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Autore: Naco    19/03/2009    3 recensioni
Un incontro, assolutamente casuale. E la ruota del destino comincia inesorabilmente a girare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mara e i suoi amici'
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VII

Enrico non aprì bocca. Iniziò a mangiare quel che aveva nel piatto, tenendo la testa bassa ed ignorandoci.
Lo guardai per un po’, finché lui, sentendosi osservato, alzò gli occhi e incrociò il mio sguardo severo.
“Beh? Che hai da fissarmi così?”
“Non ti sembra di aver esagerato questa volta?”
“Mara, risparmiati queste paternali da mammina. Non è il caso, credimi.”
“Invece te la meriti.” Ilaria di solito si teneva fuori da quelle scaramucce, ma quella volta inaspettatamente intervenne anche lei.
“Ti ci metti anche tu adesso?”
“Ma non ti senti in colpa?”
“E perché dovrei, scusate? Veramente quello che le ha prese sono io, non lui.” Il suo sguardo passava da me a Ilaria, cercando una risposta che da solo non riusciva a trovare.
Un attimo. E se…?
“Enrico. Dimmi la verità. Ma davvero tu non te ne sei accorto?”
“Insomma! Accorto di cosa?”
Io e Ilaria ci guardammo un attimo.
Davvero non ti sei accorto che Luca è come te?”
Mi lanciò un’occhiata tagliente. “Mah, guarda, a me pare più simile a te, sinceramente…”
“Enrico,” Ilaria parlava come una maestra che cerca di spiegare una cosa piuttosto ovvia a un bambino particolarmente lento “quello che Mara intende dire è… non ti sei mai accorto che Luca è innamorato di te?”
Le bacchette gli caddero nel piatto, ma lui non se ne curò; guardò ora me, ora Ilaria incredulo.
“Mi state dicendo che Luca è gay?”
“Ha ragione lui a dire che sei un cretino.”
Ilaria, quando voleva, sapeva essere davvero implacabile.
“Ma lui non mi ha mai detto niente!”
“Non l’ha mai detto a nessuno, veramente.”
“E allora come facevo a capirlo io?” tentò di difendersi.
Sospirai pensando che è proprio vero che chi è amato non si accorge mai di chi lo ama, a meno che non gli venga detto apertamente. Perché, beh, che Luca fosse omosessuale, l’avevamo capito tutti fin da subito. Non servivano conferme per esserne certi: bastava notare come guardava Enrico, come ruotava la testa appena lo vedeva provarci con qualche ragazzo, come, appena entrava in aula, lo cercava… E lui aveva capito che noi sapevamo. Non c’era stato bisogno di ulteriori parole.
In realtà, non ne avevamo mai parlato esplicitamente forse proprio per rispetto al riserbo che su quella questione aveva il nostro amico; ed ovviamente il discorso non era mai capitato neanche con Enrico, anche perché credevamo che pure lui ne fosse al corrente e che, semplicemente, lo trattasse come un amico perché non era interessato a lui da quel punto di vista; e probabilmente, l’aveva pensato anche Luca.
Enrico continuava a far vagare lo sguardo da me ad Ilaria, incerto.
“E’ assurdo! Mi avete tenuto all’oscuro di tutto!”
“Non ti abbiamo taciuto niente, che tu ci creda o no. Era talmente palese che pensavamo lo sapessi.”
“Palese un corno!” si voltò verso Hiroshi, che fino a quel momento aveva continuato a mangiare il suo curry, apparentemente senza curarsi della nostra conversazione. ”Se così fosse, anche tu l’avresti capito, no?”
Hiroshi guardò me e Ilaria, esitante: “Ecco… veramente io pensavo che voi due stavate insieme!”
La rivelazione, se possibile, lo sconvolse ancora di più.
“Te l’ha detto lei, vero?”
“Gli ho solo detto di te, vista la bella figura che stavi facendo!” controbattei.
Enrico finalmente si arrese all’evidenza e tornò a fissare il proprio piatto.
“Allora sono veramente uno stupido.”

Continuammo a mangiare in silenzio. Ogni tanto lanciavo un’occhiata ad Hiroshi per scusarmi di tutto, ma lui faceva finta di niente, come se tutto quello fosse una cosa normalissima.
“Accidenti!” fu Enrico a rompere il silenzio, guardando per l’ennesima volta il posto vuoto accanto al proprio “Dove si sarà cacciato quel cretino?”
“Lascialo stare. Ha solo bisogno di stare da solo per un po’. Non dev’essere così facile per lui rendersi conto che la persona che ama è un cretino totale.”
“Ehi, Mara, non ti sembra di esagerare adesso?”
“No.”
Ancora silenzio. In realtà non avevo voluto essere così dura, ma ero troppo arrabbiata per lasciarmi sfuggire quella frecciatina velenosa. Non potevo perdonargli il fatto che avesse fatto soffrire un ragazzo come Luca.
In realtà, sapevo perfettamente anche io che Enrico aveva ragione, quando diceva che io e Luca eravamo uguali, e forse era stata proprio questa caratteristica ad unirci così tanto, un po’ come era accaduto tra lui e Ilaria. Oltretutto, spesso capitava che, quando uscivamo tutti insieme, come in quella occasione, lui mi offrisse di accompagnarmi a casa senza che anche io prendessi la mia auto. “E’ inutile prendere due macchine se abitiamo a pochi chilometri di distanza, no? E poi non mi fido a lasciarti guidare da sola, la notte, con i pazzi che girano!” mi diceva ogni volta che io tentavo di rifiutare o di ricambiare il favore. Era per questo motivo che spesso avevo ascoltato strani commenti alle nostre spalle su una presunta relazione sentimentale fra noi, anche dallo stesso Enrico, ma non ci avevamo mai prestato troppa attenzione, visto che non avevamo niente da nascondere.
Guardai l’orologio e iniziai anche io ad avvertire uno strano senso di inquietudine: erano le undici passate, che fine poteva aver fatto?
“Vado a cercarlo.” Decisi alzandomi.
“Vengo anche…”
“No.” Ilaria lo bloccò prima che anche Enrico potesse alzarsi da tavola. “Tu saresti l’ultima persona che vorrebbe vedere.”
“Però è troppo pericoloso per te girare da sola a quest’ora. Ti accompagno io.” Si offrì immediatamente Hiroshi.
“E’ un’ottima idea. Noi vi aspettiamo qui.”

L’aria era fresca, quella sera, ma io non me ne accorsi neanche, troppo impegnata a cercare il mio amico tra i volti di coloro che a quell’ora affollavano ancora le vie della città. Mi ero persino dimenticata della presenza di Hiroshi accanto a me, finché non mi toccò una spalla.
“Sta’ tranquilla. Il tuo amico dev’essere qui intorno.”
Il suono della sua voce, così tranquilla, fece crollare tutte le mie certezze e la sicurezza che avevo dimostrato al ristorante, come un castello di sabbia.
“Io… io non credevo che Enrico potesse essere così stupido! Va bene essere esuberanti e allegri, ma c’è un limite a tutto! Non riesco a crederci: non se ne era accorto!”
“Forse in realtà lo ha sempre saputo, ma non se ne è mai reso conto.”
“Cosa intendi dire?”
“Voglio dire che quei due sono troppo legati l’uno all’altro, c’è una strana sintonia tra loro. Non mentivo quando ho detto che all’inizio avevo pensato che stessero insieme.”
Annuii: capivo benissimo cosa intendesse, perché l’avevo notato anche io, ma avevo pensato che fosse semplice amicizia.
“Pensaci: Enrico non sa che Luca è come lui, quindi capisce in cuor suo che interessarsi a lui è tabù; però il suo cuore non riesce ad accettarlo, per questo non riesce a stargli lontano e lo punzecchia sempre.”
La spiegazione era più che logica e psicologicamente ineccepibile.
“Per averlo incontrato solo oggi, l’hai capito meglio di noi che lo conosciamo da tanti anni.” Commentai.
Lui si fermò e io lo imitai. “Forse voi non l’avete intuito proprio per questo motivo: sapendo la verità, non ci avete mai fatto caso.”
“Resta il fatto che, per essere un ragazzo, sei molto intuitivo!”
“Vedo che hai un’alta opinione di noi!”
Risi, imbarazzata.
“Non è questione di intuito, credimi. Studiare un personaggio, in fondo fa parte del mio lavoro.” Si bloccò, come se all’improvviso si fosse reso conto di qualcosa di importante “Voglio dire… anche per tradurre un romanzo bisogna capire un personaggio, no?”
Annuii e riprendemmo a camminare. Anche se non volevo, quella bugia mi fece più male di quanto volessi ammettere a me stessa.

Lo trovammo dopo pochi minuti: era seduto su una panchina di piazza Umberto, proprio di fronte all’entrata dell’università. Non si mosse e non diede minimamente segno di averci visti.
“Luca…”
“Lo sa?” chiese senza alzare lo sguardo su di noi.
Adesso lo sa.” Risposi.
Alzò le gambe e se le rannicchiò al petto nascondendo il volto, come un bambino piccolo. “Voglio morire.”
Lo raggiunsi. Non l’avevo mai visto in quello stato e mi faceva davvero tanta, troppa tenerezza.
“Dai, Luca, non fare così!”
“Mi prenderà in giro per tutta la vita. Mi odierà a morte. Oddio, ma perché l’ho fatto? Perché?” continuò a chiedersi scuotendo la testa.
“Luca, dai, torniamo indietro. Non hai mangiato niente!”
“Meglio, così potrò morire prima!”
“Avanti, non dire sciocchezze.” Gli toccai un braccio, ma lui si chiuse ancora di più nel suo riccio “Non voglio andare da lui. Non ce la farei, adesso.”
Sospirai: “D’accordo, allora torniamo a casa, ok? Guido io.”
Annuii e finalmente si mosse dalla sua posizione fetale. Quando sollevò la testa e vide Hiroshi accanto a me, sorrise in imbarazzo.
“Ti assicuro che non tutti gli italiani sono così piagnucoloni.”
“Ti assicuro che anche in Giappone gli uomini piangono quando soffrono.” E gli diede una pacca sulla spalla a mo’ di incoraggiamento, mentre io digitavo un SMS per Ilaria.
Ci mettemmo meno di dieci minuti per raggiungere il sottopassaggio e la stradina in cui Luca aveva parcheggiato la propria auto.
“Sei sicuro che non vuoi un passaggio?” chiesi ad Hiroshi indicando l’auto del mio amico “E’ la prima volta che Luca mi permette di guidare. Non voglio che questo giorno finisca così presto.”
I due risero.
“No, grazie. Il mio albergo è qui vicino e farò una passeggiata.”
“Ok. Mi disp…”
Scosse la testa, prima ancora che finissi di parlare: “Non dirlo neanche per scherzo. I tuoi amici sono simpatici e mi sono trovato bene con loro. Prima di partire, mi piacerebbe rivederli ancora.”
“Allora…” aprii la portella del conducente, mentre Luca si accomodava sul sedile accanto al mio “… ci sentiamo. Buona notte!”
“Buona notte.” Rispose lui, chiudendo cavallerescamente la mia portiera.
“State benissimo insieme.” Luca lanciò uno sguardo indietro, nel punto in cui, lo vedevo dallo specchietto retrovisore, Hiroshi era ancora fermo, in attesa che la nostra auto scomparisse all’orizzonte.
“Non farti strane idee anche tu. E’ solo un amico.”
“Un amico che è ancora lì, ad aspettare che la sua principessa torni a casa. Secondo me, ti telefonerà per sapere se sei arrivata sana e salva.”
“Non lo farà.”
“Quanto ci scommetti?”
“Ti odio.”
Rise e poi tacque. Abbandonammo il centro, ognuno immerso nei propri pensieri.
“Sono stato un cretino.” Commentò appena ci immettemmo sulla tangenziale.
“Veramente io pensavo che saresti esploso molto prima.”
“Davvero? Era così lampante?”
“Hiroshi pensava che voi stavate già insieme,”
“Oddio!” esclamò con una risata amara. “Però è stato più forte di me.”
Feci cenno di sì con il capo: “E’ il sogno di tutte le donne avere un amico che se la prende se gli viene detto che formerebbero una bella coppia.”
Rise: “Ancora adesso mi chiedo perché, tra tanti uomini, io mi sia innamorato proprio di un idiota del genere.”
“E’ la domanda che milioni di persone si pongono ogni giorno e a cui, in altrettanti milioni di anni, nessuno ha mai trovato una risposta.”
“Solo che… l’ha fatta grossa, ecco. Tu e Hiroshi avreste dovuto vedere le vostre facce: tu eri sul punto di saltargli al collo, mentre lui pareva desiderare di essere ovunque, tranne che lì. Mi chiedo ancora dove abbia trovato il sangue freddo per rispondergli. Non si accorge di niente, neanche se una persona glielo fa notare. Io… ero convinto che, come te e Ilaria, anche lui avesse capito e che continuasse a trattarmi come al solito perché mi considerava un amico e niente di più.”
“Era quello che pensavamo anche noi. Chi se lo sarebbe immaginato?”
“Già. E oggi, prima al cinema, poi al ristorante, quando continuava a insistere sul fatto che mi comportavo come suo padre o tuo marito, mi sono convinto che lo stesse facendo per indispettirmi. E così…”
Nascose il volto tra le mani. “E’ stato solo quando ho visto la sua faccia da pesce lesso guardarmi come se davvero non stesse capendo una parola di quel che stava accadendo che ho capito: lui non sapeva niente e io, come il cretino, mi ero fatto scoprire da solo.”
“In realtà non è andata proprio così. Lui ha continuato a non capire, finché io e Ilaria non gliel’abbiamo praticamente detto.”
“Stai scherzando?”
Mi guardò non sapendo se ridere o piangere.
“Ti pare?”
“Allora è proprio uno zuccone.”
“A quanto pare…”
“Dio mio... se solo non fossi scappato via così, sarebbe rimasto tutto come prima e non avrebbe saputo nulla.”
“Mi dispiace se ho parlato. Però mi ha fatto saltare i nervi, perché si guardava intorno chiedendosi cosa avesse fatto di male, così gliel’ho detto.”
“No, non ti scusare. In fondo è meglio così. E’ come se mi fossi tolto un peso dal cuore, anche se non avrò più il coraggio di guardarlo in faccia.”
“Su, dai.” gli diedi un’amichevole pacca sulla testa “Io non la vedo così tragica. Era preoccupato per te, sai? Voleva venire con me a cercarti.”
“Aveva solo la coscienza sporca.”
“Io non credo.” Mi tornarono in mente le parole di Hiroshi. “Sei un suo amico, dopotutto. Magari non ti vuole bene come gliene vuoi tu, ma te ne vuole, stanne certo. Non smetterò di esserti amico per questo, fidati.”
“Spero che tu abbia ragione.” Commentò prima di rinchiudersi nei suoi pensieri ancora una volta.
Arrivammo a casa mia senza proferire altro: stava cercando di metabolizzare il tutto e io rispettai il suo silenzio.
“Te la senti davvero di proseguire fino a casa tua?”
Terlizzi distava solo pochi chilometri, ma io ero ugualmente preoccupata e non ero tanto certa che fosse nelle condizioni adatte per mettersi alla guida.
“Sì, tranquilla, adesso sto bene.”
“Davvero? Se vuoi, posso ospitarti io, per stanotte!”
“Ma no, non ce n’è bisogno, ma grazie comunque. Chissà poi cosa penserebbero i tuoi vicini!”
“La stessa cosa che pensano tutti, ma che poi capiscono non essere vera, suppongo.”
Scoppiammo a ridere.
Mi abbracciò come se volesse aggrapparsi a me. “Grazie di tutto, Mara. Se non fossi stato omosessuale, mi sarebbe piaciuto innamorarmi di te.”
Sentii le mie guance diventare più calde. “Anche a me non sarebbe dispiaciuto avere un ragazzo come te.” Ebbi infine la forza di dire.

Salii le scale, completamente distrutta. Appena chiusi la porta di casa alle mie spalle, al buio, cercai la mia camera da letto e mi lanciai sul materasso a peso morto. Chiusi gli occhi e lasciai la mente libera di vagare, un po’ come quando, nel dormiveglia, tutte le immagini della giornata iniziano a scorrerti davanti e i pensieri si intrecciano tra loro nei modi più assurdi, guidandoti per mano verso il mondo dei sogni.
Lo squillo del telefono giunse inaspettato e mi fece sobbalzare; a tentoni, cercai il cellulare nella tasca del cappotto che ancora indossavo.
“Pronto?” mugugnai, senza leggere neanche il nome sul display.
“Stavi dormendo? Scusa, non volevo svegliarti.”
La voce di Hiroshi, dall’altro capo del telefono, mi svegliò completamente.
“Secondo me, ti telefonerà per sapere se sei arrivata sana e salva.”
Scossi la testa, cercando di scacciare quel pensiero.
“Ciao. No, no. Sono appena rientrata.”
“Volevo chiederti… come è andato il ritorno? Tutto bene?”
“Sì…” il mio sguardo vagò nella stanza buia e, per un attimo, mi chiesi cosa ci facessi lì: la sua voce era così vicina che sembrava fosse a pochi metri da me. “Ero preoccupata, ma mi ha assicurato che riusciva a tornare a casa da solo.”
“Sta meglio?”
“Dice di sì.”
“Ma tu non ne sei convinta.”
“No. Non l’ho mai visto in quello stato. Così… indifeso. E’ stato un brutto colpo, per lui.”
“Sì, lo immagino.”
Tacemmo. Sentivo il suo respiro dall’altro capo del telefono e per un attimo mi chiesi se non stesse pensando di dirmi qualcos’altro oppure no.
“In ogni caso, ti chiedo ancora scusa. Lo so che hai detto che non importa, però… prima un film orrendo, poi la scenata al ristorante. Enrico è stato piuttosto imbarazzante.”
“Non posso dire di no, ma mi sono divertito.”
Sorrisi alle tenebre intorno a me. “A te è andato tutto bene?”
“Sì. Te l’avevo detto che l’albergo era a pochi passi. Comunque grazie del pensiero.”
Ancora silenzio. Perché di nuovo quella strana sensazione, come se volesse dirmi altro, senza trovare il coraggio di farlo?
“Sarai stanca. Buona notte.”
“Buona notte anche a te.”
Quando la comunicazione si chiuse, mi resi conto che non avevamo detto niente di più di quanto non ci fossimo detti prima. Luca aveva avuto ragione: mi aveva chiamata solo perché era preoccupato e per assicurarsi che fossi tornata a casa sana e salva.
Il mio cuore prese a battere velocemente e mi sorprese quanto trovassi piacevole quella sensazione.

Nota dell'autrice
Aggiornamento anticipato a causa di "tre persone a caso"! XD Però mi fa piacere notare che questa storia piace così tanto! *_*
Ringrazio ancora Ahiunpodilui per i suoi commenti: mi spiace che Hiroshi non ti piaccia proprio perché troppo giapponese, ma in un certo senso sono contenta: vuol dire che sono riuscita a creare un giapponese credibile! XD
   
 
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