The
sinner -That which lie behind the mask-
- Ciò che giace dietro la maschera -
***
Capitolo 2: Condanna
Ricaddi
supina sul letto, un orribile grumo a stringermi la gola e le viscere in una
morsa soffocante che m’impediva di respirare; ero certa d’aver già provato
qualcosa del genere, molto tempo prima, ma non riuscii a ricordare quando.
Sentivo
la testa pulsare in maniera insolita ed una moltitudine di domande, ricordi,
sensazioni, affacciarsi ai confini della mia memoria e chiedere, urlare di
essere rievocati, senza che io fossi capace di farlo. Semplicemente, non ci
riuscivo.
Sapevo
che avrei dovuto ripercorrere ancora una volta gli ultimi, terribili minuti
prima che lui se ne andasse, e qualcosa, dentro di me,
si rifiutava di farlo.
Forse non desideravo soffrire
ancora.
Nonostante
mi sforzassi di non farlo, comunque, fu inevitabile
domandarmi cosa fosse accaduto nell’Hueco Mundo dopo che ero svenuta: se la guerra fosse conclusa,
chi avesse trionfato, se qualcuno dei nostri fosse morto...
...e Ichigo.
Dov’era Ichigo?
Una piccola parte di me sperava -anzi era certa-
che qualcuno avesse provveduto a fermarlo e sopprimere
l’hollow interiore con la forza, com’era già accaduto
in passato; tuttavia, io stessa riconoscevo che questo fosse alquanto
improbabile.
Mi
costrinsi a sollevarmi sui gomiti, i quali tremarono più volte prima d’essere capaci di sorreggere il mio esiguo peso. Da
quant’era che restavo confinata in quel piccolo letto d’ospedale?
Stavo
appunto meditando di uscire dalla camera e dare un’occhiata
in giro, quando la porta si spalancò e ne entrò un indaffarato Hanatarou -le mani colme di fascicoli e vassoi del pranzo
vuoti-. Non appena mi vide, sveglia ed in procinto di abbandonare il letto,
quasi urlò.
«Rukia-san! Siete sveglia!». Accatastò malamente i vassoi ed i fascicoli su una sedia malandata li
vicino e mi venne incontro, raggiante. «Come vi sentite? Avete
male alle ferite?».
Ferite? Mi resi conto solo in quell’istante delle numerose bende che mi circondavano il torace, le spalle ed entrambe le braccia.
Forse fu solo autosuggestione, ma, in effetti facevano
davvero male.
«Un
po’», ammisi.
«Siete stata fortunata, Rukia-san.
Se il Capitano Unohana non vi avesse raggiunta e curata in tempo...». S’interruppe, lasciandomi
intuire il resto della frase. Sarei morta.
Un’
improvvisa fitta più forte delle altre mi costrinse a portarmi una mano alla
testa. Scoprii che anche quella era fasciata.
Hanatarou mi si avvicinò, preoccupato. «Fa male?»
Scossi
il capo, per quanto le bende ed il dolore me lo permettessero.
«E’ solo una fitta, passerà presto. Piuttosto, Hanatarou...».
Meditai
un attimo su quale delle mie molte domande fosse
preferibile rivolgergli per prima.
«Per quanto
tempo sono rimasta priva di conoscenza?», domandai infine, scegliendo quella a
cui ero certa che avrebbe risposto.
Contò i
giorni sulle mani. «Due settimane», rispose.
Avrei potuto meravigliarmene, ma non lo feci. Mi sarei
stupita di riuscire ancora a provare meraviglia.
Prima
ancora di riuscire a trattenermi, prima ancora di rendermi conto di cosa stessi
facendo, udì la mia voce porre una seconda domanda.
«Dov’è Ichigo?».
Per
un attimo, non ci fu altro che silenzio. Poi, Hanatarou
sospirò.
«Vado a
chiamare Abarai-san. Mi aveva detto di avvertirlo quando si sarebbe svegliata, Rukia-san».
Riprese il suo carico dalla sedia malandata e si affrettò fuori
dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Qualcosa,
nel modo in cui aveva sospirato ed evitato accuratamente di rispondere alla mia
domanda, mi lasciò intuire che lui
sapeva, ma per qualche motivo non voleva che io lo sapessi.
Poi,
realizzai. Non voleva che lo sapessi da
lui.
E, con una fitta al petto che non aveva nulla a che
vedere con le ferite, capii.
Ichigo.
Rividi
il suo volto imbronciato davanti ai miei occhi, più vivido che mai, vidi i bei
lineamenti contorcersi e scorsi le labbra tendersi in una smorfia divertita e
gli occhi divenire, via via, sempre più neri, fino a
che solamente una piccola pupilla dorata andò ad intervallare ciò che pareva
una macchia d’inchiostro scuro.
Strinsi
la testa tra le mani e la scossi più volte, con veemenza, per scacciare via quell’immagine, e sospirai di sollievo
quando parve funzionare.
Un
attimo dopo, la porta si spalancò e Renji –le labbra
tese in un enorme sorriso- fece il suo ingresso nella piccola stanza,
precipitandosi accanto al mio letto.
«Rukia! Mi hai fatto prendere un bello
spavento, lo sai? Non ti svegliavi più!».
Notai
le profonde occhiaie che contornavano gli occhi scuri ed immaginai che dovesse
aver trascorso numerose notti insonni al mio capezzale.
«Scusa»,
mormorai, ma lui non mi ascoltò e mi strinse per qualche attimo al petto,
sospirando di sollievo.
«Ehi»,
protestai, debolmente. «soffoco!». Mi lasciò subito andare, ma dovetti
ammettere che il suo abbraccio era stato piacevole. Renji aveva un piacevole profumo di ricordi.
Si
ritrasse, vagamente imbarazzato. «Ehm. Allora... come stai?»
«Bene»,
ripetei, «a parte qualche fitta alla testa. Tu? Gli altri?».
Notai
un’ombra scura attraversare i suoi occhi e svanire subito dopo. «Io sto bene,
certo. Ho riportato solo ferite superficiali... tutto merito del Capitano Unohana».
Lo
guardai, aspettando che continuasse e che mi desse
notizie degli altri.
«Allora?»,
incalzai, con più foga di quanto avrei voluto. Me ne accorsi.
«Scusa», ripetei, stavolta più gentilmente. «Gli altri? Inoue?
Chad?».
Ichigo?, fece
una vocina nella mia testa. Mi sforzai di ricacciarla via.
Renji parve sulle spine. «Chad
e Ishida stanno benissimo».
«E...?».
«E... insomma», sospirò. «Inoue.
Non sappiamo se sopravvivrà».
Fu come
se qualcuno mi avesse colpita alla testa con un grosso
masso. Tutta l’aria che ancora possedevo svanì dai polmoni, cosicché mi
ritrovai a tossire, piegata su me stessa.
«R...Rukia...!», fece Renji, dandomi
qualche pacca sulla schiena perché respirassi.
Andò un
po’ meglio. L’aria prese a ritornare.
La
sensazione di vuoto, tuttavia, non passava. Inoue era
l’unica amica che io avessi mai avuto. Non poteva...
«Com’è
successo?». La voce mi uscì stranamente piatta, come se non fosse la mia.
Vidi
nuovamente Renji agitarsi sulla sedia. «Lui...
ecco... Ichigo...».
Sobbalzai
a quel nome.
«... cioè, l’Hollow, lui... lui ti
stava uccidendo, Rukia.
Tutti noi eravamo immobili come ipnotizzati, io stesso lo ero...». Mi guardò
colpevole, gli occhi lucidi, e capì quanto avesse rimpianto
di non essere intervenuto. «Lei ha urlato. Un attimo dopo si è lanciata su di
lui per aiutarti, e... e lui l’ha quasi
ammazzata. E’ bastato. Noi tutti abbiamo capito che dovevamo reagire. A quel
punto, però...».
Lo
guardai, gli occhi spalancati. Probabilmente, dovevo parere pazza.
«Dov’è Ichigo ora?»
Renji sobbalzò. Parlò così piano che per
un’impercettibile frazione di secondo sperai di non aver sentito bene. «Non lo
sappiamo».
A quel
punto, non ci vidi più. Non so esattamente cosa successe; ricordo solo una rabbia cieca invadermi, e ricordo che cominciai ad urlare,
senza neppure sapere perché.
«COM’E’
POSSIBILE?», strepitai, i pugni stretti e gli occhi sbarrati. «NON L’AVETE
SEGUITO?! NON L’AVETE FERMATO?!».
Senz’accorgermene,
avevo cominciato singhiozzare.
Vidi Renji abbassare lo sguardo e fare segno di “no” col capo,
più colpevole e segnato che mai. «Quel tizio chiamato Ulquiorra
si è teletrasportato da Aizen insieme ad Ichigo prima che noi potessimo
fare nulla, e poi hanno usato la negation... lo
sai, che è impossibile raggiungerli, quando...».
«LO
SO!», strillai. Udì la mia voce spezzata dai singhiozzi venire fuori come se
non fosse la mia.
Non
sapevo perché stessi gridando così. Sapevo solo che urlare mi faceva star
meglio, m’impediva di pensare, perciò non avevo intenzione di smettere.
Poi
però guardai Renji, vidi il vuoto nei suoi occhi e vi
scorsi il mio stesso dolore, ed allora capii di non essere l’unica a soffrire. Quando parlai ancora, sforzandomi di non riprendere ad
urlare, il mio tono era notevolmente diverso.
Ora era
piatto, quasi rassegnato. «Non l’avete cercato in due settimane?». La voce mi si incrinò
pericolosamente sulle ultime sillabe.
«Beh,
ecco». Renji parve di nuovo a disagio. C’era qualcosa
che ancora non sapevo?
Sentii
l’irritazione e la paura farsi spazio dentro di me. Mi morsi
un labbro a sangue per non perdere nuovamente il controllo.
«Allora?»,
chiesi, brusca, in modo volutamente acido. Temevo che, se non mi fossi sforzata
di apparire forte ed arrabbiata, la voce mi sarebbe uscita
simile ad un sussurro spezzato dai singhiozzi.
Il mio
migliore amico mi guardò negli occhi come se non mi
conoscesse affatto, e per un attimo temetti di non conoscerlo più
neppure io. Cos’era successo di così terribile in
quelle due settimane da riuscire ad erigere un muro tra noi due?
Inspirai.
L’ansia mi stava stritolando lo stomaco. «Per
favore», sussurrai, e come temevo udì la mia voce incrinarsi
pericolosamente sull’ultima sillaba.
Renji mi guardava ancora come fosse un estraneo, ma non
ci badai. «Ti assicuro...». Si portò una mano tra i capelli e si agitò sulla
sedia, a disagio. «ti assicuro che tu stessa preferiresti che non lo
trovassimo, Rukia. Credimi».
Non
capivo. Perché avrei dovuto sperare che non trovassero
Ichigo? L’avrebbero aiutato,
l’avrebbero salvato e riportato indietro, a casa sua, a Karakura...
Qualcosa,
negli occhi di Renji, mi disse
che non era cosi.
Abbassai
il capo a fissarmi le caviglie, ovviamente fasciate, ma non riuscì a sottrarmi
al suo sguardo. Continuavo a percepire ugualmente gli occhi del mio amico su di
me.
Lo udii
distintamente sospirare ed, un attimo dopo, lo vidi venire verso di me e sollevarmi per un braccio, bruscamente eppure con
gentilezza.
«Cosa...», protestai, ma lui mi fece segno di tacere.
«Te lo
farò vedere con i tuoi occhi».
Non
ebbi il coraggio di ribattere. Lasciai che mi spingesse fuori
dalla piccola camera, lungo gli stretti corridoi affollati di shinigami indaffarati che correvano qua e la come formiche.
Il
fruscio dei miei piedi nudi sul tatami era
impercettibile. Ebbi la sgradevole sensazione d’essere morta.
Guardai
Renji. Teneva le labbra strette e la mascella
contratta, e di nuovo mi parve di scorgere qualcosa d’inquietante, in quei
lineamenti. Qualcosa di diverso dal
solito, dall’amico col quale avevo scorrazzato a piedi nudi per le vie
polverose del rukongai, e che pensavo di conoscere più
di me stessa.
Fu come
guardarsi allo specchio e non riconoscere la propria immagine.
Avanzammo ancora un po’ lungo altri stretti corridoi, incrociando decine
di formiche impegnate a ricostruire disperatamente il proprio formicaio
distrutto, dopodichè sbucammo in una sala più grande e
luminosa delle altre.
Udì
distintamente Renji deglutire. Si guardò intorno per
un attimo, poi adocchiò una grande bacheca che copriva
un’intera parete e mi guidò verso di essa, quasi febbrilmente.
«Ecco»,
sussurrò, quando le fummo davanti. «Quest’annuncio è
stato affisso alla sede di ognuna delle tredici brigate. Leggi».
Annuì,
cercando con lo sguardo quale fosse l’annuncio di cui
parlava. Non mi fu difficile individuarlo.
Ebbi un
tuffo al cuore, seguito ad un’improvvisa gioia irrazionale nel vedere il viso di Ichigo - imbronciato e
rassicurante come lo ricordavo – fissarmi dall’altro lato del vetro.
Poi, la
gioia iniziale venne soppiantata da qualcos’altro.
Angoscia.
Cosa ci
faceva una foto di Ichigo in
quella bacheca?
Improvvisamente spaventata, lessi febbrilmente le righe che sottostavano
la foto e percepì, a poco a poco, l’angoscia fare spazio ad un altro
sentimento, più intenso. L’orrore.
A
grandi caratteri, l’annuncio recitava: “Come
testimoniato dai più stimati membri del Gotei 13, lo shinigami delegato Kurosaki Ichigo (16 anni umani, in foto) ha tradito il Seireitei e l’intera Soul Society fuggendo in compagnia del Quarto Espada, Ulquiorra Schiffer.
Chiunque dovesse
vederlo o ricevere sue notizie, è pregato di riferire immediatamente ad uno dei
tredici Capitani, o, se possibile, al Capitano Comandante in persona, Shigekuni Genrysai Yamamoto-dono.
Il sopraccitato Kurosaki
Ichigo è condannato, come stabilito dalla più alta
corte della Soul Society,
alla pena Capitale. Verrà messo a morte il giorno
successivo al suo ritrovamento, alla presenza dei Tredici Capitani e dei
rispettivi luogotenenti. La stessa sorte verrà
riservata a chiunque sarà ritenuto aver aiutato il traditore a nascondersi o si
sia reso complice non denunciando un eventuale avvistamento”.
La
firma era quella di Sasakibe Choujiro,
luogotenente della Prima Compagnia.
Avvertii
uno spiacevole senso di nausea alla bocca dello stomaco e la testa prese a
girare vorticosamente. Dovetti reggermi a Renji per
non cadere.
«Adesso
capisci?», mi sussurrò lui, aiutandomi a restare in piedi. «Ho chiesto di
essere assegnato alla Squadra di Ricerca. In questo modo, posso evitare che venga trovato e, se dovessi scovarlo io stesso... beh,
ovviamente non lo consegnerei. Potrei nasconderlo in un luogo sicuro».
Ebbi
l’improvviso impulso di abbracciare Renji e mi sentii
pervadere da un enorme, smisurato affetto verso di lui.
Come
avevo fatto a dubitare del mio più grande amico? Come avevo potuto pensare che
non fosse più lo stesso?
Che non
stesse facendo tutto il possibile per Ichigo, a
rischio della propria vita, se solo fosse stato scoperto....
trasalii.
«E’
pericoloso».
Lui
scosse il capo. «E’ necessario».
Non
riuscii a dargli torto. Era tutto per il bene di Ichigo, unicamente per lui, per Ichigo... questo pensiero riuscì, in
qualche modo, a darmi forza.
E poi, quando la paura iniziale fu passata, mi
sentii pervadere da uno smisurato ribrezzo verso chi aveva affisso quello
stupido annuncio.
«Come
hanno potuto?», boccheggiai, «Ichigo è uno di noi, è
uno shinigami, ha salvato
Renji mi guardò con insieme compassione e malinconia.
«Lo sai che a loro non importa niente di tutto questo, Rukia».
«Ma non
è colpa di Ichigo, è il suo hollow che...»
«A
maggior ragione», m’interruppe Renji. «se lo facessimo presente, stai certa che aggiungerebbero
all’accusa “Hollow interiore”, e allora Ichigo si troverebbe in un pericolo ancora maggiore».
Sentii
sprofondare la terra sotto i piedi.
Renji aveva maledettamente ragione.
E non
potei fare a meno di chiedermi, nonostante fossi io stessa sicura della
risposta, se esistesse anche un sola, minuscola possibilità
di salvare Ichigo.
No, rispose gelida la voce nella
mia testa. Lui morirà.
*
Una porta
si spalancò nella stanza buia, irradiando sprazzi di nauseante luce biancastra,
rivelando i contorni sfocati di numerosi arrancar, semi-nascosti dall’oscurità.
Due
figure vestite di bianco avanzarono nel corridoio di luce verso colui che sedeva al centro esatto della stanza, un braccio a
sorreggergli il capo ed il volto attraversato da un sorriso obliquo.
«Ulquiorra, vedo che hai condotto da me il nostro ospite».
Una
delle due figure vestite di bianco s’inchinò.
«Si,
Mio Signore», rispose, la voce piatta ed inespressiva. «Come da Voi richiesto,
ho provveduto che venisse marcato ed iniziato alla
vita qui a Las Noches».
Aizen fece un cenno d’assenso col capo, mentre il
sorriso gli si allargava ancora. «Grazie mille, Ulquiorra».
Si rivolse all’altra figura, rimasta fin’ora in
silenzio.
Era un
ragazzo dai capelli di un singolare colore arancio e le pupille dorate
contornate di nero, avvolto in un abito candido che gli lasciava il torace
scoperto. Quando incontrò lo sguardo di Aizen, il volto gli si contorse in un ghigno.
L’ex Capitano allargò le braccia in modo teatrale e parlò, la
voce profonda che echeggiava in ogni angolo dell’ampia sala. «Benvenuto, nuovo
fratello. Vuoi per favore ripetermi qual è il tuo
nome?».
Il
ragazzo vestito di bianco ghignò, ancora una volta. «Io non ho nessun nome!».
Rise e
lanciò uno sguardo divertito ad Aizen, dopodichè si
voltò ed uscì dalla stanza, il tatuaggio nero impresso sulla schiena -
raffigurante il numero cinque - più evidente che mai.
*
~ Fine
secondo capitolo.
Spazio dell’autrice: Ce
ne ho messo per scrivere questo capitolo >___<”. E non mi piace, come al solito. Ma questo ormai è
tipico, quindi lasciate perdere ù____ù.
Yamamoto è un
deficiente, lo so. Insultatelo quanto volete >3.
Rispondo
brevissimamente alle recensioni, sono di corsa XD.
Tak:
Non mi parlare degli ultimi capitoli, cara mia °O° Hun,
preferisco la mia versione ù__ù. No, scherzo xD Basta che Kubo
risolva tutto con qualcosa di sensato ù____ù.
PhOeNiX_93:
Grazie mille >3<. Se i cambi di narratore non provocano problemi, allora continuo cosi <333. Spero che ti sia
piaciuto questo nuovo capitolo *O*.
Lye:
Infatti lui è uno spirito libero, come hai visto alla
fine di questo capitolo è piuttosto insofferente ad Aizen
ù__ù. Diciamo che fa un po’ i cavoli suoi XD.
Yua:
La tua idea è stata geniale, e mi dispiace tanto che Kubo
abbia deciso di non seguirla ù___ù. Dovremmo segnalargliela via e-mail, che
dici? ùwù.
Chichetta99:
Grazie mille, cara <3. Felice che
ti piaccia l’idea *O*.
B:
Benny cara XD. Grazie mille per i sei motivi per cui ti piace la fanfic ù_ù. E per quanto riguarda la cosa che ti ho spoilerato... spero davvero che
arrivi presto XD.
Scusate per la brevità, sono
di corsa, davvero >___<.
Recensite
<3.