Felicità.
“Da
quel
giorno sono passati ben 3 anni umani e io sono la fata più
felice del regno!
Poco dopo il mio ritorno alla mia vera forma sono accadute moltissime
cose che
non dimenticherò mai...”
<<
Rebecca, ora incontrerai il padrone di
questa grotta, il sommo padre
di noi fate ed elfi dei minerali.
E’ lui a cui dovrai rivolgerti per qualunque dubbio o
problema intesi? >>
<< Certo! >>
Poco dopo davanti a lei
comparve l’elfo. Tutto
in lui rimandava alla sacralità e al rispetto dovutogli.
<< Sono felice
che tu sia tornata a casa piccola Rebecca. Io sono,
come ti avrà già
anticipato Forohel, il vostro padre,
mi chiamo Hirceleb che in
elfico significa il signore argenteo.
>>
Lei fece un breve inchino << Piacere di conoscerla.
>>
Lo sentì ridere. << Rebecca, tu mi stupisci! A
dispetto di tutti i
precedenti incarnati che ho incontrato tu sei di
sicuro la più rispettosa,
tutti sempre spavaldi e pieni di sé, certo loro peccavano di
arroganza, però
dovete sapere che qui in questo regno, siamo tutti alla pari.
>> Si fermò
attendendo domande. << Ma se siamo tutti alla pari allora
perché lei ha
l’appellativo di sommo? >>
<< Semplicemente per riconoscere il mio ruolo di
consigliere nel
consiglio dei quattro. Tutte noi fate ed elfi siamo legate da una
profonda
amicizia e rispetto che convergono nella regola principale della nostra
società, vietato arrecare danno a un proprio simile. Pena la
degradazione a
umano. >>
“Allora
non devono avere molte
considerazione degli umani... e di certo molti non se la meritano.” << E scusate la domanda
sciocca e
fuori luogo. Ma le fate e gli elfi dove risiedono? >>
<< Non esitare a domandare piccola. Allora gli elfi
risiedono a contatto
con il loro dominio, per dominio intendo lo spirito
da cui hai tratto
origine, nel tuo caso l’ametista; difatti se hai notato alle
pareti della mia
grotta è piena di minerali di argento. >>
Lei continuava ad essere pensierosa. << Ma la mia, si
insomma, la mia famiglia?
>>
<<
La tua è una famiglia molto schiva, le
Ametiste tendono a starsene
sempre per conto loro, ma puoi stare certa che ti contatteranno, ti
hanno
sempre rimpianta. >> Detto ciò le
carezzò il capo e Forohel dopo aver
salutato il padre la condusse fuori con sé. <<
Se non è un problema, fino
al giorno del ballo elfico, starai da me! >>
Lei arrossì. << Non è come
intendete voi umani, noi elfi al contrario
siamo creature molto pudiche e raramente cediamo alle passioni carnali,
unica
eccezione sono i Rubini... Ma poi imparerai tutto. Su ora vieni!
>>
Detto ciò si tuffò nell’aria
svolazzando con facilità. << Forza!
>>
La fata si bloccò. << Ma io non so fare!
>> Le si avvicinò e le
porse la mano. << Fidati di me. >>
Fu
un
attimo, sentì mancarle la terra sotto i piedi e dopo poco
stava volando da sola
in aria. << Io sto volando!? Volo!! Se solo mi vedessero
gli altri!
>>
L’elfo di fronte a lei sorrise. << Poi farai
tutte le prove che vuoi, ora
vieni! >>
“I
giorni che passai con Forohel furono e
sono tutt’ora la cosa più bella che potesse
capitarmi. Ma di sicuro la cosa che
mi commosse di più fu la vista delle mie sorelle che avvenne
la sera del ballo”
<<
Oh Rebecca, sei la incarnata più bella
che io abbia mai visto! Guardati!
Stasera sarai la punta di diamante! Si fa per dire!
>>
<< Carnil grazie di tutto! Sei l’amica migliore
che abbia mai avuto!
>> La fata che sapeva cosa aveva passato si commosse a
queste parole e
una lacrima le rigò il viso. << D... Dici davve... ro? >> Rebecca a quella vista si
intenerì. << Ovvio! Su
non fare così! Stasera devi essere splendida per Dorlas!
>> Anche a lei
scese una lacrima che si asciugò prontamente.
<< Dai forza! >>
Le due si diressero insieme nella sala del ballo. Quella sera infatti
nel
palazzo reale era stato allestita una festa per far conoscere le nuove incarnate
ma il fato volle che in quell’occasione fosse festeggiata
solo Rebecca. Per
l’occasione Carnil, le aveva fatto indossare un abito di rosa
blu con finimenti
di fiori di lavanda.
Il corsetto si
stringeva con lacci di salice ed era composto per l’appunto
da fiorellini di
lavanda e la gonna lunga era tutta fatta di petali di rosa. Le ali le
ricadevano sulla schiena come un mantello.
<<
Forza ora andiamo, Forohel ti
attende... >> Il tono con cui disse
l’ultima parte era canzonatorio e
la cosa venne notata dall’Ametista.
<< Cosa stai insinuando? >> La colorazione
del viso tendeva al
bordeaux. << Carnil! Smettila! Andiamo ora!
>>
Ridendo l’una, sbuffando l’altra entrarono nel
salone. Per Carnil era cosa già
vista come festa e non si stupì più del solito,
ma per Rebecca era una cosa
completamente nuova e fantastica.
La sala era ghermita da una moltitudine di fate ed elfi dei colori
più
sgargianti. Vi erano fate gialle come l’ambra, elfi
bianchi come il diamante,
e altri rosa come il quarzo e ancora splendenti
come l’oro. Quelli
erano tutti rappresentanti della sua razza li per lei.
<<
Mia piccola Ametista. >> Davanti a
lei vi era Forohel. Il vestito che aveva le ricordava vagamente quelli
vittoriani maschili. Classico completo nero-blu con sotto una camicia a
sbuffo.
<< Forohel! >>
<< Rebecca sei bellissima stasera, merito di Carnil
suppongo. Per
ringraziarti dopo mi concederai un ballo da buoni amici.
>> L’altra
sorrise mentre da dietro di lei una aura verdastra si spandeva.
<<
Forohel? >>
<< Dorlas, tranquillo non te la rubo! >>
<< Te lo auguro! Oh Rebecca, mi concederesti un ballo?
>> Mentre
terminava la frase sentì un vento gelido accarezzarlo.
<< Dorlas?
>>
<< Ah beccato! Sei geloso! >>
Rebecca assisteva felice alla scena, quella era la vita che aveva
sempre
voluto! Quelli erano gli amici che voleva! << Suvvia,
vieni Forohel,
balliamo! >>
La
fata volteggiò felice fra le braccia del suo
elfo, si appartenevano l’un l’altro senza un motivo
preciso, si appartenevano e
si volevano. Per lo Zaffiro ogni sorriso sul viso della Ametista era un
raggio
di sole. Alla fine dell’ennesimo ballo l’elfo
riuscì anche a scoccare un bacio
alla sua compagna facendola arrossire. << Non ci sono
parole per
esprimere ciò che provo per te. La parola che usate voi
umani, amore è
ancora troppo ristretta per il metro di giudizio di noi creature
fatate. E’
priva di alcun significato per me. >>
Non seppe cosa replicare se non sorridere imbarazzata. <<
Io... >>
Le pose un dito sulle labbra. << Sssh non
c’è bisogno che tu dica nulla.
>>
Vennero
interrotti dall’arrivo del sommo padre
Hirceleb. << Rebecca siete splendida! >>
Lei accennò un inchino. << Sommo
padre grazie del complimento!
>>
<< Non smetterai mai vero? >> Disse
sorridendo l’anziano elfo.
<< Perdonatemi è più forte di me.
>>
<< Questa sera volevo presentarti alle altre esponenti
della tua
famiglia. Alatariel, Eruanna, Morwen? >> Appena
pronunciò queste parole,
le fate nominate so diressero da lui. << Rebecca le tue sorelle
maggiori. >>
<< Sorellina! >> L’anziano non
fece in tempo a finire di parlare
che la fata venne sommersa dalla fata dai capelli fucsia, doveva essere
la più
giovane delle tre. << Io sono Alatariel! Oh Rebecca!!!
>>
<< Ciao Alatariel. >> Una mano si pose
sulla spalla della giovane
fata. << Non ci sei solo tu! Rebecca io sono Eruanna! Sei
molto bella!
>> Arrossì. << G... Grazie
Eruanna. >>
<< Quante cerimonie che fate! Rebecca io sono la sorella
maggiore di
tutte e quattro, mi chiamo Morwen. >>
<<
Io vi lascio un attimo qui... Dorlas,
Carnil dovevate dirmi qualcosa? >> I due trasalirono.
<< Si sommo
padre. >>
Si congedarono ed entrarono in una saletta separata. <<
Ebbene? >>
Carnil fece cenno a Dorlas di parlare. << La matrona
del rubino ha
infranto la legge elfica. >>
A queste parole l’anziano sgranò gli occhi.
<< Spero che le vostre accuse
siano infondate e che stiate scherzando! Non giocate su questa cosa,
farò finta
di non aver sentito nulla! >>
<< Non stiamo scherzando! Lei si è
impossessata del corpo di Carnil e ha
attaccato tramite di lei, Rebecca, per puro rancore! >>
La loro discussione venne interrotta da un urlo. <<
Rebecca! >>
Nella
stanza del ballo tutto era fermo, Rebecca
stava dietro alla figura di Forohel. Davanti a loro una donna con
lunghi
capelli rosso fuoco raccolti in un’elaborata acconciatura, e
un vestito molto
sontuoso. Le ali erano grandi e brillanti. << Tu hai
rubato il posto del
mio Rubino prediletto! Tu sciocca e debole incarnata
>> Rise
malvagia, con quella risata, la sua risata.
<< Somma Carnis
si fermi! Non può! >>
<< Zitto tu! >> Gli occhi le brillavano in
una maniera sinistra,
tutto fu fermato dall’intervento del Padre
argenteo. <<
Carnis basta! >>
La
rossa si voltò molto contrariata. << NO!
Questa infida cosa mi ha rovinato la vita! Ha
impedito alla mia adorata
Carnil di affiancarsi al patrono della famiglia
dello zaffiro,
era la mia stella rossa la
compagna per Forohel! >> A
quelle parole Rebecca guardò lo Zaffiro davanti a lei,
quindi lui era un nobile?
Senza ascoltare oltre le parole della donna Hirceleb chiamò
le guardie.
<< Portatela via e rinchiudetela. >> Poi si
avvicinò a Forohel e
gli pose una mano sulla spalla. “Porta via
Rebecca.”
Fece
come detta e la prese fra le braccia con una
tale dolcezze che sembrava portasse una bambola di porcellana, la
portò in una
stanza del palazzo e la pose sul letto. <<
Perché mi odia tanto? Io non
volevo creare tanti problemi, sarei rimasta anche umana se avessi
saputo...
>>
Forohel le si avvicinò e le fece appoggiare la testa sulle
sue gambe iniziando
poi ad accarezzarle i lunghi capelli corvini. <<
E’ colpa della mia
posizione di patrono. Lo zaffiro è tra
le famiglie più importanti, direi
che se mi trovassi nel vostro mondo sarei in una posizione simile a
quella
degli aristocratici. >>
<< Ma non mi avevate detto che siete tutti uguali?
>>
<< Siamo uguali nel senso che non abbiamo
formalità precise verso i
nobili, se non gli appellativi come Sommo Padre, patrono
o matrona,
ma anche qui ci sono delle gerarchie e io sono di una superiore
nonché patrono
>>
<< Quindi è come se, è come se
avessi scelto una serva? >>
<< Se vuoi vederla in questi termini sì, ma
però sappi che tu per me sei
solo Rebecca >>
<< Ma tutto ciò non nega i fatti.
>>
*Toc-toc*
<< Sono io Alatariel, posso
entrare? >> La fata guardò supplicante
l’elfo che annuì sospirando, per
ringraziarlo gli diede un lieve bacio sulle labbra facendolo sorridere.
<< Certo! >>
Entrambi videro la sorella fermarsi un attimo.
<< Perdonami, non
sapevo che fossi in compagnia di... >>
<< Non fa nulla, vieni entra! >>
La
fata si sedette su una panca. << Senti io
volevo sapere se ti va di venire a vivere da noi altre ametiste, a casa
insomma... >>
<< Cosa!? Io non... oh si insomma mi piacerebbe
tantissimo, Forohel
posso? >>
<< Tu sei libera di fare ciò che vuoi, tanto
sarai sempre mia
>>
Rebecca ci pensò su. << Allora vengo,
però solo domani, va bene? >>
<< Ovvio! Oh appena lo sapranno anche le altre! Ora mi
congedo, scusate
il disturbo, ciao Rebecca... >> Poi fece un inchino.
<< Patrono
arrivederci. >>
“Ah sorellina, sappi che un po’ ti
invidio, siete adorabili insieme, però io
e il mio Dragluin siamo molto meglio” Rebecca rise.
“Grazie sorella,
salutami le altre e sappi che voglio incontrarlo questo
Dragluin.” Finì di parlarle
che lei era già fuori dalla stanza. “Il
mio lupacchiotto, si forse un giorno
lo incontrerai!”
“Mentre
io ero felice fra le braccia di Forohel a mia insaputa il mondo fatato
perdeva
una matrona. In seguito tutti mi
dissero
che non era colpa mia, che lei era destinata in un modo o
nell’altro a quella
fine. Io non lo credevo.
Le mie giornate passavano felici, ero sempre assieme al mio compagno –mi fa uno strano
effetto chiamarlo così- e ai miei due migliori
amici.”
La
fata correva sola nella terra degli
uomini dopo tanto tempo, la sua forma terrestre era
quella di ermellino.
Il suo corpo come se era stato spiegato, era sparito da quel mondo per
poter
essere per sempre in quello fatato perciò era come se fosse
sparita e non
morta; con questi pensieri nella mente arrivò nelle
vicinanze di una casetta,
quella che un tempo fu la sua casa.
“E’ abitata! Mi avvicino ancora un
po’ sono proprio curiosa.” Sentiva
una dolce voce di bimba cantare una filastrocca. La vide giocare in
mezzo al
vialetto, aveva dei lunghi capelli biondi raccolti in due codine, e gli
occhioni blu come il mare. Indossava un vestitino lungo e bianco.
<< Lily tra un po’ è pronto, vieni.
>> A questa voce la piccola si
alzò in piedi e corse verso la casa.
“Quella voce io l’ho già
sentita” Si avvicinò ancora
alla casa e si
intrufolò dentro mentre la donna chiudeva la porta dietro
alle spalle della
bambina.
La
casa era esattamente arredata come un tempo, si
diresse laddove ricordava trovarsi la tavola e fu come immaginava,
sedute
pronte per mangiare vi erano la donna e la bambina. <<
Lily ti sei lavata
le mani? >>
<< Ada, sono pulite! >> La donna diede una
lieve carezza sulla
testa alla piccola. << Brava ora puoi mangiare.
>>
Rebecca guardava la scena da un angolo della sala nascosta da un vaso. “Quella
donna, mi sembra che si sia accorta di me, ma che mi ignori
volutamente.”
Durante tutto il pranzo nessuna delle due parlò e appena
finito la piccola si
alzò e tornò a giocare fuori mentre la donna si
alzava e iniziava a sistemare
le stoviglie. << Puoi uscire, Rebecca,
ti ho vista sai? >>
“Come
fa a sapere!?”
Un pensiero le attraversò la mente, quella doveva essere
Carnis
allora!
Tornò nella sua forma di fata. << Cosa vuoi da
me? >> La fata si
morse un labbro. << Io non sapevo fossi tu, ma ora io
vorrei chiedere il
tuo perdono, mi sento tremendamente in colpa. >>
La donna dai capelli rossi che ora erano illuminati solo dai riflessi
del sole
le si avvicinò sorridendo. << Rebecca, io ti
ringrazio, ero accecata da
un odio malsano e logorante, grazie al tuo arrivo ora sto vivendo la
mia
redenzione. Vedi quella bambina, Lily? >> Disse scostando
le tende della
finestra. << Lei non è mia figlia,
è una incarnata proprio come
te, ho deciso di usare la poca magia che mi è stato
consentito di tenere per
rintracciare gli incarnati e farli tornare a casa.
>>
<<
Sei cambiata molto. >> La donna
sorrise. << Già e ora forse sono anche
più felice di prima. Senti che ne
dici se ti affido Lily? >>
La fata rimase interdetta. << Come prego? >>
<< Lily è una fata della spuma marina
il nome che le ho assegnato
in elfico è Earine, ha appena tre anni.
Ti prego, se un elfo o fata
viene ricondotto alla sua forma originale prima dei dieci anni di vita
umani
che corrispondono pressappoco a cinque elfici, non patirà il
dolore che patisti
tu a tuo tempo. Te ne prego! E poi sarai aiutata da Forohel!
>>
Era
certa che se ne sarebbe pentita però se poteva
risparmiare a quella piccola il dolore che aveva passato lei...
<<
Accetto. >>
<< Bene, allora torna qui domani e vieni con
un’altra creatura magica,
fata o elfo è indifferente, basta che sia del tuo
mondo. >>
Sorrise nel pronunciare quel tuo. <<
Allora a domani, consorella.
>> Rebecca sorrise. << A domani consorella
>>
Detto
ciò uscì e rendendosi invisibile a occhio
umano si alzò in volo, ma non prima di aver dato un lieve
bacio sulla fronte
alla piccola Lily. “Piccola domani tornerai a
casa”
Sbatté le ali di farfalla e si librò nel cielo.
“E
questo è tutto ciò che mi è accaduto
da quando sono fata. Non mi pentirò mai
della decisione fatta oggi e sono del tutto decisa ad andarla a
prendere!
Allora vieni con me Carnil?”
La
fata di fronte a lei era molto indecisa e perplessa. “Ma
Forohel sa nulla?”
Rebecca si grattò il capo nervosamente. “Non
proprio, diciamo che sa solo
della mia idea di cercare altre elfi e fate incarnati e riportarli a
casa. Non
sa che succederà domani.”
Un sorriso furbo si dipinse sul viso della amica. “Allora
è una cosa segreta,
che ci renderà complici, si insomma una
cosa che fanno le amiche?”
La Ametista non sembrava capire molto del discorso della amica.
“Bè si, qualcosa di simile
direi.”
“Allora accetto! Fammi pensare, quando qui
è notte, nel mondo degli umani è
giorno e viceversa esatto?”
“Sì, mi pare di sì.”
“Benissimo, allora questa notte quando io
riuscirò a lasciare il mio Dorlas
e tu lascerai le tue sorelle ci incontriamo alle porte del mondo del
sogno e ti
accompagnerò di là.”
“Va bene, a dopo allora! Grazie Carnil.”
“A dopo Rebecca, di niente cara!”
Le
due fate si divisero, Rebecca non era certa che
ciò che avrebbero fatto sarebbe stata la cosa giusta, ma
dopotutto non lo era
stato nemmeno Forohel con lei e ora era fra le persone più
felici del mondo. “Piccola
Lily domani sarai fra le mie braccia!”
Quando
si incontrarono la luna brillava alta nel
cielo. “Pronta allora?”
Rebecca annuì nel buio e l’altra la prese per
mano. “Ma ora che ci penso...
Se tu porterai qui una piccola fatina allora tu diventerai una specie
di madre
per lei! Aaaa che carine e io sarò zia!”
Lentamente si stavano avvicinando al confine continuando a
discutere,
arrivate là poi presero le loro forme terrestri.
Carnil era una volpe rossa un po’ più piccola del
normale. Corsero nella
campagna irlandese e arrivarono alla casetta che il sole era appena
allo Zenit,
e la bambina stava giocando ancora fuori dalla casa.
Uscì in giardino anche l’altra donna che le
notò subito acquattate nell’erba,
una volpe rossa e un ermellino bianco.
<<
Lily entra un attimo che Carnis ha da
fare. >>
La piccola si alzò e corse dentro come detto.
<< Alla fine hai fatto come
detto. Ne sono contenta. >>
Le due presero la loro forma fatata. << Buongiorno Somma
Carnis.
>>
<< Io non sono più somma da troppo tempo,
risparmiami queste cerimonie
piccola stella rossa, ora
voglio solo essere certa che entrambe
aiuterete la piccola Lily, ho detto esplicitamente che volevo due fate
presenti
così che possa essere certa che la tua scelta sia
testimoniata. Ora, Rebecca,
prometti solennemente di prendere Lily sotto la tua ala protettrice
come fece
Forohel a suo tempo? >>
<< Lo prometto. >>
<< Bene, Lily, vieni qui! >> La bambina le
fu davanti poco dopo e
non poté non fare un’espressione misto fra
l’entusiasta e il sorpreso. <<
Calnis!? MA ONO FATE!?!? >>
La donna sorrise di rimando. << Si, e ora tieni.
>> La donna passò
il dito con la polvere delle ali di Rebecca sulla boccuccia della
bimba.
<< Ora tu devi andare con loro piccola, ma sappi che
potrai venire qui
tutti i giorni che vorrai! Vero Rebecca? >>
<< Infatti, ora andiamo che da noi è ancora
buio. >>
La
piccola bimba diede una mano a Rebecca e l’altra
a Carnil e insieme volarono verso il mondo dei sogni.
<<
Ebecca, posso chiamati mamma? >> La
fata che stava volando rimase spiazzata e per poco non cadde a terra.
<<
Come prego? >> La piccola insistette. <<
Shi! Io non ho mai avuto
una mamma, e voio te come mamma! >>
La fata dell’ametista si commosse a quelle parole.
<< Va bene, chiamami
come vuoi. >>
<< Senti Rebecca che ne dici se chiamiamo anche Dorlas e
Forohel?
>>
<< Fa come preferisci, tanto prima o poi verrà
a conoscenza di Lily! Sai
piccola, ora arriverà un mio amico. >>
Il Rubino tossì eloquente. << Amico
>>. “Carnil falla
finita e vola a chiamarli io porto Lily nella mia casa vi attendo
li.”
“Certo Rebecca, volo!”
Anni
dopo...
<<
Lily, Lily? >> La fata stava
cercando la figlia dappertutto. “Da
quando ha quelle ali è incontenibile!”
<< Lily!? >>
<< Sono qui mamma! >>
Dalla boscaglia emerse una fata, i
lunghi capelli biondi si erano scuriti ed erano diventati oro puro e
gli occhi
blu, grazie all’influenza del papà
erano due zaffiri incastonati
in quel volto perlaceo. Dietro alla schiena spuntavano due piccole
aluccie di
falchetto. Essendo una elementare non aveva ali di insetto, ma di
uccello, poco
importava era sempre la sua piccola.
<<
Rebecca? >> La voce del suo compagno
la ridestò. << Sono qui! >>
<< Mia Ametista! Sei radiosa oggi! Anche tu mia piccola
Lily. >>
Salutò prima la figlioletta con un bacio
sulla testa e poi la compagna
con un bacio lieve sulle labbra. << Ci sei stato di
più oggi in concilio!
>>
<< Non mi sembra che tu abbia problemi di tempo che
passa, cosa vuoi che
sia aspettare un mese o due? Guardati sei bella come quando ti
incontrai anni
fa! >>
<<
Aaaah è sempre un piacere guardarvi!
>>
<< Ziette!! >> Lily corse incontro a due
fate appena comparse.
<< Carnil, Alatariel! Che bello ci siete anche voi! E...
>> Il
Rubino e l’Ametista si scambiarono uno sguardo
d’intesa. << Ovvio! Sta
arrivando con zio Dorlas. >>
Alla fatina si illuminarono gli occhi e la cosa non sfuggì a
suo padre.
<< Lily, di chi stai parlando? >> Il suo
sguardo non prometteva
nulla di buono. << Papà, su dai! E’
solo Calengol! >>
<< Si ma è imparentato con quel narcisista
nullafacente di Dorlas! E la
cosa non mi piace, per la mia piccola voglio sono il meglio!
>>
La figlioletta gonfiò le guance. << Sei sempre
così! E sentiamo quale
sarebbe il meglio. >>
<< Devo ancora trovarlo! >>
<< Forohel, dai lasciala fare, ha ormai quindici anni!
>>
<< No carissima! Ha quindici anni umani, non fatati! Per
me è ancora una
bambina di dieci ricordalo! >>
Rebecca
sospirò e si rivolse alla fatina. <<
Lo sai com’è fatto, su dai ora andiamo a palazzo,
oggi è un giorno importante
per te! >>
La
festa era cominciata da alcune ore, gli incarnati
festeggiati quella volta erano numerosi, anche grazie
all’impegno della vecchia
matrona Carnis che si impegnava a cercarle in ogni
dove, e l’entrata
nella società di Lily era stata fatta coincidere con
l’anniversario del suo
ritorno a casa.
Mentre
la ragazza stava volteggiando tra le braccia
del suo Smeraldo prediletto, Rebecca e Forohel si
diressero sul
terrazzo. << Certo che quando ho fatto quella follia non
pensavo che
sarebbe accaduto tutto ciò. >>
Abbracciò la sua compagna, gli anni non intaccavano la
bellezza delle fate, e
lui rimase a guardarla compiaciuto. Con una carezza le
spostò una ciocca dal
viso e le diede un bacio. << Ti adoro sempre di
più. >>
La fata si limitò e ad arrossire. Non riusciva mai ad
abituarsi a tutte quelle
dolci parole che venivano pronunciate solo per lei.
<<
Balliamo? >> Dalla sala proveniva
una nenia che sembrava una dolce ninna nanna delle fiabe. Sorrise a
quel
pensiero e accettò l’invito.
Iniziarono a volteggiare nell’aria.
“Se non avesse fatto ciò che ha fatto io
ora non sarei così felice.”
“A che stai pensando?” Appena
sentì quel pensiero rimase allibita, lui non
poteva parlarle! Era impossibile!
Lo sentì ridere. “Io ti ho fatta tornare
fata e poi noi due ci apparteniamo
da quando tu mi hai accettato come compagno” Lei ci pensò su
ma non ricordò di aver mai detto
esplicitamente di essere la sua compagna. “Ma...
quando?”
“Quando mi incontrasti nel sogno...”
“Ma tu hai sempre sentito i miei pensieri
quindi?”
Lui sospirò. “Bè
più o meno...”
“Questa non te la perdono!”
Pensò ridendo. Mentre discutevano
continuavano a volteggiare nell’aria e ogni tanto accennavano
a una piroetta.
Lui rise ancora e la baciò nuovamente.
E ancora...
E ancora...
“Bene direi che adesso posso dire che il
tanto atteso ‘...e vissero per sempre felici e
contenti’”