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Autore: kirarachan    20/03/2009    1 recensioni
Rebecca, una ragazza sola che si è lasciata dietro una vita di delusione e solitudine.
Grazie ai suoi sogni si imbatterà in un mondo che molti reputano magico, ma che è semplicemente al di là della porta del sonno.
[*seconda classificata al concorso Magical Tales indetto da niobe88*]
Genere: Romantico, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Felicità.

 

“Da quel giorno sono passati ben 3 anni umani e io sono la fata più felice del regno! Poco dopo il mio ritorno alla mia vera forma sono accadute moltissime cose che non dimenticherò mai...”

 

<< Rebecca, ora incontrerai il padrone di questa grotta, il sommo padre di noi fate ed elfi dei minerali. E’ lui a cui dovrai rivolgerti per qualunque dubbio o problema intesi? >>
<< Certo! >>

Poco dopo davanti a lei comparve l’elfo. Tutto in lui rimandava alla sacralità e al rispetto dovutogli. << Sono felice che tu sia tornata a casa piccola Rebecca. Io sono, come ti avrà già anticipato Forohel, il vostro padre, mi chiamo Hirceleb che in elfico significa il signore argenteo. >>
Lei fece un breve inchino << Piacere di conoscerla. >>
Lo sentì ridere. << Rebecca, tu mi stupisci! A dispetto di tutti i precedenti incarnati che ho incontrato tu sei di sicuro la più rispettosa, tutti sempre spavaldi e pieni di sé, certo loro peccavano di arroganza, però dovete sapere che qui in questo regno, siamo tutti alla pari. >> Si fermò attendendo domande. << Ma se siamo tutti alla pari allora perché lei ha l’appellativo di sommo? >>
<< Semplicemente per riconoscere il mio ruolo di consigliere nel consiglio dei quattro. Tutte noi fate ed elfi siamo legate da una profonda amicizia e rispetto che convergono nella regola principale della nostra società, vietato arrecare danno a un proprio simile. Pena la degradazione a umano. >>

“Allora non devono avere molte considerazione degli umani... e di certo molti non se la meritano.” << E scusate la domanda sciocca e fuori luogo. Ma le fate e gli elfi dove risiedono? >>
<< Non esitare a domandare piccola. Allora gli elfi risiedono a contatto con il loro dominio, per dominio intendo lo spirito da cui hai tratto origine, nel tuo caso l’ametista; difatti se hai notato alle pareti della mia grotta è piena di minerali di argento. >>
Lei continuava ad essere pensierosa. << Ma la mia, si insomma, la mia famiglia? >>

<< La tua è una famiglia molto schiva, le Ametiste tendono a starsene sempre per conto loro, ma puoi stare certa che ti contatteranno, ti hanno sempre rimpianta. >> Detto ciò le carezzò il capo e Forohel dopo aver salutato il padre la condusse fuori con sé. << Se non è un problema, fino al giorno del ballo elfico, starai da me! >>
Lei arrossì. << Non è come intendete voi umani, noi elfi al contrario siamo creature molto pudiche e raramente cediamo alle passioni carnali, unica eccezione sono i Rubini... Ma poi imparerai tutto. Su ora vieni! >>
Detto ciò si tuffò nell’aria svolazzando con facilità. << Forza! >>
La fata si bloccò. << Ma io non so fare! >> Le si avvicinò e le porse la mano. << Fidati di me. >>

Fu un attimo, sentì mancarle la terra sotto i piedi e dopo poco stava volando da sola in aria. << Io sto volando!? Volo!! Se solo mi vedessero gli altri! >>
L’elfo di fronte a lei sorrise. << Poi farai tutte le prove che vuoi, ora vieni! >>

 

“I giorni che passai con Forohel furono e sono tutt’ora la cosa più bella che potesse capitarmi. Ma di sicuro la cosa che mi commosse di più fu la vista delle mie sorelle che avvenne la sera del ballo”

 

<< Oh Rebecca, sei la incarnata più bella che io abbia mai visto! Guardati! Stasera sarai la punta di diamante! Si fa per dire! >>
<< Carnil grazie di tutto! Sei l’amica migliore che abbia mai avuto! >> La fata che sapeva cosa aveva passato si commosse a queste parole e una lacrima le rigò il viso. << D... Dici davve... ro? >> Rebecca a quella vista si intenerì. << Ovvio! Su non fare così! Stasera devi essere splendida per Dorlas! >> Anche a lei scese una lacrima che si asciugò prontamente. << Dai forza! >>
Le due si diressero insieme nella sala del ballo. Quella sera infatti nel palazzo reale era stato allestita una festa per far conoscere le nuove incarnate ma il fato volle che in quell’occasione fosse festeggiata solo Rebecca. Per l’occasione Carnil, le aveva fatto indossare un abito di rosa blu con finimenti di fiori di  lavanda. Il corsetto si stringeva con lacci di salice ed era composto per l’appunto da fiorellini di lavanda e la gonna lunga era tutta fatta di petali di rosa. Le ali le ricadevano sulla schiena come un mantello.

<< Forza ora andiamo, Forohel ti attende... >> Il tono con cui disse l’ultima parte era canzonatorio e la cosa venne notata dall’Ametista.
<< Cosa stai insinuando? >> La colorazione del viso tendeva al bordeaux. << Carnil! Smettila! Andiamo ora! >>
Ridendo l’una, sbuffando l’altra entrarono nel salone. Per Carnil era cosa già vista come festa e non si stupì più del solito, ma per Rebecca era una cosa completamente nuova e fantastica.
La sala era ghermita da una moltitudine di fate ed elfi dei colori più sgargianti. Vi erano fate gialle come l’ambra, elfi bianchi come il diamante, e altri rosa come il quarzo e ancora splendenti come l’oro. Quelli erano tutti rappresentanti della sua razza li per lei.

 

<< Mia piccola Ametista. >> Davanti a lei vi era Forohel. Il vestito che aveva le ricordava vagamente quelli vittoriani maschili. Classico completo nero-blu con sotto una camicia a sbuffo. << Forohel! >>
<< Rebecca sei bellissima stasera, merito di Carnil suppongo. Per ringraziarti dopo mi concederai un ballo da buoni amici. >> L’altra sorrise mentre da dietro di lei una aura verdastra si spandeva. << Forohel? >>
<< Dorlas, tranquillo non te la rubo! >>
<< Te lo auguro! Oh Rebecca, mi concederesti un ballo? >> Mentre terminava la frase sentì un vento gelido accarezzarlo. << Dorlas? >>
<< Ah beccato! Sei geloso! >>
Rebecca assisteva felice alla scena, quella era la vita che aveva sempre voluto! Quelli erano gli amici che voleva! << Suvvia, vieni Forohel, balliamo! >>

La fata volteggiò felice fra le braccia del suo elfo, si appartenevano l’un l’altro senza un motivo preciso, si appartenevano e si volevano. Per lo Zaffiro ogni sorriso sul viso della Ametista era un raggio di sole. Alla fine dell’ennesimo ballo l’elfo riuscì anche a scoccare un bacio alla sua compagna facendola arrossire. << Non ci sono parole per esprimere ciò che provo per te. La parola che usate voi umani, amore è ancora troppo ristretta per il metro di giudizio di noi creature fatate. E’ priva di alcun significato per me. >>
Non seppe cosa replicare se non sorridere imbarazzata. << Io... >> Le pose un dito sulle labbra. << Sssh non c’è bisogno che tu dica nulla. >>

Vennero interrotti dall’arrivo del sommo padre Hirceleb. << Rebecca siete splendida! >>
Lei accennò un inchino. << Sommo padre grazie del complimento! >>
<< Non smetterai mai vero? >> Disse sorridendo l’anziano elfo. << Perdonatemi è più forte di me. >>
<< Questa sera volevo presentarti alle altre esponenti della tua famiglia. Alatariel, Eruanna, Morwen? >> Appena pronunciò queste parole, le fate nominate so diressero da lui. << Rebecca le tue sorelle maggiori. >>
<< Sorellina! >> L’anziano non fece in tempo a finire di parlare che la fata venne sommersa dalla fata dai capelli fucsia, doveva essere la più giovane delle tre. << Io sono Alatariel! Oh Rebecca!!! >>
<< Ciao Alatariel. >> Una mano si pose sulla spalla della giovane fata. << Non ci sei solo tu! Rebecca io sono Eruanna! Sei molto bella! >> Arrossì. << G... Grazie Eruanna. >>
<< Quante cerimonie che fate! Rebecca io sono la sorella maggiore di tutte e quattro, mi chiamo Morwen. >>

 

<< Io vi lascio un attimo qui... Dorlas, Carnil dovevate dirmi qualcosa? >> I due trasalirono. << Si sommo padre. >>
Si congedarono ed entrarono in una saletta separata. << Ebbene? >> Carnil fece cenno a Dorlas di parlare. << La matrona del rubino ha infranto la legge elfica. >>
A queste parole l’anziano sgranò gli occhi. << Spero che le vostre accuse siano infondate e che stiate scherzando! Non giocate su questa cosa, farò finta di non aver sentito nulla! >>
<< Non stiamo scherzando! Lei si è impossessata del corpo di Carnil e ha attaccato tramite di lei, Rebecca, per puro rancore! >>
La loro discussione venne interrotta da un urlo. << Rebecca! >>

 

Nella stanza del ballo tutto era fermo, Rebecca stava dietro alla figura di Forohel. Davanti a loro una donna con lunghi capelli rosso fuoco raccolti in un’elaborata acconciatura, e un vestito molto sontuoso. Le ali erano grandi e brillanti. << Tu hai rubato il posto del mio Rubino prediletto! Tu sciocca e debole incarnata >> Rise malvagia, con quella risata, la sua risata. << Somma Carnis si fermi! Non può! >>
<< Zitto tu! >> Gli occhi le brillavano in una maniera sinistra, tutto fu fermato dall’intervento del Padre argenteo. << Carnis basta! >>

La rossa si voltò molto contrariata. << NO! Questa infida cosa mi ha rovinato la vita! Ha impedito alla mia adorata Carnil di affiancarsi al patrono della famiglia dello zaffiro, era la mia stella rossa la compagna per Forohel! >> A quelle parole Rebecca guardò lo Zaffiro davanti a lei, quindi lui era un nobile?
Senza ascoltare oltre le parole della donna Hirceleb chiamò le guardie. << Portatela via e rinchiudetela. >> Poi si avvicinò a Forohel e gli pose una mano sulla spalla. “Porta via Rebecca.”

Fece come detta e la prese fra le braccia con una tale dolcezze che sembrava portasse una bambola di porcellana, la portò in una stanza del palazzo e la pose sul letto. << Perché mi odia tanto? Io non volevo creare tanti problemi, sarei rimasta anche umana se avessi saputo... >>
Forohel le si avvicinò e le fece appoggiare la testa sulle sue gambe iniziando poi ad accarezzarle i lunghi capelli corvini. << E’ colpa della mia posizione di patrono. Lo zaffiro è tra le famiglie più importanti, direi che se mi trovassi nel vostro mondo sarei in una posizione simile a quella degli aristocratici. >>
<< Ma non mi avevate detto che siete tutti uguali? >>
<< Siamo uguali nel senso che non abbiamo formalità precise verso i nobili, se non gli appellativi come Sommo Padre, patrono o matrona, ma anche qui ci sono delle gerarchie e io sono di una superiore nonché patrono >>
<< Quindi è come se, è come se avessi scelto una serva? >>
<< Se vuoi vederla in questi termini sì, ma però sappi che tu per me sei solo Rebecca >>
<< Ma tutto ciò non nega i fatti. >>

 

*Toc-toc* << Sono io Alatariel, posso entrare? >> La fata guardò supplicante l’elfo che annuì sospirando, per ringraziarlo gli diede un lieve bacio sulle labbra facendolo sorridere. << Certo! >>
Entrambi videro la sorella fermarsi un attimo. << Perdonami, non sapevo che fossi in compagnia di... >>
<< Non fa nulla, vieni entra! >>

La fata si sedette su una panca. << Senti io volevo sapere se ti va di venire a vivere da noi altre ametiste, a casa insomma... >>
<< Cosa!? Io non... oh si insomma mi piacerebbe tantissimo, Forohel posso? >>
<< Tu sei libera di fare ciò che vuoi, tanto sarai sempre mia >>
Rebecca ci pensò su. << Allora vengo, però solo domani, va bene? >>
<< Ovvio! Oh appena lo sapranno anche le altre! Ora mi congedo, scusate il disturbo, ciao Rebecca... >> Poi fece un inchino. << Patrono arrivederci. >>
“Ah sorellina, sappi che un po’ ti invidio, siete adorabili insieme, però io e il mio Dragluin siamo molto meglio” Rebecca rise. “Grazie sorella, salutami le altre e sappi che voglio incontrarlo questo Dragluin.” Finì di parlarle che lei era già fuori dalla stanza. “Il mio lupacchiotto, si forse un giorno lo incontrerai!”

 

“Mentre io ero felice fra le braccia di Forohel a mia insaputa il mondo fatato perdeva una matrona. In seguito tutti  mi dissero che non era colpa mia, che lei era destinata in un modo o nell’altro a quella fine. Io non lo credevo.
Le mie giornate passavano felici, ero sempre assieme al mio compagno
–mi fa uno strano effetto chiamarlo così- e ai miei due migliori amici.”

 

La fata correva sola nella terra degli uomini dopo tanto tempo, la sua forma terrestre era quella di ermellino. Il suo corpo come se era stato spiegato, era sparito da quel mondo per poter essere per sempre in quello fatato perciò era come se fosse sparita e non morta; con questi pensieri nella mente arrivò nelle vicinanze di una casetta, quella che un tempo fu la sua casa.
“E’ abitata! Mi avvicino ancora un po’ sono proprio curiosa.” Sentiva una dolce voce di bimba cantare una filastrocca. La vide giocare in mezzo al vialetto, aveva dei lunghi capelli biondi raccolti in due codine, e gli occhioni blu come il mare. Indossava un vestitino lungo e bianco.
<< Lily tra un po’ è pronto, vieni. >> A questa voce la piccola si alzò in piedi e corse verso la casa.
“Quella voce io l’ho già sentita”­ Si avvicinò ancora alla casa e si intrufolò dentro mentre la donna chiudeva la porta dietro alle spalle della bambina.

La casa era esattamente arredata come un tempo, si diresse laddove ricordava trovarsi la tavola e fu come immaginava, sedute pronte per mangiare vi erano la donna e la bambina. << Lily ti sei lavata le mani? >>
<< Ada, sono pulite! >> La donna diede una lieve carezza sulla testa alla piccola. << Brava ora puoi mangiare. >>
Rebecca guardava la scena da un angolo della sala nascosta da un vaso. “Quella donna, mi sembra che si sia accorta di me, ma che mi ignori volutamente.”
Durante tutto il pranzo nessuna delle due parlò e appena finito la piccola si alzò e tornò a giocare fuori mentre la donna si alzava e iniziava a sistemare le stoviglie. << Puoi uscire, Rebecca, ti ho vista sai? >>

“Come fa a sapere!?” Un pensiero le attraversò la mente, quella doveva essere Carnis allora!
Tornò nella sua forma di fata. << Cosa vuoi da me? >> La fata si morse un labbro. << Io non sapevo fossi tu, ma ora io vorrei chiedere il tuo perdono, mi sento tremendamente in colpa. >>
La donna dai capelli rossi che ora erano illuminati solo dai riflessi del sole le si avvicinò sorridendo. << Rebecca, io ti ringrazio, ero accecata da un odio malsano e logorante, grazie al tuo arrivo ora sto vivendo la mia redenzione. Vedi quella bambina, Lily? >> Disse scostando le tende della finestra. << Lei non è mia figlia, è una incarnata proprio come te, ho deciso di usare la poca magia che mi è stato consentito di tenere per rintracciare gli incarnati e farli tornare a casa. >>

<< Sei cambiata molto. >> La donna sorrise. << Già e ora forse sono anche più felice di prima. Senti che ne dici se ti affido Lily? >>
La fata rimase interdetta. << Come prego? >>
<< Lily è una fata della spuma marina il nome che le ho assegnato in elfico è Earine, ha appena tre anni. Ti prego, se un elfo o fata viene ricondotto alla sua forma originale prima dei dieci anni di vita umani che corrispondono pressappoco a cinque elfici, non patirà il dolore che patisti tu a tuo tempo. Te ne prego! E poi sarai aiutata da Forohel! >>

Era certa che se ne sarebbe pentita però se poteva risparmiare a quella piccola il dolore che aveva passato lei... << Accetto. >>
<< Bene, allora torna qui domani e vieni con un’altra creatura magica, fata o elfo è indifferente, basta che sia del tuo mondo. >> Sorrise nel pronunciare quel tuo. << Allora a domani, consorella. >> Rebecca sorrise. << A domani consorella >>

Detto ciò uscì e rendendosi invisibile a occhio umano si alzò in volo, ma non prima di aver dato un lieve bacio sulla fronte alla piccola Lily. “Piccola domani tornerai a casa”
Sbatté le ali di farfalla e si librò nel cielo.

 

“E questo è tutto ciò che mi è accaduto da quando sono fata. Non mi pentirò mai della decisione fatta oggi e sono del tutto decisa ad andarla a prendere! Allora vieni con me Carnil?”
La fata di fronte a lei era molto indecisa e perplessa. “Ma Forohel sa nulla?”
Rebecca si grattò il capo nervosamente. “Non proprio, diciamo che sa solo della mia idea di cercare altre elfi e fate incarnati e riportarli a casa. Non sa che succederà domani.”
Un sorriso furbo si dipinse sul viso della amica. “Allora è una cosa segreta, che ci renderà complici, si insomma una cosa che fanno le amiche?” La Ametista non sembrava capire molto del discorso della amica.
“Bè si, qualcosa di simile direi.”
“Allora accetto! Fammi pensare, quando qui è notte, nel mondo degli umani è giorno e viceversa esatto?”
“Sì, mi pare di sì.”
“Benissimo, allora questa notte quando io riuscirò a lasciare il mio Dorlas e tu lascerai le tue sorelle ci incontriamo alle porte del mondo del sogno e ti accompagnerò di là.”
“Va bene, a dopo allora! Grazie Carnil.”
“A dopo Rebecca, di niente cara!”

Le due fate si divisero, Rebecca non era certa che ciò che avrebbero fatto sarebbe stata la cosa giusta, ma dopotutto non lo era stato nemmeno Forohel con lei e ora era fra le persone più felici del mondo. “Piccola Lily domani sarai fra le mie braccia!”

 

Quando si incontrarono la luna brillava alta nel cielo. “Pronta allora?”
Rebecca annuì nel buio e l’altra la prese per mano. “Ma ora che ci penso... Se tu porterai qui una piccola fatina allora tu diventerai una specie di madre per lei! Aaaa che carine e io sarò zia!”
Lentamente si stavano avvicinando al confine continuando a discutere, arrivate là poi presero le loro forme terrestri.
Carnil era una volpe rossa un po’ più piccola del normale. Corsero nella campagna irlandese e arrivarono alla casetta che il sole era appena allo Zenit, e la bambina stava giocando ancora fuori dalla casa.
Uscì in giardino anche l’altra donna che le notò subito acquattate nell’erba, una volpe rossa e un ermellino bianco.

 

<< Lily entra un attimo che Carnis ha da fare. >>
La piccola si alzò e corse dentro come detto. << Alla fine hai fatto come detto. Ne sono contenta. >>
Le due presero la loro forma fatata. << Buongiorno Somma Carnis. >>
<< Io non sono più somma da troppo tempo, risparmiami queste cerimonie piccola stella rossa, ora voglio solo essere certa che entrambe aiuterete la piccola Lily, ho detto esplicitamente che volevo due fate presenti così che possa essere certa che la tua scelta sia testimoniata. Ora, Rebecca, prometti solennemente di prendere Lily sotto la tua ala protettrice come fece Forohel a suo tempo? >>
<< Lo prometto. >>
<< Bene, Lily, vieni qui! >> La bambina le fu davanti poco dopo e non poté non fare un’espressione misto fra l’entusiasta e il sorpreso. << Calnis!? MA ONO FATE!?!? >>
La donna sorrise di rimando. << Si, e ora tieni. >> La donna passò il dito con la polvere delle ali di Rebecca sulla boccuccia della bimba. << Ora tu devi andare con loro piccola, ma sappi che potrai venire qui tutti i giorni che vorrai! Vero Rebecca? >>
<< Infatti, ora andiamo che da noi è ancora buio. >>

La piccola bimba diede una mano a Rebecca e l’altra a Carnil e insieme volarono verso il mondo dei sogni.

<< Ebecca, posso chiamati mamma? >> La fata che stava volando rimase spiazzata e per poco non cadde a terra. << Come prego? >> La piccola insistette. << Shi! Io non ho mai avuto una mamma, e voio te come mamma! >>
La fata dell’ametista si commosse a quelle parole. << Va bene, chiamami come vuoi. >>
<< Senti Rebecca che ne dici se chiamiamo anche Dorlas e Forohel? >>
<< Fa come preferisci, tanto prima o poi verrà a conoscenza di Lily! Sai piccola, ora arriverà un mio amico. >>
Il Rubino tossì eloquente. << Amico >>. “Carnil falla finita e vola a chiamarli io porto Lily nella mia casa vi attendo li.”
“Certo Rebecca, volo!”

 

Anni dopo...

<< Lily, Lily? >> La fata stava cercando la figlia dappertutto. “Da quando ha quelle ali è incontenibile!” << Lily!? >>
<< Sono qui mamma! >> Dalla boscaglia emerse una fata, i lunghi capelli biondi si erano scuriti ed erano diventati oro puro e gli occhi blu, grazie all’influenza del papà erano due zaffiri incastonati in quel volto perlaceo. Dietro alla schiena spuntavano due piccole aluccie di falchetto. Essendo una elementare non aveva ali di insetto, ma di uccello, poco importava era sempre la sua piccola.

<< Rebecca? >> La voce del suo compagno la ridestò. << Sono qui! >>
<< Mia Ametista! Sei radiosa oggi! Anche tu mia piccola Lily. >> Salutò prima la figlioletta con un bacio sulla testa e poi la compagna con un bacio lieve sulle labbra. << Ci sei stato di più oggi in concilio! >>
<< Non mi sembra che tu abbia problemi di tempo che passa, cosa vuoi che sia aspettare un mese o due? Guardati sei bella come quando ti incontrai anni fa! >>

<< Aaaah è sempre un piacere guardarvi! >>
<< Ziette!! >> Lily corse incontro a due fate appena comparse. << Carnil, Alatariel! Che bello ci siete anche voi! E... >> Il Rubino e l’Ametista si scambiarono uno sguardo d’intesa. << Ovvio! Sta arrivando con zio Dorlas. >>
Alla fatina si illuminarono gli occhi e la cosa non sfuggì a suo padre.
<< Lily, di chi stai parlando? >> Il suo sguardo non prometteva nulla di buono. << Papà, su dai! E’ solo Calengol! >>
<< Si ma è imparentato con quel narcisista nullafacente di Dorlas! E la cosa non mi piace, per la mia piccola voglio sono il meglio! >>
La figlioletta gonfiò le guance. << Sei sempre così! E sentiamo quale sarebbe il meglio. >>
<< Devo ancora trovarlo! >>
<< Forohel, dai lasciala fare, ha ormai quindici anni! >>
<< No carissima! Ha quindici anni umani, non fatati! Per me è ancora una bambina di dieci ricordalo! >>

Rebecca sospirò e si rivolse alla fatina. << Lo sai com’è fatto, su dai ora andiamo a palazzo, oggi è un giorno importante per te! >>

 

La festa era cominciata da alcune ore, gli incarnati festeggiati quella volta erano numerosi, anche grazie all’impegno della vecchia matrona Carnis che si impegnava a cercarle in ogni dove, e l’entrata nella società di Lily era stata fatta coincidere con l’anniversario del suo ritorno a casa.

Mentre la ragazza stava volteggiando tra le braccia del suo Smeraldo prediletto, Rebecca e Forohel si diressero sul terrazzo. << Certo che quando ho fatto quella follia non pensavo che sarebbe accaduto tutto ciò. >>
Abbracciò la sua compagna, gli anni non intaccavano la bellezza delle fate, e lui rimase a guardarla compiaciuto. Con una carezza le spostò una ciocca dal viso e le diede un bacio. << Ti adoro sempre di più. >>
La fata si limitò e ad arrossire. Non riusciva mai ad abituarsi a tutte quelle dolci parole che venivano pronunciate solo per lei.

<< Balliamo? >> Dalla sala proveniva una nenia che sembrava una dolce ninna nanna delle fiabe. Sorrise a quel pensiero e accettò l’invito.
Iniziarono a volteggiare nell’aria.
“Se non avesse fatto ciò che ha fatto io ora non sarei così felice.”
“A che stai pensando?” Appena sentì quel pensiero rimase allibita, lui non poteva parlarle! Era impossibile!
Lo sentì ridere. “Io ti ho fatta tornare fata e poi noi due ci apparteniamo da quando tu mi hai accettato come compagno”  Lei ci pensò su ma non ricordò di aver mai detto esplicitamente­­ di essere la sua compagna. “Ma... quando?”
“Quando mi incontrasti nel sogno...”
“Ma tu hai sempre sentito i miei pensieri quindi?”
Lui sospirò. “Bè più o meno...”
“Questa non te la perdono!” Pensò ridendo. Mentre discutevano continuavano a volteggiare nell’aria e ogni tanto accennavano a una piroetta. Lui rise ancora e la baciò nuovamente.
E ancora...
E ancora...

“Bene direi che adesso posso dire che il tanto atteso ‘...e vissero per sempre felici e contenti’”

 

Fine
   
 
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