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Autore: fillyvi    11/02/2016    0 recensioni
Alice ha il cuore a pezzi, ha perso la persona a lei più cara e adesso tutto le sembra perduto, tutto intorno a lei non ha più senso, le sembra che ormai tutto sia perduto. Ma è realmente finita? O dietro l'angolo c'è un nuovo inizio?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Prima di inziare vi prego di essere clemente, è la mia prima volta...
 
“Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio…”
 
Un pensiero meraviglioso, ho sempre adorato Shakespeare.
Chiusi il libro e tornai al mondo reale; mi aspettava un’altra giornata noiosa. Come ogni altro giorno anche quello l’avrei trascorso tra la scuola e la mia camera.
Poggiai il libro sul comodino e mi rigettai sul letto. Voltandomi verso lo specchio tornarono i soliti pensieri.
Ormai erano passati nove mesi, ma ancora non potevo accettare di averlo perso per sempre. Ogni mattina speravo vivamente di svegliarmi da quell’incubo, ma non c’era niente da fare, era la pura realtà. Mi aveva abbandonata, mi aveva lasciata troppo presto.
L’ultima volta che incrociai i suoi occhi mi sorrise; mi disse che mi amava; lo salutai con un dolce bacio come tutte le sere. Non avevo neanche mai preso in considerazione di ricevere quella notizia; era doloroso solo pensarci.
Fu come svegliarsi con una secchiata d’acqua gelida e subito dopo lo choc, l’oblio.
Tre semplici parole per distruggere una vita, “Non c’è più” e la mia vita finì con la sua.
Fino all’ultimo avevo sperato che guarisse. Lo avevo visto trasformarsi in poco tempo, quasi non sembrava più lui, ma era ugualmente meraviglioso e ogni giorno lo amavo sempre di più, con più forza.
Negli ultimi tempi mi era addirittura sembrato che stesse migliorando, o forse volevo convincermi che fosse così. Sfortunatamente la leucemia non perdona. A soli diciannove anni me l’ha portato via, portando con sé i nostri sogni, i nostri progetti di una vita insieme.
Ricordo ancora quel giorno, come potrei mai dimenticarlo.
Era presto, troppo presto quando mia madre venne a svegliarmi. La sera prima ero rimasta con Daniel fino a tardi; non riuscivo proprio a staccarmi da lui. Forse dentro di me già sapevo; una parte nascosta del mio essere sapeva che quella sera sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto, che l’avrei potuto sfiorare.
Aprendo gli occhi mi lamentai perché avevo sonno, ma appena incrocia lo sguardo di mia madre qualcosa dentro di me cambiò. Lo sentivo. Sentii una strana sensazione scorrermi dentro facendomi rizzare i peli lungo la schiena, la preoccupazione e la paura strisciare dentro di me come una serpe velenoso.
«Mamma, cosa c’è?» dissi. La mia voce era sconvolta.
Non ci fu una risposta, ma solo un singhiozzo, e una lacrima le rigò il viso.
Infondo capii subito cosa stava succedendo, ma non volevo crederci, non potevo crederci. Non poteva essere vero, non doveva.
«Mamma!» cercai di urlare, ma la voce mi morì in gola.
«Mi dispiace Alice.» sussurrò singhiozzando stringendomi la mano tanto forte da farmi male. «Mi dispiace. Non c’è più.»
In quel momento non provai nulla, solo un’enorme sensazione di vuoto. Poi di colpo mi assalirono le vertigini. Mi sentii come sull’orlo di un precipizio, e a un tratto sentii la terra mancarmi sotto i piedi. Stavo precipitando.
Non potevo crederci. Mi rifiutavo totalmente di credere a quelle parole. Non era possibile, fino a poche ore prima avevamo parlato e riso insieme.
Ignorando mia madre mi alzai dal letto e indossai la prima cosa che mi capitò a tiro.
«Alice, cosa stai facendo?» mi chiedeva seguendomi e cercando di fermarmi. «Alice non fare così ti prego, dimmi qualcosa.»
La sentivo piangere, era un pianto disperato. Era preoccupata per me. Ma io a stento la sentivo, non m’importava che stesse piangendo. Non m’importava di nulla.
«Alice!» urlò disperata afferrandomi per un braccio.
«Basta!» urlai a mia volta ritraendo il braccio e senza neanche volerlo comincia a correre. Mi precipitai giù per le scale e in un lampo mi ritrovai fuori.
Era il penultimo giorno di maggio, ormai era arrivata l’estate, eppure quella mattina il cielo sembrava uno di quei grigi e cupi mattini invernali. Sentii un brivido percorrermi la schiena. Era presto, in giro non c’era un’anima viva. M’incamminai velocemente lungo il viale. Comminavo sempre più veloce e giunta sulla strada cominciai a correre. Non avevo una meta precisa, non m’importava di nulla. Correvo e sentivo il vento sul viso, correvo così veloce da non avere più fiato in corpo, le gambe mi facevano male, ma non volevano fermarsi. Non potevo fermarmi, dovevo continuare a correre.
Vidi un lampo squarciare il cielo grigio, e subito dopo sentii il frastuono rombante di un tuono. Stava per cominciare a piovere, ma non m’importava. Dopo poco, le prime gocce di pioggia cominciarono a bagnarmi il viso. Anche il cielo piangeva, e se poteva farlo lui, perché non dovevo farlo io. Sentivo gli occhi bruciarmi e le lacrime premere per uscire. Fino a quel punto ero riuscita a trattenere il pianto, però infine persi ogni controllo sul mio corpo. Le lacrime uscivano senza sosta e le mie gambe continuavano a correre, in una direzione precisa, anche se non capivo quale. Arrivai alla spiaggia senza più fiato. La spiaggia, quanti ricordi erano legati a quel posto. Altri cento metri e poi c’era il molo. Ricordai la prima volta che avevo trovato il coraggio per tuffarmi. Naturalmente non era stata una mia iniziativa. Daniel aveva insistito tanto affinché ci tuffassimo insieme.
Come allora senza pensare a nulla presi la rincorsa e dopo un attimo sentii la terra svanire da sotto i piedi. Fu un secondo, ma in quell’istante mi sembrò di volare.
Mi ritrovai da sola nell’acqua gelida. Era stata pura adrenalina, ma priva di emozioni. Ogni cosa mi sembrava vuota senza quella mano calda che racchiudeva e stringeva la mia, quasi a volerla proteggere da tutto e tutti. Non c’era lui al mio fianco a ridere con me per la stupidaggine appena fatta, intorno a me c’era il nulla, un vuoto incolmabile che sembrava sommergermi.
Pioveva ancora e il mio viso era bagnato contemporaneamente dalla pioggia, dall’acqua salmastra e dalle mie lacrime.
Mi mancava il respiro, non ce la facevo, andavo giù sempre più a fondo.
In un attimo di lucidità capii che non era il vuoto a sommergermi, ma le onde. Il mare era agitato e le onde m’investivano con una furia tale da non permettermi di restare a galla per poco più di un minuto. L’acqua salata mi entrava nelle narici; sentivo bruciarla. Ero stanca e non avevo neanche la voglia di lottare per tornare a riva. Mi lasciai andare alla corrente. Forse era destino. Ero arrivata alla spiaggia senza volerlo, forse doveva andare così, il mio destino era andarmene via con lui. Le onde mi sommersero completamente, la superficie era sempre più lontana. Sentivo un dolore lancinante al petto, non capivo se era la mancanza d’ossigeno o il mio cuore che sanguinava.
Andavo sempre più a fondo, tutto stava diventando buio, la vita mi stava scivolando via dalle dita, o meglio ero io che la lasciavo andare. Chiusi gli occhi e lo vidi, vidi i suoi occhi verdi pieni di lacrime, non era quello che avrebbe voluto. Riaprii gli occhi di colpo e trattenendo il fiato risalii in superficie. Riuscivo a stento a respirare, ogni volta che inspiravo, sentivo l’aria bruciarmi nei polmoni. Quasi senza forze raggiunsi la riva. Mi distesi sul bagnasciuga con le onde che s’infrangevano sui miei piedi, mentre la pioggia mi bagnava ancora il viso.
Ero talmente stanca che non riuscivo neanche più a piangere. Mi alzai e m’incamminai verso casa. Arrivata, mi diressi dritta in camera mia. Ancora fradicia mi lasciai cadere sul letto e subito mi addormentai.

Ecco questo è l'inizio della storia di Alice, spero vi abbia colpito e vi interessi scoprire cosa accadrà...
   
 
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