Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Amanda FroudeBlack    05/02/2016    1 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo XXVIII: “Questione di fiducia”
 
 
AMANDA
 
 
Non aveva voglia della confusione, quel pomeriggio; era appena tornata da Hogsmeade, dove aveva avuto luogo l’esame di Smaterializzazione, insieme a Sirius, James, Jaded, Lily e Remus. Loro tutti l’avevano superato - a parte Peter, non ancora diciassettenne - e lei era stata l’unica ad essere stata bocciata. L’ansia le aveva giocato un brutto scherzo, e senza volere aveva incendiato un cespuglio accanto a lei. Le fiamme, ovviamente, l’avevano distratta e nel Materializzarsi aveva lasciato indietro ben tre dita della mano sinistra. In realtà, le dita erano apparse un secondo dopo, ma l’esaminatore le aveva detto che un ritardo di alcune parti del corpo potrebbe essere molto pericoloso nel caso di una Smaterializzazione di emergenza. Così, le aveva dato il benservito e le aveva consigliato di tornare il mese successivo. Al contrario, il resto dei suoi compagni non aveva avuto alcun problema, e ciò aveva reso il suo fallimento ancora più frustrante. Era riuscita a sorridere e a far finta di nulla per tutto il viaggio di ritorno, ma ora aveva bisogno di stare da sola. Sentiva un sacco di rabbia verso se stessa, e sapeva che solo un pianto liberatorio l’avrebbe aiutata a sentirsi meglio.
Si fermò davanti al quadro spalancato della Signora Grassa, indugiante. Lasciò la mano di Sirius e lui si voltò immediatamente a guardarla. Dalla sala comune arrivò il chiacchiericcio confuso ed eccitato degli studenti.
“Stai bene?” le chiese.
“Certo,” mentì. Sirius se ne accorse e le si avvicinò, sfiorandole il braccio. Sapeva bene che non era vero, ma apprezzava che glielo chiedesse e le permettesse di mentire.
“Vuoi che andiamo da qualche altra parte?”
Sentì gli occhi bruciarle, così distolse lo sguardo da lui. Si schiarì la voce e forzò un sorriso.  
“No, davvero. Tu vai pure, io passo dal dormitorio di Layla a recuperare il Monopoli Magico, così potremmo giocarci tutti assieme,” tentò, indietreggiando. Sirius strinse le labbra.
“Veramente l’hai lasciato nel nostro dormitorio,” rispose, e indicò l’entrata. Amanda ci pensò; non avrebbe lasciato il Monopoli Magico nel loro dormitorio. L’ultima volta che era successo, Jaded l’aveva preso ed era sparito per ben due settimane. Sospirò e si decise finalmente a varcare la soglia. Sirius si affiancò e lei.
“Passo a recuperare il mio Monopoli, dopodiché andrò a studiare,” sentenziò. Inutile tentare di fingere di voler stare in compagnia. Restava da convincere il compagno a lasciarla un po’ da sola, e sapeva che si sarebbe rivelato difficile, perché, esattamente come un cane, Sirius non mollava la presa. Mai. E, riflettendoci, Amanda concluse che forse era proprio la tenacia la parte di lui che preferiva.
Passarono accanto alla sala comune, ma i compagni non li notarono salire verso il dormitorio maschile.
“Lo so che sei giù per l’esame… ma sei sicura di voler stare da sola a piangerti addosso?”
Annuì, convinta, e fece spallucce.
“Non voglio rovinarvi la festa, e non mi va che vi tratteniate dal festeggiare solo per non dispiacermi.”
Entrarono nel dormitorio, Amanda sentì Sirius chiudersi la porta alle spalle.
“Cosa dovrei festeggiare, con te seduta per terra, da qualche parte, che piangi?”
“Non piango seduta per terra!” esclamò, incrociando le braccia.
“Tu piangi sempre accucciata a terra,” rispose, raggiungendola. Amanda recuperò il Monopoli Magico dal letto di James e poi si voltò verso Sirius, che le rubò un bacio senza alcun preavviso.
“La fai sembrare una brutta cosa,” borbottò Amanda.
“Non è brutta, è scomoda. Hai a disposizione un sacco di letti e scegli di sederti per terra!”
“Tranquillo, allora, troverò un letto comodo sul quale disperarmi, visto che ti preoccupi così tanto del mio sedere…” rispose, muovendo un passo verso l’uscita.
“La fai sembrare una brutta cosa,” fece eco lui, con un sorriso sghembo. Ma poi la trattenne per un braccio.
“Dài, resta,” insistette. “Ho un’idea per risollevarti il morale…”
“Se si tratta del sesso, non sono dell’umore,” lo avvisò. Sirius la guardò, sconvolto.
“Non intendevo quello,” esclamò, offeso. “Anche se ci sto pensando, ora, ma è colpa tua!”
Amanda piegò le labbra in una linea sottile e trattenne un sorriso.
“Di cosa si tratterebbe, allora?”
Sirius si sedette sul letto e incrociò le braccia.
“La prima volta che mi sono trasformato in cane era stata una giornata terribile ed ero di pessimo umore,” raccontò. “Che ne dici di esercitarti un po’?”
Amanda sbuffò.
“Lo stai dicendo apposta, non ci credo,” borbottò, lasciandosi cadere sul materasso. Sirius assottigliò lo sguardo, e Amanda capì immediatamente il motivo: per quanto avesse insistito in tutti quei mesi assieme, non era ancora riuscito a farle perdere l’abitudine di lasciarsi cadere su letti, sedie e divani, anziché sedersi come tutte le persone normali.
“Smetti di guardarmi male, sono arrabbiata e mi siedo come mi pare,” soffiò. “È un sacco di tempo che ci provo… sapevo che sarebbe stato difficile, ma mi aspettavo almeno un margine di miglioramento,” continuò, delusa.
“Non è difficile, basta che ti appoggi, anziché tuffarti all’indietro,” commentò Sirius, asciutto.
Amanda lo fulminò con lo sguardo.
“Sono seria,” disse. “Di’ la verità… secondo te, ho qualche speranza di riuscirci?”
Il compagno la fissò per qualche istante, le labbra serrate, l’espressione imperscrutabile.
“Hai fatto più progressi di quanto pensi, in realtà,” disse ad un certo punto, sorridendo. “Voglio dire, in meno di due mesi hai trovato la forma del tuo Animagus,” le ricordò. “Non ti ho mai nascosto che sarà difficile e ci vorrà un sacco di tempo, ho anche avuto i miei dubbi che una creatura magica potesse essere un possibile Animagus… ma penso davvero che puoi farcela.”
Amanda distese le labbra in un sorriso. Sentirselo dire proprio da lui acquistava tutt’altro significato. Era sempre stata lei quella agguerrita a dimostrargli che si sbagliava, che ce l’avrebbe fatta anche se le possibilità di riuscita rasentavano lo zero. Sirius non era abituato a vederla gettarsi nello sconforto, ma apprezzava decisamente il modo in cui lui era stato capace di tirarla su.
Si alzò dal letto con un balzo e saltellò verso il centro della stanza.
“Okay, mi hai convinto!” esclamò, pimpante. Non sentiva più il bisogno di piangere, ma avvertiva tantissima energia scorrerle dentro. Al diavolo l’esame di Smaterializzazione! Avrebbe utilizzato quella rabbia che sentiva per qualcosa di positivo.
“È sicuro rimanere qui? Non sarà meglio andare in un altro posto?” gli chiese, perplessa.
Sirius si sistemò meglio sul letto e incrociò le gambe.
“Non verrà nessuno, non preoccuparti,” rispose. “Ora, concentrati.”
Amanda chiuse gli occhi e fece ciò che Sirius le aveva insegnato. Si trattava per lo più di entrare nella testa della creatura e di agire esattamente allo stesso modo. Doveva vedere con gli occhi di una fenice, pensare come lei e muoversi allo stesso modo. In un istante ricordò le informazioni lette sui libri a proposito della fenice, della sua struttura ossea e alare e delle sue abitudini. Immaginò, allora, le sue braccia come ali piumate, le gambe come zampe sottili ma forti. Con la mente si ritrovò sul tetto della torre Grifondoro; tirava un vento gelido a quell’altezza, lo percepì tra le sue piume. Cercò di sentire le zampe che toccavano le tegole scivolose e umide, vi si artigliò graffiandone la superficie. Arruffò le ali per scaldarsi e scosse la coda per scacciare le fastidiose goccioline di nebbia che vi si posavano sopra. Si acquattò lievemente e preparò le ali per spiccare il volo giù per la Torre fino al prato ghiacciato sotto di lei. Gli occhi divennero due fessure mentre cercavano di contrastare il forte vento contro cui volava. Dopo essersi buttata a capofitto si godette la vista del tramonto invernale alla sua destra, e dal profondo della gola sentì uscire un verso familiare che aveva sentito fare alcune volte a Fanny. Fu talmente istintivo che solo dopo averlo prodotto si rese conto che era uscito davvero dalle sue labbra.
Tornò alla realtà con un sussulto e aprì gli occhi, portandosi una mano alla bocca. Aprì gli occhi. Sirius aveva assistito alla scena e la guardava, meravigliato.
“Era-” balbettò Amanda, col viso in fiamme.
“Il verso di una fenice! L’hai fatto davvero!” esclamò, scattando giù dal letto.
“È… è un buon segno, no?” chiese, insicura se lasciarsi andare all’esultanza.
Prima che il compagno potesse rispondere, un tonfo proveniente dalla porta li fece voltare. James era entrato precipitosamente; guardò entrambi al centro della stanza, perplesso, dopodiché si sistemò gli occhiali sul naso e incrociò le braccia.
“È uno dei vostri strani giochi sessuali oppure ho sentito sul serio il verso di una fenice? Mi è preso un colpo, ho pensato che Fanny si fosse schiantata nel nostro dormitorio!”
“Ma siamo vestiti!” gli fece notare Sirius, sconcertato. Amanda, rossa in viso, gli diede un pugno sulla spalla.
“Strani giochi sessuali?” ripeté, stizzita. “Ma che gli racconti?”
“Non mi racconta niente, ho tirato a indovinare!” intervenne James, facendo spallucce. “In certi racconti tu sei molto più esplicita di lui.”
Amanda evitò l’occhiataccia di Sirius e guardò oltre la porta.
“C’è qualcuno con te?”
James scosse il capo.
“No, gli altri sono in ancora in sala comune… ma che succede? Avete rapito Fanny?”
Sentì gli sguardi di entrambi addosso. Aveva pensato spesso di rivelare a James quello che Sirius la stava aiutando a fare, e probabilmente era venuto il momento. Fece un respiro profondo e si schiarì la voce.
“Sono stata io,” ammise, imbarazzata.
“A rapire Fanny?” chiese James, sconvolto.
“Cosa? No,” rispose Amanda, esasperata. “Ho fatto io quel verso!”
James fece un passo nella loro direzione, ancora piuttosto confuso.
“È qualche mese che la sto aiutando a diventare un Animagus come noi,” intervenne Sirius. “L’aiuta a controllare meglio i suoi picchi di magia, e ha scelto una fenice, sembrerebbe il suo Animagus ideale.”
“Caspita! E me l’avete tenuto nascosto?” domandò, incredulo. “Amanda, non hai pensato che in due potessimo aiutarti di più?”
Lei guardò il pavimento, colpevole.
“Beh, no. Sirius è un insegnante insopportabile già da solo… l’ultima cosa che avrei voluto era affiancargli qualcuno altrettant0 saccente!” confessò Amanda, incrociando le braccia.
“Io non sono saccente!” protestò, piccato. “Comunque hai scelto l’insegnante sbagliato,” si smentì subito dopo, “io sono stato il primo a trasformarmi…”
“Sì, a pezzi,” lo schernì Sirius. “Devo ricordarti che hai avuto un palco di cervo sulla fronte per una giornata intera, senza la minima idea di come invertire il processo? Io, almeno, mi sono trasformato completamente sin dalla prima volta.”
“Ma non mi dite,” borbottò Amanda, alzando gli occhi al cielo. “Avete davvero intenzione di discutere? Dopo mesi, finalmente, ho fatto un progresso importante, vuol dire che non sto sperando una cosa impossibile!”
Entrambi tacquero e la guardarono. James le sorrise, entusiasta.
“Hai ragione, sei stata fantastica!” esclamò Sirius.
“Ti sta aiutando davvero a controllarti?” le chiese James, curioso.
Amanda annuì.
“Escludendo oggi, sto migliorando molto,” borbottò, impacciata. “Mi aiuterai anche tu, allora?” aggiunse, con un gran sorriso. “Mi fai vedere in che ordine hai trasformato le parti del corpo?”
James reagì come se non stesse aspettando altro; fece qualche passo verso il centro della stanza e iniziò a spiegare. Con la coda dell’occhio, Amanda notò Sirius alzare gli occhi al soffitto.
“Allora, l’ordine con cui ho trasformato le mie parti del corpo sono proprio quelle in cui tutt’ora mi trasformo,” disse. “Palco, zampe posteriori, busto, zampe anteriori e infine testa,” elencò, contando con le dita. Detto ciò, Amanda lo vide chiudere gli occhi e, molto velocemente, si trasformò secondo l’ordine che le aveva esposto. Sotto forma di cervo, James iniziò a trotterellare per
il dormitorio e smuovere le lenzuola da ogni letto.
“Tu sai che non vedeva l’ora, vero?” le chiese Sirius, incrociando le braccia. “Remus non ci permette di trasformarci qui.”
Amanda rise.
“Basterà non dirgli niente!”
Erano entrambi intenti ad osservare James, quando lo videro bloccarsi mentre masticava il cuscino di Peter. Amanda seguì la traiettoria del suo sguardo, proprio verso la porta, e il respiro le si bloccò in gola.
Lily, dall’entrata del dormitorio, con gli occhi spalancati e ammutolita, osservava James sotto mentite spoglie.
“Che cos…?” mormorò Lily, attonita. “C'è… un cervo,” affermò, indicandolo.
“Ehm… sì,” bofonchiò Amanda, grattandosi il capo, in evidente difficoltà. Lily avanzò ancora, senza smettere di fissare James. Quest’ultimo, a sua volta, lasciò andare il cuscino e si mosse a passi lenti verso Amanda, fino a mettersi tra lei e Sirius.
“Un cervo… qui, nel vostro dormitorio,” continuò, incredula. “Perché c'è un cervo nel vostro dormitorio?” ripeté.
“È solo un cervo, Evans, non essere così sconvolta,” tentò Sirius, con disinvoltura. “La foresta Proibita ne è piena!”
“Esatto, la Foresta, non il vostro dormitorio!” esclamò, la bocca spalancata dalla sorpresa. Ci fu qualche secondo di assoluto silenzio. L’animale fece un passo in direzione di Lily, ma lei sussultò e indietreggiò, spaventata.
“Black, c'è un cervo nel vostro dormitorio!” disse ancora una volta. “Un-un enorme cervo… con-con un palco di corna… e quattro zampe!”
“So com'è fatto, grazie per la descrizione,” borbottò Sirius, sarcastico.
“La McGranitt sa di questa storia?” domandò Lily, stringendo gli occhi.
“Perché dovrebbe?” chiese Sirius, infastidito. “E piuttosto, perché sei qui a impicciarti, Evans?”
Gli occhi di Lily si ridussero in due fessure.
“Scommetto che si tratta dell’ennesimo scherzo che state progettando tu e James… mi avete stancato, andrò direttamente dalla McGranitt, stavolta.”
“Okay, aspetta!” disse Amanda, facendosi avanti. “Non è quello che pensi. È ora che tu sappia la verità, Lily.”
“Non penso proprio,” sbottò Sirius.
“Beh, lasciamo che sia lui a decidere,” tentò Amanda, accennando al cervo.
Lui chi?” chiese Lily.
“Il cervo,” rispose Amanda. L’amica si schiarì la voce, sconcertata.
“E… e lui cosa dovrebbe decidere?” domandò, confusa.
Amanda non rispose, si voltò completamente verso l’animale. Gli occhi di James, nonostante la trasformazione, erano gli stessi, e guardavano Amanda, dubbiosi.
“Dài, forza,” lo spronò lei, “se non sapevi come affrontare l’argomento, questa è una bella occasione.”
“Stai… stai parlando con un cervo, Amanda?” fece Lily. “Black? L’hai fatta bere?”
“Mi stavo giusto chiedendo perché fossero passati ben dieci secondi senza aver sentito un’accusa da parte tua,” commentò Sirius.
Prima che Lily potesse rispondere, il cervo emise un bramito, attirando la sua attenzione. Amanda trattenne il respiro quando James si decise a tornare nelle sue sembianze umane proprio davanti alla compagna; il pelo sparì, le quattro zampe ripresero sembianze umane di braccia e gambe, e il muso, insieme al palco e le orecchie, lasciarono il posto ai capelli arruffati e alla faccia di James. Le sue labbra erano tirate in un sorriso colpevole, gli occhi fissi sulla reazione di Lily.
Anche Amanda si voltò immediatamente verso di lei. I suoi occhi verdi erano sbarrati dalla sorpresa, si portò entrambe le mani davanti alla bocca, come per trattenere un urlo. Anche lei sembrava essere rimasta senza fiato.
Calò un silenzio innaturale nel dormitorio, persino James avvertì imbarazzo in quel momento.
“Ti prego, di’ qualcosa,” borbottò, grattandosi la nuca.
Lily fece un respiro profondo. Era chiaramente sconvolta, ma Amanda non sapeva spiegarsi per quale motivo aveva gli occhi lucidi.
“James…”
“Anche il mio nome va benissimo,” la rassicurò lui, muovendo un passo nella sua direzione. Lily indietreggiò, andando a toccare la porta.
“Devo andare,” borbottò frettolosamente. Si voltò e, senza salutare, sparì dietro la porta. Un rumore di passi frettolosi echeggiò nella stanza.
“Direi che l’ha presa bene,” buttò lì Sirius, beccandosi un’occhiataccia da Amanda.
 
*
 
Bussò alla porta del dormitorio femminile, ma alla fine entrò senza aspettare risposta. Lily si era rintanata lì con l’evidente intento di sfuggire a James. La vide camminare per la stanza, tormentandosi le mani, senza uno scopo preciso.
“Senti, Lily-” cominciò Amanda, ma fu interrotta dalla compagna quasi immediatamente.
“Da quanto è un Animagus? Da quanto lo sai?” chiese, agitata. “Perché proprio un cervo?”
“I-io non lo so,” rispose Amanda. “Ma non è l’unico…”
“Cosa?” mormorò Lily, fermandosi dov’era.
Amanda si morsicò il labbro.
“Sirius è un grosso cane nero, Peter un topo…” spiegò. “Lo hanno fatto per Remus, gli tengono compagnia durante… beh, lo sai, nelle notti di luna piena, da quasi due anni.”
Lily tacque, immobile, dov’era.
“L’ho scoperto prima di Natale, seguendo Peter. Sirius mi ha fatto promettere di non rivelare nulla, per proteggere Remus,” si giustificò, malgrado sapesse che non era necessario.
“Non ci posso credere,” borbottò Lily. La vide asciugarsi una guancia. Stava piangendo.
“Lily…” mormorò Amanda, sconsolata. Non aveva idea del perché stesse avendo una reazione del genere.
“Mi dispiace che ti abbia sconvolto così tanto, ma è una cosa bella quella che hanno fatto per Remus.”
Lily tirò su col naso e sorrise.
“Oh, Amanda, lo so,” ammise, con la voce un po’ tremolante. “Non è quello che mi ha sconvolto – cioè, sono molto sorpresa, non me lo aspettavo – ma, beh, il mio problema è un altro.”
Prima che Amanda potesse chiederle qualcosa, Lily tirò fuori la bacchetta.
“Ti ricordi che non riuscivo a evocare il mio Patronus? Mi sono esercitata e dopo Natale ce l’ho fatta,” spiegò. “Expecto Patronum,” mormorò infine, e Amanda comprese.
Un filo argenteo uscì dalla bacchetta, e in pochi secondi prese le sembianze di una grande cerva impettita che prese a scorrazzare nel dormitorio.
 
 
LAYLA
 
Entrò in Sala Grande con passo svelto e subito notò la folta chioma di sua sorella spuntare tra i compagni Corvonero. Capì immediatamente che qualcosa non andava; era voltata verso Lawrence, ragazzo magrolino del quinto anno, impegnato probabilmente in un discorso noiosissimo sulle proprietà di qualche pietra – la sua passione – e Amanda non provava nemmeno a fingere di essere interessata. Era un po’ rincuorata che non fosse stata una giornata pessima solo per lei; quel pomeriggio, al lago con Remus, aveva assistito alla scena peggiore che le potesse capitare. A quanto pare, Regulus ora ostentava un grande interesse per Loraine Dempsey, e non aveva risparmiato di baciarla lì, davanti a tutti, proprio sotto il faggio che era stato testimone del loro primo bacio. Fortunatamente c’era stato Remus. Non aveva nemmeno tentato di tirarle su il morale. Si era seduto accanto a lei alla riva del lago e le aveva fatto compagnia, fino al rumoroso arrivo di Jaded, che, per lo meno, aveva portato un po’ di distrazione ai suoi mesti pensieri.
Layla tornò in sé, ormai a pochi passi di distanza dalla sorella.
“Ciao,” li salutò, facendosi spazio proprio tra Amanda e Lawrence. Lei gli lanciò un’occhiata sollevata.
“Lawrence, la McGranitt ti cercava,” mentì Layla. Lui la guardò, atterrito.
“Perché? Caspita, lo sapevo, il saggio della settimana scorsa era tutto sbagliato, ma ho sforato solo di quaranta centimetri!” esclamò, affranto. Si alzò e, senza salutare, si diresse verso l’uscita della Sala Grande col capo basso.
“Grazie, Lay,” disse Amanda, stropicciandosi la faccia e lasciandosi andare ad un plateale sbadiglio. Layla rise e si servì del pollo.
“Non capisco perché ti ostini ad essere gentile anche con persone così noiose,” disse. “Nessuno sopporta Lawrence!”
“Appunto, mi dispiace per lui, non ha amici!” esclamò Amanda, intenta a mangiare con gusto il purè.
“Gli darai un’impressione sbagliata! Potrebbe pensare di piacerti.”
“Figurati!” esclamò Amanda, divertita. “Cosa hai fatto oggi?”
“Sono stata al lago con Remus, nel pomeriggio. Ci ha raggiunto anche Jaded, ad un certo punto, parlava fitto con Remus ma non ho capito bene di cosa,” raccontò, senza riuscire a celare un certo fastidio. “Ho saputo dell’esame, mi dispiace. Come stai?”
Amanda fece spallucce.
“La prossima volta andrà meglio, lo rifarò il mese prossimo insieme a Stephan, anche lui non l’ha passato,” rispose lei con un sorriso. Apprezzava questo lato di sua sorella; diversamente da lei, reagiva in modo invidiabile ai fallimenti.
“Sono contenta che non ti butti giù,” ammise.
“È merito di queste belle giornate,” affermò. “Non vedo l’ora arrivi l’estate!”
“A proposito di questa estate…” riprese Layla, “verrà anche Sirius, a Mainistir?”
“Certo che sì,” annuì sua sorella.
Layla appoggiò la forchetta. Era un po’ di tempo che le frullava in testa l’intenzione di chiedere ad Amanda un piccolo particolare riguardo alla loro permanenza alle Isole Aran che forse le era sfuggito.
“Bene… gli hai parlato del posto?” continuò Layla, sperando di vedere un barlume di acume in Amanda.
“Di Mainistir? Ovvio!”
“Okay,” sussurrò. “Quindi gli hai raccontato anche di Evan…” buttò lì, voltandosi verso di lei per godersi la sua reazione. Amanda tossì e sputacchiò un pezzetto di pollo che le stava andando di traverso.
E-Evan?” balbettò, mentre le guance si tingevano di un rosso porpora. “Perché dovrei raccontargli qualcosa di lui?”
Layla sospirò.
“Beh, almeno per tre ragioni: avevi una cotta colossale per lui, abita a Mainistir, e con tutta probabilità lo incontreremo!” elencò.
Amanda spalancò anche la bocca, sconvolta.
“Ma di cosa stai parlando? Non avevo una cotta per lui!” esclamò, infervorata.
“L’avevi eccome… non riuscivi a mettere in fila tre parole quando gli parlavi, e arrossivi in maniera imbarazzante in sua presenza l'ultima volta che siamo state lì!” la schernì, divertita.
Amanda gli diede una gomitata.
“Avevo solo dodici anni, e lui sedici,” borbottò. “Era grande, mi metteva in soggezione…”
“Ma era un nostro amico, quando eravamo piccole… ci siamo praticamente cresciute insieme, durante le vacanze passate dallo zio Patrick, giocavamo sempre con lui! Okay, poi ha iniziato a piacerti, ma non c'è niente di male,” affermò Layla, facendo spallucce. “Non capisco perché non ne parli con Sirius.”
“Perché non ha importanza,” rispose, convinta. “Non siamo più in contatto da almeno un paio d'anni, e l'ultima volta che l'ho sentito studiava in una Università babbana in Scozia! Avrà lasciato l'isola e abiterà altrove… non è necessario che Sirius sappia della sua esistenza.”
“Tu avrai anche smesso di scrivergli, ma io no! Lo sento un paio di volte l'anno, e prima di Natale mi ha scritto che abita sempre a Mainistir e fa il fotografo,” insistette. “Parla con Sirius, Amanda.”
“Cosa? Sei in contatto con lui? Perché non me l'hai detto?” domandò, sconvolta. Layla la vide rimuginare qualche secondo per poi concludere: “Dopotutto, non credo che sia poi così necessario andare a Mainistir.”
“In realtà sì, non abbiamo un altro posto in cui andare…” le ricordò. “E questa situazione è ridicola, davvero non capisco perché ti comporti così.”
Amanda si imbronciò e guardò il proprio piatto.
“Non… ti ha detto perché abbiamo smesso di sentirci?” mormorò ad un certo punto, sbriciolando nervosamente il pane tostato accanto al suo piatto.
“No,” rispose Layla, aggrottando la fronte. “Mi chiede spesso di te, però. Cos'è successo?”
“Beh, ecco, l'ultima volta che mi ha scritto mi ha confessato di provare qualcosa per me… mi aveva addirittura detto che mi avrebbe raggiunto nel villaggio babbano più vicino ad Hogwarts, siccome era in Scozia,” raccontò in un bisbiglio. “E io non gli ho mai risposto.”
“Cooosa?” sbottò, attirando l'attenzione di alcuni commensali accanto a loro. Si guardò intorno con circospezione, prima di continuare.
“Amanda, ma è una cosa crudele!”
“Non l'ho fatto con cattiveria, non sapevo cosa fare,” si giustificò. “Mi sono spaventata e sono scappata, tagliando i ponti… non sono stata corretta, lo so, però capisci perché non posso parlarne a Sirius?”
“No, anzi, i recenti sviluppi ti obbligano a parlargli di Evan-” disse, concitata, ma si bloccò immediatamente non appena notò Sirius a meno di un metro da loro. Lo seguì con lo sguardo finchè non si fu seduto accanto ad Amanda.
Evans,” concluse, schiarendosi la voce. “Parlavamo di Evans… Lily.”
Sirius guardò entrambe con sospetto, probabilmente erano state poco discrete nello zittirsi appena lui era arrivato. Lo vide salutare Amanda con un bacio fugace, poi aggrottò le sopracciglia.
“Stai bene?” le chiese, guardandola in faccia.
“S-sì, certo,” borbottò Amanda, le guance di un preoccupante rosso porpora. “Solo che devo andare… vado da Evans, cioè, volevo dire Lily!” esclamò, imbarazzata. Layla la vide alzarsi e incespicare nei suoi stessi piedi almeno un paio di volte, prima di allontanarsi dal tavolo a passo spedito senza nemmeno guardarsi indietro.
“Ma che le prende?” chiese Sirius, confuso, continuando a guardare nella direzione in cui Amanda era sparita. “Le hai fatto bere il caffè?”
“No!”
“Zuccheri?”
Layla scosse il capo e pensò che la mossa più intelligente da fare fosse quella di riempirsi la bocca di cibo e concentrarsi sul suo piatto per non dover rispondere a un Sirius piuttosto sconcertato.
 
 


 
ORION
 
 
La pelle era bianca e liscia, di sicuro morbida al tocco, esattamente come la ricordava. L’estate era appena finita, e Mary Anne l’aveva passata al sole. Lo poteva dire con sicurezza mentre osservava le sue mani gesticolare, spruzzate anch’esse da sporadiche lentiggini.
“Orion, non mi stai ascoltando,” borbottò Mary Anne, infastidita. Non aveva idea di quanto si sbagliasse. Orion era capace di carpire ogni piccolo dettaglio che arrivava dalla sua figura, era solo bravo a celarlo.
“Sì, che ti ascolto,” la rassicurò. “E penso che non sia una buona idea.”
“Che cosa?”
“Che tuo fratello ti aiuti in Pozioni,” rispose. Si sedette alla riva del lago e appoggiò i libri sopra la borsa. Mary Anne gli si sedette accanto; anche se non la stava guardando, immaginò la sua espressione corrucciata. Gli piaceva da morire la piccola ruga che le si formava tra le sopracciglia.
“Solo perché è un Magonò, immagino,” commentò, improvvisamente fredda.
“No, perché è pericoloso. Tu non sei una strega esperta e lui non può difendersi,” spiegò semplicemente. “Se qualcosa nelle pozioni dovesse andare storto, potreste ferirvi entrambi.”
Guardò Mary Anne e la vide arrossire.
“Chi è quella prevenuta?” la provocò, sorridendo.
“Scusa,” borbottò lei, impacciata.
“Fai bene a scusarti, sto ancora aspettando il bacio che mi hai promesso,” le fece notare.
“Aspettavo solo che avessi le braccia libere dai libri,” rispose Mary Anne. Si avvicinò fino ad essergli accanto. Era bellissima. Orion sentì il cuore accelerargli nel petto. Sorrise.
“Perché?” chiese.
“Mi piace abbracciarti,” mormorò, appena prima che le loro labbra si sfiorassero.
 
*
 
Appoggiato al muro, davanti alla porta dell’aula di Trasfigurazione, Orion seguì con lo sguardo Joe Froude uscire. Nonostante fossero passati quasi due mesi da quando lui e Mary Anne si erano scambiati il primo bacio, Orion continuava a sentirsi minacciato da quel ragazzino, sempre intorno a Mary Anne. In tutto ciò, lei non sembrava infastidita dalla sua presenza.
Mary Anne, infatti, uscì subito dopo, e Orion li vide salutarsi con un gesto della mano. Lui non gli risparmiò un’occhiata infastidita che Froude recepì immediatamente, prima di voltarsi e sparire lungo il corridoio. Mary Anne non si accorse di nulla, si avvicinò saltellando e gli gettò le braccia al collo come al solito, prima di appoggiare le labbra sulle sue in un bacio delicato.
“Ciao,” la salutò sorridendo e ricambiando il bacio. Con la coda dell’occhio notò il professor Silente uscire dall’aula.
“Professore,” borbottò Orion, cercando di ricomporsi. Mary Anne si accorse solo allora della presenza del docente e mise subito una certa distanza tra loro. Silente sorrise.
“Oh, non badate a me,” li rassicurò. “Se le persone malvage si imbarazzassero per le loro azioni come voi vi scusate per un po’ di affetto in pubblico, il mondo sarebbe un posto migliore.”
Detto ciò, diede loro le spalle, lasciandoli soli.
Orion e Mary Anne si scambiarono uno sguardo, complici.
“Ti va di accompagnarmi alle serre?” chiese poi lei. “Devo cambiare il terreno ad una Mandragora prima di domani!”
“Sono quasi le cinque, tra poco scatterà il coprifuoco, pensi di farcela?”
“Secondo te perché mi porto dietro un Prefetto?” rispose lei, ridendo. Orion fece per tirarla a sé, ma lei scivolò via dalla sua presa, divertita.
“Dovrai prendermi, Black!” esclamò, assottigliando gli occhi. Mary Anne si voltò velocemente, la chioma bionda ondeggiò sulla schiena mentre si lanciava in una corsa spericolata che sarebbe culminata con una caduta e un ginocchio sbucciato.
 
*
 
“Che ci facciamo nella Torre di Astronomia?” sussurrò, chiudendosi la porta alle spalle. Dalle finestre filtrava una luce lunare abbastanza forte data dal plenilunio.
Mary Anne non gli rispose, indaffarata a guardare oltre le vetrate. Sbuffò.
“Oh, no, è nuvoloso,” mormorò, delusa. “Volevo vedere le stelle!”
Orion si avvicinò alla finestra, accanto a lei. In basso, il prato era una distesa bianca; in lontananza erano visibili le luci di Natale che illuminavano le strade di Hogsmeade.
“Se non possiamo vederle, potremo sempre parlarne,” propose, guardandola.
Il viso di Mary Anne si distese in un sorriso.
“D’accordo!” esclamò, sedendosi per terra. Orion la imitò, la coprì con il proprio mantello quando la vide tremare. Lei iniziò ad elencargli tutte le costellazioni visibili dal loro emisfero, di come avrebbe voluto viaggiare, un giorno, nell’emisfero australe per poter osservarne altre, di quanto fosse affascinante pensare a tutto ciò che li circondava. Gli confessò di sentirsi piccola, che alcune volte guardando il cielo le girava la testa. Orion l’ascoltò perdendosi nei suoi gesti, senza mai toglierle gli occhi di dosso. Quella sera si rese conto di amarla.
“Qual è la tua stella preferita?” gli chiese all’improvviso.
“Non ne ho una,” confessò. “Nella mia famiglia è usanza dare nomi di stelle o costellazioni ai figli, quindi quando penso ad una stella mi viene in mente il mio albero genealogico,” continuò, “ed è composto per la maggior parte da persone che odio.”
Mary Anne si morse un labbro.
“Mi hai lasciato parlare per ben venti minuti di stelle e ora mi dici che le odi?” domandò, sconvolta.
“Non odio le stelle, ma quello che per me rappresentano,” le spiegò, divertito. “La tua preferita qual è?”
Lei sorrise tanto da scoprire i denti. Indicò un punto fuori dalla finestra.
“Se non ci fossero le nuvole, sarebbe proprio lì,” mormorò. “È la più luminosa della volta celeste. È Sirius.”
 
*
 
“Non se ne parla.”
“Non sto chiedendo il tuo permesso.”
“Sei un impertinente!” sbottò Arcturus Black, livido di rabbia. Orion pensò che sarebbe potuto scoppiare da un momento all’altro, e non solo per il faccione rotondo e rossissimo che aveva. Sostenne il suo sguardo iniettato di sangue. L’enorme pancia di suo padre era ben evidente anche attraverso la veste da mago, ed era il segno di una vita dissoluta negli agi. Si ripromise di non diventare mai come lui.
“Non getterai disonore nella famiglia con simili frequentazioni,” sibilò, avvicinandosi al suo viso. “I Doherty… quella Doherty, poi! Salazar!”
“Non sto chiedendo il tuo permesso,” ripeté, atono. “Non intendo sottostare alle vostre regole, non mi appartengono.”
“Ti appartengono, eccome!” sbraitò. “Hai idea della vergogna che dovremo affrontare?”
“Basterà bruciare il mio nome da lì sopra,” borbottò, indicando con un distratto gesto della testa l’arazzo di famiglia. “Hai bisogno che ti aiuti ad appiccare il fuoco?”
“SEI IL MIO EREDE!” urlò. “Non ti mescolerai ai traditori del sangue, te lo impedirò, fosse l’ultima cosa che faccio!”
“Non c’è nulla che tu possa fare per farmi cambiare idea,” sentenziò Orion, alzandosi.
Un inquietante ghigno apparve sul volto di suo padre.
“Nulla che possa fare a lei, vuoi dire?”
 
*
 
“Non ti ho chiesto di farlo per me, ma per te stesso,” esclamò Mary Anne, il volto rigato dalle lacrime. “Non fai che parlarmi di quanto li odi e di quanto vorresti andartene!”
“Non posso,” ripeté Orion, senza incontrare il suo sguardo.
“Non puoi o non vuoi?”
Cercò tutto il coraggio che aveva per pronunciare quella patetica menzogna, qualunque cosa pur di toglierla dal mirino della spietatezza di suo padre.
“Non voglio.”
Mary Anne non rispose; scosse il capo e si asciugò le guance con la manica della camicia; si voltò e sparì lungo il corridoio di corsa.
Orion la seguì, senza farsi vedere. La trovò in una sezione della biblioteca, in compagnia di Joe Froude.
“Non ha idea di cosa perde,” lo sentì sussurrare a Mary Anne, mentre le accarezzava i capelli. Lei sorrise tra le lacrime.
‘Ne ho idea, Froude,’ pensò, col cuore a pezzi.
 
*
 
Guardò la sua immagine riflessa allo specchio senza vederla davvero, i pensieri rivolti ai sogni che faceva da quasi un mese. La sua mente non faceva che rivivere i ricordi che lo legavano a quella donna ogni volta che la lasciava andare a briglia sciolta. Chiudeva gli occhi la sera, e ogni notte ripercorreva nuovamente i corridoi di Hogwarts, conosceva ancora una volta Mary Anne, si innamorava di nuovo di lei. Vivere nel passato era diventato così logorante che si rendeva conto di essere solo un fantasma in quel presente. E tutto per quella lettera che qualche settimana prima Silente gli aveva consegnato in gran segreto. Era stata scritta proprio da Mary Anne, giorni dopo l’ultimo Natale che aveva vissuto. Sentiva che lei e suo marito non sarebbero riusciti a sfuggire alla condanna dei Mangiamorte, di essere ormai marchiati. Mary Anne e Joe erano corsi ai ripari preparando in tempo Silente, dandogli disposizioni sulla casa, sulle ragazze, e poi Mary Anne gli aveva scritto quella lettera, che Orion avrebbe dovuto ricevere solamente se avesse deciso di contribuire all’Ordine. Con un mezzo sorriso immaginava che quella situazione avesse creato a Joe non pochi mal di pancia, ma dopo aver scoperto la verità sulle azioni che lo avevano mosso in passato, sapeva che lei non avrebbe voluto fare altrimenti.
Non faceva che leggerla, la portava con sé ovunque andasse, la indossava come una seconda pelle. Poteva recitarla a memoria, ormai.
 
‘Caro Orion,
se hai ricevuto questa lettera, significa che io sono morta. Ma tranquillo, non voglio guardare solo il lato negativo, perché se hai ricevuto questa lettera, allora tu sei vivo. Vivo davvero. Vuol dire che hai deciso di diventare un uomo nuovo, l’uomo che saresti dovuto essere da tanti anni, e che con un gran coraggio di cui nessuno si è mai accorto, hai dovuto nascondere.
Il giorno di Natale ho avuto ospite proprio tuo figlio, Sirius. So che non vi parlate, e voglio dirti che sta bene ed è felice, ma non perché è lontano da te, non fraintendere. È felice perché è l’uomo che vuole essere lontano dalla sua famiglia. Puoi biasimarlo? A quanto pare, lui e Amanda stanno insieme. Io mi sono fatta una grassa risata, quando l’ho saputo, Joe un po’ meno, perché ti somiglia tanto. Troppo, secondo lui! Ti assicuro, comunque, che sono molto carini insieme, e prima di qualche giorno fa ero convinta che Sirius ti somigliasse solo esternamente. Poi, Joe è tornato a casa una sera e mi ha detto che ha incontrato tuo padre Arcturus al Ministero. È stato interrogato per dei contatti sospetti, e durante il colloquio ha riconosciuto Joe. Gli ha detto che lo ringraziava per aver sposato me, per avermi ‘tolto dalla piazza’, perché ero una minaccia per il buon nome della sua famiglia e per suo figlio. Ha persino dovuto minacciarti di farmi del male; solo allora ti sei convinto a rimanere con loro.
Ti chiedo scusa, Orion. Ho pensato che tu fossi un codardo per tutto questo tempo e mi sento davvero in colpa, oltre che davvero stupida.
È proprio alla luce di questa nuova scoperta che ti scrivo. Oltre a chiedere di perdonarmi, voglio che tu sappia che sono entusiasta della relazione tra Amanda e Sirius e – non so se ne sei al corrente – anche di quella che pare ci sia tra Regulus e Layla, mia figlia minore. Non credere che non lo sappia, in questo momento starai sghignazzando soddisfatto e starai pensando: “Due su due!”
Non ti so dire come andranno le cose tra loro, in questa vita nulla è certo, a parte che io e mio marito non resisteremo oltre un mese. Siamo abbastanza convinti che i Mangiamorte siano sulle nostre tracce. Joe è stato preso di mira, e sappiamo di essere in qualche modo segnati.
Inizialmente, non riuscivo a pensare ad altro: non volevo morire, non volevo lasciare sole le mie figlie, prede di un destino così infausto e imprevedibile. Ma, riflettendoci, sopravvivere non è lo scopo della nostra vita, non di questi tempi, almeno. E allora, lo dico anche a te, Orion, ora che sei un uomo nuovo: non sopravvivere, vivi per un mondo migliore. E se vivendo muori, fa che ne sia valsa la pena. Se hai ricevuto questa lettera, in qualche modo sei a conoscenza dell’Ordine della Fenice ed intendi aiutarlo. Non ti ho mai chiesto di fare nulla per me, ma considerato come stanno le cose, vorrei che tu seguissi il mio consiglio. Ora che ti conosco davvero, ti affiderei le mie figlie sapendole in ottime mani.
Ma, prima di ogni altra cosa, vorrei che trovassi pace. In qualche modo, mi sento colpevole di non avertela fatta trovare, in tutti questi anni, e quindi voglio dirti che c’è un amore destinato ad ognuno di noi, Orion. Ti colpisce al cuore e non ti dà via di scampo. C’è chi lo incontra da piccolo, chi per caso, chi non ha la pazienza di aspettare e si accontenta, chi non lo incontra mai.  Per alcuni, tuttavia, è considerato una maledizione, qualcosa da cui ci si sente perseguitati, una malattia da cui non si riesce a guarire. Si cerca un nascondiglio, si fugge, si fanno continuamente scelte sbagliate per poi pentirsi, finchè non è troppo tardi. Quando pensavo a quest’ultimo caso, pensavo sempre a te. Voglio essere sincera con te, Orion, ma non so se ti aiuterà: se potessi riavvolgere il nastro della mia vita fino al momento in cui abbiamo fatto le scelte che ci hanno portato fin qui, probabilmente mi comporterei esattamente allo stesso modo. Le scelte che ho fatto mi hanno reso la persona che sono ora, mi hanno dato Joe e, soprattutto, Amanda e Layla. Tu pensi che il destino ci abbia beffati, ma forse sbagli prospettiva: senza le tue scelte, ora Amanda e Sirius non sarebbero così felici. Trovo che sia un buon modo di giustificarle, per la prossima persona che te le rinfaccerà. Io non lo farò più, te lo prometto. Se questa vita sarà clemente, spero ti dia la pace che ti meriti. E spero, semmai dovessimo incontrarci ancora, di poterti salutare come un vecchio amico. E abbracciarti. Mi è sempre piaciuto abbracciarti.
 
Con affetto,
Mary Anne.’
 
 
Alla fine della lettera, Orion sorrideva. Le era sempre piaciuto abbracciarlo, glielo diceva spesso.
Aveva avuto una miriade di pensieri dopo quel fiume di parole che gli aveva scritto. Aveva sempre creduto di non essere nei suoi pensieri, nei suoi ultimi momenti vissuti, e invece si era sbagliato. La verità era venuta fuori, luminosa e potente, proprio dalla bocca dell’uomo che lo aveva fagocitato in quel baratro di infelicità e frustrazione che era stata la sua vita sino a quel momento. Mary Anne era morta conoscendo la persona che Orion era davvero e, soprattutto, cosciente di ciò che stava facendo, del contributo che la sua morte avrebbe portato nella lotta che avevano intrapreso. Aveva vissuto. La sua Mary Anne era morta senza paura.
 
*
 
Salutò con un cenno del capo Charlus, accanto a Silente. Anche Alastor Moody era arrivato. Accolse Orion con la solita espressione arcigna e diffidente.
“Avete iniziato?” chiese, raggiungendoli. Il masso era sempre lì, tra la terra nera e il mare, a simboleggiare la sua base sicura. Ma questa volta non si sedette.
Il motivo per cui si trovavano lì era tanto semplice quanto folle: ricostruire. Erano le ultime volontà di Joe e Mary Anne. La loro casa era stato il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice sin dalla sua fondazione, e, dopo la loro morte, Joe avrebbe voluto che rimanesse tale. Ovviamente, non potevano sapere che la loro abitazione sarebbe stata distrutta dall’Ardemonio, ma Silente si era mostrato fermo nel rispettare questa sua volontà, a qualunque costo. Probabilmente era questo il motivo che lo aveva spinto a chiedere il consiglio di Orion, che aveva un innegabile talento negli incantesimi. Gli unici, oltre loro due, ad essere a conoscenza di questo progetto erano Charlus e Alastor. Lo scetticismo di quest’ultimo era palpabile, tanto da essere di enorme fastidio quando si trattava di discutere il da farsi. Il motivo principale per cui Moody non si fidava di lui era la riluttanza di Orion a far sapere ad altri membri, oltre loro tre, che aveva preso parte a quella ‘missione’ per l’Ordine. Aveva assoluta necessità di rimanere nell’anonimato, ma non per se stesso, quanto per la posizione scomoda in cui Regulus si sarebbe ritrovato se si fosse venuto a sapere. Nessuno di loro conosceva la condizione di suo figlio, per cui non aveva potuto spiegarsi, e ciò non aveva fatto altro che inasprire il giudizio del vecchio Auror.
“Buongiorno, Orion,” sorrise Silente, sistemandosi la veste. “Abbiamo reso la superficie Indisegnabile. Al momento risulta anche non rintracciabile nelle mappe, e mi sono premurato di estendere l’incantesimo per un centinaio di metri,” continuò.
“Che durata avranno?” chiese Orion.
“Un paio di mesi, ma per sicurezza li rinnoverei almeno una volta al mese.”
“Bene,” annuì. Si rivolse poi a Charlus. “Hai fatto quelle ricerche sul terreno?”
L’uomo fece un cenno di assenso.
“Purtroppo si sono rivelate deludenti, non ho trovato incantesimi in grado di agire. Tu? Hai trovato qualcosa?”
Orion si schiarì la voce e gettò un’occhiata a Malocchio. Si preparò allo scontro.
“Forse.”
“Sono proprio curioso di sentire la tua proposta,” esordì Moody.
“Io almeno ne faccio,” rispose Orion.
“E sono tutto orecchi, signor Black,” disse Silente. “Prego.”
Orion si voltò verso la distesa di terra.
“La magia nera che è stata assorbita dalla terra è destinata a sprofondare. Non essendo stata la terra ad essere colpita direttamente, ma la casa, la maledizione scivolerà molto lentamente verso il basso, proprio come l’acqua che filtra nel terreno, ma molto più lentamente. Ci metterà anni, davvero tanti, più di quelli che possiamo permetterci di aspettare,” spiegò. “Ora, non ho intenzione di sporcare questo posto con altra magia oscura...”
“Ho una particolare simpatia per i ma,” commentò Silente, incuriosito.
Ma,” riprese Orion “conosco un incantesimo che potrebbe circoscrivere la zona maledetta, la rimpicciolirebbe e dovrebbe velocizzare questo processo. La nuova costruzione sorgerebbe pochi metri accanto all’originale. Ci vorrà tempo… almeno un mese.”
“È magia oscura,” sbottò Alastor, indignato.
“È magia antica,” precisò Orion, infastidito. “Un incantesimo caduto in disuso perché non tutti riescono a praticarlo. Non ha una formula precisa, perché è il mago che la plasma per i suoi scopi ed è abbinata ad una potente pozione.”
“È la definizione di magia oscura, a casa mia,” insistette Alastor, burbero. “Silente, non darai davvero credito a questo idiota!”
“Beh, questo idiota,” riprese Charlus, sconcertato “è l’unico che ha fatto una proposta decente, a mio avviso.”
Silente pareva non prestare attenzione alla discussione, concentrato com’era a fissare il terreno e a rimuginare sulla proposta.
“Se davvero non è magia oscura come dici, perché ha dovuto fare una premessa di quel genere?” chiese Moody a Charlus.
Orion sospirò, seccato. Odiava gli idioti.
“La magia oscura ti fagocita, ti rende schiavo, non padrone,” affermò. “Ti fa fare grandi cose, è vero, ma sei solo un burattino nell'occhio di un vortice nero e potente che ti porta all'autodistruzione!” sbottò spazientito. Gli occhi neri  di Alastor seguitarono a fissarlo, per niente intimorito.
Questa è la definizione di magia oscura,” continuò. “La conosco e riesco non farmi contaminare. Tu, che sei così impegnato starne lontano e a condannarmi, potresti dire lo stesso?”
“Come osi?” proruppe Moody, stizzito. Tirò fuori la bacchetta, pronto a colpirlo. Orion non si scomodò a reagire.
“Alastor!” tuonò Silente, arrabbiato. “Non ho chiesto la tua presenza per essere d’intralcio,” continuò, “metti via la bacchetta, Orion ha avuto una valida idea.”
Suo malgrado, Moody abbassò la bacchetta senza smettere di rivolgergli un’espressione ostile.
“Orion,” disse ancora Silente, con un tono completamente diverso, “ti seguirò durante questa pratica, passo per passo. Conta pure sul mio totale aiuto. Mi rimetto a te e ti ringrazio.”
Orion tentò di fare un sorriso compiaciuto, ma con molta probabilità gli uscì solamente una smorfia.
“Sirius sarebbe fiero di suo padre,” gli mormorò Charlus.
Sirius non deve saperlo.”
 
 


 
Note:
Eccomi tornataaaa! Cavolo, non ci credo, ho visto la fine di questo capitolo. Non potete capire quanto sono contenta, più di voi sicuramente XD! Allora, andiamo con ordine:
  • Pov di Amanda. Inside Hogwarts: per quanto riguarda Lily, era veramente questione di tempo perché scoprisse di James. Voglio dire, è anche più o meno come mi sono immaginata sia avvenuto davvero tra loro – James che fa lo scemo in dormitorio scorrazzando sotto forma di cervo, Lily che vede un cervo nella stanza e lui che poi si palesa XD, chiaro, no? Insomma, non può essere andata diversamente… vogliamo piuttosto parlare del suo Patronus? Che trauma...
  • Amanda… allora, lei ha un grosso disagio, dovuto a questi picchi di magia che non riesce a controllare. Parlo per esperienza personale in rimando al lavoro che faccio… mi occupo spesso di bambini con disagio di qualsiasi tipo, che vivono questa differenza come un peso piuttosto che come una risorsa, ed è proprio qui che secondo me si sbaglia. Anche Amanda è ancora improntata in una prospettiva di quel tipo, ma speriamo che cambi presto!
  • Pov di Layla. Evan: mi ha fatto molto ridere, in realtà, questa parte (probabilmente perché so cosa succederà XD). Allora, Evan aveva un rapporto molto stretto con le ragazze, soprattutto con Amanda. Infatti lui è l’unico babbano che sa che sono delle streghe e utilizza i loro gufi per comunicare. I rapporti sono iniziati a cambiare dopo la morte di Patrick, quindi quando Amanda aveva circa 12 anni. Non si sono allontanati, bensì avvicinati ancora di più. Adesso, Amanda ha avuto una cottarella per Evan in effetti, e si è comportata esattamente come fa sempre, ovvero scappando XD. Ci ha provato anche con Sirius, ma lui non ha mollato la presa e l’ha acciuffata! Diciamo che si sente in colpa per come si è comportata nei confronti di Evan e anche per un altro motivo che conoscerete più avanti (“Spoilers” cit. River Song)
  • Passiamo all’altro pov, con il mio amore Orion. Sì, sono una stronza, e per colpa di FairyFrida sono arrivata a shippare Orianne - oddio, è fighissimo questo nome! – quindi, se questo pov vi ha fatto soffrire, sappiate che ho sofferto con voi! A proposito di ciò, scatenatevi pure nei commenti;
  • Zan zan zan… sì, gente, colpo di scena! Orion non è poi così tanto senza palle. Per lo meno, lo è stato, ma per esigenza. Poi è diventata un’abitudine per via della situazione in cui si è trovato dopo aver sposato Walburga ed essere stato rifiutato da Mary Anne, quindi… ora potete farvelo piacere senza sentirvi in colpa <3. In questo, btw, somiglia molto a Regulus.
  • Sto scrivendo le note ed è quasi mezzanotte, perdonatemi se non trovate un senso. Mi scuso per avervi fatto perdere cinque minuti della vostra vita!
Vi ringrazio INFINITAMENTE per tutte le recensioni, per il tempo che dedicate alla fanfiction, perché esistete! Thank you so much.
 
Amanda
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Amanda FroudeBlack