guerra tra Campo Giove e Campo Nord, impedire il risveglio di Gea, fermare l'avanzata di Ymir: normale routine per i semidei Alex, Astrid ed Einar. Eppure, è davvero così? La posta in gioco è sempre più alta. L'unica soluzione è una triplice allenza tra Greci, Nordici e Romani. Ma il compito è tutt'altro che semplice se braccati da quelli che pensavi alleati. E Roma nasconde molti più segreti di quanto si creda...
«Molto bene. In bocca al lupo, Lars. Mi fido di te. Che gli Dèi siano con te» mi augurò, sorridendomi. «Anche io mi fido di te… ma dubito che gli Dèi saranno con noi, visto quel che dobbiamo fare.» || «Perché sai che cosa succede ai personaggi secondari che provano a diventare degli eroi?» Non attese risposta. «Muoiono, Einar Larsen. Ecco, che cosa succede.»
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Annabeth Chase, Gli Dèi, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Dei-menti alla riscossa: Thor vs. Eracle

∫ Einar ∫


«Se facciamo un conto, abbiamo schivato Thor, attraversato Vanheim, infinocchiato i signori guerrieri di Volkvanger e attraversato un secondo portale. Capo, ti stai superando» dissi, mentre la barriera si dissolveva, lasciandoci tornare su Midgard.
«Be’, grazie.» Alex sbuffò stanco e si accasciò contro il parapetto. «Ma non credo di poter fare nient’altro per i prossimi due giorni.»
«Per una volta siamo d’accordo su “niente più rune”.» Astrid gli fu subito accanto, sbuffando contrariata. «Devi sempre strafare.»
«Altrimenti non sarebbe Alex Dahl» replicai, con un sorrisetto. «E non ti concederesti a lui tanto facilmente.»
La mia esperienza nei confronti delle reazioni di Astrid era, ormai, ampia. Ed infatti riuscii ad evitare un pugno che, altrimenti, avrebbe rotto il mio già più volte devastato naso.
«Sta’ zitto, Larsen» sibilò, tornando a tubare su Alex. «Meglio se tu, invece, ora vai a riposare.»
«Credo sia una buona idea» confermò il figlio di Odino, arrancando verso la scaletta di discesa, proprio mentre gli altri riemergevano.
«Be’, siamo fuori dal territorio di quei pazzi» commentò Frank, ancora acciaccato dopo la sua permanenza nelle segrete dei Vani.
«Dai Zhang, non erano tanto male. Non hai ancora conosciuto gli Asi» replicai con un sorrisetto.
Il figlio di Marte arrossì, borbottando qualcosa che non sentii bene, ma suonava tanto come “non ci tengo affatto a conoscerli”, mentre Hazel gli dava una pacca sulla spalla.
«Be’, ora dobbiamo essere il più possibile rapidi» dichiarai, decidendo di tagliare corto e guardai all’orizzonte. «Dove ci troviamo esattamente?»
«Secondo il radar, tra una decina di minuti saremo allo Stretto di Gibilterra» rispose Leo, che stava controllando la console di comando. «Direi che abbiamo guadagnato 12 ore al massimo.»
«Avremmo potuto guadagnare un intera giornata, se Freyr non ci avesse fermati» sbuffò Jason, contrariato. «Ma poi, non ho capito… Perché ci ha ostacolati? L’ultima volta non ha fatto molto caso al mio essere romano.»
«Oh, quello, temo, sia Odino» gli spiegò Astrid. «Non credo che Freyr sia mai stato un vostro nemico. I Vani sono più pacifici degli Asi, maa sono sottomessi a loro. Odino ordina e loro eseguono. E in tempi come questo è meglio non contraddirlo.»
«Ma se Ymir è così pericoloso, perché Freyr non lo affronta?» chiese Piper, accigliata.
«Credo che il Re degli Dèi stia diventando un tantino paranoico. Forse pensa di affrontarlo come lo affrontò in passato, da solo. Così manda gli altri Dèi a difendere altri fronti» spiegai, amareggiato.
«Come se Zeus schizofrenico e Gea sul piede di guerra non ci dessero già abbastanza problemi» sbuffò Percy, appoggiandosi al parapetto.
La nave rollò tranquilla, appoggiandosi sull’acqua, quasi scivolando sul sottile schermo liquido, mentre avanzavamo verso i due lembi di terra che delimitavano il Mediterraneo.
«Ok, gente, ormai ci dovremmo essere» ci informò Leo, rallentando. «Siamo davanti al Mare Nostrum.»
Man mano che ci avvicinavamo, notai che lo stretto era molto trafficato; non solo navi mercantili: ogni circa venti minuti, vedevamo un traghetto profilarsi all’orizzonte, passando tra i due lembi di terra. Quando fummo molto vicini, ci passò accanto una nave da crociera, regalandoci uno scroscio di saluti dei molti turisti incuriositi dalla nostra presenza: evidentemente una trireme greca di tremila anni fa era uno spettacolo divertente, sempre che fosse quello che la Foschia faceva vedere loro.
Alla nostra sinistra, iniziò a prendere forma un promontorio su cui era stata costruita una specie di rocca di avvistamento di pietra. Alla nostra destra, più lontano, si intravedeva un altro lembo di terra, sicuramente la costa africana.
«Va bene, passiamo.»
Leo attivò il rotore, pronto ad imboccare lo stretto, ma Jason lo fermò.
«Aspetta!» Il figlio di Giove sembrava nervoso. «Credi davvero sia una buona idea?»
«Amico, questo è lo stretto di Gibilterra, passano centinaia di navi al giorno» gli fece notare Percy. «Nessuno farà caso a noi.»
«Ma noi siamo una nave di semidei» replicò Piper.
«Pipes ha ragione. Dobbiamo almeno onorare Eracle» le dette man forte Annabeth.
«Ed in che modo, se posso chiedere?» domandai, divertito.
Non avevamo modo di sacrificare un bel nulla ad Eracle, e nemmeno il tempo era qualcosa di cui disponevamo in abbondanza.
«Non lo so, ma questo luogo ha una valenza sacra. È il confine del Mondo Antico. In un certo senso è come se noi tornassimo alle origini dei nostri Dèi. Qui Eracle pose le sue colonne, che lo rendono celebre ancora oggi tra i mortali. Dobbiamo porgergli i nostri rispetti o rischiamo di trovarcelo alle calcagna, esattamente come Thor» spiegò la figlia di Atena, in tono paziente.
Stavo per replicare con una delle mie battute, quando mi accorsi che Percy si stava comportando in modo strano: invece di parlare, cosa che faceva di solito, fissava un punto non ben definito sulla rocca di Gibilterra. Seguii il suo guardo ma non vidi nulla, eppure lui sembrava intento a decifrare un codice segreto importantissimo.
«Non Plus Ultra»recitò quasi in trance.
«Come fai a saperlo?» chiese Annabeth, allibita.
«Non lo so. È scritto lassù» rispose semplicemente, indicando le rocce della scogliera.
Appena ci sporgemmo per accertarcene, il paesaggio cambiò. All’inizio mi parve come una leggera foschia, poi, al centro dello stretto, iniziò a condensarsi una specie di atollo che, in poco tempo, si trasformò in un’isola vera e propria con tanto di spiaggia con sabbia bianchissima. Sulla battigia era appostato un giovane ragazzo. Eravamo ancora distanti e non riuscii a distinguere i lineamenti, ma non era difficile intuire chi fosse.
«Ragazzi… ehm… che faccio?» Leo sembrava in panne, un po’ preoccupato e un po’ turbato. «Possiamo decollare, se volete. Passiamo per aria, così non ci può inseguire... Penso.»
«Non sarebbe una cattiva idea» sussurrò Piper, che sembrava molto turbata.
«Se quello è davvero Eracle, visto il modo in cui ci aspetta, non sarebbe una cattiva idea» ammisi, cercando di nascondere il nervosismo.
«Nada, amigos. I miei radar indicano una grande perturbazione accompagnata da un’incredibile energia divina in avvicinamento. Frank, secondo te Thor quanto ci mette a raggiungerci?» scherzò Leo, anche se lo conoscevo abbastanza bene da poter dire che era nervoso.
Mentre Frank biascicava qualcosa contro Thor, diventando leggermente più pallido, mi chiesi se non fosse il momento adatto per riappacificarmi con il figlio di Efesto. Scossi il capo. Avrei aspettato un momento migliore, magari uno in cui non ci saremmo dovuti scontrare con due Dèi con troppi muscoli e troppo poco cervello.
«In poche parole siamo tra incudine e martello» commentò Percy accigliato. «L’unica è tentare di passare da qui.»
Astrid sbuffò: «Be’, fantastico, siamo dieci eroi esausti contro Ercole. Ce la faremo di sicuro.»
«Io ho un’idea migliore: perché non proviamo a parlargli?» consigliò Annabeth.
Ci fu una piccola discussione su chi dovesse andare. Percy avrebbe voluto parlargli, ma dopo una breve discussione, decidemmo che sarebbero andati Jason, che condivideva il padre con Eracle, e Piper, che avrebbe potuto usare la lingua ammaliatrice in caso di necessità.
Mentre quei due volavano verso Eracle, Leo fermò la nave e ci preparammo ad una lunga attesa.
«Io vado di sotto, da Alex» disse Percy, abbastanza contrariato, come se non andare lo avesse offeso.
Io mi appoggiai al parapetto della nave, osservando come procedevano le cose sulla spiaggia con Eracle. Da quella distanza si riuscivano ancora a vedere i nostri amici. Jason atterrò praticamente subito, spostando la sabbia in un piccolo vortice, mentre, alle nostre spalle, le nuvole si addensavano.
«Si direbbe che Thor sia molto vicino» commentò Leo, che approfittava della fermata per dare un’occhiata ai danni provocati dai numerosi attacchi.
«Sicuramente ha voglia di vendicarsi dello smacco subito» ipotizzai, alzando le spalle.
«Sarebbe molto bello andarsene» sbuffò Frank, che camminava avanti e indietro sul ponte. Era palesemente agitato.
«Abbi fiducia nei nostri amici. Superman può far ragionare suo fratello» provai a rassicurarlo, proprio mentre vedevo Jason e Piper allontanarsi da Eracle, girando dietro l’isola.
Quell’avvenimento iniziò a farmi preoccupare: se il dio aveva dato loro dei problemi, perché non tornavano? E dove stavano andando? Presi in considerazione l’idea di proporre uno sbarco per vedere che succedeva, ma poi pensai che Eracle avrebbe potuto non gradire e, se le leggende erano vere, decidere che un disastro navale potesse rallegrare la sua giornata.
«Posso chiederti una cosa?»
Frank si era avvicinato e stava anche lui, osservando la costa.
«Se posso rispondere, volentieri.»
«Ieri Thor mi ha detto che ho sangue di Loki. Ma a quel che so non ho discendenti norreni.»
«Ah, quello… Credo sia per la tua capacità di mutare forma. È comune tra i miei fratelli» risposi, ridacchiando.
Il figlio di Marte si accigliò. «Non mi pare che tu ti trasformi.»
«Be’, non tutti i figli di Loki sono mutaforma. Io ho il dono dell’illusione, altri sono cambiano aspetti e altri ancora possono manipolare il fuoco come mister Valdez qui presente» risposi, facendo un cenno verso il figlio di Efesto. «Se gli Dèi avessero un DNA, direi che dipende dai geni. Ho un’altra teoria, però. Secondo me, io non muto forma perché sono già perfetto così come sono.»
In quel momento, Jason e Piper tornarono a farsi vedere sulla spiaggia. Sembravano messi male: i vestiti bagnati ed i capelli appiccicati, come se li avessero ficcati in una lavatrice. Eracle appariva irritato, ma nascondeva il tutto sotto uno sguardo ferreo, mentre li aspettava. Mi morì il sorriso sulle labbra.
«Ehi, Leo. Prepara i motori, sento che la situazione sta per raggiungere un finale… inatteso» avvertii, mettendo mano all’arco.
Il figlio di Efesto alzò lo sguardo sull’isola e si accigliò. «D’accordo, mi preparo.»
Andai a dargli una mano ad accendere i motori, mentre Frank correva di sotto ad avvertire gli altri. La rapidità con cui ci muovemmo era imbattibile, eccetto che per un dio. Sull’isola di Eracle Piper fece qualcosa di strano che sommerse il figlio di Zeus sotto una valanga di frutta, verdura e cibo in generale. Nello stesso istante, Jason le cinse la vita e prese il volo, diretto alla nostra nave.
«Ragazzi, andiamocene!» urlò, mentre atterrava. «Prima che Eracle si liberi!»
«Ottima idea» commentai, mentre la nave si alzava in volo.
La nave si alzò dal pelo dell’acqua cigolando a causa delle riparazioni frettolose. Eravamo già sopra l’isola di Eracle – che stava ancora cercando di liberarsi dalla montagna di cibarie – quando un forte vento contrario bloccò la nostra fuga.
«Oh, e adesso che diavolo succede?» gridò Piper, che reggeva uno strano corno cavo gigante come se fosse un fucile.
La risposta arrivò piuttosto rapidamente: le nubi ci raggiunsero in fretta ed un tuono esplose al centro del ponte.
Thor doveva aver visto giorni migliori. Dopo il bagno causato da Frank, i suoi capelli e la sua barba sembravano avere la consistenza di una spugna con svariate alghe impigliate. L’armatura doveva aver preso molta acqua, l’elmo era sparito e gli mancava persino uno stivale. Tuttavia  sembrava meno arrabbiato del solito.
«Me l’avete fatta, eh? Siete delle canaglie. Ma vi sistemerò io. Dov’è il tipo che mi ha buttato a mare? Voglio complimentarmi con lui, prima di spaccargli la testa. Non sono in molti a dire di potermi aver battuto, sapete?»
Parlava con tranquillità, come se fossimo gli amici con cui andava a prendersi una birra al bar. Ma noi sapevamo bene di non poterlo affrontare direttamente.
Leo e Jason avevano poteri limitati: usare i fulmini contro Thor? Pessima idea. Anche il fuoco serviva a poco. Alex era distrutto in infermeria, il che ci rendeva vulnerabili: la sua magia era fuori discussione. Astrid non poteva portare via tutti. Hazel e Frank erano ancora un po’ provati per lo scontro con i Vani. Insomma, eravamo solo io e Piper con voce, pugnali e corno-strano-che-è-figo-ma-non-so-a-cosa-serva.
Stavo per lanciarmi in un eroico ultimo scontro da far impallidire il capo, quando avvenne il miracolo: Eracle ci salvò.
«Dove siete, maledetti!? Io vi… E tu che ci fai qui!?»
Il dio era apparso sul ponte brandendo la mazza con rabbia, tanto da farla passare a pochi millimetri dal divino naso di Thor, il quale fece scattare la testa all’indietro.
«To’, ma guarda un po’ chi si rivede! Il caro, vecchio beota Eracle» esordì, fissandolo con aria di superiorità.
Ora che lo vedevo bene, Eracle era leggermente diverso da come me l’ero figurato. Avevo sempre pensato a lui come un Thor castano, con barba incolta, muscoli pompati e pelle color abbronzata. Quest’ultimo particolare era effettivamente coerente, ma il resto era molto diverso: non sembrava avere più di vent’anni e portava i capelli tagliati corti, in stile militare, e al posto della veste di leone indossava quello che sembrava un abito vescovile.
Infine, sembrava non sopportare essere definito “beota”.
«Per la Barba di Zeus, non sono un Beota! Io sono Miceneo!» si inalberò, roteando la mazza. «E comunque, tu stai superando il confine! Qui siamo nel mio territorio, Thor.»
«Sarà una mia impressione, ma le Colonne sono più avanti rispetto a noi, quindi siamo ancora in Terra di Nessuno» replicò l’altro, tirandosi la barba pensoso.
Fantastico! Ce ne mancavano due di pazzi!, pensai, non arrischiandomi a parlare, nel timore di attirare la loro sgradita attenzione su di me.
Vidi gli altri arrovellarsi alla ricerca di una soluzione, così mi spremetti le meningi per trovarla pure io. Quei due Dèi erano degli idioti patentati, alla fine: rumorosi, egocentrici e abbastanza stupidi. La loro forza era l’unico punto a loro favore.
E se la usassimo contro di loro? realizzai, mentre un’idea folle prendeva piede nella mia mente.
«Divino Thor!» esclamai, fingendo una reverenza, chinando la testa in un profondo inchino. «Lei ha proprio ragione, sa? È lei che deve distruggerci. Sarebbe un grandissimo onore, per noi, essere disintegrati da lei. Il divino Eracle non è all’altezza del compito. Ha visto che ci raggiunti persino dopo di lei?»
Jason mi guardò come se fossi pazzo, ma, al suo fianco, il volto di Piper si illuminò di comprensione e resse il gioco decisa.
«Il mio compagno ha proprio ragione. Lei è molto meglio di Eracle» affermò, infondendo tutto il suo potere ammaliatore in quelle parole.
«Avete proprio ragione, mezzosangue» commentò il dio del tuono, raggiante. «Bisogna sempre essere attenti nelle modalità di morte. Modestamente, io offro garanzie ottime per questo. Mjolnir non fallisce mai.»
«Ne sono assolutamente convinto, signore» concordai, sperando che il mio piano avesse successo.
Per fortuna Eracle era abbastanza stupido da cascarci.
«Aspettate un momento!» protestò, mentre il suo volto assumeva una vivace sfumatura viola. «Come vi permettete di ignorarmi così? Io sono il migliore! Devo forse ricordarvi le mie dodici fatiche? Ho ucciso così tanti mostri con così tante armi diverse che posso offrirvi una morte migliore di quella che vi può dare questo grosso imbecille!»
«Ma se sei soltanto un misero dio minore! Non voglio essere ucciso da un deucolo di serie B.»
«Le tue dodici fatiche sono più vecchie di mio padre. Largo alle innovazioni!»
«Innovazioni un corno! Per la Folgore di Zeus, siamo nel mio territorio! Decido io come e chi si uccide!» sbottò Eracle, indignato, stringendo la mazza così forte da far sbiancare le nocche. «E guai a chi mi contraddice!»
«E saresti tu a impedirmi di ucciderli, eh, beota?» chiese Thor, sporgendosi verso di lui, come a sfidarlo a colpirlo. «Io prendo ordini solo da Odino in persona!»
Il dio greco doveva avere molto a cuore quel genere di sfida dato che, con un fluido movimento del braccio, colpì il dio del tuono così forte da farlo volare fuori bordo.
«Ti ho detto che sono miceneo!» precisò, mentre Thor si faceva l’ennesimo bagno e – forse – perdeva anche l’altro stivale.
Deglutii: forse avevo sopravvalutato la forza dei nostri Dèi.
«Ora torniamo a noi. Vi dovevo distruggere, no?»
Eracle alzò la mazza, pronto a colpire, ma qualsiasi azione volesse portare a termine, non  ci sarebbe mai riuscito, visto che Mijolnir gli arrivò dritto in faccia, facendolo cadere dalla nave. Thor emerse dal mare, con l’aria di chi aveva avuto una brutta giornata, e si lanciò contro Eracle, scagliandolo contro la costa africana.
«Semidei, aspettatemi qui! Prima distruggo il beota, poi potremo parlare della vostra garanzia di morte» ci disse, volando verso la costa africana, richiamando il suo martello.
«Sapete che vi dico? Non ci tengo a sentire la sua offerta di morte dolorosa» commentò Leo, mentre le sue mani si affrettavano ai comandi, facendo ripartire la nave.
«Nemmeno io. Bel lavoro, Miss Mondo» la ringraziai, tirando un sospiro di sollievo: li avevamo fregati.
«Di nulla, Einar. Per fortuna non si sono accorti della presa in giro!» disse la figlia di Afrodite, sedendosi sulle dure assi di legno del ponte, per il sollievo.
 
☼Frank☼
 
Fui molto felice di non rivedere Thor. Dopo la mia ultima trasformazione in insetto per stenderlo, avevo la sensazione di non essere in cima alla lista di suoi migliori amici. Io ed Hazel stavamo ascoltando insieme agli altri il modo in cui Piper ed Einar erano riusciti a farli combattere a vicenda, permettendoci di accedere al Mediterraneo.
«La mia domanda è: quanto credete che ci metteranno a raggiungerci?» chiese Jason, accigliato.
«Gli Dèi nordici ci inseguiranno ancora?»
«Ne dubito fortemente» commentò Alex. «Il Mediterraneo non è il loro territorio. Anche se i nostri antenati lo hanno solcato, preferiscono da sempre altre acque. Qui, la presenza greca e romana è da sempre troppo forte.
«Alex ha ragione. Approfittiamo del tempo che abbiamo per riposarci. Abbiamo schivato fin troppi Dèi, fino ad adesso. In questi giorni, toccherà ai mostri» convenne Annabeth, preoccupata.
Ormai era un pezzo che non parlavo, così decisi di prendere parola: «Secondo Reyna, qui vivono i mostri più aggressivi. Speriamo che le schermature reggano.»
«Tranquillo Zhang, reggeranno. Parola di Valdez» mi tranquillizzò Leo, con un sorrisetto.
Annuii compito, mentre cercavo di calmarmi.
Dopo quello che era successo a Nuova Roma, avevo passato un sacco di tempo a pensare a me ed Hazel. Tutto stava andando a rotoli e noi eravamo messi peggio degli altri. Quelli del Campo Giove ci avrebbero uccisi a vista. La missione era talmente importante da non lasciarmi dormire la notte.
Ma che ci potevo fare? Non mi sentivo di dare il mio contributo all’impresa. A parte trasformarmi in una carpa koi ed una zanzara andata a sbattere nell’occhio di un dio, il resto non mi aveva fatto sembrare un grande eroe. Avrei voluto dare di più, come facevano Alex, Percy, Einar  e Piper con i loro poteri, e Leo con la sua abilità da meccanico che ci avevano tirati fuori da diverse situazioni spinose.
A complicare le cose era la voce di mio padre che mi rimbombava in testa, sbraitando ordini contraddittori che andavano dal “Uccidi quei barbari!” a “Ah! È tutto ciò che sai fare, figlio?” intervallati da urla di dolore.
Hazel mi strinse la mano, preoccupata, e quel gesto bastò a farmi tornare lucido.
«A questo punto, direi che è tutto chiaro: dobbiamo solo puntare a Roma. Faremo dei turni di guardia per evitare di essere colti di sorpresa» decise Annabeth, guardandoci tutti come a cercare sostegno.
«Sono d’accordo.» Astrid annuì. «Inizierò io. Vedrò di tenere d’occhio i dintori ed evitare altri attacchi a sorpresa.»
«Be’, io do un’occhiata in sala macchine. Ormai non ci vuole poi molto per arrivare a Roma, ma dopo gli ultimi scontri, non vorrei mai che la nave vada in pezzi» ci informò Leo, alzandosi ed uscendo veloce.
«Vado con lui» saltò su Einar, tradendo la sua ansia. «E anche se la tua bella si è proposta per il duro lavoro, tu riposati, capo, che hai ancora mal di testa» aggiunse Einar, rivolto all’amico, cambiando simultaneamente argomento.
Mentre abbandonavamo la stanza, Hazel mi sfiorò il fianco. Aveva l’aria stanca, probabilmente provata per l’incursione nel regno dei Vani ed in generale per la missione.
«Tu stai bene, Frank?» chiese, quasi in un sussurro.
«Sto bene, davvero. Prima ero solo un po’ distratto» risposi, cercando di sorridere almeno un po’.
«Beato te! Io vorrei solo ritrovare Nico e tornare a casa.»
«Ehi.» Le sfiorai i capelli, sentendomi arrossire. Mi sentivo sempre mancare il respiro, quando la toccavo. «Lo ritroveremo. Domani saremo a Roma e lo salveremo. Ora possiamo solo riposare… E ci serve, visto tutto quello che è successo.»
«Hai ragione. Speriamo solo che non sia troppo tardi.»
Ci scambiammo un bacio, prima di separarci per raggiungere le nostre rispettive stanze, una di fronte all’altra. Quando entrai, crollai sul letto, distrutto dall’ansia e dalla stanchezza. Nei miei ultimi sprazzi di lucidità pregai Morfeo di non farmi sognare. Avevo imparato sulla mia pelle che i sogni portavano sempre brutti presagi, ma, a quanto pareva, anche questa preghiera rimase inascoltata.
Mi ritrovai sotto forma di uccello, forse una rondine, dato che sentivo la lunga e sottile coda biforcuta che, come un timone, mi permetteva di viaggiare tra le correnti d’aria senza timori. Stavo inseguendo un altro grosso volatile, quello che sembrava un grosso falco nero. Intorno a me c’era una specie di grigio indefinito, quasi fossimo sospesi nel vuoto o stessimo attraversando una nuvola carica di pioggia.
Procedevo come se conoscessi già la strada… O forse andavo semplicemente sempre dritto, dato che non c’era differenza tra una direzione o l’altra. Poi, ci fu una specie di boato ed il grigiore si aprì, rivelando le alte mura di una città, arroccata sopra quella che sembrava una gigantesca collina sospesa in spirali di nebbia.
Il falco si avvicinò alla porta principale, che appariva avvolta in una cascata dai molti colori, che si susseguivano secondo l’odine dell’arcobaleno, e vi entrò, seguito a ruota da me. Una volta oltrepassata la soglia, il falco si appoggiò delicatamente sul terreno ed iniziò a mutare.
Non avevo mai assistito ad un'altra trasformazione da mutaforma, ma mi chiesi se non capitasse lo stesso a me. Fu come vedere un albero passare da piantina ad una quercia secolare ad incredibile velocità. Le zampe divennero longilinee gambe umane, le ali braccia sottili. Il muso si allargò diventando più largo, le piume regredirono, rimanendo solo come vestiti. Rimasero solo sulla testa, ma cambiarono, trasformandosi in capelli dalla sfumatura rosso fuoco.
«Loki, figlio di Laufey» tuonò una voce profonda. «A cosa devo la tua spiacevole visita?»
Davanti a me apparve l’immagine di un uomo dalla folta barba scura e gli occhi azzurrissimi, tanto che sembrava avesse i raggi X. I lineamenti erano duri e lo sguardo penetrante. Ricordava vagamente Ares, o Eracle invecchiati. Il petto ampio era protetto da una pesante armatura e le bracci larghe come rami di sequoia sorreggevano uno scudo quadrato di dimensioni enormi, da far impallidire un legionario.
«Heimdallr, qual buon vento. Ed io che pensavo che tu fossi al fianco del nostro Re, in questi tempi difficili… Ultimamente sono pochi gli Dèi che lo aiutano» scherzò l’ex-falco, ovvero Loki.
«Parla meno, Ingannatore. Il mio sguardo coglie quasi tutto. Capisco perché hai scelto questo aspetto, il tuo primo volto, quello che ti calza meglio.»
«Sono dei complimenti, giuso?» Loki sogghignò. «E che cosa vedi, divino Heimdallr?»
«Vedo Gea e la dama dalle molte zampe a Roma. Vedo Vidarr, pronto a colpire con i Romani. Vedo che giungeranno presto. Ma tu rimani un incognita, Loki. Nascosto, come un ragno nella crepa. Qual è il tuo piano, questa volta?» sbuffò il guardiano, facendosi avanti con aria minacciosa.
«Il mio piano, Denti d’Oro? Il mio unico piano è quello di servire il Padre di Tutti» replicò Loki, con un sorrisetto lascivo.
A quanto pareva, però, Heimdallr sembrava molto poco convinto. «Non prenderti gioco di me, verme! So che trami qualcosa. Dici di spiare Gea, ma in realtà tessi con lei una qualche ragnatela ed io scoprirò che cosa intendi fare. Potrai impietosire Odino, ma a mio parere, dovevi rimanere legato a quella lastra per sempre!»
«Quanta aggressività. Non sai che ti fa male allo stomaco?» commentò il Dio del Fuoco, stranamente allegro. «Incredibile come la tua fedeltà per il nostro Re ti porti sempre a intrometterti in affari che non ti riguardano. Ovviamente Ymir sta per ucciderlo, ma tu ti preoccupi dei miei discutibili metodi di spionaggio. Visto che vedi sempre tutto, com’è che non cerchi di ritrovare Thor? O provi a fermare Ymir? Forse Odino non si fida più della sua vedetta, tanto da non affidargli più incarichi di rilievo come un tempo?»
«Non osare dire questo! Odino si fida ciecamente di me!» ringhiò Heimdallr, furibondo, portando mano alla spada.
«Tutto sommato nemmeno io mi fiderei di una sentinella che non riesce a vedere un gigante che rinasce… ma che ci possiamo fare? C’est la vie. A proposito, com’è che tu, grande guardiano, non accorri in aiuto di tuo padre, proprio ora che egli è più in difficoltà?» chiese ancora Loki.
Il suo interlocutore divenne paonazzo e borbottò una risposta che non capii bene, ma che suonava come: “Il Re ha ordinato.”
«Oh, giusto. E tu, da bravo soldatino, esegui. Accidenti, nemmeno negli scacchi c’è tanta ubbidienza» commentò il dio degli inganni, abbandonando Heimdallr come uno stoccafisso.
Lo seguii incuriosito, chiedendomi come mai i sogni mi mostrassero proprio questa scena. Procedemmo lungo in grande viale deserto, circondato da grandissimi palazzi, ognuno molto diverso dagli altri. Un gigantesco edificio, però, troneggiava su tutti e, dalla cima, si vedevano i rami di un albero immenso.
«Ti piace la vista, Frank?»
Sobbalzai, rendendomi conto che ero in forma umana e che Loki mi stava fissando.
«C-come…?»
«Come faccio a vederti? Sono il dio della magia e degli inganni. Percepisco i viaggi onirici come tu percepisci il vento che ti sfiora la pelle» replicò lui, con un sorrisetto.
«Sei stato tu a portarmi qui?» chiesi, cercando di darmi un contegno.
«Io? Sinceramente no… Anche se non credo che io possa dire qualcosa sinceramente» precisò ridacchiando, lasciandomi abbastanza inebetito. «Ad ogni modo, questo è un piacere per me. Ho l’onore di incontrare l’ennesimo vincitore di Thor. Sembra che ultimamente, battere l’idiota dal martello piccolo sia il nuovo sport estremo dei semidei.»
«Non l’ho fatto a posta!» sbuffai, come a giustificarmi. «Ho cambiato forma nel panico.»
«Oh, lo so. Modestamente, io sono il maestro nel cambiamento di forma. Altro motivo per cui mi piaci. Potresti tornarmi utile, molto più di Dahl. Ormai credo che troppi provino a manipolarlo» commentò allegramente. «O esce di testa, o finisce per fare come gli viene detto.»
«Se lui non si fa manipolare, non lo farò certo io.»
«Capisco. Vuoi somigliargli, vero? Lo ammetto, quelli come lui provocano un certo fascino sui semidei comuni. L’eroe perfetto, il protagonista di tutte le ballate, l’invincibile, l’incorruttibile eccetera eccetera.» Sembrava che stesse sibilando quelle parole con disprezzo. «Volete tutti essere come lui, quando il mondo disprezza quelli come lui.»
«Questo non è vero!» replicai. «Chi non vorrebbe persone come lui? Aiuterebbero molti.»
«Mh, vediamo se riesco a trovare qualche esempio. Octavian vorrebbe uno come lui? Zeus? Odino? A loro che interessa solo il potere. Quelli come Alex, Jason, Percy… tutte spine nel fianco. Certo: utili da sfruttare, ma da gettare via prima che diventino troppo pericolosi. Preparati a subire la stessa sorte, Frank. Avverto te, come ho avvertito mio figlio. Il mondo non è fatto per i giusti. Al contrario di chi ha imparato a piegarsi, che non corre il rischio di spezzarsi sotto il peso delle sue regole.»
Avvertii un peso al petto che sembrava volermi schiacciare. Non mi piaceva dove andava a parare quel discorso. Avevo sempre visto persone come Percy impossibili da odiare. Loro rappresentavano il meglio che un semidio ed una persona potesse dare, eppure c’erano persone che, nella loro sete di potere, volevano distruggerli, tra cui gli stessi Dèi che noi stavamo tentando di difendere.
Scossi il capo. Einar mi aveva parlato di suo padre e mi aveva avvertito di non fidarmi.
«E tu li vorresti? Mi sembra di capire che anche tu non apprezzi quelli come loro.»
«Io non li disprezzo. Disprezzo il modo in cui loro usano le loro energie. Invece di difendere gli Dèi, potrebbero soppiantarli. Con loro sui troni del cielo, il mondo sarebbe certamente migliore» rispose duramente, mentre si sfiorava una cicatrice rossastra sul viso.
«Quindi, per rendere il mondo migliore lasceresti morire centinaia di persone?» chiesi, stringendo i pugni dalla rabbia.
«I cambiamenti sono come il fuoco. Come me. Credi che siano avvenuti pacificamente? Che la gente abbia liberato gli schiavi perché improvvisamente è diventata buona? Il cambiamento porta sempre alla fine di qualcuno, o qualcosa. Ma non si può nemmeno rimanere nell’immobilità eterna. Anche gli eroi sono dovuti cambiare per essere tali» illustrò Loki, sfoggiando un ghigno malefico.
«Io non ci credo. Ci sono modi migliori di cambiare. Si può fare a meno di distruggere tutto» replicai, deciso a sostenere la mia idea.
Non osavo immaginare quale delle due cose fosse peggiore: da una parte gli Dèi chiusi nella loro idea di potere, dall’altra Loki con il suo desiderio distruttivo.
«Questo lo dici tu. Anche Alex Dahl è diventato qualcuno di diverso. È cambiato. Prima era un idiota, esattamente come Octavian, poi sono morti dei ragazzi a cui teneva… ed è diventato migliore. Ma sono morte comunque delle persone. Il fuoco non risparmia nessuno, Frank Zhang… Tu dovresti saperlo bene.»
Esitai un attimo, pensando a ciò che aveva detto. Immaginare Alex come Octavian? Non credevo fosse possibile.
«Ci sono sempre modi migliori per cambiare» decisi.
«Vedo che sei testardo. Bene, mi piaci. Sei un figlio di Marte particolare.» Ridacchiò. «Be’, preparati, perché presto sarà difficile evitare le fiamme. E ti consiglio di tenerti pronto ad una bella trasformazione, o non vincerai mai il Ragazzo Dorato.»
Ci fu una specie di botto e le immagini che avevo davanti si dissolsero di colpo, come se fossero precipitate in un vortice. Mi svegliai di botto, sentendomi afferrare per le braccia. Provai a dimenarmi, ma qualcuno mi colpì alla testa, stordendomi.

koala's corner.
Buon martedì semidei!
Partiamo dalla fine. Loki svela una piccola parte di passato di Alex e mostra la sua grande ambiguità: da una parte odia gli eroi perfetti, dall'altra vorrebbe che loro sostituissero gli dèi che l'hanno deluso.
Il tentativo di Loki di minare il gruppo partendo da Frank, quello che ora è lo psicologicamente più debole, non ha funzionato per bene, perché non ha considerato che lui trova la sua forza negli altri. Frank è troppo un patato u.u
*Thor irrompe violentemente nella scena* Basta parlare di Loki! Parlate di me! Io che ho sconfitto Eracle!
...
Sì, poi ovviamente c'è stato Eracle vs. Thor che non sappiamo come va a finire ma è stato divertente da scrivere :P
Einar e Leo forse giungeranno a una riappacificazione - finalmente -, ma vedremo. Abbiamo ancora molto altro da dire.
Speriamo che abbiate la pazienza di seguire i nostri aggiornamenti altalenanti, un abbraccio e alla prossima!

Soon on VdN: vi ricordate del delfino? sì? bene. preparatevi a ridere come la prima volta.
  
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