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Autore: Lou Asakura    21/03/2009    5 recensioni
Il sorriso dell’Hollow si allargò ancor di più alla vista delle loro espressioni sconvolte. Proruppe in una risata malevola, occhieggiando il gruppo con le iridi dorate, dopodichè si rivolse nuovamente ad Ulquiorra. «Io non ho nessun nome!».
Tutti ammutolirono. L’Espada lo fissò a lungo in volto, come volesse studiarlo; socchiuse per qualche attimo i grandi occhi verdi, assorto nei propri pensieri, dopodichè tornò a scrutarlo, stavolta più risoluto. «Ho deciso», dichiarò.
Nessuno si chiese cos’era che Ulquiorra avesse deciso. Si sentivano tutti troppo annientati, troppo infiacchiti, troppo spenti, come prosciugati di ogni energia vitale; di Ichigo, il ragazzo forte, determinato, attaccato alla vita, non era rimasto altro che un fantasma ghignante che sorrideva da un viso che non era il suo, guardava con occhi che non erano i suoi e pronunciava parole che non erano le sue.
~What if...?, Capitolo 348.
»Seguito alternativo del sopracitato capitolo }.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hichigo, Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Schiffer Ulquiorra
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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The sinner ~ That which lie behind the mask


The sinner -That which lie behind the mask-

 

- Ciò che giace dietro la maschera -

 

 

***

 

Capitolo 2: Condanna

 

 

 

 

Ricaddi supina sul letto, un orribile grumo a stringermi la gola e le viscere in una morsa soffocante che m’impediva di respirare; ero certa d’aver già provato qualcosa del genere, molto tempo prima, ma non riuscii a ricordare quando.

Sentivo la testa pulsare in maniera insolita ed una moltitudine di domande, ricordi, sensazioni, affacciarsi ai confini della mia memoria e chiedere, urlare di essere rievocati, senza che io fossi capace di farlo. Semplicemente, non ci riuscivo.

Sapevo che avrei dovuto ripercorrere ancora una volta gli ultimi, terribili minuti prima che lui se ne andasse, e qualcosa, dentro di me, si rifiutava di farlo.

Forse non desideravo soffrire ancora.

Nonostante mi sforzassi di non farlo, comunque, fu inevitabile domandarmi cosa fosse accaduto nell’Hueco Mundo dopo che ero svenuta: se la guerra fosse conclusa, chi avesse trionfato, se qualcuno dei nostri fosse morto... 

...e Ichigo.

Dov’era Ichigo? Una piccola parte di me sperava -anzi era certa- che qualcuno avesse provveduto a fermarlo e sopprimere l’hollow interiore con la forza, com’era già accaduto in passato; tuttavia, io stessa riconoscevo che questo fosse alquanto improbabile.

Mi costrinsi a sollevarmi sui gomiti, i quali tremarono più volte prima d’essere capaci di sorreggere il mio esiguo peso. Da quant’era che restavo confinata in quel piccolo letto d’ospedale?

Stavo appunto meditando di uscire dalla camera e dare un’occhiata in giro, quando la porta si spalancò e ne entrò un indaffarato Hanatarou -le mani colme di fascicoli e vassoi del pranzo vuoti-. Non appena mi vide, sveglia ed in procinto di abbandonare il letto, quasi urlò.

«Rukia-san! Siete sveglia!». Accatastò malamente i vassoi ed i fascicoli su una sedia malandata li vicino e mi venne incontro, raggiante. «Come vi sentite? Avete male alle ferite?».

Ferite? Mi resi conto solo in quell’istante delle numerose bende che mi circondavano il torace, le spalle ed entrambe le braccia. Forse fu solo autosuggestione, ma, in effetti facevano davvero male.

«Un po’», ammisi.

«Siete stata fortunata, Rukia-san. Se il Capitano Unohana non vi avesse raggiunta e curata in tempo...». S’interruppe, lasciandomi intuire il resto della frase. Sarei morta.

Un’ improvvisa fitta più forte delle altre mi costrinse a portarmi una mano alla testa. Scoprii che anche quella era fasciata.

Hanatarou mi si avvicinò, preoccupato. «Fa male?»

Scossi il capo, per quanto le bende ed il dolore me lo permettessero. «E’ solo una fitta, passerà presto. Piuttosto, Hanatarou...».

Meditai un attimo su quale delle mie molte domande fosse preferibile rivolgergli per prima.

«Per quanto tempo sono rimasta priva di conoscenza?», domandai infine, scegliendo quella a cui ero certa che avrebbe risposto.

Contò i giorni sulle mani. «Due settimane», rispose.

Avrei potuto meravigliarmene, ma non lo feci. Mi sarei stupita di riuscire ancora a provare meraviglia.

Prima ancora di riuscire a trattenermi, prima ancora di rendermi conto di cosa stessi facendo, udì la mia voce porre una seconda domanda.

«Dov’è Ichigo?».

Per un attimo, non ci fu altro che silenzio. Poi, Hanatarou sospirò.

«Vado a chiamare Abarai-san. Mi aveva detto di avvertirlo quando si sarebbe svegliata, Rukia-san». Riprese il suo carico dalla sedia malandata e si affrettò fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Qualcosa, nel modo in cui aveva sospirato ed evitato accuratamente di rispondere alla mia domanda, mi lasciò intuire che lui sapeva, ma per qualche motivo non voleva che io lo sapessi.

Poi, realizzai. Non voleva che lo sapessi da lui.

E, con una fitta al petto che non aveva nulla a che vedere con le ferite, capii.

Ichigo.

Rividi il suo volto imbronciato davanti ai miei occhi, più vivido che mai, vidi i bei lineamenti contorcersi e scorsi le labbra tendersi in una smorfia divertita e gli occhi divenire, via via, sempre più neri, fino a che solamente una piccola pupilla dorata andò ad intervallare ciò che pareva una macchia d’inchiostro scuro.

Strinsi la testa tra le mani e la scossi più volte, con veemenza, per scacciare via quell’immagine, e sospirai di sollievo quando parve funzionare.

Un attimo dopo, la porta si spalancò e Renji –le labbra tese in un enorme sorriso- fece il suo ingresso nella piccola stanza, precipitandosi accanto al mio letto.

«Rukia! Mi hai fatto prendere un bello spavento, lo sai? Non ti svegliavi più!».

Notai le profonde occhiaie che contornavano gli occhi scuri ed immaginai che dovesse aver trascorso numerose notti insonni al mio capezzale.

«Scusa», mormorai, ma lui non mi ascoltò e mi strinse per qualche attimo al petto, sospirando di sollievo.

«Ehi», protestai, debolmente. «soffoco!». Mi lasciò subito andare, ma dovetti ammettere che il suo abbraccio era stato piacevole. Renji aveva un piacevole profumo di ricordi.

Si ritrasse, vagamente imbarazzato. «Ehm. Allora... come stai?»

«Bene», ripetei, «a parte qualche fitta alla testa. Tu? Gli altri?».

Notai un’ombra scura attraversare i suoi occhi e svanire subito dopo. «Io sto bene, certo. Ho riportato solo ferite superficiali... tutto merito del Capitano Unohana».

Lo guardai, aspettando che continuasse e che mi desse notizie degli altri.

«Allora?», incalzai, con più foga di quanto avrei voluto. Me ne accorsi. «Scusa», ripetei, stavolta più gentilmente. «Gli altri? Inoue? Chad?».

Ichigo?, fece una vocina nella mia testa. Mi sforzai di ricacciarla via.

Renji parve sulle spine. «Chad e Ishida stanno benissimo».

«E...?».

«E... insomma», sospirò. «Inoue. Non sappiamo se sopravvivrà».

Fu come se qualcuno mi avesse colpita alla testa con un grosso masso. Tutta l’aria che ancora possedevo svanì dai polmoni, cosicché mi ritrovai a tossire, piegata su me stessa.

«R...Rukia...!», fece Renji, dandomi qualche pacca sulla schiena perché respirassi.

Andò un po’ meglio. L’aria prese a ritornare.

La sensazione di vuoto, tuttavia, non passava. Inoue era l’unica amica che io avessi mai avuto. Non poteva...

«Com’è successo?». La voce mi uscì stranamente piatta, come se non fosse la mia.

Vidi nuovamente Renji agitarsi sulla sedia. «Lui... ecco... Ichigo...».

Sobbalzai a quel nome.

«... cioè, l’Hollow, lui... lui ti stava uccidendo, Rukia. Tutti noi eravamo immobili come ipnotizzati, io stesso lo ero...». Mi guardò colpevole, gli occhi lucidi, e capì quanto avesse rimpianto di non essere intervenuto. «Lei ha urlato. Un attimo dopo si è lanciata su di lui per aiutarti, e... e lui l’ha quasi ammazzata. E’ bastato. Noi tutti abbiamo capito che dovevamo reagire. A quel punto, però...».

Lo guardai, gli occhi spalancati. Probabilmente, dovevo parere pazza.

«Dov’è Ichigo ora?»

Renji sobbalzò. Parlò così piano che per un’impercettibile frazione di secondo sperai di non aver sentito bene. «Non lo sappiamo».

A quel punto, non ci vidi più. Non so esattamente cosa successe; ricordo solo una rabbia cieca invadermi, e ricordo che cominciai ad urlare, senza neppure sapere perché.

«COM’E’ POSSIBILE?», strepitai, i pugni stretti e gli occhi sbarrati. «NON L’AVETE SEGUITO?! NON L’AVETE FERMATO?!».

Senz’accorgermene, avevo cominciato singhiozzare.

Vidi Renji abbassare lo sguardo e fare segno di “no” col capo, più colpevole e segnato che mai. «Quel tizio chiamato Ulquiorra si è teletrasportato da Aizen insieme ad Ichigo prima che noi potessimo fare nulla, e poi hanno usato la negation... lo sai, che è impossibile raggiungerli, quando...».

«LO SO!», strillai. Udì la mia voce spezzata dai singhiozzi venire fuori come se non fosse la mia.

Non sapevo perché stessi gridando così. Sapevo solo che urlare mi faceva star meglio, m’impediva di pensare, perciò non avevo intenzione di smettere.

Poi però guardai Renji, vidi il vuoto nei suoi occhi e vi scorsi il mio stesso dolore, ed allora capii di non essere l’unica a soffrire. Quando parlai ancora, sforzandomi di non riprendere ad urlare, il mio tono era notevolmente diverso.

Ora era piatto, quasi rassegnato. «Non l’avete cercato in due settimane?». La voce mi si incrinò pericolosamente sulle ultime sillabe.

«Beh, ecco». Renji parve di nuovo a disagio. C’era qualcosa che ancora non sapevo?

Sentii l’irritazione e la paura farsi spazio dentro di me. Mi morsi un labbro a sangue per non perdere nuovamente il controllo.

«Allora?», chiesi, brusca, in modo volutamente acido. Temevo che, se non mi fossi sforzata di apparire forte ed arrabbiata, la voce mi sarebbe uscita simile ad un sussurro spezzato dai singhiozzi.

Il mio migliore amico mi guardò negli occhi come se non mi conoscesse affatto, e per un attimo temetti di non conoscerlo più neppure io. Cos’era successo di così terribile in quelle due settimane da riuscire ad erigere un muro tra noi due?

Inspirai. L’ansia mi stava stritolando lo stomaco. «Per favore», sussurrai, e come temevo udì la mia voce incrinarsi pericolosamente sull’ultima sillaba.

Renji mi guardava ancora come fosse un estraneo, ma non ci badai. «Ti assicuro...». Si portò una mano tra i capelli e si agitò sulla sedia, a disagio. «ti assicuro che tu stessa preferiresti che non lo trovassimo, Rukia. Credimi».

Non capivo. Perché avrei dovuto sperare che non trovassero Ichigo? L’avrebbero aiutato, l’avrebbero salvato e riportato indietro, a casa sua, a Karakura...

Qualcosa, negli occhi di Renji, mi disse che non era cosi.

Abbassai il capo a fissarmi le caviglie, ovviamente fasciate, ma non riuscì a sottrarmi al suo sguardo. Continuavo a percepire ugualmente gli occhi del mio amico su di me.

Lo udii distintamente sospirare ed, un attimo dopo, lo vidi venire verso di me e sollevarmi per un braccio, bruscamente eppure con gentilezza.

«Cosa...», protestai, ma lui mi fece segno di tacere.

«Te lo farò vedere con i tuoi occhi».

Non ebbi il coraggio di ribattere. Lasciai che mi spingesse fuori dalla piccola camera, lungo gli stretti corridoi affollati di shinigami indaffarati che correvano qua e la come formiche.

Il fruscio dei miei piedi nudi sul tatami era impercettibile. Ebbi la sgradevole sensazione d’essere morta.

Guardai Renji. Teneva le labbra strette e la mascella contratta, e di nuovo mi parve di scorgere qualcosa d’inquietante, in quei lineamenti. Qualcosa di diverso dal solito, dall’amico col quale avevo scorrazzato a piedi nudi per le vie polverose del rukongai, e che pensavo di conoscere più di me stessa.

Fu come guardarsi allo specchio e non riconoscere la propria immagine.

Avanzammo ancora un po’ lungo altri stretti corridoi, incrociando decine di formiche impegnate a ricostruire disperatamente il proprio formicaio distrutto, dopodichè sbucammo in una sala più grande e luminosa delle altre.

Udì distintamente Renji deglutire. Si guardò intorno per un attimo, poi adocchiò una grande bacheca che copriva un’intera parete e mi guidò verso di essa, quasi febbrilmente.

«Ecco», sussurrò, quando le fummo davanti. «Quest’annuncio è stato affisso alla sede di ognuna delle tredici brigate. Leggi».

Annuì, cercando con lo sguardo quale fosse l’annuncio di cui parlava. Non mi fu difficile individuarlo.

Ebbi un tuffo al cuore, seguito ad un’improvvisa gioia irrazionale nel vedere il viso di Ichigo - imbronciato e rassicurante come lo ricordavo – fissarmi dall’altro lato del vetro.

Poi, la gioia iniziale venne soppiantata da qualcos’altro.

Angoscia.

Cosa ci faceva una foto di Ichigo in quella bacheca?

Improvvisamente spaventata, lessi febbrilmente le righe che sottostavano la foto e percepì, a poco a poco, l’angoscia fare spazio ad un altro sentimento, più intenso. L’orrore.

A grandi caratteri, l’annuncio recitava: “Come testimoniato dai più stimati membri del Gotei 13, lo shinigami delegato Kurosaki Ichigo (16 anni umani, in foto) ha tradito il Seireitei e l’intera Soul Society fuggendo in compagnia del Quarto Espada, Ulquiorra Schiffer.

Chiunque dovesse vederlo o ricevere sue notizie, è pregato di riferire immediatamente ad uno dei tredici Capitani, o, se possibile, al Capitano Comandante in persona, Shigekuni Genrysai Yamamoto-dono.

Il sopraccitato Kurosaki Ichigo è condannato, come stabilito dalla più alta corte della Soul Society, alla pena Capitale. Verrà messo a morte il giorno successivo al suo ritrovamento, alla presenza dei Tredici Capitani e dei rispettivi luogotenenti. La stessa sorte verrà riservata a chiunque sarà ritenuto aver aiutato il traditore a nascondersi o si sia reso complice non denunciando un eventuale avvistamento”.

La firma era quella di Sasakibe Choujiro, luogotenente della Prima Compagnia.

Avvertii uno spiacevole senso di nausea alla bocca dello stomaco e la testa prese a girare vorticosamente. Dovetti reggermi a Renji per non cadere.

«Adesso capisci?», mi sussurrò lui, aiutandomi a restare in piedi. «Ho chiesto di essere assegnato alla Squadra di Ricerca. In questo modo, posso evitare che venga trovato e, se dovessi scovarlo io stesso... beh, ovviamente non lo consegnerei. Potrei nasconderlo in un luogo sicuro».

Ebbi l’improvviso impulso di abbracciare Renji e mi sentii pervadere da un enorme, smisurato affetto verso di lui.

Come avevo fatto a dubitare del mio più grande amico? Come avevo potuto pensare che non fosse più lo stesso?

Che non stesse facendo tutto il possibile per Ichigo, a rischio della propria vita, se solo fosse stato scoperto.... trasalii.

«E’ pericoloso».

Lui scosse il capo. «E’ necessario».

Non riuscii a dargli torto. Era tutto per il bene di Ichigo, unicamente per lui, per Ichigo... questo pensiero riuscì, in qualche modo, a darmi forza.

E poi, quando la paura iniziale fu passata, mi sentii pervadere da uno smisurato ribrezzo verso chi aveva affisso quello stupido annuncio.

«Come hanno potuto?», boccheggiai, «Ichigo è uno di noi, è uno shinigami, ha salvato la Soul Society da Aizen, la scorsa volta...».

Renji mi guardò con insieme compassione e malinconia. «Lo sai che a loro non importa niente di tutto questo, Rukia».

«Ma non è colpa di Ichigo, è il suo hollow che...»

«A maggior ragione», m’interruppe Renji. «se lo facessimo presente, stai certa che aggiungerebbero all’accusa “Hollow interiore”, e allora Ichigo si troverebbe in un pericolo ancora maggiore».

Sentii sprofondare la terra sotto i piedi.

Renji aveva maledettamente ragione.

E non potei fare a meno di chiedermi, nonostante fossi io stessa sicura della risposta, se esistesse anche un sola, minuscola possibilità di salvare Ichigo.

No, rispose gelida la voce nella mia testa. Lui morirà.

 

 

*

 

 

Una porta si spalancò nella stanza buia, irradiando sprazzi di nauseante luce biancastra, rivelando i contorni sfocati di numerosi arrancar, semi-nascosti dall’oscurità.

Due figure vestite di bianco avanzarono nel corridoio di luce verso colui che sedeva al centro esatto della stanza, un braccio a sorreggergli il capo ed il volto attraversato da un sorriso obliquo.

«Ulquiorra, vedo che hai condotto da me il nostro ospite».

Una delle due figure vestite di bianco s’inchinò.

«Si, Mio Signore», rispose, la voce piatta ed inespressiva. «Come da Voi richiesto, ho provveduto che venisse marcato ed iniziato alla vita qui a Las Noches».

Aizen fece un cenno d’assenso col capo, mentre il sorriso gli si allargava ancora. «Grazie mille, Ulquiorra». Si rivolse all’altra figura, rimasta fin’ora in silenzio.

Era un ragazzo dai capelli di un singolare colore arancio e le pupille dorate contornate di nero, avvolto in un abito candido che gli lasciava il torace scoperto. Quando incontrò lo sguardo di Aizen, il volto gli si contorse in un ghigno.

L’ex Capitano allargò le braccia in modo teatrale e parlò, la voce profonda che echeggiava in ogni angolo dell’ampia sala. «Benvenuto, nuovo fratello. Vuoi per favore ripetermi qual è il tuo nome?».

Il ragazzo vestito di bianco ghignò, ancora una volta. «Io non ho nessun nome!».

Rise e lanciò uno sguardo divertito ad Aizen, dopodichè si voltò ed uscì dalla stanza, il tatuaggio nero impresso sulla schiena - raffigurante il numero cinque - più evidente che mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

~ Fine secondo capitolo.

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice: Ce ne ho messo per scrivere questo capitolo >___<”. E non mi piace, come al solito. Ma questo ormai è tipico, quindi lasciate perdere ù____ù.

Yamamoto è un deficiente, lo so. Insultatelo quanto volete >3.

Rispondo brevissimamente alle recensioni, sono di corsa XD.

 

Tak: Non mi parlare degli ultimi capitoli, cara mia °O° Hun, preferisco la mia versione ù__ù. No, scherzo xD Basta che Kubo risolva tutto con qualcosa di sensato ù____ù.

PhOeNiX_93: Grazie mille >3<. Se i cambi di narratore non provocano problemi, allora continuo cosi <333. Spero che ti sia piaciuto questo nuovo capitolo *O*.

Lye: Infatti lui è uno spirito libero, come hai visto alla fine di questo capitolo è piuttosto insofferente ad Aizen ù__ù. Diciamo che fa un po’ i cavoli suoi XD.

Yua: La tua idea è stata geniale, e mi dispiace tanto che Kubo abbia deciso di non seguirla ù___ù. Dovremmo segnalargliela via e-mail, che dici? ùwù.

Chichetta99: Grazie mille, cara <3. Felice che ti piaccia l’idea *O*.

B: Benny cara XD. Grazie mille per i sei motivi per cui ti piace la fanfic ù_ù. E per quanto riguarda la cosa che ti ho spoilerato... spero davvero che arrivi presto XD.

 

Scusate per la brevità, sono di corsa, davvero >___<.

Recensite <3.

   
 
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