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Autore: Inevitabilmente_Dea    07/02/2016    1 recensioni
Elena si ritrova nella Radura. Sola. L'unica ragazza in mezzo ad un branco di Radurai. Non ricorda nulla del suo passato, se non il suo nome. Tuttavia inizia a fare sogni strani, che ogni notte puntualmente arrivano a spaventarla.
La ragazza stringerà amicizie, ma qualcuno sembra non volerla tra i piedi. Eppure ogni volta che lei avrà bisogno di conforto, Newt sarà al suo fianco. Amore o amicizia? Sta a voi scoprirlo...
Buona lettura.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Thomas, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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"Gally." chiamai il suo nome quando lui ci raggiunse.
Ha cambiato idea. Pensai sospirando sollevata.
"Non puoi partire." mi disse lui invece.
Lo guardai sbalordita. 
"Non puoi partire e lasciarmi qui!" ripeté lui.
"Io ho preso la mia decisione. Ti prego, vieni con noi." lo supplicai.
Gally tuttavia scosse la testa.
"Io non ti lasceró andare là fuori. É troppo pericoloso e anche se riusciste ad uscire, pensate che sarete liberi? I Creatori vi renderanno di nuovo prigionieri e non voglio neanche immaginare cosa ti faranno, Eli."
"Gally, non possiamo rimanere qui! Se restiamo qui, i Dolenti ci uccideranno. Là fuori abbiamo una possibilità." spiegai avvicinandomi a lui.
Lui distolse lo sguardo dai miei occhi e li rivolse a qualcuno alle mie spalle.
"Tu! Non puoi permetterle di fare una cosa del genere! Combattere contro i Dolenti..." rise istericamente Gally, poi continuó, sempre rivolto a Newt. "Dovete essere pazzi. Tu non puoi trascinarla in tutto questo."
"Lei ha fatto la sua decisione. Nessuno l'ha obbligata." spiegó Newt calmo.
"Andiamo... Tutti sanno che ti seguirebbe ovunque tu vada!" urló Gally rabbioso.
"Lei ha fatto la sua decisione e io la rispetto." controbatté Newt continuando a mantenere la calma.
Gally serró il pugno e si avvicinó a Newt. Lo afferró per la maglietta e alzó il pugno in aria.
Rimase con il braccio alzato per diversi secondi, poi lo riabbassó respirando sonoramente.
Newt in tutto questo rimase immobile e non si mosse di un millimetro. Impassibile e calmo.
"Eli, ti prego..." bisbiglió Gally ignorando gli sguardi assidui della folla.
Scossi la testa e continuai: "Mi dispiace per non averti reso partecipe della mia vita passata. Hai ragione, tu sei mio amico... Il mio migliore amico. E io dovrei conoscerti abbastanza bene da sapere che nonostante tutto non mi avresti abbandonata." presi un profondo respiro, poi continuai. "Mi scuso per questo. E ora ti supplico di venire con me. Con tutti noi. Non ti ho reso partecipe della mia vita passata, ma voglio che tu sia presente nel mio futuro."
Lui mi guardó per dei secondi infiniti e piú lo guardavo, più la sua espressione mi faceva prevedere quale sarebbe stata la sua risposta.
La vista mi si appannó lentamente e cercai di ricacciare indietro le lacrime.
Non poteva rimanere là dentro.
"Gally..." lo chiamai per un'altra volta. "Fidati di me e seguimi. Ti prego."
Lui scosse la testa e mi si avvicinó a grandi falcate.
Prima che potessi muovermi di un passo, mi ritrovai circondata dalle sue braccia.
"Io appartengo al Labirinto. Questa é diventata la mia casa e lo rimane, per quanto questo posto possa essere diventato lugubre e pericoloso." spiegó con voce debole.
"Ma noi siamo la tua famiglia..." controbattei.
"Mi dispiace." sussurró prima di staccarsi da me. "Mi dispiace per tutto."
Annuii asciugando una lacrima che aveva preso a scendermi sul volto.
"E mi dispiace anche per quello che sto per fare." aggiunse poi. "Ma devo farlo... Almeno per un'ultima volta."
Lo guardai con aria preoccupata e confusa.
Le sue labbra si posarono sulle mie ed io spalancai gli occhi.
Cosa gli aveva preso?
Le mie lacrime salate andarono a mischiarsi con il sapore delle sue labbra.
Dopo pochi secondi lui si staccó da me e mi osservò per altri secondi, poi indietreggió di qualche passo e mi sorrise in modo malinconico.
"Buona fortuna." mi disse infine.
Ancora leggermente turbata mi girai e raggiunsi gli altri, che mi aspettavano impazienti.
Alcuni colpi di tosse imbarazzati si diffusero tra i ragazzi, mentre qualcun'altro - come Minho - mi rivolse un'occhiata maliziosa.
Mi avvicinai a Newt e gli lanciai un'occhiata per capire il suo umore dopo il bacio.
Lo vidi con la mascella serrata e i pugni contratti, ma quando incroció il mio sguardo si rilassó.
"Pronti per andare o qualcun'altro vuole dare il bacio di addio?" chiese Minho divertito.
Abbassai lo sguardo imbarazzata e sentii i passi dei Radurai farsi sempre più veloci, segno che tutti stavano entrando correndo nel Labirinto.
Guardai per qualche altro secondo il viso di Gally e impressi nella mia mente ogni suo lineamento.
Cercai di impiantare nella mia mente le sue lentiggini, le sue labbra, il modo in cui stringeva la mascella quando era nervoso o arrabbiato. Mi aveva sempre affascinato il modo in cui si grattava la nuca quando era imbarazzato o il modo il cui i suoi muscoli si flettevano quando lavorava.
Ma più di tutto cercai di memorizzare i suoi occhi. Quelle mappe indecifrabili di emozioni, che mi avevano colpito sin dal primo giorno.
Mi morsi il labbro così forte da farmi male e ordinai ai miei piedi di muoversi.
Non lo rivedrò... Pensai cercando di trattenere le lacrime. Mai più.
Mi sarebbe mancato. Probabilmente non sarei più stata la stessa dopo quel giorno.
Come potevo esserlo? Stavo per abbandonare una parte di me in quel posto e nessuno avrebbe potuto restituirmela.
"Forza, Eli." mi sussurrò Newt afferrandomi la mano.
Mi trascinò fino a dentro il Labirinto e gliene fui grata. Se non mi avesse aiutato lui, probabilmente sarei ancora lì, con le lacrime agli occhi.
Scacciai ogni sorta di pensiero e spensi tutte le emozioni.
Non potevo permettermi un crollo in quell'istante.
Tenendo un passo costante, corsi sui sentieri di pietra che portavano alla Scarpatainsieme agli altri Radurai. Non potevo fare a meno di ammirare impressionata i muri di cemento che ci sovrastavano minacciosi. 
Forse quella che stavamo compiendo era un'impresa più grande di noi. Forse il peso del Labirinto alla fine ci avrebbe schiacciati tutti.
Lo scalpiccio dei piedi echeggiava nei corridoi e le luci rosse delle Scacertole tra le foglie d'ederamandavano bagliori anche più inquietanti del solito. Era ovvio che i Creatori ci stessero osservando eascoltando. In un modo o nell'altro, ci sarebbe stata una battaglia. 
Il gruppo si era distribuito per tutta la larghezza del corridoio e stava correndo a passo costante, ma svelto. Presto iniziai a sentire i primi segni di stanchezza e mi chiesi cosa provassero gli altri che, come me, non erano Velocisti.
I polmoni presto iniziarono a bruciarmi e il fiato che inalavo sembrava non arrivarci neanche ai polmoni.
Vidi Newt scambiare due parole con Minho e quest'ultimo corse in testa, guidandoci Radurai per condurci a tutte le svolte necessarie. 
Ogni passo stava diventando un'agonia. Il coraggio che avevo racimolato si era trasformato in terrore e michiesi quando avremmo cominciato a sentire i Dolenti che ci davano la caccia.
Continuammo a muoverci a ritmo costante, ma ben presto iniziai a sentire l'ansare degli altri Radurai.
Tuttavia, nessuno cedette. Corremmo e corremmo ancora, senza trovare traccia deiDolenti. 
Via via che il tempo passava, iniziai a sperare di raggiungere presto la Scarpata. 
E magari anche di arrivarci viva.
Ad un certo punto, Minho rallentò all'angolo, poi si fermò esollevò una mano per dirci di fare lo stesso. 
Dopodichè si voltò, con l'orrore dipinto inviso. 
Capii immediatamente cosa doveva significare quell'espressione e mi sentii mancare l'aria.
Minho strisciò in avanti di qualche passo e sbirciò oltre il bordo affilato del muro di pietra,guardando qualcosa.
Balzò all'indietro, facendo sussultare anche me. 
L'Intendente disse qualcosa, ma io non capii. Decisi di avvicinarmi in punta di piedi, evitando di fare rumore.
"Ce ne sono almeno dodici. Forse anche quindici." spiegò sollevando le braccia e strofinandosi gli occhi col dorso delle mani. "Ci stanno aspettando!"
I Dolenti. Era come se fossero rimasti nascosti, in attesa,e si stessero risvegliando in quel momento. 
Come per magia, iniziai a sentire anche io il loro rumore sferragliante e meccanico.
Sentii un brivido gelido percorrermi la schiena, più intenso che mai. Lanciai un'occhiata a Newt e lui mi fissò preoccupato. Stava per dire qualcosa, ma si bloccò quando vide la mia espressione spaventata. 
Lui ricambiò lo sguardo, carico di tensione.
Non l'avevo mai visto mostrarsi terrorizzato in quel modo. 
Poi finalmente, dopo aver ingoiato un groppo di saliva, mi disse: "Be', sapevamo di dover combattere." 
Cercò di sembrare il più tranquillo possibile, tuttavia il tremolio nella sua voce lo tradì. 
Feci un profondo respiro ed annuii cercando di sembrare il più convinta e tranquilla possibile.
Non volevo mettere più peso sulle spalle di Newt e sembrare la tipica donzella indifesa. Io non lo ero e non lo sarei mai stata. 
Me la caverò. Pensai stringendo le dita attorno all'arco. Ce la caveremo. 
Sentivo le gambe tremarmi alla consapevolezza che i Dolenti erano lì, letteralmente dietro l'angolo. 
I miei dubbi sulla capacità di farcela mi si insinuarono nella mente e nel cuore. 
Ma se i Dolenti erano così crudeli e percolosi come dicevano gli altri, perchè se ne stavano immobili ad aspettarci?
C'era un silenzio attanagliante, escludendo i suoni striduli di quelle bestie.
Poi Thomas bisbiliò, dando voce ai miei pensieri: "Forse hanno già preso un ragazzino nella Radura. Forse possiamo oltrepassarli e basta... Altrimenti perché se ne starebbero lì fermi..." 
Venne interrotto da un rumore forte e lo vidi voltarsi di colpo verso il corridoio. 
Thomas si rigirò di scatto, con il volto sbiancato ed io temei il peggio, aspettando le sue parole.
Stava proprio per dire qualcosa quando nell'aria si udirono altri rumori, ma questa volta dall'altro capo del lungo vicolo. 
Riuscii a dare un'occhiata fugace prima che qualcun'altro mi si piazzasse davanti, oscurandomi la visuale.
Maledii mentalmente la mia statura bassa, ma nello stesso istante ringraziai il ragazzzo che mi si era parato davanti perchè mi aveva costretta a distogliere lo sguardo.
Quello che avevo visto mi era bastato: altri Dolenti ci stavano raggiungendo dall'altra parte del lungo corridoio
Il nemico era ovunque. Eravamo bloccati.
I Radurai si scagliarono verso Thomas, formando un gruppo compatto e costringendolo a spostarsi all'aperto nel corridoio.
Mi affrettai a raggiungere gli altri e tra spintoni e gomitate, riuscii ad arrivare in prima linea.
Un dolore pulsante, acuto, mi salì alle narici e sembrò raggiungere ed annidarsi dietro agli occhi.
Venni spinta in avanti dai Radurai e tutti si assembrarono ancora più compatti, tutti rivolti verso l'esterno.
Allungai il collo e sbirciai oltre il muro di pietra.
Vidi l'orda dei Dolenti che ci separava dall'abisso: le punte tese, la pelle umidiccia che si sollevava e abbassava a ritmo regolare. 
Ci aspettavano, ci osservavano. 
La cosa che mi inquietò maggiormente fu la distanza che separava noi da quei due gruppi di Dolenti assetati di sangue.
Erano solo pochi metri.
Quei cosi erano a pochi metri da noi e nessuno osava fare niente!
Eravamo circondati, senza dubbio circondati. 
Dovevamo uscire da quella situazione prima che peggiorasse ancora.
Attesi in silenzio gli ordini ch sarebbero dovuti arrivare da Thomas o Minho, ma nessuno disse una parola. 
Sentiva Newt tremare di fianco a me, anche lui ammassato contro la parete. 
Cercai la sua mano e, quando la sfiorai, lui sussultò leggermente, poi accettò volentieri quel contatto.
Ancora una volta gli unici suoni presenti erano i gemiti spettrali e i ronzii meccanici provenienti dai Dolenti, fermi a godersi la piccola trappola che avevano allestito per noi. 
I loro corpi disgustosi pulsavano, soffiando fiato artificiale con sbuffi meccanici.
Perchè stiamo qui immobili! E' ovvio che aspettano da noi la prima mossa e se non lo fanno vorrà dire che li coglieremo di sorpresa. Pensai lanciando un'occhiata a Thomas.
"Hai qualche idea?" chiesi al ragazzo.
Lui si limitò a scuotere la testa, poi aggiunse: "Non capisco che cacchio stanno aspettando."
"Dannazione Tom... Noi ti abbiamo seguito fino a qui e tu ora ci dici che non hai un piano?" chiesi scocciata.
"Non saremmo dovuti venire." disse Alby, per la prima volta d'accordo con me. Fino ad allora era rimasto zitto e la sua voce suonò strana, specialmente per via dell'eco creato dai muri del Labirinto.
Thomas gli lanciò un'occhiataccia e poi si rivolse a me: "Be', nel Casolare non saremmo messi meglio. Odio dirlo, ma se muore uno di noi è meglio che se muoiono tutti."
In quel momento sperai davvero che la faccenda dell'unico morto per notte fosse vera, ma non potevamo aggrapparci a quell'unica cosa.
Non sarebbe bastata per sconfiggere i cacchio di Dolenti!
Quello era il suo piano? Be' faceva veramente schifo.
La voce di Alby risuonò ancora una volta lungo tutto il corridoio: "Forse dovrei..."lasciò la frase a metà e prese ad avanzare verso la Scarpata. Lento, come in trance. 
Lo osservai con orrore distaccato. Non riuscivo a credere ai miei occhi.
"Alby?" disse Newt. "Torna qui!"
Troppo tardi capii quali fossero le sue intenzioni. Voleva creare un diversivo per farci scappare verso la Scarpata, oppure voleva sacrificarsi e fare in modo che i Dolenti avessero ucciso solo lui quella notte.
In ognuno dei due casi, si sarebbe fatto uccidere.
Alby cominciò a correre, andando dritto verso l'orda di Dolenti che lo separava dalla Scarpata.
"Alby!" gridò Newt.
Feci per dire qualcosa a mia volta, ma Alby aveva già raggiunto i mostri ed era saltato addosso a uno di loro. 
Newt mollò la presa con la mia mano e si staccò dal mio fianco, correndo verso Alby.
Tesi le mani e acciuffai Newt per le braccia prima che potesse andare oltre.
Non potevamo fare niente ormai. Cinque o sei Dolenti si erano già rianimati e avevano aggredito il ragazzo di colore, in un turbine di pelle e metallo. 
Misi tutta la forza che avevo nelle braccia e tirai Newt indietro.
"Lasciami andare!" strillò Newt, lottando per liberarsi.
"Ma sei impazzito?" gli gridai di rimando. "Non puoi farci niente!"
Altri due Dolenti si staccarono dal branco e si gettarono su Alby, salendo uno sopra l'altro, pinzando e squarciando il suo corpo come se volessero entrarvi dentro e mostrare tutta la loro maligna crudeltà. In qualche modo, anche se pareva impossibile, Alby non gridò. 
Non passò molto che persi di vista il corpo del ragazzo.
Mi stavo concentrando a pieno nel lottare con Newt, ma fui grata per quella distrazione. 
Finalmente, dopo diversi secondi, Newt cedette e si accasciò all'indietro, sconfitto.
Una nausea improvvisa mi invase lo stomaco, mettendolo sotto sopra.
Lo avevamo perso. Completamente.
Trattenendo la mia voglia di vomitare per quel puzzo acre e per la situazione che si era andata a creare, aiutai Newt a rimettersi in piedi. 
Lui non riusciva a smettere di fissare il punto in cui era scomparso l'amico.
"Non riesco a crederci." sussurrò Newt. "Non riesco a credere che l'abbia fatto."
Scossi la testa, incapace di rispondere. Vedere Alby cadere in quel modo... Un nuovo tipo di dolore mai provato prima mi riempì i visceri, un dolore malato, lacerante, peggiore del dolore fisico. E non sapevo nemmeno se avesse qualcosa a che vedere con Alby. Non mi era mai piaciuto granché, quel ragazzo. Dopotutto anche lui non mi sopportava e mi dava contro continuamente. Non che ci odiassimo a vicenda, ma era più un sopportarsi a vicenda. 
Tuttavia il pensiero che ciò che avevo appena visto sarebbe potuto succedere a Chuck, o a Newt.
Minho si avvicinò a me e Newt. Strinse la spalla di quest'ultimo. "Non possiamo sprecare ciò che ha fatto." spiegò in tono fastidiosamente calmo.
Poi si voltò verso Thomas. "Se sarà necessario, li combatteremo, faremo in modo di aprire un varco verso la Scarpata per te ed Elena. Entrate nella Tana e fate il vostro dovere... Noi li terremo fuori finché non ci urlerete di seguirvi."
Thomas guardò tutti i gruppi di Dolenti - nessuno dei quali si era ancora mosso verso di noi - e annuì. "Speriamo che si disattivino per un po'. Ci serve solo un minuto o poco più per digitare il codice." spiegò il ragazzo lanciandomi un'occhiata preoccupata.
"Come fate a essere così senza cuore?" mormorò Newt alle mie spalle.
Il tono schifato della sua voce mi sorprese e allo stesso tempo mi riempì di sensi di colpa.
Alby si era fatto ammazzare per noi. Era solo colpa nostra.
"Che vuoi, Newt?" intervenne Minho. "Dobbiamo metterci in tiro e fargli il funerale?"
Lanciai un'occhiataccia a Minho. Non era quello il momento di fare sarcasmo.
Newt non rispose. Stava ancora fissando il punto in cui sembrava che i Dolenti ammucchiati sopra ad Alby si stessero cibando del suo corpo. 
Non potevo sapere come Newt avrebbe reagito alla morte del suo amico. La prima volta che pensavamo fosse successo, lui aveva tentato il suicidio per la seconda volta.
Avrebbe sopportato tutto quel dolore ancora?
Non riuscii a fare a meno di sbirciare verso i Dolenti e vidi una macchia color rosso vivo su uno dei corpi delle creature. Mi venne il voltastomaco e distolsi subito lo sguardo.
Minho proseguì: "Alby non voleva tornare alla sua vecchia vita. Si è fottutamene sacrificato per noi... e adesso non ci stanno attaccando, quindi forse ha funzionato. Saremmo senza cuore se sprecassimo questa occasione."
Newt, per tutta risposta, si limitò a stringersi nelle spalle e a chiudere gli occhi.
Mi accucciai accanto a lui e gli presi la mano. Non volevo dire niente. Non c'era bisogno. Qualsiasi parola, in quel momento, mi sembrava di troppo.
Minho si voltò, rivolgendosi al gruppo di Radurai stretti gli uni agli altri: "Ascoltatemi! La nostra priorità è proteggere Elena e Thomas. Devono arrivare alla Scarpata e alla Tana per..."
Fu interrotto bruscamente dal rumore dei Dolenti che si riattivavano. 
Sollevai impaurita lo sguardo: le creature sembravano essersi nuovamente accorte di noi. 
All'unisono, cominciarono ad avanzare, lenti, dispiegando le appendici con i loro strumenti di tortura puntati verso di noi, pronti a ucciderci. 
Stringendo la formazione a trappola, come un cappio, i Dolenti stavano venendo alla carica con passo regolare.
Strinsi la mano di Newt, presa da un terrore mai provato prima. Lui fu l'unica cosa a cui mi ancorai, per non perdere del tutto ogni bella emozione.
Forse se ne stavano andando o magari qualcuno aveva avuto la mia stessa idea quando lavoravo alla W.I.C.K.E.D.
Magari avevano hackerato i comandi dei Dolenti, facendo in modo che si distruggessero tra di loro.
Ben presto mi resi conto che era inutile e da stupidi cercare di nascondere ciò che era inevitabile.
Il sacrificio di Alby era stato un miserabile fallimento.

   
 
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