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Autore: Straightandfast    10/02/2016    4 recensioni
Amelie ha il mento che le trema un po' e Louis capisce subito che quel mento tremolante gli appartiene, che Amelie non trema per nessuno, ma per lui sì.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao bimbe!!!!!
Lo so, sono in ritardo, scusate scusate scusate ma sono andate ad Amsterdam (grande amore) la scorsa settimana e non ho avuto molto tempo per pubblicare e stare dietro a questa storia.
In ogni caso, here I am!!!!!

E' ancora un capitolo di passaggio, forse, ma si scopre un po' di più su Amelie e si capisce qualcosa in più sul suo carattere, e io mi sono divertita parecchio a scriverlo :)
Spero davvero che vi piaccia, fatemi sapere!
Intanto vi ringrazio tantissimo per le recensioni, siete meravigliose, grazie davvero.
Chiara

 

Alle mie due ragazze, 
Giulia e Chiara,
che amano Amelie e Louis (quasi) quanto amano me :D



Seduto ai tavolini esterni del “100” Louis si gode i raggi di sole caldi sulla pelle, evento più unico che raro a Doncaster come nel resto della Gran Bretagna.
Davanti ha una birra ghiacciata e un hamburger con patatine caldo appena portato da Carl, con tanto di salsa Tomlinson sistemata in una coppetta vicino al piatto; è un misto di ketchup, maionese e peperoncino che, molti anni prima, il proprietario del locale aveva inventato solo per lui, eterno indeciso tra le diverse salse da aggiungere al suo panino. Il tavolino è stato appena riverniciato di un verde brillante che si abbina alla felpa indossata dal ragazzo, e l'odore di vernice penetra nelle narici di Louis, ricordandogli quando, da piccolo, si divertiva a giocare con i colori insieme alle sue sorelle.
Beve un sorso della sua birra mentre si gode la quiete di un Martedì a Doncaster; è appena tornato a casa dopo una settimana passata a Londra, tra interviste in diverse radio e vari eventi organizzati per loro a cui lui doveva assolutamente partecipare. E' stato bello ritrovare i suoi compagni di avventura, non più tramite lo schermo del cellulare ma faccia a faccia; ha avuto così il piacere di vedere il nuovo tatuaggio sulla mano di Liam, e nel frattempo constatare che i giorni passati a Wolverhampton insieme alla sua famiglia ed ai suoi amici non hanno fatto altro che velocizzare ancora di più la sua parlantina inspiegabile, tanto che più di una volta ha dovuto chiedergli di ripetere alcune parole o addirittura intere frasi, sfuggite alle sue orecchie.
Harry, leggermente senza voce e legato alla sue pastigliette al miele per la gola come se fossero il suo bene più prezioso al mondo, si ostina a non tagliare i capelli, infischiandosene dei diminutivi a lui affibbiati dai compagni di band e limitandosi ad un dito medio alzato in risposta a qualche “Tarzan” di troppo; con la voce più bassa e lenta del solito ha minacciato di ritornare con la band di cui faceva parte prima di partecipare ad X-factor che «almeno loro non rompono il cazzo sui miei capelli!».
Niall si è presentato con un paio di occhiali tondi che lo rendono decisamente affascinante, come Louis ha avuto modo di constatare in seguito a svariate occhiate da parte delle diverse donne e ragazze che hanno incontrato nel corso di quei giorni trascorsi insieme; con il suo solito sorriso aperto ha raccontato delle varie peripezie di Theo, suo nipote, ormai in grado di camminare perfettamente, e ha manifestato il suo disappunto nel venire informato che la prima parola del bambino è stato un banalissimo “mamma” e non il suo nome.
Louis non è sicuro che, se non ci fosse stato X-factor, se non ci fossero stati i One Direction, loro quattro sarebbero stati amici come lo sono ora, inevitabilmente.
Non sa gli sarebbero stati simpatici, anzi è quasi sicuro che, nella vita normale, uno come Liam gli avrebbe fatto saltare i nervi, e probabilmente anche Harry non sarebbe rientrato nella cerchia di amici più stretti; solo Niall, con il suo sorriso contagioso e il suo accento irlandese, sarebbe sicuramente uscito vincitore dalla sua analisi selettiva di chi sarebbe potuto essergli simpatico e chi no.
Di fatto, però, X factor c'è stato, così come gli One Direction e tutto ciò che è derivato da quel fenomeno mondiale della cui portata, la maggior parte delle volte, nemmeno loro si rendono pienamente conto. I One Direction esistono da ben cinque anni ormai, e Louis non potrebbe davvero riuscire ad immaginare la sua vita senza le diecimila parole al secondo di Liam, i “mmh” carichi di significato di Harry e il buon umore quasi perenne di Niall. Sono così uniti, così ben amalgamati che sono quasi riusciti a superare la mancanza di quelle sigarette accese una dopo l'altra, dei silenzi molto più frequenti delle parole e di quegli occhi scuri molto spesso, troppo spesso, assenti. Certo quando sono sul palco è inevitabile per loro immaginare la voce di Zayn lanciarsi in quegli acuti che mai nessuno di loro riuscirà a fare, e alla sera, quando si fuma l'ultima sigaretta della giornata, Louis pensa a tutte le quelle volte in cui c'era qualcuno insieme a lui, qualcuno con cui condividere le sigarette, i malumori e i dubbi.
La maggior parte delle volte, però, riescono a non pensarci, cercano di non pensarci, soprattutto lui, che pensa di non essersi mai sentito più tradito in vita sua; Zayn era il suo amico, il suo compagno, l'unico con cui riusciva a parlare di tutto il marcio che ha dentro senza sentirsi una merda, e non può ancora credere che l'abbia abbandonato così, senza una parola di spiegazione, fatta eccezione per il comunicato diramato a tutto lo staff e ai componenti della band.

 

E' ancora immerso nei suoi pensieri quando, lo svolazzare di una chioma castana con le punte bionde lo distrae da ciò a cui stava pensando; non vede Amelie dalla festa a casa sua di circa tre settimane prima, quando lei lo aveva aiutato in un momento di difficoltà così, come se fosse la cosa più semplice e naturale del mondo. Louis Tomlinson non è uno che si dimentica facilmente di certe cose, questo è certo.
«Amelie!» La chiama, alzando leggermente un braccio per farsi notare; lei, sul marciapiede dall'altra parte della strada, si blocca di colpo e muove il viso e gli occhi da tutte le parti, la fronte aggrottata e l'espressione concentrata nel cercare di individuare da dove provenga il richiamo. Alla fine i suoi occhi si posano su di lui e lo saluta con un gesto della mano, mentre aspetta pazientemente che una macchina passi, prima di attraversare la strada e dirigersi verso di lui.
Ha un paio di skinny jeans neri, strappati sul ginocchio e un po' più su, dalla coscia, dai quali spunta la pelle chiara e liscia della ragazza; il maglioncino bianco che ha indosso risalta contro la giacca di pelle, anch'essa nera, e la sciarpa dello stesso colore. Il viso è completamente struccato, per lo meno per quello che può saperne Louis, ma bello come tutte le altre volte che l'ha vista, e i suoi lineamenti sono ancora contratti in un'espressione di pura sorpresa, segno che non si aspettava proprio di incontrarlo, quel giorno. I capelli sono sciolti e, come al solito, lunghissimi si muovono ad ogni suo passo, contrastando con il loro colore chiaro contro la giacca nera aperta.
«Lea mi ha detto che saresti stato a Londra, in questi giorni!» Esclama quando finalmente lo raggiunge, passandosi una mano tra i capelli e iniziando – come sua consuetudine – a giocherellare con le punte; solo in quel momento, da così vicino, Louis nota delle piccole lentiggini che costellano il naso della ragazza, rendendola decisamente più buffa e meno autoritaria.
«Sono tornato ieri sera.» Spiega velocemente, guardandola accendersi una sigaretta – fuma decisamente più di qualsiasi persona abbia mai conosciuto! - e borbottare qualcosa di incomprensibile verso il suo cellulare, prima di infilarlo in tasca con decisione e riportare tutta la sua attenzione su di lui. «Ti va di pranzare con me?»

Amelie sembra sorpresa dall'invito, tanto che spalanca un po' di più gli occhioni e si dondola sui talloni, evidentemente presa nel fare i conti con una decisione che non si aspettava di dover affrontare; per la prima volta, Louis può vederla come una ragazza normale, una qualunque, priva – anche se solo per qualche secondo – di frecciatine acide o prese per il culo. La osserva con un mezzo sorriso divertito, perché è riuscito a metterla in difficoltà proprio quando pensava che non sarebbe mai stato possibile, non con una come lei.
«Va bene.» Concede alla fine, il labbro inferiore che continua ad essere torturato dai denti e la borsa di pelle marrone che viene lasciata cadere ai suoi piedi, da qualche parte vicino alla sedia. «Ma solo perché sto morendo di fame e il tuo panino sembra la cosa più buona del mondo.»
Adesso lo sguardo che Louis le rivolge è carico di soddisfazione, mentre la guarda sedersi al tavolino insieme a lui ed aspirare dalla sigaretta; lui non le stacca gli occhi di dosso, perché ha sempre trovato un che di sensuale nel modo in cui fumano alcune ragazze, e Amelie rientra in quella categoria perfettamente. Non sa se sia per quelle dannatissime labbra, per il modo in cui avvolgono il filtro della sigaretta come se ne dipendesse dalla loro vita, non sa se sia per gli occhi che si socchiudono ogni volta che aspira o il modo lento in cui lascia andare fuori il fumo, gli occhi ancora non completamente aperti e l'espressione persa; sa solo che potrebbe passare tutta la giornata a guardare Amelie fumare, seduto a quel tavolino un po' scomodo e con il sole addosso che gli fa bruciare un po' gli occhi, ma in fondo chissenefrega che quello è uno spettacolo per cui potrebbe valerne la pena.
La guarda sorridere a Carl, appena arrivato e già incuriosito da quella strana coppia e ordinare con un gesto grande della mano destra “quello che sta mangiando lui” e questa volta, mentre apre bocca per parlare, il sorriso divertito non può proprio evitare di spuntare sul suo viso pungente.
«Sai di aver appena ordinato un panino con “salsa Tomlinson”?» Le chiede, una risata che segue la sua domanda e che riceve, in cambio, un'occhiataccia da parte della ragazza, che alza gli occhi al cielo e sbuffa, fintamente – almeno crede, che con una così non si può mai sapere – irritata.
«Come ho fatto a non pensare che uno come te avrebbe avuto una salsa con il proprio nome?» Si chiede, retoricamente, spegnendo il mozzicone della sigaretta nel posacenere e sistemandosi i capelli dietro alle orecchie. Ha il viso stanco, nonostante cerchi di coprirlo con un sorriso e una battuta, un po' di occhiaie che le circondano gli occhi verdi e anche i suoi movimenti sembrano rallentati, meno energici.
Louis è curioso, vorrebbe chiederle cosa ci sia dietro a quella stanchezza e all'ombra di tristezza che la avvolgeva solo pochi minuti prima, quando camminava da sola e ancora non si era accorta di lui; da quel poco che sa di Amelie, però, teme che porle domande così personali porterebbe solo ad un'occhiata stranita e di rimprovero, una battuta per depistare le sue domande e una scrollata di capelli, così decide di evitare.
«Cosa studi?» Le chiede, individuando un paio di libri che spuntano dalla borsa e ricordando il loro primo incontro, quando la ragazza lo aveva rimproverato menzionando un esame all'università; lei, per la seconda volta nel giro di pochi minuti, rimane sorpresa, probabilmente avendolo giudicato troppo pieno di sé per potersi ricordare di un particolare del genere, che non riguarda affatto con la sua vita da superstar. Louis, nuovamente, si gode la sua confusione, mentre Carl arriva con l'hamburger ordinato dalla ragazza, facendola illuminare di un sorriso estasiato.
«Economia. Sai marketing, statistica, quella roba lì..» Borbotta, dopo aver assaporato il primo morso del suo panino ed essersi lasciata andare ad un sospiro di puro piacere.
«Oh!» Esclama, leggermente sorpreso. Da una come lei, chissà perché, si sarebbe aspettato qualcosa di più filosofico, letterario; con il suo modo di vestirsi, il suo modo di parlare e il suo atteggiamento radical-chic, tutto avrebbe detto, tranne che studiasse economia. «Ed è bello? Voglio dire.. ti piace?»
«Sì, mi piace.» Replica Amelie decisa, vagamente divertita dalla domanda del ragazzo. «Non capisco perché ogni volta tutti mi facciano questa domanda, è così strano che studi economia? - Prende un altro morso, mentre agita una mano con una patatina e si sistema meglio sulla sedia – Mi piace, mi piace davvero, e soprattutto per i motivi per i quali la gente pensa che la dovrei odiare. Vivo nel disordine, perciò amo le regole, la disciplina della statistica e della matematica. Con il casino che ho in testa 24/24 è un bel rifugio, studiare qualcosa che non cambia mai, che non ha niente a che fare con il caso, i sentimenti o il pensare troppo mi impedisce di impazzire dietro ai miei pensieri o alle mie speranze. Mi fa stare con i piedi per terra. Mi conforta. In giornate di merda come questa, so che se fra poco andrò in università e, almeno lì, tutto sarà facile, già deciso, non ci sarà niente di cui io mi debba preoccupare. E' rassicurante.»
Louis la guarda da dietro il boccale di birra, sorpreso dal fiume di parole con cui lo ha travolto la ragazza; lo affascina il suo modo di parlare così razionale e allo stesso tempo caotico, lo affascinano i “mille pensieri” che sembrano tormentarla così tanto e, inevitabilmente, lo affascina lei.
«Giornate di merda come questa? Che è successo?» Chiede, poi, rendendosi conto che non può continuare a fissarla senza dire nulla; e poi li ha notati i suoi occhi tormentati, la stanchezza e la luce che solitamente la avvolge che è un po' più spenta, un po' più fioca, e lui, come al solito, è dannatamente curioso.
«Io e Thomas O' Connel ci siamo lasciati.» Ha gli occhi bassi sul cibo, mentre risponde con la voce sicura e senza paura, di chi proprio non ha voglia di mostrarsi debole di fronte agli altri. «O meglio, io ho lasciato lui. Calvin e Oli sarebbero fieri di me.» Fa un sorriso triste, tirato, che non ha niente a che vedere con quelli a cui lo ha abituato e che, in ogni caso, non raggiunge gli occhi, spenti e fissi con il tovagliolo con cui sta giocherellando da quando hanno iniziato il discorso.
«Thomas O' Connel è un coglione vero. Quindi anche io sono piuttosto fiero di te, se può valere qualcosa.»
Louis se lo ricorda ancora dai tempi del liceo, quando a scuola O' Connel passava le giornate tra le cosce di una cheerleader e la bocca di un'altra e i suoi voti rasentavano il limite di dignità umana; per intenderci, nemmeno lui era mai stato una cima a scuola, non di certo uno dei migliori, ma almeno i suoi voti bassi non venivano accompagnati da un'ignoranza inequivocabile e da una strana mania di infilare la parola “tette” in almeno ogni frase da lui pronunciata. Non ce la vede proprio, una come Amelie, ad uscire con uno come lui e non può nascondere che, il fatto che lo abbia lasciato, l'abbia fatta salire vertiginosamente di punti, per quanto lo riguarda.
Non fa in tempo a godersi il sorriso – vero! - che spunta sul visetto struccato di Amelie, che la suoneria del suo Iphone interrompe qualsiasi cosa la ragazza stesse per dire, ed il cellulare inizia a vibrare rumorosamente sul tavolino, lampeggiando con il nome di “Rick” con un'insistenza che Louis ha sempre trovato fastidiosa.

 

«Louis.» Rick Craston è colui che si occupa di organizzare tutte le loro ospitate, gli eventi a cui devono partecipare e le interviste che devono rilasciare ogni giorno; ha una serie di magliette nere tutte uguali e lo strano vizio di non chiedere mai “per favore”. Inutile dire che, ricevere una sua chiamata, non è mai una gran bella notizia per Louis.
«Ciao Rick.» Chiede scusa con lo sguardo ad Amelie e lei risponde con un gesto veloce della mano, mentre riprende a mangiare il suo panino, enorme rispetto alla sua faccia, e a godersi i raggi di sole sulla sua pelle bianca.
«Ti chiamo per ricordarti l'impegno di sabato.» Louis strizza gli occhi e aggrotta la fronte, nel tentativo di ricordare di che diavolo sta parlando Rick; nel frattempo, nella sua testa, si materializza l'immensa agenda nera che l'uomo si porta sempre dietro, nella quale sono segnati gli appuntamenti di tutti e quattro i ragazzi. «Hai la serata di beneficenza, sai quella all'Hilton, Lou.» Spiega Rick, dopo qualche secondo di silenzio di troppo.
«La serata di beneficenza! Certo, me la ricordavo.» Esclama Louis, prendendo un sorso della sua birra per tentare di rendere un po' meno amara quella notizia; se c'è una cosa che odia più delle interviste fatte male, sono le serate di beneficenza finte, dove agli invitati importa solo di mostrare questo o quel nuovo diadema di brillanti. Le persone che partecipano a queste feste sono sempre – più o meno - le stesse e lui e i ragazzi solitamente fanno comunella tra loro, divertendosi a prendere per il culo i sessantenni alle prese con le loro mogli di 40 anni più giovani e limitandosi a bere tanto champagne e mangiare tanti salatini.
Questa volta però – questo, Louis se lo ricorda fin troppo bene – all'evento è stato invitato solo lui, per via del suo impegno nel Cinderella Ball di qualche mese prima e perfino sua madre, anch'essa invitata, lo ha abbandonato per rimanere a casa insieme ai gemellini.
«Sì, certo, ne sono sicuro..» Commenta con sarcasmo l'uomo all'altro capo del telefono, abituato alle dimenticanze perenni dei membri dei One Direction; a volte, stare dietro a loro e ai loro mille impegni, è molto simile a gestire una classe di bambini indisciplinati. «Cerca di comportarti bene, Louis. Non abbiamo bisogno di altre tue foto da ubriaco con in macchina cinque ragazze mezze nude, per favore.»
Louis chiude gli occhi di nuovo perché, davvero, non riesce a sopportare di passare una lunghissima serata insieme ad un branco di vecchi opportunisti senza nemmeno potersi rifugiare nell'alcool; annuisce piano, anche se Rick non lo può vedere e borbotta un «ciao Rick.» chiudendo la telefonata e posando bruscamente il cellulare sul tavolino.
Amelie lo squadra con un sopracciglio inarcato ed un enorme punto interrogativo stampato sul viso, mentre tiene tra l'indice e il medio una nuova sigaretta, accesa mentre lui era ancora sul tavolo.
Sarà l'espressione sfrontata con cui tende a fissarlo in continuazione, sarà il dannatissimo modo in cui aspira dalla sigaretta, saranno le sue labbra o il fatto che, una come lei, sa sicuramente come divertirsi.
Sarà qualsiasi cosa, qualsiasi davvero, ma a Louis non interessa.

Ha appena trovato un rifugio molto più confortevole dell'alcool, e non ha alcuna intenzione di lasciarselo sfuggire.

 

 

«Fammi capire bene.- Amelie ha la schiena appoggiata sulla sedia di legno mentre scuote la testa incredula e fa ondeggiare i capelli in un gesto sorpreso. - Io dovrei venire ad una festa di beneficenza insieme a te?» Ha il viso atteggiato in una smorfia strana, come se fosse irrimediabilmente indecisa tra lo scoppiare a ridere e il riempirlo di insulti; a ben pensarci, effettivamente, deve proprio essere così, tanto che un risolino esce subito dopo dalle labbra della ragazza.

«E dai, non dirmi che non ti piace come idea. Vestito da sera, gente importante, probabilmente qualche ragazzo ricco da accallappiare..» Louis inizia ad elencare tutte le caratteristiche di quel party che, solitamente, le ragazzine adorano; ma non riesce nemmeno a finire il suo elenco perché, la ragazza di fronte a lui, gli tira un piccolo schiaffo sul braccio e urla un “ehi!” decisamente infastidito.

Amelie quasi salta sulla sedia come morsa da una medusa, mentre il suo viso, adesso, urla indignazione da tutti i pori e sembra ben decisa a ridurlo in un mucchietto di polvere, con il suo sguardo saettante e tutto il resto.
«Non trattarmi mai come una ragazzetta stupida qualunque, Tomlinson.» Mormora a denti stretti, l'insinuazione nascosta dietro le parole con cui le ha parlato – come se fosse una qualunque, una fan o una di quelle ragazze pronta a morire per qualsiasi sua parola, per qualsiasi suo gesto – che la porta a stringere le labbra in una sottile linea, mentre le braccia si incrociano sotto il seno in un gesto carico di rimprovero.

 

Louis la osserva per qualche secondo, in silenzio, il fumo della sigaretta che si è acceso pochi minuti prima che serpeggia tra di loro e, ogni tanto, gli impedisce di osservare nitidamente il viso della ragazza, frapponendosi tra lui e lei come se niente fosse, come se lui non stesse cercando di capire qualcosa in più su di lei, qualcosa in più sul suo fastidio decisamente troppo marcato, per poter essere limitato solo a quelle parole, solo a quella situazione.

Non riesce a capire da cosa sia data quella cosa che lo spinge ad avvicinarsi sempre di più a lei, a sforzarsi di comprendere quell'enorme garbuglio di sguardi, frasi e acidità; non sa se dipenda dall'aurea di fascino che sembra avvolgere i movimenti di Amelie, perfino quelli più stupidi – come quello che sta facendo ora per spazzare via delle briciole dai suoi pantaloni – o dal fatto che, ne è parecchio sicuro, una così lui, non l'ha mai incontrata e davvero, non riesce proprio a capirla.
Qualsiasi sia il motivo – da quanto ha perso così tanto il potere sulle sue azioni? -, socchiude gli occhi, prende un generoso tiro dalla sigaretta e «Hai ragione, scusa. Ma sono sicuro che ti piacerebbe comunque. Ci sarà alcool a fiumi e gratis, un sacco di ricche signore da prendere per il culo e prometto che ti terrò lontana da qualsiasi stronzo imbecille simile a quell'O' Connel che abbia intenzione di provarci con te.» Si corregge, sicuro che, questo genere di elenco, si addica molto di più alla ragazza che ha di fronte rispetto a quello precedente.
Lei, infatti, seppur mantenendo il naso arricciato da una parte e le guance gonfie per il fastidio, non riesce a impedire al suo sguardo di illuminarsi di una luce divertita, probabilmente al pensiero di tutte quelle vecchie signore strizzate in abiti decisamente poco consoni alla loro età; la sua bocca, dapprima stretta in una linea sottilissima, si scioglie un po' e lui è quasi sicuro di scorgere un abbozzo, seppur minimo, di sorriso, negli angoli tirati in su e le labbra più morbide.
«Ci divertiremo, te lo assicuro.» Le promette, sorridendo anche lui e mantenendo il suo sguardo azzurro vivo su di lei; potrà essere anche una ragazza particolare e non del tutto suscettibile al suo fascino, ma sa benissimo che, almeno in minima parte, i suoi occhi e il suo sguardo deciso le piacciono, come si è lasciata sfuggire Lea in una conversazione di qualche settimana prima.

 

Amelie, infatti, abbassa leggermente lo sguardo e tentenna un pochino, il labbro inferiore subito catturato tra gli incisivi e torturato da essi; avrebbe bisogno di un po' della sua economia, di un po' della sua statistica, pensa Louis, per prendere questa decisione. Del tipo “quante probabilità ci siano che Louis Tomlinson mi stia invitando solo per portarmi a letto?” oppure “quante ragazze ha invitato prima di me ad una serata del genere?”; Louis sorride tra sé e sé, pensando che forse, un pochino, sta iniziando a capire come ragiona quella strana ragazza.
Poi lei solleva lo sguardo e ritorna fiera, orgogliosa come sempre, il mento un pochino alzato e le mani che già corrono ad afferrare la borsa che ha buttato per terra all'inizio del pranzo.
«Ci sto. Ma solo per l'alcool a fiumi.»
E così come è arrivata, con un secondo cedimento nel giro di un'ora, si allontana dal tavolino a passo svelto, i capelli che si muovono ad ogni suo passo e la testa ben alzata di chi non si fa mettere i piedi in testa da nessuno.

Ovviamente, gli ha lasciato il conto da pagare.

  
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