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Autore: edoardo811    06/02/2016    3 recensioni
Il mondo è finito. Come reagiresti se sentissi tu queste parole? Come reagiresti se potessi accertarti con i tuoi stessi occhi che queste parole sono vere?
Questo è ciò con cui Rachel è costretta a convivere ogni giorno. Quando vede la gente morire di fame per strada, quando vede l'ennesima banda di tagliagole generare il caos, quando è costretta a combattere fino allo stremo per la propria vita e per quella delle poche persone care che le sono rimaste.
Per quanto tempo può la volontà di una persona riuscire a resistere alle crudeltà che la vita riserva?
Si dice che l'ultima candela sia sempre quella che impiega più tempo a spegnersi, ma cosa potrebbe accadere quando anche la speranza cessa di esistere?
Rachel con i suoi poteri potrebbe distruggere l'intero creato. Che cosa se ne farà?
Li userà per aiutare il mondo... o per aiutare semplicemente sé stessa?
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Slade
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 3: SCONTRO NELLA BARACCOPOLI

 

 

«Oh-oh...» sussurrò X quando la vide.

Amalia deglutì rumorosamente ed aumentò la presa attorno al fucile.

Un gigantesco robot era sbucato fuori dall’ammasso di baracche. Era alto almeno tre metri. Il busto rotondo, parte delle gambe e delle braccia erano formati da pezzi di ferraglia e non aveva la testa. L’intero corpo era attraversato da un’abbagliante luce gialla, che filtrava tra le placche dell’armatura di rottami.

«INTRUSI! VI PENTIRETE DI ESSERE ENTRATI QUI!»

Un esercito di creature comparve ai suoi piedi. Erano molto simili a lui, erano formati da pezzi di metallo e da quella strana luce, ma a differenza del golem erano un ibrido tra un granchio ed uno scorpione, ed erano poco più grossi di un cane di media taglia.

«Che... che cazzo è quel coso?!» domandò Lucas, interdetto. «Come diavolo fa a parlare?!»

Rachel non rispose. Non credeva alla loro sfortuna. Erano appena entrati, e si erano già ritrovati addosso il comitato di benvenuto. Rimase in silenzio, ed osservò meglio quel bagliore giallo di cui le macchine di fronte a loro erano costituite. Si arrovellò per cercare di capire che cosa diavolo avesse di fronte a sé.

Sembrava proprio quella luce a tenere uniti gli arti dei robot al busto. Senza di essa, infatti, gambe e braccia avrebbero fluttuato letteralmente nell’aria. Era una specie di collante, eppure non era assolutamente solida. Ma allora...

«Energia telecinetica...» sussurrò, quasi incredula.

«Cosa diavolo c’entra la telecinesi adesso?!»

«SCARTIGRANCHI!» tuonò ancora il golem con la sua possente voce metallica. Puntò l’indice contro i tre ragazzi. «ATTACCATE!»

Gli automi ai suoi piedi scattarono in avanti non appena finì di ordinarlo. Erano piccoli e avevano minuscole zampe, ma si muovevano comunque parecchio rapidamente.

In un lampo furono addosso ai ragazzi. Rachel serrò la mascella e scagliò alcuni raggi di energia, abbattendone alcuni, ma diversi di loro schivarono l’attacco.

Diversi boati risuonarono accanto a lei. Era Amalia che aveva aperto il fuoco su di loro. Anche Lucas aveva estratto la sua arma bianca e si era lanciato nella mischia, colpendoli uno dietro l’altro, sbattendoli via come pupazzi di pezza.

I piccoletti non sembravano affatto un problema. Era il gigantesco golem di fronte a loro quello che preoccupava Rachel.

La conduit decise di lasciare i granchi ai suoi compagni. Qualunque cosa fosse quell’enorme automa di fronte a lei, era sicuramente opera di un conduit, pertanto se ne sarebbe occupata lei. Calò il cappuccio della felpa sulla testa, distese le braccia e si concentrò profondamente. Percepì l’energia oscura fuoriuscire dal suo corpo e avvolgerla come una coperta. In poco tempo assunse la sua forma da rapace oscuro e partì all’attacco.

Il robot la vide avvicinarsi ed esplose in un urlo di battaglia, dopodiché afferrò un rottame di automobile da terra e glielo scagliò addosso.

Rachel lo schivò con un avvitamento, dopodiché rispose al fuoco sferrando i suoi attacchi di energia nera. I raggi colpirono il golem sul petto. L’energia telecinetica sfarfallò un paio di volte, ma il colosso resse bene i colpi.

Devo colpirlo più forte, osservò la ragazza, avvicinandosi ulteriormente e seppellendolo con un’ondata di raggi neri.

L’automa ululò di rabbia e sollevò una grossa mano verso di lei. Dalla punta delle dita si generò una raffica di pezzetti di ferraglia simile alla scarica di una mitragliatrice.

Il rapace nero deviò traiettoria per non farsi colpire, ma non cessò di sparare a sua volta.

Cominciò una battaglia terra-aria. Il golem cercava di colpire Rachel con tutto quello che trovava per terra, con le sue raffiche di scarti o con palle di fuoco generate chissà come, mentre la conduit lo bombardava con i suoi molteplici attacchi.

Mano a mano che i raggi neri si infrangevano sull’automa, la luce gialla che teneva unito il suo corpo sfarfallava e cambiava colore, segno che, forse, si stava indebolendo. All’inizio era gialla sfavillante, ora era quasi arancione. Il problema era che, tra il volare e l’attaccare, le energie di Rachel stavano cominciando ad esaurirsi, mentre il suo avversario, nonostante tutti i colpi subiti, sembrava essere ancora perfettamente in grado di combattere.

Corvina tentò di avvicinarsi, per cercare eventualmente un suo punto debole, ma l’unica cosa che vide fu l’ennesimo ammasso di ferraglia che si dirigeva verso di lei. Lo evitò e colpì ancora l’automa. La luce dapprima gialla, poi arancione, ora si fece rossa. Rachel lo notò, e nascosta nel suo aspetto di volatile, sorrise.

Forse ci siam...

La distrazione le costò cara. Un’altra raffica di mitragliatrice sfuggì alla sua vista, e le colpì la sua coda. Rachel gridò. Di solito il corpo da rapace era immune agli attacchi delle persone, o comunque li incassava parecchio bene. Rachel lo aveva scoperto quasi per caso, quando, in uno scontro con dei Mietitori, era stata colpita da un’arma da fuoco senza subire nessun danno. Ogni volta che si trasformava, la ragazza si credeva in una botte di ferro, anche se più veniva colpita, più le sue forze diminuivano. E spesso e volentieri alla fine di un combattimento si era ritrovata con molti più tagli e ferite di quante ne immaginasse.

Quella volta tuttavia la sua armatura di oscurità non riuscì a proteggerla. Forse perché era stata colpita troppo forte, o magari perché era stato proprio un altro conduit a farlo. Perse la concentrazione, complice anche la stanchezza, e si ritrovò a precipitare. Non stava volando parecchio in alto, ma l’impatto fu ugualmente doloroso. Per sua fortuna non precipitò sul suolo, ma sul tetto di una baracca che non si sfondò per miracolo.

Tossì, udì la terra tremare e la voce tonante esplodere di nuovo: «ORA PAGHERAI!»

Gemette, cercò di rimettersi in piedi. Si voltò e vide l’automa avvicinarsi minaccioso alla catapecchia, sollevando altri enormi detriti con le proprie mani. La corvina attinse alle proprie energie rimase e fece per generare uno scudo con cui proteggersi, ma un’altra esplosione si sollevò in aria e qualcosa impattò contro la corazza del golem.

«UH?»

Rachel si voltò e vide Amalia ed X avvicinarsi a loro, la prima con il fucile alzato, il secondo con in mano le proprie lame esplosive. Raramente la conduit lo aveva visto usarle, il che significava che la situazione era molto più grave del previsto.

Poi notò la cosa peggiore. La luce del golem era di nuovo diventata arancione. Stava recuperando le forze.

Cazzo!

Il lato positivo era che dei granchi di poco prima non restava più alcuna traccia. Ma restava il più pericoloso.

Il grosso conduit gridò e scagliò le proprie munizioni contro i suoi nuovi bersagli, che dovettero scattare di lato per evitarli. Amalia rotolò a terra e con molta maestria si rimise in ginocchio, continuando a sparare con il fucile. Non sbagliava un colpo, ogni rosata centrava perfettamente il busto dell’automa.

Lucas scagliò alcune lame, che si conficcarono sulla spalla del golem, proprio vicino al punto in cui la telecinesi teneva unito il braccio al busto. Gli esplosivi detonarono e il risultato fu sorprendente. Il braccio si staccò dal corpo, crollando a terra con un boato.

Il conduit ululò di rabbia, bloccando per un breve attimo la sua offensiva.

«Sì! Beccati questo!» esclamò Lucas, per poi voltarsi verso di Amalia. «Hai visto, bellezza? Impara dal sottoscritto!»

«Idiota, non esaltarti!» replicò la mora, continuando a sparare. «Non è ancora finita!»

«Tutta invidia!»

L’automa sparò altre raffiche di metallo con l’unica mano che gli era rimasta, ma ormai Rachel aveva capito il trucco. Era la telecinesi il punto debole che stava cercando. Il robot si teneva in piedi grazie ad essa, di conseguenza bastava eliminarla per eliminare anche lui.

La ragazza annuì a se stessa, poi guardò le proprie mani. Un’idea malsana le attraversò la mente. Sorrise. Aveva male dappertutto, ma se volevano uscire vivi da quella baraccopoli doveva stringere i denti. Lucas e Amalia non lo avrebbero mai potuto farcela da soli. Il golem non dava loro più un attimo di tregua, era chiaro che sotto quell’enorme offensiva celava una strategia difensiva atta a non farsi più colpire.

Rachel trattenne il fiato, prese la rincorsa e saltò giù dal tetto, per poi trasformarsi in rapace.

L’automa riuscì quasi a colpire Amalia, che era stata costretta ad abbassare la guardia per ricaricare. Fu Lucas a salvarla, gettandosi su di lei e facendole evitare una raffica di proiettili. Entrambi si ritrovarono a terra, con il golem torreggiante su di loro.

«ADESSO DITE LE VOSTRE ULTIME...»

Non terminò la frase. Rachel piombò su di lui, tornando in forma umana ed aggrappandosi ad una delle scaglie di metallo della sua schiena. Gridò. La placca era caldissima, sicuramente si ustionò le mani. Era per via dell’energia telecinetica, emanava un calore immenso. La corvina sentì la propria faccia sciogliersi.

Ma non si sarebbe arresa così. Si concentrò profondamente e sentì ancora una volta l’energia nera liberarsi fuori dal proprio corpo. Questa volta però fece qualcosa di totalmente nuovo.

«CHE STAI FACENDO?! SCENDI SUBITO!» Il golem percepì che qualcosa di anomalo stava accadendo alle sue spalle e dimenò il suo unico braccio per cercare di staccarsi la ragazza di dosso.

Tuttavia era tardi. Rachel gridò e liberò l’energia che ancora possedeva, concentrandosi affinché entrasse tutta nel corpo del robot. La placca metallica a cui era aggrappata funse da tramite tra lei e l’automa. La luce nera si insinuò nel corpo del conduit, liberandosi in tutte le direzioni. Il golem urlò per la sorpresa.

L’energia telecinetica cominciò poco per volta ad essere rimpiazzata da quella nera della giovane, fino a quando il bagliore arancione non svanì del tutto, sostituito da quello oscuro della conduit.

«NO! NOOO!!!»

L’ululato del golem svanì poco dopo, offuscato dall’esplosione che si susseguì. Pezzi di metallo e lamiere volarono da tutte le parti. Rachel sentì il mondo attorcigliarsi su sé stesso. Precipitò a terra. Un male lancinante le azzannò la schiena.

Per un attimo pensò di essere morta, poi si ricordò che i morti non potevano provare più il dolore.

Le orecchie le fischiavano, il sapore metallico del sangue toccò il suo palato. Sentiva la testa leggera, come se stesse fluttuando per aria.

Stava da schifo. Ma sicuramente meglio del golem. O di qualsiasi cosa restasse di lui.

«Rachel!» Qualcuno la chiamò. Si sorprese parecchio di riuscire ancora a sentirci qualcosa. Lucas apparve nel suo campo visivo, accovacciato vicino a lei. Sembrava preoccupato. «Stai bene?»

La aiutò a sedersi. La ragazza fece una smorfia per ogni millimetro mosso.

«Certo che sta bene, guarda!» si intromise Amalia, sarcastica, arrivando in quel momento. «È il ritratto della salute, non vedi?»

Normalmente Lucas avrebbe risposto a tono, ma quella volta no. Non la considerò nemmeno, comportamento che sorprese parecchio Rachel. Doveva essere davvero preoccupato per lei, dato che non sembrava voler toglierle gli occhi di dosso.

«T-Tranquillo...» disse, trovando chissà dove la forza di parlare. «Lasciami... qualche minuto... per recuperare un po’ di forze... poi mi curerò da sola...»

Il ragazzo sembrò tranquillizzarsi. «Ok... ehi, ricordi quando ti ho detto che ti eri rammollita?»

Rachel annuì lentamente con la testa. Lucas sorrise. «Mi rimangio tutto. Sei stata fantastica.»

Anche la ragazza sorrise. Avrebbe voluto rispondere, ma le parole le morirono in gola dopo l’ennesima fitta di dolore. Lucas si avvicinò a lei e le prese il braccio, avvolgendoselo attorno al collo. «Forza, ti aiuto ad alzarti.»

Con molta fatica ed aggrappandosi all’amico, Rachel si rimise in piedi. Incrociò per caso anche lo sguardo di Amalia. La mora le sorrise, poi sollevò il pollice. La conduit ricambiò il sorriso anche a lei e le rivolse un cenno d’intesa con il capo.

Né Amalia né Lucas sembravano feriti. Non troppo, almeno. Meglio per Rachel, almeno non avrebbe dovuto sprecare ulteriori energie per curare anche loro. Non credeva che ce l’avrebbe fatta.

Diversi rumori di metallo provenienti dai resti del golem li fecero voltare tutti quanti di scatto, facendoli trasalire.

«No, non di nuovo...» sussurrò Amalia.

Anche Rachel temette il peggio. Se quell’automa si fosse riformato, per loro sarebbe stata la fine.

Non accadde. Da sotto il cumulo sbucò fuori un uomo vestito con abiti verdi rovinati: uno Spazzino. Si levò i detriti di dosso, che caddero sopra gli altri producendo quei tintinnii metallici che poco prima avevano preoccupato i ragazzi.

Tossì, poi si rimise in piedi, barcollando. Si voltò verso di loro, mostrando una quantità industriale di ferite e tagli. Il volto era rovinato, sporco e ricoperto da una folta barba incolta, grigia come i capelli. Digrignò i denti giallognoli, poi indicò i tre ragazzi. «Maledetti! Pagherete per ciò che avete fatto! Costruirò una tonnellata di scartigranchi e vi farò sbranare da loro!»

Urlò di rabbia e spalancò entrambe le braccia. «Anzi, raccoglierò una marea di detriti e vi seppellirò vivi!»

Chiuse gli occhi e piegò la testa, rimanendo immobile. Nessun detrito si spostò di un centimetro.

Lucas, Amalia e Rachel si guardarono tra loro perplessi. «Quel tizio era nel robot?» domandò il ragazzo, inarcando un sopracciglio.

«Boh, forse» rispose Rachel, altrettanto confusa.

Nel frattempo, lo Spazzino sembrò accorgersi che qualcosa non stava funzionando. Riaprì gli occhi e si guardò intorno, sorpreso. «Ma che diavolo? Perché non succede niente?! Ha sempre funzionato!» Richiuse gli occhi e distese di nuovo le braccia. Nulla accadde. «Che sta succedendo?! La telecinesi non funziona più!» urlò, frustrato. «Com’è possibile?!»

«Vuoi una mano per caso?»

Lo Spazzino si voltò di nuovo verso i ragazzi. Lucas sogghignò. «C’è qualche problema?»

Il criminale impallidì. «Ehm...» Intuendo che forse combattere era fuori discussione, si voltò e cominciò a scappare con la coda tra le gambe.

«Oh no, tu non vai da nessuna parte.» Amalia tirò fuori una pistola dalla tasca interna del cappotto e gli sparò, colpendolo ad una gamba. L’uomo cadde a terra, ululando di dolore ed imprecando come uno scaricatore di porto.

Lucas fischiò ammirato. «Wow. Bella mira.»

Komand’r soffiò via il fumo dalla canna, poi rinfoderò la pistola, sfoggiando un sorriso altezzoso. «Hai visto che era carica?»

«Tsk. L’avrai caricata prima di venire qui.»

«Ti piacerebbe.»

«Ragazzi...» mugugnò Rachel, sospirando esausta.

«Che c’è? » replicarono in coro.

La corvina indicò lo Spazzino, che ora si era messo a strisciare per allontanarsi. «Il tizio sta ancora cercando di scappare.»

«Non credo proprio» ribatté Lucas.

I tre ragazzi raggiunsero l’uomo, con Rachel che venne aiutata nei movimenti dal partner. Arrivarono a pochi passi da lui, poi Amalia sollevò il fucile e alzò la voce. «Un altro millimetro e sei morto.»

Lo Spazzino sussultò, poi si voltò verso di loro, restando sdraiato sulla schiena. Deglutì rumorosamente, poi sollevò entrambe le mani. «Cosa diavolo mi avete fatto?! P-Perché i miei poteri non funzionano più?!»

«Noi non abbiamo fatto un bel niente ai tuoi poteri. Siamo qui per questo.» Lucas gli mostrò il foglio di carta con la piantina del Dedalo, che fino ad allora aveva tenuto in tasca. «Vedi, le cose sono due: o ci dai tutte le tue provviste, oppure di gonfiamo di cazzotti. Scegli tu.»

Lo Spazzino sgranò gli occhi. «Chi diavolo siete?! Sbirri? Primogeniti? Altri Mietitori?! Lo volete capire che qui non c’è più niente?!»

«Che cosa?!» domandò Lucas, incredulo. Anche Rachel e Amalia sussultarono.

Il vecchio digrignò i denti, mettendosi a sedere. «Siete arrivati tardi. Gli Spazzini si sono spostati alla zona di import/export dei container del Dedalo. Hanno portato via tutto quello che c’era, anche le cose più inutili, e quella piantina serviva ai più dementi per ricordarsi dove andare a prendere la roba. Questa base è abbandonata da quando il nostro capo Alden è morto... non è vissuto molto a lungo, quel vecchio bastardo... Comunque, io sono l’unico che non ha voluto andarsene, anche per impedire a parassiti come voi di venire a saccheggiare questo posto che avevamo costruito con tanta fatica. Poi, due giorni fa’...»

Lo Spazzino strinse i pugni, soffiando furibondo dal naso. «Un gruppo di quei cazzoni di Mietitori vestiti di bianco ha fatto irruzione e rubato quel poco che era rimasto. Ho cercato di difendermi, ma erano in cinque contro uno... ho dovuto fingermi morto per salvarmi la pelle. Qui non c’è più niente. Questo posto è stato prosciugato fino all’osso.» Sorrise beffardo. «Perciò mi dispiace, avete fatto un buco nell’acqua.»

Mietitori... vestiti di bianco?, si domandò Rachel, mettendo insieme i pezzi.

«Vuoi dirmi che non c’è niente in nessuna di queste baracche?!»

L’uomo si cacciò un dito nell’orecchio, abbandonando l’aria intimorita di poco prima. «Setacciate pure tutta la baraccopoli, se siete così idioti da non credermi. Non troverete un accidente.»

«E allora perché ti sei dato tutto quel da fare per ucciderci?»

«Perché mi sta in culo il fatto che dei mocciosi irrispettosi mettano piede in casa mia! Proprietà privata, hai presente, no?»

Red X serrò la mascella e strinse i pugni. Fece per replicare, ma Rachel lo anticipò: «Dove sono andati?»

«Chi?» domandò lo spazzino, spostando pigramente lo sguardo su di lei.

«I Mietitori vestiti di bianco. Dove sono andati?»

«Ma che ne so...» sbottò lo Spazzino, ripulendosi il mignolo ingiallito sulla canotta. «Probabilmente se ne sono ritornati alla loro base nel Jefferson Tunnel...»

«Il Jefferson Tunnel? Ma non era crollato?»

«Sì, ma non del tutto. I Mietitori sono sempre rintanati la sotto, in attesa che quella merda del loro capo ordini loro cosa fare...» Un sorriso sadico si dipinse sul volto del vecchio. «Poveri fessi, non possiedono nemmeno una loro volontà... almeno noi Spazzini abbiamo...»

Rachel smise di ascoltarlo. Tutto quello le sembrò un’enorme presa in giro. Non poteva crederci. Lei ed X avevano setacciato ogni millimetro del Neon, senza trovare uno straccio di indizio. E ora saltava fuori che l’unico luogo che non avevano controllato, perché credevano fosse completamente inagibile, era quello che stavano cercando. Il Jefferson Tunnel, dato per distrutto dopo una potente scossa sismica generata dall’esplosione.

Strinse i pugni. Non poteva crederci. E quello Spazzino glielo aveva rivelato come se fosse la cosa più ovvia e banale del mondo.

Tutte quelle settimane passate a combattere, a sperare di poter rivedere Richard in tempo, prima che anche lui fosse completamente soggiogato dai poter del suo capo... e gli Spazzini avrebbero potuto dire loro dove andare fin da subito. La ragazza sentì l’impulso irrefrenabile di colpire quell’uomo vestito di verde di fronte a lei con tutta la forza che aveva. Colpirlo ripetutamente, senza dargli un attimo di tregua. Colpirlo fino a quando non sarebbe più riuscito ad alzarsi. Poi realizzò che non era più lei a pensare quello, ma erano i suoi poteri, che per la prima volta dopo tanti giorni stavano cercando di soggiogarla.

Chiuse gli occhi, inspirò profondamente, poi espirò, cercando di tranquillizzarsi. Uccidere quello Spazzino non avrebbe risolto assolutamente nulla. Aveva altro da fare. Perfino la fame non la preoccupò più. Doveva agire, e alla svelta.

«Rachel...» Red X le posò una mano sulla spalla, facendola voltare verso di lui. «... pensi che forse...»

Non ebbe bisogno di finire la frase. La ragazza lo guardò con determinazione, poi annuì. «Sì.»

«Allora non ci resta che andare» osservò Lucas.

«Ehm... mi sono persa qualcosa?» chiese Amalia, che per un attimo era rimasta in disparte.

«Storia lunga...» sbottò X, massaggiandosi le palpebre esausto. «Dai, andiamocene da qui... questo posto puzza.»

«Aspetta, e le provviste?» domandò ancora la mora, sorpresa.

«Quel tipo dice che non ce ne sono... e io non ne ho voglia di giocare alla caccia al tesoro.»

«Ma...»

«Se vuoi restare fa’ pure, noi ce ne andiamo.»

Lucas e Rachel cominciarono ad allontanarsi, sotto gli sguardi interdetti della mora e dello Spazzino. «Quindi... mi lasciate andare?» chiese ancora l’uomo, sorpreso. «Sul serio?»

«Sul serio?!» fece eco Amalia. «Ha cercato di ucciderci!»

I due partner non risposero nemmeno. Passarono accanto all’uomo e tirarono dritti. Con quel posto e quel criminale avevano chiuso. Rachel tuttavia riuscì a sentire ancora una parola uscire dalla bocca di quell’individuo. Un flebile "grazie", che a malapena fu udito dalla corvina. In quel momento non poteva dirlo con certezza, ma sembrava quasi sincero.

Lucas aiutò Corvina a camminare senza dire neanche una parola, così fece lei. Giunsero in prossimità del parco, all’uscita. Procedettero in silenzio, fino a quando una voce giunse alle loro spalle: «Però non è giusto!»

Si voltarono. Amalia stava camminando verso di loro a grandi falcate, con un’espressione molto eloquente stampata in faccia. «Ho sprecato un mucchio di munizioni in questo cesso di posto e non ho ottenuto un bel niente! Non posso tornare per l’ennesima volta da Ryan a mani vuote! Vaffanculo! Cazzo!»

Lucas roteò gli occhi e si girò di nuovo, continuando ad aiutare Rachel a camminare.

Fu così che abbandonarono quel luogo al calar della sera: con i due partner stretti l’una nell’altro, immersi nel silenzio, con alle spalle la ben più chiassosa Komand’r, che non smise di lamentarsi della sua sfortuna per almeno altri dieci minuti abbondanti.







Ben ritrovati al mio angolo. 

Oggi parleremo degli Spazzini. Nati sotto il comando di un unico individuo, tale Alden, gli Spazzini sono la banda di criminali che controlla il Dedalo. 

Prima dell'esplosione erano tossici, barboni, nulla tenenti, i classici abitanti del Dedalo, insomma. A differenza dei Mietitori, gli Spazzini sanno quello che fanno, non sono sotto il controllo mentale di nessuno. 

Alden ha deciso di crearli per poi, un giorno, farla pagare all'uomo che ha rubato la sua eredità. I conduit degli Spazzini sanno usare la telecinesi e con essa sanno costruire golem come quello descritto nel capitolo oppure dei bizzarri granchi chiamati "scrap crab", che io ho italianizzato in "scartigranchi." Trovate immagini a riguardo su Google, se vi interessa. I granchi sono dotati di capacità motorie proprie, mentre i golem, per camminare, necessitano di un Conduit al loro interno.

La stessa baraccopoli è opera loro e dei loro poteri. Alden è quello che meglio di tutti sa padroneggiarli, e lo dimostra nel videogioco costruendo un golem grosso almeno il triplo rispetto a quelli normali.

Ok, ho finito con le spiegazioni. Probabile che non ve ne fregasse, nulla. Volevo solo che voi sapeste queste cose, per rendervi più partecipi e magari per chiarire eventuali dubbi che potessero esservi sorti durante la lettura.

Fatemi sapere le vostre opinioni sul capitolo, io ho paura di aver descritto il susseguirsi gli eventi in maniera troppo veloce.

Bene, torno alle mie mansioni, alla prossima!

p.s. Ringrazio Corvina, Nanamin e Calimetare per le recensioni. Grazie!





Edit: Niente, ho cambiato idea. Le immagini le metto direttamente io. Non ringraziate, non serve. Se siete con il cellulare e le immagini sono tagliate ruotate lo schermo ;)

   
 
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