Capitolo 3:
SCONTRO NELLA BARACCOPOLI
«Oh-oh...» sussurrò X
quando la vide.
Amalia
deglutì rumorosamente ed aumentò la presa attorno
al fucile.
Un
gigantesco robot era sbucato fuori dall’ammasso di baracche.
Era
alto almeno tre metri. Il busto rotondo, parte delle gambe e delle
braccia
erano formati da pezzi di ferraglia e non aveva la testa.
L’intero corpo era
attraversato da un’abbagliante luce gialla, che filtrava tra
le placche dell’armatura
di rottami.
«INTRUSI!
VI PENTIRETE DI ESSERE ENTRATI QUI!»
Un
esercito di creature comparve ai suoi piedi. Erano molto simili a
lui, erano formati da pezzi di metallo e da quella strana luce, ma a
differenza
del golem erano un ibrido tra un granchio ed uno scorpione, ed erano
poco più
grossi di un cane di media taglia.
«Che...
che cazzo è quel coso?!» domandò Lucas,
interdetto. «Come
diavolo fa a parlare?!»
Rachel
non rispose. Non credeva alla loro sfortuna. Erano appena
entrati, e si erano già ritrovati addosso il comitato di
benvenuto. Rimase in
silenzio, ed osservò meglio quel bagliore giallo di cui le
macchine di fronte a
loro erano costituite. Si arrovellò per cercare di capire
che cosa diavolo
avesse di fronte a sé.
Sembrava
proprio quella luce a tenere uniti gli arti dei robot al
busto. Senza di essa, infatti, gambe e braccia avrebbero fluttuato
letteralmente nell’aria. Era una specie di collante, eppure
non era
assolutamente solida. Ma allora...
«Energia
telecinetica...» sussurrò, quasi incredula.
«Cosa
diavolo c’entra la telecinesi adesso?!»
«SCARTIGRANCHI!»
tuonò
ancora il golem con la sua possente voce metallica. Puntò
l’indice contro i tre ragazzi. «ATTACCATE!»
Gli
automi ai suoi piedi scattarono in avanti non appena finì di
ordinarlo. Erano piccoli e avevano minuscole zampe, ma si muovevano
comunque
parecchio rapidamente.
In un
lampo furono addosso ai ragazzi. Rachel serrò la mascella e
scagliò alcuni raggi di energia, abbattendone alcuni, ma
diversi di loro
schivarono l’attacco.
Diversi
boati risuonarono accanto a lei. Era Amalia che aveva aperto
il fuoco su di loro. Anche Lucas aveva estratto la sua arma bianca e si
era
lanciato nella mischia, colpendoli uno dietro l’altro,
sbattendoli via come
pupazzi di pezza.
I
piccoletti non sembravano affatto un problema. Era il gigantesco
golem di fronte a loro quello che preoccupava Rachel.
La
conduit decise di lasciare i granchi ai suoi compagni. Qualunque
cosa fosse quell’enorme automa di fronte a lei, era
sicuramente opera di un
conduit, pertanto se ne sarebbe occupata lei. Calò il
cappuccio della felpa
sulla testa, distese le braccia e si concentrò
profondamente. Percepì l’energia
oscura fuoriuscire dal suo corpo e avvolgerla come una coperta. In poco
tempo
assunse la sua forma da rapace oscuro e partì
all’attacco.
Il robot
la vide avvicinarsi ed esplose in un urlo di battaglia,
dopodiché afferrò un rottame di automobile da
terra e glielo scagliò addosso.
Rachel lo
schivò con un avvitamento, dopodiché rispose al
fuoco
sferrando i suoi attacchi di energia nera. I raggi colpirono il golem
sul
petto. L’energia telecinetica sfarfallò un paio di
volte, ma il colosso resse bene
i colpi.
Devo
colpirlo più forte, osservò
la ragazza, avvicinandosi ulteriormente
e seppellendolo con un’ondata di raggi neri.
L’automa
ululò di rabbia e sollevò una grossa mano verso
di lei. Dalla
punta delle dita si generò una raffica di pezzetti di
ferraglia simile alla
scarica di una mitragliatrice.
Il rapace
nero deviò traiettoria per non farsi colpire, ma non
cessò
di sparare a sua volta.
Cominciò
una battaglia terra-aria. Il golem cercava di colpire Rachel
con tutto quello che trovava per terra, con le sue raffiche di scarti o
con
palle di fuoco generate chissà come, mentre la conduit lo
bombardava con i suoi
molteplici attacchi.
Mano a
mano che i raggi neri si infrangevano sull’automa, la luce
gialla che teneva unito il suo corpo sfarfallava e cambiava colore,
segno che,
forse, si stava indebolendo. All’inizio era gialla
sfavillante, ora era quasi
arancione. Il problema era che, tra il volare e l’attaccare,
le energie di
Rachel stavano cominciando ad esaurirsi, mentre il suo avversario,
nonostante
tutti i colpi subiti, sembrava essere ancora perfettamente in grado di
combattere.
Corvina
tentò di avvicinarsi, per cercare eventualmente un suo punto
debole, ma l’unica cosa che vide fu l’ennesimo
ammasso di ferraglia che si
dirigeva verso di lei. Lo evitò e colpì ancora
l’automa. La luce dapprima
gialla, poi arancione, ora si fece rossa. Rachel lo notò, e
nascosta nel suo
aspetto di volatile, sorrise.
Forse ci
siam...
La
distrazione le costò cara. Un’altra raffica di
mitragliatrice
sfuggì alla sua vista, e le colpì la sua coda.
Rachel gridò. Di solito il corpo
da rapace era immune agli attacchi delle persone, o comunque li
incassava
parecchio bene. Rachel lo aveva scoperto quasi per caso, quando, in uno
scontro
con dei Mietitori, era stata colpita da un’arma da fuoco
senza subire nessun
danno. Ogni volta che si trasformava, la ragazza si credeva in una
botte di
ferro, anche se più veniva colpita, più le sue
forze diminuivano. E spesso e
volentieri alla fine di un combattimento si era ritrovata con molti
più tagli e
ferite di quante ne immaginasse.
Quella
volta tuttavia la sua armatura di oscurità non
riuscì a
proteggerla. Forse perché era stata colpita troppo forte, o
magari perché era
stato proprio un altro conduit a farlo. Perse la concentrazione,
complice anche
la stanchezza, e si ritrovò a precipitare. Non stava volando
parecchio in alto,
ma l’impatto fu ugualmente doloroso. Per sua fortuna non
precipitò sul suolo,
ma sul tetto di una baracca che non si sfondò per miracolo.
Tossì,
udì la terra tremare e la voce tonante esplodere di nuovo: «ORA PAGHERAI!»
Gemette,
cercò di rimettersi in piedi. Si voltò e vide
l’automa
avvicinarsi minaccioso alla catapecchia, sollevando altri enormi
detriti con le
proprie mani. La corvina attinse alle proprie energie rimase e fece per
generare uno scudo con cui proteggersi, ma un’altra
esplosione si sollevò in
aria e qualcosa impattò contro la corazza del golem.
«UH?»
Rachel si
voltò e vide Amalia ed X avvicinarsi a loro, la prima con il
fucile alzato, il secondo con in mano le proprie lame esplosive.
Raramente la
conduit lo aveva visto usarle, il che significava che la situazione era
molto
più grave del previsto.
Poi
notò la cosa peggiore. La luce del golem era di nuovo
diventata
arancione. Stava recuperando le forze.
Cazzo!
Il lato
positivo era che dei granchi di poco prima non restava più
alcuna traccia. Ma restava il più pericoloso.
Il grosso
conduit gridò e scagliò le proprie munizioni
contro i suoi
nuovi bersagli, che dovettero scattare di lato per evitarli. Amalia
rotolò a
terra e con molta maestria si rimise in ginocchio, continuando a
sparare con il
fucile. Non sbagliava un colpo, ogni rosata centrava perfettamente il
busto
dell’automa.
Lucas
scagliò alcune lame, che si conficcarono sulla spalla del
golem,
proprio vicino al punto in cui la telecinesi teneva unito il braccio al
busto.
Gli esplosivi detonarono e il risultato fu sorprendente. Il braccio si
staccò
dal corpo, crollando a terra con un boato.
Il
conduit ululò di rabbia, bloccando per un breve attimo la
sua
offensiva.
«Sì!
Beccati questo!» esclamò Lucas, per poi voltarsi
verso di Amalia.
«Hai visto, bellezza? Impara dal sottoscritto!»
«Idiota,
non esaltarti!» replicò la mora, continuando a
sparare. «Non
è ancora finita!»
«Tutta
invidia!»
L’automa sparò altre raffiche di metallo con l’unica mano che gli era rimasta, ma ormai Rachel aveva capito il trucco. Era la telecinesi il punto debole che stava cercando. Il robot si teneva in piedi grazie ad essa, di conseguenza bastava eliminarla per eliminare anche lui.
La ragazza annuì a se stessa, poi guardò le proprie mani. Un’idea malsana le attraversò la mente. Sorrise. Aveva male dappertutto, ma se volevano uscire vivi da quella baraccopoli doveva stringere i denti. Lucas e Amalia non lo avrebbero mai potuto farcela da soli. Il golem non dava loro più un attimo di tregua, era chiaro che sotto quell’enorme offensiva celava una strategia difensiva atta a non farsi più colpire.
Rachel trattenne il fiato, prese la rincorsa e saltò giù dal tetto, per poi trasformarsi in rapace.
L’automa riuscì quasi a colpire Amalia, che era stata costretta ad abbassare la guardia per ricaricare. Fu Lucas a salvarla, gettandosi su di lei e facendole evitare una raffica di proiettili. Entrambi si ritrovarono a terra, con il golem torreggiante su di loro.
«ADESSO
DITE LE VOSTRE ULTIME...»
Non
terminò la frase. Rachel piombò su di lui,
tornando in forma umana
ed aggrappandosi ad una delle scaglie di metallo della sua schiena.
Gridò. La
placca era caldissima, sicuramente si ustionò le mani. Era
per via dell’energia
telecinetica, emanava un calore immenso. La corvina sentì la
propria faccia
sciogliersi.
Ma non si
sarebbe arresa così. Si concentrò profondamente e
sentì
ancora una volta l’energia nera liberarsi fuori dal proprio
corpo. Questa volta
però fece qualcosa di totalmente nuovo.
«CHE STAI
FACENDO?! SCENDI SUBITO!» Il golem percepì che qualcosa di anomalo
stava
accadendo alle sue spalle e dimenò il suo unico braccio per
cercare di
staccarsi la ragazza di dosso.
Tuttavia
era tardi. Rachel gridò e liberò
l’energia che ancora
possedeva, concentrandosi affinché entrasse tutta nel corpo
del robot. La
placca metallica a cui era aggrappata funse da tramite tra lei e
l’automa. La
luce nera si insinuò nel corpo del conduit, liberandosi in
tutte le direzioni.
Il golem urlò per la sorpresa.
L’energia
telecinetica cominciò poco per volta ad essere rimpiazzata
da quella nera della giovane, fino a quando il bagliore arancione non
svanì del
tutto, sostituito da quello oscuro della conduit.
«NO!
NOOO!!!»
L’ululato
del golem svanì poco dopo, offuscato
dall’esplosione che si
susseguì. Pezzi di metallo e lamiere volarono da tutte le
parti. Rachel sentì
il mondo attorcigliarsi su sé stesso. Precipitò a
terra. Un male lancinante le azzannò
la schiena.
Per un
attimo pensò di essere morta, poi si ricordò che
i morti non
potevano provare più il dolore.
Le
orecchie le fischiavano, il sapore metallico del sangue
toccò il
suo palato. Sentiva la testa leggera, come se stesse fluttuando per
aria.
Stava da
schifo. Ma sicuramente meglio del golem. O di qualsiasi cosa
restasse di lui.
«Rachel!»
Qualcuno la chiamò. Si sorprese parecchio di riuscire ancora
a sentirci qualcosa. Lucas apparve nel suo campo visivo, accovacciato
vicino a
lei. Sembrava preoccupato. «Stai bene?»
La
aiutò a sedersi. La ragazza fece una smorfia per ogni
millimetro
mosso.
«Certo
che sta bene, guarda!» si intromise Amalia, sarcastica,
arrivando in quel momento. «È il ritratto della
salute, non vedi?»
Normalmente
Lucas avrebbe risposto a tono, ma quella volta no. Non la
considerò nemmeno, comportamento che sorprese parecchio
Rachel. Doveva essere
davvero preoccupato per lei, dato che non sembrava voler toglierle gli
occhi di
dosso.
«T-Tranquillo...»
disse, trovando chissà dove la forza di parlare.
«Lasciami...
qualche minuto... per recuperare un po’ di forze... poi mi
curerò da sola...»
Il
ragazzo sembrò tranquillizzarsi. «Ok... ehi,
ricordi quando ti ho
detto che ti eri rammollita?»
Rachel
annuì lentamente con la testa. Lucas sorrise. «Mi
rimangio
tutto. Sei stata fantastica.»
Anche la
ragazza sorrise. Avrebbe voluto rispondere, ma le parole le
morirono in gola dopo l’ennesima fitta di dolore. Lucas si
avvicinò a lei e le
prese il braccio, avvolgendoselo attorno al collo. «Forza, ti
aiuto ad alzarti.»
Con molta
fatica ed aggrappandosi all’amico, Rachel si rimise in
piedi. Incrociò per caso anche lo sguardo di Amalia. La mora
le sorrise, poi
sollevò il pollice. La conduit ricambiò il
sorriso anche a lei e le rivolse un
cenno d’intesa con il capo.
Né
Amalia né Lucas sembravano feriti. Non troppo, almeno.
Meglio per
Rachel, almeno non avrebbe dovuto sprecare ulteriori energie per curare
anche
loro. Non credeva che ce l’avrebbe fatta.
Diversi
rumori di metallo provenienti dai resti del golem li fecero
voltare tutti quanti di scatto, facendoli trasalire.
«No,
non di nuovo...» sussurrò Amalia.
Anche
Rachel temette il peggio. Se quell’automa si fosse riformato,
per loro sarebbe stata la fine.
Non
accadde. Da sotto il cumulo sbucò fuori un uomo vestito con
abiti
verdi rovinati: uno Spazzino. Si levò i detriti di dosso,
che caddero sopra gli
altri producendo quei tintinnii metallici che poco prima avevano
preoccupato i
ragazzi.
Tossì,
poi si rimise in piedi, barcollando. Si voltò verso di loro,
mostrando una quantità industriale di ferite e tagli. Il
volto era rovinato,
sporco e ricoperto da una folta barba incolta, grigia come i capelli.
Digrignò
i denti giallognoli, poi indicò i tre ragazzi.
«Maledetti! Pagherete per ciò
che avete fatto! Costruirò una tonnellata di scartigranchi e
vi farò sbranare
da loro!»
Urlò
di rabbia e spalancò entrambe le braccia. «Anzi,
raccoglierò una marea
di detriti e vi seppellirò vivi!»
Chiuse
gli occhi e piegò la testa, rimanendo immobile. Nessun
detrito
si spostò di un centimetro.
Lucas,
Amalia e Rachel si guardarono tra loro perplessi. «Quel tizio
era nel robot?» domandò il ragazzo, inarcando un
sopracciglio.
«Boh,
forse» rispose Rachel, altrettanto confusa.
Nel
frattempo, lo Spazzino sembrò accorgersi che qualcosa non
stava
funzionando. Riaprì gli occhi e si guardò
intorno, sorpreso. «Ma che diavolo?
Perché non succede niente?! Ha sempre funzionato!»
Richiuse gli occhi e distese
di nuovo le braccia. Nulla accadde. «Che sta succedendo?! La
telecinesi non
funziona più!» urlò, frustrato.
«Com’è possibile?!»
«Vuoi
una mano per caso?»
Lo
Spazzino si voltò di nuovo verso i ragazzi. Lucas
sogghignò. «C’è
qualche problema?»
Il
criminale impallidì. «Ehm...» Intuendo
che forse combattere era
fuori discussione, si voltò e cominciò a scappare
con la coda tra le gambe.
«Oh
no, tu non vai da nessuna parte.» Amalia tirò
fuori una pistola
dalla tasca interna del cappotto e gli sparò, colpendolo ad
una gamba. L’uomo
cadde a terra, ululando di dolore ed imprecando come uno scaricatore di
porto.
Lucas
fischiò ammirato. «Wow. Bella mira.»
Komand’r
soffiò via il fumo dalla canna, poi rinfoderò la
pistola,
sfoggiando un sorriso altezzoso. «Hai visto che era
carica?»
«Tsk.
L’avrai caricata prima di venire qui.»
«Ti
piacerebbe.»
«Ragazzi...»
mugugnò Rachel, sospirando esausta.
«Che
c’è? » replicarono in coro.
La
corvina indicò lo Spazzino, che ora si era messo a
strisciare per
allontanarsi. «Il tizio sta ancora cercando di
scappare.»
«Non
credo proprio» ribatté Lucas.
I tre
ragazzi raggiunsero l’uomo, con Rachel che venne aiutata nei
movimenti dal partner. Arrivarono a pochi passi da lui, poi Amalia
sollevò il
fucile e alzò la voce. «Un altro millimetro e sei
morto.»
Lo
Spazzino sussultò, poi si voltò verso di loro,
restando sdraiato
sulla schiena. Deglutì rumorosamente, poi sollevò
entrambe le mani. «Cosa
diavolo mi avete fatto?! P-Perché i miei poteri non
funzionano più?!»
«Noi
non abbiamo fatto un bel niente ai tuoi poteri. Siamo qui per
questo.» Lucas gli mostrò il foglio di carta con
la piantina del Dedalo, che
fino ad allora aveva tenuto in tasca. «Vedi, le cose sono
due: o ci dai tutte
le tue provviste, oppure di gonfiamo di cazzotti. Scegli tu.»
Lo
Spazzino sgranò gli occhi. «Chi diavolo siete?!
Sbirri?
Primogeniti? Altri Mietitori?! Lo volete capire che qui non
c’è più niente?!»
«Che
cosa?!» domandò Lucas, incredulo. Anche Rachel e
Amalia
sussultarono.
Il
vecchio digrignò i denti, mettendosi a sedere.
«Siete arrivati
tardi. Gli Spazzini si sono spostati alla zona di import/export dei
container
del Dedalo. Hanno portato via tutto quello che c’era, anche
le cose più inutili,
e quella piantina serviva ai più dementi per ricordarsi dove
andare a prendere
la roba. Questa base è abbandonata da quando il nostro capo
Alden è morto...
non è vissuto molto a lungo, quel vecchio bastardo...
Comunque, io sono l’unico
che non ha voluto andarsene, anche per impedire a parassiti come voi di
venire
a saccheggiare questo posto che avevamo costruito con tanta fatica.
Poi, due
giorni fa’...»
Lo
Spazzino strinse i pugni, soffiando furibondo dal naso. «Un
gruppo
di quei cazzoni di Mietitori vestiti di bianco ha fatto irruzione e
rubato quel
poco che era rimasto. Ho cercato di difendermi, ma erano in cinque
contro
uno... ho dovuto fingermi morto per salvarmi la pelle. Qui non
c’è più niente.
Questo posto è stato prosciugato fino
all’osso.» Sorrise beffardo.
«Perciò mi
dispiace, avete fatto un buco nell’acqua.»
Mietitori...
vestiti di bianco?, si
domandò Rachel, mettendo insieme i pezzi.
«Vuoi
dirmi che non c’è niente in nessuna di queste
baracche?!»
L’uomo
si cacciò un dito nell’orecchio, abbandonando
l’aria intimorita
di poco prima. «Setacciate pure tutta la baraccopoli, se
siete così idioti da
non credermi. Non troverete un accidente.»
«E
allora perché ti sei dato tutto quel da fare per
ucciderci?»
«Perché
mi sta in culo il fatto che dei mocciosi irrispettosi mettano
piede in casa mia! Proprietà privata, hai presente,
no?»
Red X
serrò la mascella e strinse i pugni. Fece per replicare, ma
Rachel lo anticipò: «Dove sono andati?»
«Chi?»
domandò lo spazzino, spostando pigramente lo sguardo su di
lei.
«I
Mietitori vestiti di bianco. Dove sono andati?»
«Ma
che ne so...» sbottò lo Spazzino, ripulendosi il
mignolo
ingiallito sulla canotta. «Probabilmente se ne sono ritornati
alla loro base
nel Jefferson Tunnel...»
«Il
Jefferson Tunnel? Ma non era crollato?»
«Sì,
ma non del tutto. I Mietitori sono sempre rintanati la sotto, in
attesa che quella merda del loro capo ordini loro cosa
fare...» Un sorriso
sadico si dipinse sul volto del vecchio. «Poveri fessi, non
possiedono nemmeno
una loro volontà... almeno noi Spazzini abbiamo...»
Rachel
smise di ascoltarlo. Tutto quello le sembrò
un’enorme presa in
giro. Non poteva crederci. Lei ed X avevano setacciato ogni millimetro
del
Neon, senza trovare uno straccio di indizio. E ora saltava fuori che
l’unico
luogo che non avevano controllato, perché credevano fosse
completamente
inagibile, era quello che stavano cercando. Il Jefferson Tunnel, dato
per
distrutto dopo una potente scossa sismica generata
dall’esplosione.
Strinse i
pugni. Non poteva crederci. E quello Spazzino glielo aveva
rivelato come se fosse la cosa più ovvia e banale del mondo.
Tutte
quelle settimane passate a combattere, a sperare di poter
rivedere Richard in tempo, prima che anche lui fosse completamente
soggiogato
dai poter del suo capo... e gli Spazzini avrebbero potuto dire loro
dove andare
fin da subito. La ragazza sentì l’impulso
irrefrenabile di colpire quell’uomo vestito
di verde di fronte a lei con tutta la forza che aveva. Colpirlo
ripetutamente,
senza dargli un attimo di tregua. Colpirlo fino a quando non sarebbe
più
riuscito ad alzarsi. Poi realizzò che non era più
lei a pensare quello, ma
erano i suoi poteri, che per la prima volta dopo tanti giorni stavano
cercando
di soggiogarla.
Chiuse
gli occhi, inspirò profondamente, poi espirò,
cercando di
tranquillizzarsi. Uccidere quello Spazzino non avrebbe risolto
assolutamente
nulla. Aveva altro da fare. Perfino la fame non la preoccupò
più. Doveva agire,
e alla svelta.
«Rachel...»
Red X le posò una mano sulla spalla, facendola voltare
verso di lui. «... pensi che forse...»
Non ebbe
bisogno di finire la frase. La ragazza lo guardò con
determinazione,
poi annuì. «Sì.»
«Allora
non ci resta che andare» osservò Lucas.
«Ehm...
mi sono persa qualcosa?» chiese Amalia, che per un attimo era
rimasta in disparte.
«Storia
lunga...» sbottò X, massaggiandosi le palpebre
esausto. «Dai,
andiamocene da qui... questo posto puzza.»
«Aspetta,
e le provviste?» domandò ancora la mora, sorpresa.
«Quel
tipo dice che non ce ne sono... e io non ne ho voglia di giocare
alla caccia al tesoro.»
«Ma...»
«Se
vuoi restare fa’ pure, noi ce ne andiamo.»
Lucas e
Rachel cominciarono ad allontanarsi, sotto gli sguardi
interdetti della mora e dello Spazzino. «Quindi... mi
lasciate andare?» chiese
ancora l’uomo, sorpreso. «Sul serio?»
«Sul
serio?!» fece eco Amalia. «Ha cercato di
ucciderci!»
I due
partner non risposero nemmeno. Passarono accanto all’uomo e
tirarono dritti. Con quel posto e quel criminale avevano chiuso. Rachel
tuttavia riuscì a sentire ancora una parola uscire dalla
bocca di
quell’individuo. Un flebile "grazie", che a malapena fu udito
dalla
corvina. In quel momento non poteva dirlo con certezza, ma sembrava
quasi
sincero.
Lucas
aiutò Corvina a camminare senza dire neanche una parola,
così
fece lei. Giunsero in prossimità del parco,
all’uscita. Procedettero in
silenzio, fino a quando una voce giunse alle loro spalle:
«Però non è giusto!»
Si
voltarono. Amalia stava camminando verso di loro a grandi falcate,
con un’espressione molto eloquente stampata in faccia.
«Ho sprecato un mucchio
di munizioni in questo cesso di posto e non ho ottenuto un bel niente!
Non
posso tornare per l’ennesima volta da Ryan a mani vuote!
Vaffanculo! Cazzo!»
Lucas
roteò gli occhi e si girò di nuovo, continuando
ad aiutare
Rachel a camminare.
Fu
così che abbandonarono quel luogo al calar della sera: con i
due
partner stretti l’una nell’altro, immersi nel
silenzio, con alle spalle la ben
più chiassosa Komand’r, che non smise di
lamentarsi della sua sfortuna per
almeno altri dieci minuti abbondanti.
Ben ritrovati al mio angolo.
Oggi parleremo degli Spazzini. Nati sotto il comando di un unico individuo, tale Alden, gli Spazzini sono la banda di criminali che controlla il Dedalo.
Prima dell'esplosione erano tossici, barboni, nulla tenenti, i classici abitanti del Dedalo, insomma. A differenza dei Mietitori, gli Spazzini sanno quello che fanno, non sono sotto il controllo mentale di nessuno.
Alden ha deciso di crearli per poi, un giorno, farla pagare all'uomo che ha rubato la sua eredità. I conduit degli Spazzini sanno usare la telecinesi e con essa sanno costruire golem come quello descritto nel capitolo oppure dei bizzarri granchi chiamati "scrap crab", che io ho italianizzato in "scartigranchi." Trovate immagini a riguardo su Google, se vi interessa. I granchi sono dotati di capacità motorie proprie, mentre i golem, per camminare, necessitano di un Conduit al loro interno.
La stessa baraccopoli è opera loro e dei loro poteri. Alden è quello che meglio di tutti sa padroneggiarli, e lo dimostra nel videogioco costruendo un golem grosso almeno il triplo rispetto a quelli normali.
Ok, ho finito con le spiegazioni. Probabile che non ve ne fregasse, nulla. Volevo solo che voi sapeste queste cose, per rendervi più partecipi e magari per chiarire eventuali dubbi che potessero esservi sorti durante la lettura.
Fatemi sapere le vostre opinioni sul capitolo, io ho paura di aver descritto il susseguirsi gli eventi in maniera troppo veloce.
Bene, torno alle mie mansioni, alla prossima!
p.s. Ringrazio Corvina, Nanamin e Calimetare per le recensioni. Grazie!
Edit: Niente, ho cambiato idea. Le immagini le metto direttamente io. Non ringraziate, non serve. Se siete con il cellulare e le immagini sono tagliate ruotate lo schermo ;)