Nda: Buongiorno a
tutti! Contrariamente ad ogni previsione, qualcuno che segue questa storia c’è!
Quando ho dato un occhiata se c’erano persone a seguirmi,
sono rimasta sorpresa e ringrazio tutti questi osservatori silenziosi, insieme
alla ragazza che ha recensito ed è stata così gentile.
Questo capitolo è leggermente più vivace dell’altro, quindi
confido che avrà più successo.
Grazie davvero a chi mi segue!
Non avendo appunti particolari da fare, vi lascio al
capitolo.
Buona lettura,
NN.
Tell me, who you kill,
to save your life?
Chapter one: Play and Escape.
Papà aveva ragione, quando diceva che una
volta che avrei iniziato a frequentare
Hogwarts, il tempo sarebbe volato.
L’estante tra il primo e il secondo anno
fu sprovvista di eventi degni di nota, ma a posteriori ne sarei stata grata.
Passai la maggior parte del tempo a casa
di mio nonno Horas, che aveva deciso di trascorrere i suoi ultimi anni in
Germania, insieme alle mie sorelle più giovani, mentre mio padre e Linnea
rimanevano in Inghilterra, nel piccolo paese di Northleach , nel
Gloucestershire.
Una piccola oasi non troppo distante da
Oxford, per essere precisi.
Lì papà aveva deciso di costruire la
nostro ultima e definitiva dimora, lontano da occhi indiscreti, dove poteva
stregare un bosco e costruire una grande stalla per i draghi che addestrava.
Difficilmente potevano scoprirci, in quel
luogo, visto che le poche anime che lo dimoravano si facevano gli affari loro
e, citando mio padre, ingannare gli occhi dei Babbani è più semplice che pelare
una patata dopo aver preso in mano la bacchetta.
Nonostante la testa perennemente fra le
nuvole, avevo portato a termine tutti i compiti che ci avevano assegnato
durante l’estate praticamente appena tornata a casa. Adoravo quella scuola e
non vedevo l’ora che agosto arrivasse al suo epilogo per tornarvi.
I buoni risultati che avevo ottenuto
durante il primo anno andavano surclassati, dato che ormai mi ero ambientata e
quindi potevo dimostrare al meglio le mie capacità. Non ero un genio come Prime
o Iris, dovevo studiare parecchio per ottenere risultati eccellenti in materie
in cui ero portata come Pozioni, o in
altre in cui faticavo di più come Trasfigurazioni. Non mi abbattevo mai, però.
Così come aveva detto il Cappello Parlante ero ambiziosa e decisa; avevo
obiettivi importanti, tra cui il rendere mio padre fiero. Nonostante fossi
molto giovane, avevo imparato in fretta a capire quanto il signor Blake
adorasse vantarsi delle sue figlie e in una casa dove ve ne sono ben quattro
agli studi c’è molta, molta competizione. Pane per i miei denti.
Prima di tornare, però, era necessario un
altro giro a Diagon Alley, dove io e le gemelle potevano rimpinguare le scorte
e prendere i libri del nuovo anno e dove Melanie poteva finalmente comprare la
sua prima bacchetta. “Sono felicissima” mi disse, così tanto eccitata da
arrivare quasi a saltellare lungo il viale ciottolato verso il negozio di
Olivander, “Non vedo l’ora di iniziare!”
“Ci credo” le risposi mentre Prime e Iris
si separavano da noi andando a salutare un paio di compagni di corso “Anche io
non vedo l’ora di riprendere.”
Papà controllava la lista dei libri di
tutte e quattro e con uno sbuffo “Non finiremo mai! Forse dovremmo studiare un
piano. Dividiamoci!” esclamò infine, facendoci ridere entrambe.
“Ti capisco, Peter.” una voce alle nostre
spalle ci fece voltare colte alla sprovvista, trovandoci così di fronte il viso
rotondo e sorridente della signora Weasley “Ma avere molti figli costringe i
genitori a comprare molti libri! Come state tutti?”
“Molto bene, ti ringrazio, Molly” ricambiò
il saluto papà, con un sorriso cordiale “Anche Ginny inizia quest’anno come la
mia piccola Melanie vero?” chiese papà portando un braccio attorno alle spalle di mia sorella,
che arrossì subito a disagio.
“Eh si!” rispose la signora Weasley,
accarezzando il mantello della figlia come per lisciare le pieghe “Sarà triste
la casa senza nessuno dei ragazzi!”
“Io invece sono pronto a godermi la pace,
finalmente!” Scherzò papà, prima di rivolgersi all’uomo che ci stava
raggiungendo “Arthur, buongiorno! Da quanto tempo!”
“Ciao, Ron.” salutai con un sorriso
leggero il ragazzo accanto a lui, che ci mise un po’ a rispondere con un cenno
goffo del capo, come se un mio saluto non se lo aspettasse affatto.
I Weasley, come ho già affermato in
precedenza, erano dei cari amici di famiglia, poiché la mamma lavorava con il
signor Weasley al Ministero. Dopo la morte di mamma loro ci sono stati molto
vicini, nonostante con mio padre non avessero lo stesso legame. Papà, anni dopo
quel nostro incontro a Diagon Alley, mi confidò di vergognarsi molto per come
si era comportato con i Weasley, negli anni in cui Voi Sapete Chi aveva
infestato come un cancro il nostro mondo. Si era vergognato di come aveva
sempre nutrito verso di loro un certo distacco, di come non li aveva mai
considerati alla pari di molti altri maghi che, alla fine, si erano rivelati
solo dei folli. Si era molto ricreduto proprio dopo la morte della moglie, oltre
che dopo la fine della Guerra. Nei due momenti in cui, alla fin fine, i suoi
‘amici’ si erano rivelati chi erano davvero.
“Ci siamo persi Harry” mi disse di punto
in bianco Ron con tono un po’ impacciato, come per voler in quanche modo
iniziare un discorso.“Ha sbagliato con la Metropolvere e ora è disperso”
proseguì il rosso, con un cipiglio serio. Papà mi appoggiò una mano sulla
spalla prima ancora che io potessi rispondere a Ron, dicendomi di aspettarlo
con i Weasley mentre lui andava con Melanie a prendere la bacchetta e io
acconsentii iniziando una disquisizione su dove potesse essersi cacciato
Potter.
Riapparve in fretta, salvato da Hagrid e
poi raccolto da Hermione, che l’aveva portato da noi, al Ghirigoro.
Non avevo idea di cosa fosse successo, solo
che aveva avuto un problema con la Metropolvere. Non cercai di origliare o
altro. Volevo tenermi lontana dai guai almeno per il momento e dopo i racconti
che si erano sparsi per la scuola circa la loro avventura con un grosso cane a
tre teste e una scacchiera magica, non volevo davvero prendere parte al loro
gruppetto.
Senza contare che erano diversi da me,
sotto ogni punto di vita. Perché avrei dovuto preoccuparmi di essere loro amica
quando, istintivamente, erano i primi ad escludermi. Ero una Serpeverde, loro
tre Grifondoro col pedigree. Andava bene così, non sentivo la mancanza di
emozioni. Non ancora, almeno.
Al Ghirigoro vidi per la prima volta il
futuro professore di Difesa Contro le Arti Oscure, un certo Gilderoy Allock,
che presentava il suo ultimo libro a ragazzine dall’aria svampita, come mia
sorella Iris e donne di mezza età con dubbi gusti letterali, tra cui la signora
Weasley. A me non piaceva a pelle, né come scrittore né tanto meno come figura
pubblica.
“L’ho sempre pensato che sei sveglia,
Blake” mi disse Fred, picchiandomi piano
il gomito contro al fianco e facendomi ridere, mentre assistevamo alla scena
patetica di Harry che veniva acchiappato da quel dubbio mago.
“Leviamo le tende prima che decida di
scrivere qualcosa sulla tua vita!” Rilanciò George, mentre Harry sbuffava
sconsolato. Visto che mio padre era dato ancora per disperso – da Olivander ci
voleva del tempo, dopotutto - mi spostai con loro verso l’ingresso del negozio.
Lì qualcuno attirò la nostra attenzione, scendendo rapidamente le scale che
conducevano al piano superiore.
“Scommetto che ti è piaciuto Potter. Il
famoso Harry Potter. Anche se entri in una libreria finisci in prima pagina.”
Draco Malfoy, il solito sbruffone.
Per istinto, mi tirai indietro, usando i
gemelli come scudo per evitare di essere vista. Fu un comportamento vile, che
sicuramente attirò su di me più di uno sguardo deluso dalla famiglia dai
capelli rossi, ma non potevano sapere cosa significasse vivere in Serpeverde.
La perenne competizione porta ad essere cauti circa le proprie amicizie, per
evitare che gli altri potessero in qualche modo parlar male.
Non mi vergognavo di loro, ma di me
stessa.
E ancora mi vergogno, ripensandoci.
Tornando a quel momento, Ginny si fece
avanti a difendere Potter, con una tenacia che non le avrei mai attribuito a
colpo d’occhio “Lascialo in pace.”
Draco rise apertamente “Guarda Potter, ti
sei trovato la ragazza!”
Ad interrompere quello scambio di battute pover
ci pensò il signor Malfoy in persona, intimando al figlio di addottare un modo
più educato, prima di rivolgersi ad Harry presentandosi.“La tua cicatrice è
leggenda, come d’altronde il mago che te l’ha procurata.”
Mi sentii schifata da quel uomo così viscido,
tanto che decisi di strisciare dietro il signor Weasley per uscir fuori respirare a fondo l’aria fresca. Lo odiavo,
la sua sola vista mi dava un senso di repulsione e non riuscivo a spiegarmelo.
Chiamiamolo istinto, chiamamola lungimiranza, ma mi sarebbe servita in futuro
quella diffidenza.
Mio padre arrivò in quel attimo e
guardandomi lasciò morire il sorriso che portava sulle labbra, mentre parlava
con Melanie “Dahlia, ma cosa..?”
Ci scambiammo uno sguardo, ma non riuscii
a dirgli nulla, perché l’oggetto della mia repulsione uscì dalla libreria
proprio in quel frangente. “Peter Blake. Da quanto tempo.” Disse Lucius, guardando anche me con quel sorriso falso a
storcere le labbra sottili.
“Troppo, Malfoy.” rispose papà, con un
sorriso sincero. Erano molto amici in quanto avevano frequentato la scuola
nello stesso periodo, appartenendo anche alla stessa Casa “Non dovremmo far
passare tanto tempo da un incontro all’altro”
“Ora che i nostri figli vanno a scuola,
dovremmo organizzare una cena. Narcissa sarebbe felicissima di far cucinare i
nostri Elfi per te. Solo, se posso ovviamente, vorrei darti un consiglio.”
Papà incrociò le braccia sul petto, certo
che sarebbe arrivato qualcosa di non richiesto. Voleva bene a quell’uomo ai
miei occhi così indegno, ma lo conosceva bene. “Certo Lucius, dimmi pure”
“Sono anni che tento di farti capire che
frequentare i Weasley è… Controproducente alla tua immagine. Non dovresti
abbassarti a mostrarti assieme a certe persone.”
“Infatti” sottolineai io con tono leggero,
ma non meno coperto di insolenza. Attirai così tutti gli sguardi su di me, ma
non me ne preoccupai sul momento. Avevo una frase, appoggiata sulla punta della
lingua da anni ormai. “Non capisco perché parli ancora con il signor Malfoy. È
davvero controproducente alla tua immagine.”
“Dahlia!” mi riproverò subito papà, per
niente stupito. Avevo la lingua biforcuta come un serpente, in certe occasioni
e lui lo sapeva bene.
Lucius Malfoy non si offesa. Anzi, rise
apertamente, appoggiando la mano guantata di nero sulla spalla del figlio,
ritto accanto a lui come un palo “Avevi detto bene, Draco, quando sostenevi che
la signorina qui presente ha un certo caratterino.” Non so dire se in quel
momonto mi stesse guardando, perché io ero troppo presa a chiedermi perché
Draco aveva parlato di me al padre.
Con questa domanda in testa, mi allontanai
per raggiungere le gemelle, intente ad ammirare l’autografo di Allock sulla
copertina interna del libro.
Cosa diavolo voleva da me, Draco Malfoy?
Bel dilemma.
Non ottenni risposta, una volta tornata ad
Hogwarts, per il semplice fatto che riprendemmo ad ignorarci come avevamo
sempre fatto. Entrai nella Sala Grande con un sorriso luminoso a contornarmi il
viso, sedendo insieme ad Adrienne e Jenna come sempre. Il biondo prese posto
davanti a me, senza rivolgermi la parola, vantandosi della sua bella estate con
la Parkinson e i suoi scagnozzi.
“Nott, quella è la mia sorellina” dissi a
Theo, seduto alla mia destra, indicando Melanie che avanzava un po’ spaesata
assieme a tutti i ragazzini del primo anno “Quasi del tutto sicuramente però
non si unirà a noi.” Aggiunsi, portando una mano alla treccia bionda che mi
scendeva sulla spalla, tirandone appena le punte come se ad essere nervosa
dovessi essere io.
“Di certo.” sottolineò Prime, mentre Theo
guardava Melanie.
“Siete fatte con lo stampino, per caso?”
chiese divertito afferrando il calice e bevendo. Io alzai la mano e gli diedi
un’amichevole pacca sul braccio.
“Tappati la bocca, Theo.” lo zittì
divertita, mentre la McGrannit presentava la scuola ai ragazzi come faceva ogni
anno. Poi iniziò lo smistamento e quando toccò a mia sorella scambiai uno
sguardo con Primerose, seduta a qualche metro da me.
Il Cappello venne appoggiato sulla
testolina bionda di Melanie e iniziò a
parlare “Oh, l’ennesima Blake! Vediamo un po’, se bene ricordo la tua famiglia
è sempre stata divisa fra Serpeverde e Corvonero. Audaci e fieri da una parte e
grandi menti studiose dall’altra, ma per te io vedo qualcosa di diverso, molto
diverso. Infatti ritengo che il posto giusto per te sia… Grifondoro!”
Rimasi del tutto spiazzata e anche Mel, a
giudicare dalla faccia con cui andò a sedersi lentamente al tavolo rosso-oro.
“Questa si che è bella.” disse Malfoy
schermendomi, mentre io e Prime ci guardavamo stupite. Ma quello non fu l’unico
colpo dell’anno, e non voglio nemmeno accennare al affatto di Harry e Ron che
avevano deciso di venire a scuola a bordo di un auto volante…
Ma di qualcosa di ancor più sconvolgente.
A sostituire lo scomparso professor Raptor
in Difesa Contro le Arti oscure arrivò Gilderoy Allock. Non sembrava molto
cosciente di se stesso, quindi figurarsi se poteva insegnare. La sola cosa
positiva era, quasi del tutto sicuramente, il suo aspetto fisico. Al secondo
anno, però, non avevo ancora iniziato a guardare i ragazzi, come è normale che
fosse, troppo persa nel mio mondo favoloso e alla continua ricerca di un
unicorno.
Era quello il mio obbiettivo, vedere un
unicorno, la meravigliosa bestia il cui crine era racchiuso nell’anima della
mia bacchetta.
Chiesi circa gli unicorni ad Hagrid, il
guardiacaccia della scuola, che mi promise che una volta mi avrebbe portato con
sè mostrandomi quelle meravigliose creature, ma che ancora riteneva la foresta
attorno al castello un posto troppo pericoloso per una ragazzina.
Al tempo non capivo l’importanza di quelle
parole, ne del regolamento studentesco, perché Harry Potter aveva fatto ciò che
aveva fatto l’anno precedente e diciamocelo: non sono mai stata troppo brava a
giocare ‘secondo le regole’.
Le giornate passavamo lente, giorno dopo
giorno, lezione dopo lezione.
Rotolo di pergamena per Piton dopo rotolo
di pergamena.
Ci pensò Adrienne a distrarmi, entrando
nel dormitorio con un sorrisetto smaliziato che, sul momento, non seppi
interpretare.“Andiamo a vedere gli allenamenti del Serpeverde! Alzati e indossa
il mantello!”
“E perché mai, scusa?” le domandai senza
nemmeno alzare gli occhi dal libro che stavo leggendo, guadagnandomi una più
che meritata cuscinata in viso.
“Jenna ha una cotta per Marcus Flint!”
rispose lei, facendo arrossire la nostra amica, che tentò anche, invano, di
negare la cosa. Acconsentii di accompagnarle, senza però sapere cosa mi
aspettava al campetto di Quidditch.
“Malfoy è nella squadra?” chiesi stranita
guardando il biondino sfrecciare sopra alla mia testa, mentre i cacciatori si
passavano la pluffa per riscaldarsi.
“A quanto pare.” Rispose distaccata Jenna,
senza staccare gli occhi dal capitano.
Non è bello ciò che bello, ma doveva
esserci un limite.
“Sembra un castoro.” decretai ridacchiando
e beccandomi un’occhiataccia, mentre Adrianne scoppiava a ridere divertita.
“E Malfoy sembra un lattante” rispose
Jenna.
La guardai, senza capire. Non stavo recitando
o dissimulando, non arrivai davvero a capire come quella cosa avrebbe dovuto in
qualche modo ferirmi.
“Certo” fu la risposta sarcastica di Jenna
“Non fai altro che fissarlo a lezione, a tavola…”
“Nella sala comune, in biblioteca”
continuò l’elenco Adrianne, alzando le dita come per enumerare ogni singolo
posto “Sei davvero facile da cogliere in fallo, sai?”
Sgranai gli occhi, attonita.
“Non me n’ero mai accorta. Sarà il
disgusto!”
Le mie compagne di stanza si scambiarono
uno sguardo complice “Dicono tutte così”
Riportai gli occhi sul cielo, godendomi un
passaggio di Adrian Pucey così perfetto da sembrar fatto col goniometro.
Passai l’allenamento a osservare tutto con
distacco, soppesando attentamente le parole delle mie amiche e cercando così di
darci un senso. Davvero mi interessava Draco Malfoy? No. Semplicemente no,
doveva essere un interesse di un altro tipo.
Avevo la mania di cercare di capire le
persone a colpo d’occhio incomprensibili come lui.
Non sto cercando una giustificazione,
perché sarebbe molto superificiale dire ‘mi accorsi di essermi innamorata di
lui in modo del tutto naturale’. Mentirei. A dodici anni a mala pena pensavo a
cosa avrei fatto il giorno successivo, non avevo idea di come sarebbe stato
avere un ragazzo.
Forse, Draco mi incuriosiva perché
nonostante la faccia di bronzo, era una persona molto decisa. Non giusta, ma
determinata.
Avrei presto avuto modo di conoscerlo
meglio, comunque.
Non so perché l’ho fatto.
Non mi ricordo di preciso le motivazioni
che mi hanno portata, quella notte, a fare qualcosa di così stupido, però mi
ricordo che volevo uscire dal castello.
Avevo litigato con Jenna, che più
precocemente di me, voleva pedinare ad ogni costo ogni singolo membro della squadra
del Serpeverde. Io lo trovavo stupido, un dispendio di tempo e di energie, ma
lei e Adrianne mi avevano semplicemente definito una bambina e avevano detto
che avrebbero fatto ciò che volevano anche senza di me.
Quando sono arrabbiata, non riesco a dormire.
E, a quanto pare, faccio cose stupide.
Come, per l’appunto, quella notte.
Afferrai la bacchetta e il mantello, per
poi scendere fino alla sala comune, che ero convinta avrei trovato deserta.
Stavo legando i capelli in una treccia pratica, quando una voce mi fece
sobbalzare dalla sorpresa.
“Che diavolo stai facendo, Blake?”
Persi un battito.
Draco Malfoy sedeva su uno dei divanetti,
con un libro dalla copertina di pelle nera fra le mani e una elegante vestaglia
di seta verde a coprire il pigiama. Sempre altezzosamente elegante.
“Non riesco a dormire” gli rivelai con non
curanza, appoggiandomi al divano per spiare le pagine del manuale, che non era
scolastico “Pensavo di andare alle cucine.”
“A me sembra un po’ tardi per una
scampagnata nottura.”
Storsi il naso di fronte al suo tono
acido.
“Si Malfoy è tardi. Tornatene a letto… O,
non lo so, ad ingellarti i capelli. Immagino che ci voglia molto tempo per
farlo.”
Lui mi guardò male, sbuffando scocciato
per quella presa in giro “Sai che ti dico, stupida ragazzina? Mettiti pure nei
guai, a me non importa niente di te.”
Tornò alla sua lettura e io alla mia fuga.
Se Harry Potter poteva prendere e fare ciò
che voleva, perché io non avrei potuto?
Feci il più piano possibile, se mai mi
avessero scoperta avrei passato un sacco di guai e non era il caso di far
perdere punti alla Casa, solo perché avevo un momento di ribellione
adolescenziale.
Mi ero scaldata di nuovo, così arrabbiata
decisi di virare e non andare alle cucine, bensì uscire dal castello. Le porte,
i primi anni, erano sempre aperte, come un tacito messaggio di accoglienza.
Camminai e camminai, cercando di capire
perché stavo così male. Adrianne e Jenna erano le mie migliori amiche, era
normale che mi sentissi scocciata di fronte a un litigio con loro, ma Malfoy?
Era livida, e le ultime parole che mi
aveva riservato mi rimbombavano nella testa come una lenta litania.
Passo dopo passo, arrivai al limite della
Foresta e la mia intenzione non era affatto quella di addentrarmi lì dentro.
Anzi, stavo per fare retro front, quando qualcosa catturò la mia attenzione.
Fra i rovi alti, addocchiai una bestia dal manto argentato. Sembrava proprio un
unicorno.
Feci mente locale, mentre la bestia se ne
doveva essere già andata, decidendo alla fine di fare la cosa più stupida di
tutte. Presi coraggio ed entrai nella Foresta Proibita, facendomi strada fra la
vegetazione.
“Lumus!” il buio era impenetrabile e ogni
minimo rumore alle mie spalle era un tuffo al cuore.
A un certo punto, desiderai tornare
indietro, ma non avendo seguito un percorso logico, non sapevo come. Dieci
minuti dopo essere entrata nella Foresta ero già nel panico più totale.
Sospirai ricacciando indietro le lacrime per il nervoso e cercai di pensare a
mente lucida. C’era un incantesimo, che avevamo solo accennato a lezione, per
ritrovare la via…. Così mi concentrai per cercare di riportarlo alla mente.
L’ennesimo rumore mi pietrificò. Stavolta,
però, non era solo la paura. Di lato, su una roccia sporgente, si stagliava il
contorno netto di un grosso lupo. Agii di impulso e presi a correre il più
velocemente possibile, per sfuggire a quelle che si rivelarono due bestie, ma
alla fine mi ritrovai con le spalle al muro contro una parete rocciosa di un
piccolo burrone. Non avevo scampo. Ero così spaventata che nemmeno riuscii a
pensare a uno schiantesimo. Rimasi ferma, con la bacchetta puntata e le labbra
socchiuse, incapace di fare nulla se non osservare i lupi che si avvicinavano
lentamente, mostrando i denti. Chiusi gli occhi, quando mi furono praticamente
di fronte, pronta a essere azzannata alla gola quando una voce che conoscevo
fin troppo bene si stagliò nella notte.
“Stupeficium!”
Riaprì gli occhi in tempo per vedere un
lupo cadere a terra, mentre l’altro scappava, spaventato.
Malfoy mi guardò, più stupito di quanto lo
fossi io “Volevi farti uccidere, razza di cretina mentecatta?” domandò poi con
tono allibito, avanzando di un paio di passi nella mia direzione.
“Io…” non sapevo cosa rispondere. Mi
limitai a portare una mano alla bocca, mentre con gli occhi sgranati osservavo
il lupo schiantato, meditando attentamente su cosa sarebbe potuto succedermi.
In due falcate, Malfoy mi fu davanti,
lasciando oscillare il mantello che, scostandosi, rivelò che il ragazzo era
ancora in pigiama. Si era infilato scarpe e mantello e mi aveva seguita. Mi
aveva salvata.
“Dobbiamo tornare subito al castello, se
Gazza ci ha visti-” non riuscì a terminare la frase, perché gli buttai le
braccia al collo, stringendomi a lui. Rimase del tutto spiazzato, tanto da non
ricambiare il contatto che fu, comunque, molto breve.
Ci allontanammo in simultanea, entrambi
straniti e vagamente imbarazzati per quella situazione ai limiti del reale, poi
mi lasciò un istante per permettermi di asciugarmi gli occhi, che si erano
inumiditi. Mi prese per un polso, iniziando a camminare oltre il margine della
Foresta, trovando la strada anche se con un poco di difficoltà.
Ad aspettarci, sul bordo esterno della
selva, c’era una comitiva di persone che speravo di non vedere mai irate con
me. Prima fra tutti, la professoressa McGrannit, che appena ci vide ci venne
incontro visibilmente alterata “Cosa da pazzi!” sbraitò, scostando con un gesto
seccato la treccia che le cadeva sulla spalla. Quando vide quanto ero pallida,
il viso si ammorbidì, ma solo di poco “Malfoy! Cosa è successo alla signorina
Blake? Sembra parecchio scossa!” si strinse addosso la vestaglia lilla, mentre
mi esaminava per constatare che stessi bene.
“Cosa diavolo credevate di fare?” ci
sbraitò addosso Hagrid, bianco come un cencio prima di rivolgersi a me “Ti
avevo detto che la Foresta Proibita non è posto per una ragazza del secondo
anno!”
“Penso che dovreste andare dal Preside…
Ora.” asserì pacato come al solito Piton, senza farci alcun rimprovero
personalmente. A quelle parole sbiancammo. Ci aspettavamo una punizione diretta
da parte sua, il fatto che Silente volesse vederci di persona denotava quanto
grave fosse la situazione.
Draco mi lanciò un occhiataccia, la colpa
dopotutto era solo mia. Mi lasciò il polso, avviandosi per primo verso
l’ufficio del Preside di Hogwarts.
Ho sempre avuto rispetto per Albus
Silente, trovandolo un mago unico nel suo genere, saggio e capace, ma anche
perché Harry mi aveva raccontato una sera molto tempo dopo, cose straordinarie
su di lui.
Ed eccolo lì, pronto a riceverci con un
sorriso sul viso e gli occhi curvati in un’espressione divertita da dietro agli
occhiali a mezza luna “Oh ecco i fuggitivi! Avete fatto preoccupare tutti
sapete? Quando Mastro Gazza ha visto il signor Malfoy sfrecciare giù per il
campo, alla volta della Foresta abbiamo capito che doveva essere successo
qualcosa di serio.”
“Mi dispiace.” dissi col capo chino,
sentendomi di nuovo sul punto di piangere per tutto ciò che avevo provocato,
mentre Draco se ne stava impassibile al mio fianco “è tutta colpa mia, Draco
non ha fatto nulla di male, non voleva trasgradire nessuna regola, stanotte. Voleva
solo…”
Cosa voleva fare Draco? Salvarmi? Si era
preoccupato per me?
Non era nell’indole del giovane rampollo
dei Malfoy, provare preoccupazione per gli altri. Quindi non seppi spiegare
niente. Ci scambiammo un’occhiata e, per un attimo, il biondo sembrò in attesa
di una risposta.
Silente aspettò un paio di istanti, prima
di parlare nuovamente.
“La cosa fondamentale è che entrambi
stiate bene, anche se una punizione e cinquanta punti in meno a Serpeverde sono d’obbligo. E
avvertiremo le vostre famiglie.” guardai Draco, che mi rimandò la stessa
espressione fredda di prima, quindi abbassai gli occhi sulle mie scarpe “Ora
andate a letto, domani il professor Piton vi dirà in cosa consisterà la vostra
punizione. Buonanotte ad entrambi.”
Annuimmo, salutando rispettosamente, per
poi tornandocene con la coda fra le gambe tra le pareti accoglienti e sicure
della nostra saletta. Appena giunti lì Draco fece per scappare nel suo
dormitorio, ma io lo fermai prendendogli la mano e stringendola fra le mie.
Lui non si voltò nemmeno a guardarmi in
faccia.
“Io… voglio ringraziarti, Draco. Se non
fosse stato per te io ora non sarei qui
e-”
“Taci, stupida.” disse secco strappando la
mano dalle mie e avviandosi alle scale “A causa tua abbiamo perso molti punti e
guadagnato una punizione. Spero che tu sia contenta, pensaci la prossima volta
che non riuscirai a dormire per delle sciocchezze.”
Io rimasi in silenzio, guardando la sua
figura sparire nel corridoio sulla destra, verso le camerate dei ragazzi. Mi
fece più male quel rimprovero che quello della McGrannit, la rabbia e lo
spavento di Hagrid e la freddezza di Piton messi insieme.
E ripensai alle parole di Jenna, qualche
settimana prima, mentre assistevamo agli allenamenti di Quidditch, iniziando a
chiedermi se forse, inconsciamente, le avessi dato motivo di pensarci sul
serio.