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Autore: JustAGuyWithNoVoice    05/02/2016    0 recensioni
Cos'è Puntini?
Puntini sono io, quello che passa per la testa di uno pseudo-scrittore con tanto da dire e pochi a cui dirlo. Dentro c'è tutto, una raccolta di brevi favolette che descrivono me, come mi sento, cosa penso, chi sono; e tutto questo lo regalo a voi lettori senza chiedere nulla in cambio.
Certamente, ogni storia può essere presa come fine a sé stessa, o come parte di qualcosa di più grande: allo stesso modo in cui i puntini, sul foglio, possono unirsi o rimanere separati, formare linee o rimanere un ammasso informe senza scopo né causa, esistere per il puro piacere di farlo.
Ma io sono lo scrittore, il mio lavoro è scrivere; il lavoro del lettore, invece, è interpretare ciò che lo scrittore scrive come più sembra opportuno.
E chi sono io per dire a voi come fare il vostro lavoro?
Genere: Introspettivo, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’uomo in giacca e cravatta si sistemò il polsino, con la delicatezza di un chirurgo col bisturi, come se da quello dipendesse la sua stessa vita. Infilò il bottone nell’occhiello, tirò il lembo della camicia così che solo pochi millimetri fossero visibili oltre l’orlo della manica dell’abito scuro; poi, portò la mano al nodo della cravatta. Lo strinse, lo strinse forte, alzando appena il mento. Il suo collo era stretto in una morsa dal rigido colletto bianco. Con un rapido movimento della mano gemella, infine, si spolverò appena la spalla, per togliere un po’ di polvere, qualche rimpianto, forse una lacrima; i suoi occhi, nel mentre, fissavano il vuoto. Chinò appena il capo, dischiuse le labbra, prese un respiro.

E saltò.

Saltò oltre la finestra di fronte a sé. Saltò oltre i problemi, le preoccupazioni. Saltò oltre il rimorso, il rimpianto di una vita che non visse mai. Il vetro s’infranse, le schegge volarono tutt’intorno in una piccola nube che rifrangeva ogni colore dell’arcobaleno; una delle schegge gli graffiò il viso, ed il sangue iniziò a sgorgare, salendo su per la sua guancia. Il sangue andava su, e l’uomo in giacca e cravatta andava giù, veloce, sempre più veloce, mentre la sua mente si riempiva lentamente. Pensieri sui suoi amici, pensieri sulla sua famiglia, sul suo lavoro. Cosa avrebbe voluto fare, dove avrebbe voluto andare, chi avrebbe voluto essere. Allargò le braccia, mentre il vento gli fischiava nelle orecchie, lo assordava, lo spingeva con tutta la sua forza, come se volesse arrestare la sua caduta. Ma l’uomo in giacca e cravatta non smise di precipitare, ed i pensieri non smisero di offuscargli la mente, finché non vide un nastro rosso volteggiare appena, accanto a lui. La sua cravatta. Si era slegata. Ed il polsino si era sbottonato. Il suolo era così vicino, che avrebbe potuto allungare la mano per toccarlo, la sua caduta era giunta al termine. I pensieri si fermarono, il vento smise di gridare, il mondo smise di muoversi. E l’uomo in giacca e cravatta sorrise, per l’ultima volta.

   
 
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