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Autore: Rocco_Castrogiovanni    09/02/2016    0 recensioni
Ritornare dove si è nati quando si è stati lontani per molti anni. Trovare che tutto è cambiato eppure tutto è com'era. Trovarsi cambiati eppure immobili.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
Mi portò il caffè a letto e facemmo di nuovo sesso.
– Non ti preoccupare, non ci faccio l’abitudine –
Disse salutandomi sulla porta della stanza per andare ad aprire il bar. Sarei potuto rimanere quanto volessi e uscire senza curarmi di essere visto. Non le interessava più il giudizio dei paesani.
Rimasi a sonnecchiare tra le sue lenzuola ancora un po’.
Uscendo, vidi di fronte Vera sulla porta di casa sua. La salutai con la mano, lei rispose con un cenno del capo e sparì in casa.
Mi strinsi nelle spalle e mi avviai verso casa nel caldo di mezzogiorno
Mangiai da solo degli affettati e del melone. Mi feci un caffè e mi andai a stendere sul letto. Scambiai qualche messaggio con Laya, era con le sue amiche ad un festival in montagna. Mi mandò qualche foto.
– Davvero non vuoi che ti raggiunga al paese? –
– Si. Ho bisogno ancora di starci un po’ da solo –
– D’accordo. Un bacio -
– Bacio –

2.
Mi svegliai alle sei del pomeriggio che il cielo era nuvolo e finalmente mi decisi a disfare la valigia. Quello che ne era rimasto, avevo giá utilizzato la metá dei panni, che ora erano sparsi per la stanza.
Riposi quelli puliti nell’armadio ed iniziai a raccogliere quelli sporchi per preparare una lavatrice. Sentii dei passi dabbasso.  Rispettando la tradizione paesana avevo lasciato la chiave alla porta
– Marco –
Mi sentii chiamare. Vera.
– Si sali –
La sentii salire le scale ed apparire sulla porta della camera. Pantaloncini di jeans cortissimi, all star bianche, ed una canottiera, larga, a righe bianche e blu. Pensai che se si fosse chinata appena le si sarebbe visto il seno. Mi chiesi se indossasse il reggiseno.
– Metti in ordine? –
– Era ora. Sono un disastro –
– Se vuoi te li lavo io quelli –
– No, c’è la lavatrice –
– E chi li stira? –
– Chi li stira sempre, cioè nessuno –
Scosse la testa e si mise a sedere sul letto. Io stavo al centro della stanza con un paio di mutande in mano. Mi scossi ed andai a metterle con le altre sul mucchio.
– Stavi da Irene stamattina? –
– Mm –
– E anche ieri sera.. –
– Che fai? Mi controlli? –
Cercai di sorridere, ma ero piuttosto infastidito. Le diedi le spalle e mi misi a raccogliere un paio di magliette da terra
– Se tu lasci la macchina davanti casa mia tutta la notte non sono io che ti controllo, sei tu che non ti nascondi –
– Perché? Dovrei? –
Mi voltai. Si era distesa sul letto, poggiandosi sul gomito destro, con le gambe appena piegate, lasciando le scarpe fuori dal materasso.
– Hai una ragazza su a Milano, no? –
– Si. Quindi? –
– Beh.. –
– Non so nemmeno perché stiamo avendo questa conversazione. Quello che faccio o non faccio non dovrebbe riguardarti –
– Hai ragione. Metti su questa lavatrice, io scendo a preparare un caffè. –
Saltò giù dal letto senza aspettare risposta e scese al piano di sotto. Rimasi come un ebete con le magliette sporche in mano, senza sapere se essere stizzito o divertito.


 3.
- Ma quindi tu e la tua ragazza siete una coppia aperta?  -
- Ci rifai, ma cos’è un interrogatorio? –
Seduti a tavola prendevamo il caffè.
– Ma dai, sono solo curiosa. E poi non ti faccio uno capace di tradire, quindi se vai a letto con un’altra, vuol dire che avete una coppia aperta –
Non riuscii a non sorridere.
– Si, hai ragione, abbiamo una relazione aperta. Contenta? E comunque non la chiamo “la mia ragazza” –
– Cos’è, troppo paesano? –
Fece una smorfia. Sorrisi di nuovo. Mi alzai per poggiare le tazzine sporche nel lavello.
– No, è che a 35 anni dopo 5 di convivenza non la chiamo più “la mia ragazza”, mi sembrerebbe immaturo –
Stavo sciacquando le tazzine
– Ma come, lasci i panni a marcire e poi lavi due tazzine appena usate? –
– Eh si. Prima lo facevo anche con i piatti, ma poi quelli marciscono davvero, quindi ho imparato a farlo subito, se no poi lo dimentico –
– Sei tu che lavi i piatti a casa quindi… –
– Di nuovo l’interrogatorio. No, li lava chi capita, e quest’abitudine l’ho presa quando vivevo da solo –
Mi asciugai le mani e mi avvicinai a lei senza sedermi. No, non portava il reggiseno. Intravidi un piccolo capezzolo rosa.
– Andiamo di la in salotto –
– Mm –
Mi sedetti sul divano e mi accesi una sigaretta. Vera si sedette accanto a me, di traverso, con una gamba piegata sul divano che teneva per la caviglia e l’altra a terra. Le passai la sigaretta e ne accesi un’altra per me.
– Ma quindi come la chiami? –
– Laya e se proprio mi chiedono chi è rispondo “la mia compagna” –
– Laya? –
– Si, è catalana –
Dall’espressione interrogativa sul suo volto capii che non le diceva nulla
– Hai presente Barcellona? –
– Aah, spagnola? –
– Si, dillo davanti a lei e vedi come ti stacca la testa a morsi –
– Perché? –
– È indipendentista –
– Ho capito, è malata di politica come te –
– A te non interessa? –
– Buf –
Finimmo la sigaretta in silenzio. Guardandoci. Anche quando era bambina faceva spesso così, rimaneva a lungo a guardarti senza dire una parola e io non riuscivo né a parlare, né a distogliere lo sguardo, come adesso. Solo che quando io ero un ragazzotto e lei una bambina non mi metteva in imbarazzo, come adesso, né dovevo impormi di non fissarle il seno.

4.
- Beh, me ne vado –
Fece per alzarsi
– Già? –
Mi venne da risponderle. Si alzò sorridendo ed indicando l’orologio nella cristalliera.
– Sono le otto quasi, papà ritorna e vuole la cena in tavola –
– Ah, tuo padre, devo passarlo ancora a salutare. –
Era arrivata sulla porta, io dietro di lei
– Ci tieni tanto? –
– Come dire? Buon vicinato.. –
Mi guardò con uno sguardo senza espressione, poi mi stampò un bacio sulle labbra.
– Mm? –
– Buon vicinato –
Si voltò ed andò via a passo veloce senza voltarsi.
Mi buttai sul divano
– Ieri sera, la vecchia amica….siamo finiti a letto –
Scrissi a Laya
– E perché me lo racconti? –
Mi rispose dopo un paio di minuti
– Perché una ragazzina mi ha fatto sentire in colpa se non te lo dicevo –
Ancora due minuti
– Ti sei fatto anche la ragazzina? –
– Stronza –
Cinque minuti
– Controlla che siano maggiorenni almeno –
– Te? –
– Io non ho ragazzini che mi fanno sentire in colpa –
Sorrisi. Vinceva sempre lei
– Domani ti chiamo –
– Io domani scendo dai monti, quindi o chiami la mattina, non presto, o ci sentiamo domani sera tardi –
– Molt be, baci –
– Baci –
   
 
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