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Autore: Nocticula_Nott    12/02/2016    0 recensioni
Fanfiction revisionata e ripostata
Doveva essere così, quindi, la morte?
Un’attensa lunga una vita, nella quale si protende verso la negazione? Assurdo.La Guerra aveva generato più orfani che scontri, più abbandoni che vittorie.
Bisogna essere davvero stupidi, mi dissi, per permettere un tale scempio e anzi, farne parte.
Quanta morte.
Quanta paura.
Anche la speranza, ultima guardiana e spinta motrice della nostra determinazione, aveva abbandonato il mio cuore.
***
Nuovo personaggio originale. Pairing Draco/OC
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Nda: Buongiorno a tutti! Contrariamente ad ogni previsione, qualcuno che segue questa storia c’è!

Quando ho dato un occhiata se c’erano persone a seguirmi, sono rimasta sorpresa e ringrazio tutti questi osservatori silenziosi, insieme alla ragazza che ha recensito ed è stata così gentile.

Questo capitolo è leggermente più vivace dell’altro, quindi confido che avrà più successo.

Grazie davvero a chi mi segue!

Non avendo appunti particolari da fare, vi lascio al capitolo.

 

Buona lettura,

NN.

 

 




Tell me, who you kill,

to save your life?

                                                                                                                                                                                                      

 

Chapter one: Play and Escape.

 

 

 

Papà aveva ragione, quando diceva che una volta  che avrei iniziato a frequentare Hogwarts, il tempo sarebbe volato.

L’estante tra il primo e il secondo anno fu sprovvista di eventi degni di nota, ma a posteriori ne sarei stata grata.

Passai la maggior parte del tempo a casa di mio nonno Horas, che aveva deciso di trascorrere i suoi ultimi anni in Germania, insieme alle mie sorelle più giovani, mentre mio padre e Linnea rimanevano in Inghilterra, nel piccolo paese di Northleach , nel Gloucestershire.

Una piccola oasi non troppo distante da Oxford, per essere precisi.

Lì papà aveva deciso di costruire la nostro ultima e definitiva dimora, lontano da occhi indiscreti, dove poteva stregare un bosco e costruire una grande stalla per i draghi che addestrava.

Difficilmente potevano scoprirci, in quel luogo, visto che le poche anime che lo dimoravano si facevano gli affari loro e, citando mio padre, ingannare gli occhi dei Babbani è più semplice che pelare una patata dopo aver preso in mano la bacchetta.

 

Nonostante la testa perennemente fra le nuvole, avevo portato a termine tutti i compiti che ci avevano assegnato durante l’estate praticamente appena tornata a casa. Adoravo quella scuola e non vedevo l’ora che agosto arrivasse al suo epilogo per tornarvi.

I buoni risultati che avevo ottenuto durante il primo anno andavano surclassati, dato che ormai mi ero ambientata e quindi potevo dimostrare al meglio le mie capacità. Non ero un genio come Prime o Iris, dovevo studiare parecchio per ottenere risultati eccellenti in materie in cui ero portata come Pozioni,  o in altre in cui faticavo di più come Trasfigurazioni. Non mi abbattevo mai, però. Così come aveva detto il Cappello Parlante ero ambiziosa e decisa; avevo obiettivi importanti, tra cui il rendere mio padre fiero. Nonostante fossi molto giovane, avevo imparato in fretta a capire quanto il signor Blake adorasse vantarsi delle sue figlie e in una casa dove ve ne sono ben quattro agli studi c’è molta, molta competizione. Pane per i miei denti.

Prima di tornare, però, era necessario un altro giro a Diagon Alley, dove io e le gemelle potevano rimpinguare le scorte e prendere i libri del nuovo anno e dove Melanie poteva finalmente comprare la sua prima bacchetta. “Sono felicissima” mi disse, così tanto eccitata da arrivare quasi a saltellare lungo il viale ciottolato verso il negozio di Olivander, “Non vedo l’ora di iniziare!”

“Ci credo” le risposi mentre Prime e Iris si separavano da noi andando a salutare un paio di compagni di corso “Anche io non vedo l’ora di riprendere.”

Papà controllava la lista dei libri di tutte e quattro e con uno sbuffo “Non finiremo mai! Forse dovremmo studiare un piano. Dividiamoci!” esclamò infine, facendoci ridere entrambe.

“Ti capisco, Peter.” una voce alle nostre spalle ci fece voltare colte alla sprovvista, trovandoci così di fronte il viso rotondo e sorridente della signora Weasley “Ma avere molti figli costringe i genitori a comprare molti libri! Come state tutti?”

“Molto bene, ti ringrazio, Molly” ricambiò il saluto papà, con un sorriso cordiale “Anche Ginny inizia quest’anno come la mia piccola Melanie vero?” chiese papà portando un  braccio attorno alle spalle di mia sorella, che arrossì subito a disagio.

“Eh si!” rispose la signora Weasley, accarezzando il mantello della figlia come per lisciare le pieghe “Sarà triste la casa senza nessuno dei ragazzi!”

“Io invece sono pronto a godermi la pace, finalmente!” Scherzò papà, prima di rivolgersi all’uomo che ci stava raggiungendo “Arthur, buongiorno! Da quanto tempo!”

“Ciao, Ron.” salutai con un sorriso leggero il ragazzo accanto a lui, che ci mise un po’ a rispondere con un cenno goffo del capo, come se un mio saluto non se lo aspettasse affatto.

I Weasley, come ho già affermato in precedenza, erano dei cari amici di famiglia, poiché la mamma lavorava con il signor Weasley al Ministero. Dopo la morte di mamma loro ci sono stati molto vicini, nonostante con mio padre non avessero lo stesso legame. Papà, anni dopo quel nostro incontro a Diagon Alley, mi confidò di vergognarsi molto per come si era comportato con i Weasley, negli anni in cui Voi Sapete Chi aveva infestato come un cancro il nostro mondo. Si era vergognato di come aveva sempre nutrito verso di loro un certo distacco, di come non li aveva mai considerati alla pari di molti altri maghi che, alla fine, si erano rivelati solo dei folli. Si era molto ricreduto proprio dopo la morte della moglie, oltre che dopo la fine della Guerra. Nei due momenti in cui, alla fin fine, i suoi ‘amici’ si erano rivelati chi erano davvero.

“Ci siamo persi Harry” mi disse di punto in bianco Ron con tono un po’ impacciato, come per voler in quanche modo iniziare un discorso.“Ha sbagliato con la Metropolvere e ora è disperso” proseguì il rosso, con un cipiglio serio. Papà mi appoggiò una mano sulla spalla prima ancora che io potessi rispondere a Ron, dicendomi di aspettarlo con i Weasley mentre lui andava con Melanie a prendere la bacchetta e io acconsentii iniziando una disquisizione su dove potesse essersi cacciato Potter.

Riapparve in fretta, salvato da Hagrid e poi raccolto da Hermione, che l’aveva portato da noi, al Ghirigoro.

Non avevo idea di cosa fosse successo, solo che aveva avuto un problema con la Metropolvere. Non cercai di origliare o altro. Volevo tenermi lontana dai guai almeno per il momento e dopo i racconti che si erano sparsi per la scuola circa la loro avventura con un grosso cane a tre teste e una scacchiera magica, non volevo davvero prendere parte al loro gruppetto.

Senza contare che erano diversi da me, sotto ogni punto di vita. Perché avrei dovuto preoccuparmi di essere loro amica quando, istintivamente, erano i primi ad escludermi. Ero una Serpeverde, loro tre Grifondoro col pedigree. Andava bene così, non sentivo la mancanza di emozioni. Non ancora, almeno.

Al Ghirigoro vidi per la prima volta il futuro professore di Difesa Contro le Arti Oscure, un certo Gilderoy Allock, che presentava il suo ultimo libro a ragazzine dall’aria svampita, come mia sorella Iris e donne di mezza età con dubbi gusti letterali, tra cui la signora Weasley. A me non piaceva a pelle, né come scrittore né tanto meno come figura pubblica.

“L’ho sempre pensato che sei sveglia, Blake” mi disse Fred,  picchiandomi piano il gomito contro al fianco e facendomi ridere, mentre assistevamo alla scena patetica di Harry che veniva acchiappato da quel dubbio mago.

“Leviamo le tende prima che decida di scrivere qualcosa sulla tua vita!” Rilanciò George, mentre Harry sbuffava sconsolato. Visto che mio padre era dato ancora per disperso – da Olivander ci voleva del tempo, dopotutto - mi spostai con loro verso l’ingresso del negozio. Lì qualcuno attirò la nostra attenzione, scendendo rapidamente le scale che conducevano al piano superiore.

“Scommetto che ti è piaciuto Potter. Il famoso Harry Potter. Anche se entri in una libreria finisci in prima pagina.”

Draco Malfoy, il solito sbruffone.

Per istinto, mi tirai indietro, usando i gemelli come scudo per evitare di essere vista. Fu un comportamento vile, che sicuramente attirò su di me più di uno sguardo deluso dalla famiglia dai capelli rossi, ma non potevano sapere cosa significasse vivere in Serpeverde. La perenne competizione porta ad essere cauti circa le proprie amicizie, per evitare che gli altri potessero in qualche modo parlar male.

Non mi vergognavo di loro, ma di me stessa.

E ancora mi vergogno, ripensandoci.

Tornando a quel momento, Ginny si fece avanti a difendere Potter, con una tenacia che non le avrei mai attribuito a colpo d’occhio “Lascialo in pace.”

Draco rise apertamente “Guarda Potter, ti sei trovato la ragazza!”

Ad interrompere quello scambio di battute pover ci pensò il signor Malfoy in persona, intimando al figlio di addottare un modo più educato, prima di rivolgersi ad Harry presentandosi.“La tua cicatrice è leggenda, come d’altronde il mago che te l’ha procurata.”

Mi sentii schifata da quel uomo così viscido, tanto che decisi di strisciare dietro il signor Weasley per uscir fuori  respirare a fondo l’aria fresca. Lo odiavo, la sua sola vista mi dava un senso di repulsione e non riuscivo a spiegarmelo. Chiamiamolo istinto, chiamamola lungimiranza, ma mi sarebbe servita in futuro quella diffidenza.

Mio padre arrivò in quel attimo e guardandomi lasciò morire il sorriso che portava sulle labbra, mentre parlava con Melanie “Dahlia, ma cosa..?”

Ci scambiammo uno sguardo, ma non riuscii a dirgli nulla, perché l’oggetto della mia repulsione uscì dalla libreria proprio in quel frangente. “Peter Blake. Da quanto tempo.” Disse Lucius,  guardando anche me con quel sorriso falso a storcere le labbra sottili.

“Troppo, Malfoy.” rispose papà, con un sorriso sincero. Erano molto amici in quanto avevano frequentato la scuola nello stesso periodo, appartenendo anche alla stessa Casa “Non dovremmo far passare tanto tempo da un incontro all’altro”

“Ora che i nostri figli vanno a scuola, dovremmo organizzare una cena. Narcissa sarebbe felicissima di far cucinare i nostri Elfi per te. Solo, se posso ovviamente, vorrei darti un consiglio.”

Papà incrociò le braccia sul petto, certo che sarebbe arrivato qualcosa di non richiesto. Voleva bene a quell’uomo ai miei occhi così indegno, ma lo conosceva bene. “Certo Lucius, dimmi pure”

“Sono anni che tento di farti capire che frequentare i Weasley è… Controproducente alla tua immagine. Non dovresti abbassarti a mostrarti assieme a certe persone.”

“Infatti” sottolineai io con tono leggero, ma non meno coperto di insolenza. Attirai così tutti gli sguardi su di me, ma non me ne preoccupai sul momento. Avevo una frase, appoggiata sulla punta della lingua da anni ormai. “Non capisco perché parli ancora con il signor Malfoy. È davvero controproducente alla tua immagine.”

“Dahlia!” mi riproverò subito papà, per niente stupito. Avevo la lingua biforcuta come un serpente, in certe occasioni e lui lo sapeva bene.

Lucius Malfoy non si offesa. Anzi, rise apertamente, appoggiando la mano guantata di nero sulla spalla del figlio, ritto accanto a lui come un palo “Avevi detto bene, Draco, quando sostenevi che la signorina qui presente ha un certo caratterino.” Non so dire se in quel momonto mi stesse guardando, perché io ero troppo presa a chiedermi perché Draco aveva parlato di me al padre.

Con questa domanda in testa, mi allontanai per raggiungere le gemelle, intente ad ammirare l’autografo di Allock sulla copertina interna del libro.

Cosa diavolo voleva da me, Draco Malfoy?

Bel dilemma.

 

 

Non ottenni risposta, una volta tornata ad Hogwarts, per il semplice fatto che riprendemmo ad ignorarci come avevamo sempre fatto. Entrai nella Sala Grande con un sorriso luminoso a contornarmi il viso, sedendo insieme ad Adrienne e Jenna come sempre. Il biondo prese posto davanti a me, senza rivolgermi la parola, vantandosi della sua bella estate con la Parkinson e i suoi scagnozzi.

“Nott, quella è la mia sorellina” dissi a Theo, seduto alla mia destra, indicando Melanie che avanzava un po’ spaesata assieme a tutti i ragazzini del primo anno “Quasi del tutto sicuramente però non si unirà a noi.” Aggiunsi, portando una mano alla treccia bionda che mi scendeva sulla spalla, tirandone appena le punte come se ad essere nervosa dovessi essere io.

“Di certo.” sottolineò Prime, mentre Theo guardava Melanie.

“Siete fatte con lo stampino, per caso?” chiese divertito afferrando il calice e bevendo. Io alzai la mano e gli diedi un’amichevole pacca sul braccio.

“Tappati la bocca, Theo.” lo zittì divertita, mentre la McGrannit presentava la scuola ai ragazzi come faceva ogni anno. Poi iniziò lo smistamento e quando toccò a mia sorella scambiai uno sguardo con Primerose, seduta a qualche metro da me.

Il Cappello venne appoggiato sulla testolina bionda  di Melanie e iniziò a parlare “Oh, l’ennesima Blake! Vediamo un po’, se bene ricordo la tua famiglia è sempre stata divisa fra Serpeverde e Corvonero. Audaci e fieri da una parte e grandi menti studiose dall’altra, ma per te io vedo qualcosa di diverso, molto diverso. Infatti ritengo che il posto giusto per te sia… Grifondoro!”

Rimasi del tutto spiazzata e anche Mel, a giudicare dalla faccia con cui andò a sedersi lentamente al tavolo rosso-oro.

“Questa si che è bella.” disse Malfoy schermendomi, mentre io e Prime ci guardavamo stupite. Ma quello non fu l’unico colpo dell’anno, e non voglio nemmeno accennare al affatto di Harry e Ron che avevano deciso di venire a scuola a bordo di un auto volante…

Ma di qualcosa di ancor più sconvolgente.

A sostituire lo scomparso professor Raptor in Difesa Contro le Arti oscure arrivò Gilderoy Allock. Non sembrava molto cosciente di se stesso, quindi figurarsi se poteva insegnare. La sola cosa positiva era, quasi del tutto sicuramente, il suo aspetto fisico. Al secondo anno, però, non avevo ancora iniziato a guardare i ragazzi, come è normale che fosse, troppo persa nel mio mondo favoloso e alla continua ricerca di un unicorno.

Era quello il mio obbiettivo, vedere un unicorno, la meravigliosa bestia il cui crine era racchiuso nell’anima della mia bacchetta.

Chiesi circa gli unicorni ad Hagrid, il guardiacaccia della scuola, che mi promise che una volta mi avrebbe portato con sè mostrandomi quelle meravigliose creature, ma che ancora riteneva la foresta attorno al castello un posto troppo pericoloso per una ragazzina.

Al tempo non capivo l’importanza di quelle parole, ne del regolamento studentesco, perché Harry Potter aveva fatto ciò che aveva fatto l’anno precedente e diciamocelo: non sono mai stata troppo brava a giocare ‘secondo le regole’.

 

 

Le giornate passavamo lente, giorno dopo giorno, lezione dopo lezione.

Rotolo di pergamena per Piton dopo rotolo di pergamena.

Ci pensò Adrienne a distrarmi, entrando nel dormitorio con un sorrisetto smaliziato che, sul momento, non seppi interpretare.“Andiamo a vedere gli allenamenti del Serpeverde! Alzati e indossa il mantello!”

“E perché mai, scusa?” le domandai senza nemmeno alzare gli occhi dal libro che stavo leggendo, guadagnandomi una più che meritata cuscinata in viso.

“Jenna ha una cotta per Marcus Flint!” rispose lei, facendo arrossire la nostra amica, che tentò anche, invano, di negare la cosa. Acconsentii di accompagnarle, senza però sapere cosa mi aspettava al campetto di Quidditch.

“Malfoy è nella squadra?” chiesi stranita guardando il biondino sfrecciare sopra alla mia testa, mentre i cacciatori si passavano la pluffa  per riscaldarsi.

“A quanto pare.” Rispose distaccata Jenna, senza staccare gli occhi dal capitano.

Non è bello ciò che bello, ma doveva esserci un limite.

“Sembra un castoro.” decretai ridacchiando e beccandomi un’occhiataccia, mentre Adrianne scoppiava a ridere divertita.

“E Malfoy sembra un lattante” rispose Jenna.

La guardai, senza capire. Non stavo recitando o dissimulando, non arrivai davvero a capire come quella cosa avrebbe dovuto in qualche modo ferirmi.

“Certo” fu la risposta sarcastica di Jenna “Non fai altro che fissarlo a lezione, a tavola…”

“Nella sala comune, in biblioteca” continuò l’elenco Adrianne, alzando le dita come per enumerare ogni singolo posto “Sei davvero facile da cogliere in fallo, sai?”

Sgranai gli occhi, attonita.

“Non me n’ero mai accorta. Sarà il disgusto!”

Le mie compagne di stanza si scambiarono uno sguardo complice “Dicono tutte così”

Riportai gli occhi sul cielo, godendomi un passaggio di Adrian Pucey così perfetto da sembrar fatto col goniometro.

Passai l’allenamento a osservare tutto con distacco, soppesando attentamente le parole delle mie amiche e cercando così di darci un senso. Davvero mi interessava Draco Malfoy? No. Semplicemente no, doveva essere un interesse di un altro tipo.

Avevo la mania di cercare di capire le persone a colpo d’occhio incomprensibili come lui.

Non sto cercando una giustificazione, perché sarebbe molto superificiale dire ‘mi accorsi di essermi innamorata di lui in modo del tutto naturale’. Mentirei. A dodici anni a mala pena pensavo a cosa avrei fatto il giorno successivo, non avevo idea di come sarebbe stato avere un ragazzo.

Forse, Draco mi incuriosiva perché nonostante la faccia di bronzo, era una persona molto decisa. Non giusta, ma determinata.

Avrei presto avuto modo di conoscerlo meglio, comunque.

 

 

Non so perché l’ho fatto.

Non mi ricordo di preciso le motivazioni che mi hanno portata, quella notte, a fare qualcosa di così stupido, però mi ricordo che volevo uscire dal castello.

Avevo litigato con Jenna, che più precocemente di me, voleva pedinare ad ogni costo ogni singolo membro della squadra del Serpeverde. Io lo trovavo stupido, un dispendio di tempo e di energie, ma lei e Adrianne mi avevano semplicemente definito una bambina e avevano detto che avrebbero fatto ciò che volevano anche senza di me.

Quando sono arrabbiata, non riesco a dormire.

E, a quanto pare, faccio cose stupide. Come, per l’appunto, quella notte.

Afferrai la bacchetta e il mantello, per poi scendere fino alla sala comune, che ero convinta avrei trovato deserta. Stavo legando i capelli in una treccia pratica, quando una voce mi fece sobbalzare dalla sorpresa.

 “Che diavolo stai facendo, Blake?”

Persi un battito.

Draco Malfoy sedeva su uno dei divanetti, con un libro dalla copertina di pelle nera fra le mani e una elegante vestaglia di seta verde a coprire il pigiama. Sempre altezzosamente elegante.

“Non riesco a dormire” gli rivelai con non curanza, appoggiandomi al divano per spiare le pagine del manuale, che non era scolastico “Pensavo di andare alle cucine.”

“A me sembra un po’ tardi per una scampagnata nottura.”

Storsi il naso di fronte al suo tono acido.

“Si Malfoy è tardi. Tornatene a letto… O, non lo so, ad ingellarti i capelli. Immagino che ci voglia molto tempo per farlo.”

Lui mi guardò male, sbuffando scocciato per quella presa in giro “Sai che ti dico, stupida ragazzina? Mettiti pure nei guai, a me non importa niente di te.”

Tornò alla sua lettura e io alla mia fuga.

Se Harry Potter poteva prendere e fare ciò che voleva, perché io non avrei potuto?

Feci il più piano possibile, se mai mi avessero scoperta avrei passato un sacco di guai e non era il caso di far perdere punti alla Casa, solo perché avevo un momento di ribellione adolescenziale.

Mi ero scaldata di nuovo, così arrabbiata decisi di virare e non andare alle cucine, bensì uscire dal castello. Le porte, i primi anni, erano sempre aperte, come un tacito messaggio di accoglienza.

Camminai e camminai, cercando di capire perché stavo così male. Adrianne e Jenna erano le mie migliori amiche, era normale che mi sentissi scocciata di fronte a un litigio con loro, ma Malfoy?

Era livida, e le ultime parole che mi aveva riservato mi rimbombavano nella testa come una lenta litania.

Passo dopo passo, arrivai al limite della Foresta e la mia intenzione non era affatto quella di addentrarmi lì dentro. Anzi, stavo per fare retro front, quando qualcosa catturò la mia attenzione. Fra i rovi alti, addocchiai una bestia dal manto argentato. Sembrava proprio un unicorno.

Feci mente locale, mentre la bestia se ne doveva essere già andata, decidendo alla fine di fare la cosa più stupida di tutte. Presi coraggio ed entrai nella Foresta Proibita, facendomi strada fra la vegetazione.

“Lumus!” il buio era impenetrabile e ogni minimo rumore alle mie spalle era un tuffo al cuore.

A un certo punto, desiderai tornare indietro, ma non avendo seguito un percorso logico, non sapevo come. Dieci minuti dopo essere entrata nella Foresta ero già nel panico più totale. Sospirai ricacciando indietro le lacrime per il nervoso e cercai di pensare a mente lucida. C’era un incantesimo, che avevamo solo accennato a lezione, per ritrovare la via…. Così mi concentrai per cercare di riportarlo alla mente.

L’ennesimo rumore mi pietrificò. Stavolta, però, non era solo la paura. Di lato, su una roccia sporgente, si stagliava il contorno netto di un grosso lupo. Agii di impulso e presi a correre il più velocemente possibile, per sfuggire a quelle che si rivelarono due bestie, ma alla fine mi ritrovai con le spalle al muro contro una parete rocciosa di un piccolo burrone. Non avevo scampo. Ero così spaventata che nemmeno riuscii a pensare a uno schiantesimo. Rimasi ferma, con la bacchetta puntata e le labbra socchiuse, incapace di fare nulla se non osservare i lupi che si avvicinavano lentamente, mostrando i denti. Chiusi gli occhi, quando mi furono praticamente di fronte, pronta a essere azzannata alla gola quando una voce che conoscevo fin troppo bene si stagliò nella notte.

“Stupeficium!”

Riaprì gli occhi in tempo per vedere un lupo cadere a terra, mentre l’altro scappava, spaventato.

Malfoy mi guardò, più stupito di quanto lo fossi io “Volevi farti uccidere, razza di cretina mentecatta?” domandò poi con tono allibito, avanzando di un paio di passi nella mia direzione.

“Io…” non sapevo cosa rispondere. Mi limitai a portare una mano alla bocca, mentre con gli occhi sgranati osservavo il lupo schiantato, meditando attentamente su cosa sarebbe potuto succedermi.

In due falcate, Malfoy mi fu davanti, lasciando oscillare il mantello che, scostandosi, rivelò che il ragazzo era ancora in pigiama. Si era infilato scarpe e mantello e mi aveva seguita. Mi aveva salvata.

“Dobbiamo tornare subito al castello, se Gazza ci ha visti-” non riuscì a terminare la frase, perché gli buttai le braccia al collo, stringendomi a lui. Rimase del tutto spiazzato, tanto da non ricambiare il contatto che fu, comunque, molto breve.

Ci allontanammo in simultanea, entrambi straniti e vagamente imbarazzati per quella situazione ai limiti del reale, poi mi lasciò un istante per permettermi di asciugarmi gli occhi, che si erano inumiditi. Mi prese per un polso, iniziando a camminare oltre il margine della Foresta, trovando la strada anche se con un poco di difficoltà.

Ad aspettarci, sul bordo esterno della selva, c’era una comitiva di persone che speravo di non vedere mai irate con me. Prima fra tutti, la professoressa McGrannit, che appena ci vide ci venne incontro visibilmente alterata “Cosa da pazzi!” sbraitò, scostando con un gesto seccato la treccia che le cadeva sulla spalla. Quando vide quanto ero pallida, il viso si ammorbidì, ma solo di poco “Malfoy! Cosa è successo alla signorina Blake? Sembra parecchio scossa!” si strinse addosso la vestaglia lilla, mentre mi esaminava per constatare che stessi bene.

“Cosa diavolo credevate di fare?” ci sbraitò addosso Hagrid, bianco come un cencio prima di rivolgersi a me “Ti avevo detto che la Foresta Proibita non è posto per una ragazza del secondo anno!”

“Penso che dovreste andare dal Preside… Ora.” asserì pacato come al solito Piton, senza farci alcun rimprovero personalmente. A quelle parole sbiancammo. Ci aspettavamo una punizione diretta da parte sua, il fatto che Silente volesse vederci di persona denotava quanto grave fosse la situazione.

Draco mi lanciò un occhiataccia, la colpa dopotutto era solo mia. Mi lasciò il polso, avviandosi per primo verso l’ufficio del Preside di Hogwarts.

Ho sempre avuto rispetto per Albus Silente, trovandolo un mago unico nel suo genere, saggio e capace, ma anche perché Harry mi aveva raccontato una sera molto tempo dopo, cose straordinarie su di lui.

Ed eccolo lì, pronto a riceverci con un sorriso sul viso e gli occhi curvati in un’espressione divertita da dietro agli occhiali a mezza luna “Oh ecco i fuggitivi! Avete fatto preoccupare tutti sapete? Quando Mastro Gazza ha visto il signor Malfoy sfrecciare giù per il campo, alla volta della Foresta abbiamo capito che doveva essere successo qualcosa di serio.”

“Mi dispiace.” dissi col capo chino, sentendomi di nuovo sul punto di piangere per tutto ciò che avevo provocato, mentre Draco se ne stava impassibile al mio fianco “è tutta colpa mia, Draco non ha fatto nulla di male, non voleva trasgradire nessuna regola, stanotte. Voleva solo…”

Cosa voleva fare Draco? Salvarmi? Si era preoccupato per me?

Non era nell’indole del giovane rampollo dei Malfoy, provare preoccupazione per gli altri. Quindi non seppi spiegare niente. Ci scambiammo un’occhiata e, per un attimo, il biondo sembrò in attesa di una risposta.

Silente aspettò un paio di istanti, prima di parlare nuovamente.

“La cosa fondamentale è che entrambi stiate bene, anche se una punizione e cinquanta punti in  meno a Serpeverde sono d’obbligo. E avvertiremo le vostre famiglie.” guardai Draco, che mi rimandò la stessa espressione fredda di prima, quindi abbassai gli occhi sulle mie scarpe “Ora andate a letto, domani il professor Piton vi dirà in cosa consisterà la vostra punizione. Buonanotte ad entrambi.”

Annuimmo, salutando rispettosamente, per poi tornandocene con la coda fra le gambe tra le pareti accoglienti e sicure della nostra saletta. Appena giunti lì Draco fece per scappare nel suo dormitorio, ma io lo fermai prendendogli la mano e stringendola fra le mie.

Lui non si voltò nemmeno a guardarmi in faccia.

“Io… voglio ringraziarti, Draco. Se non fosse stato per te io ora non sarei qui  e-”

“Taci, stupida.” disse secco strappando la mano dalle mie e avviandosi alle scale “A causa tua abbiamo perso molti punti e guadagnato una punizione. Spero che tu sia contenta, pensaci la prossima volta che non riuscirai a dormire per delle sciocchezze.”

Io rimasi in silenzio, guardando la sua figura sparire nel corridoio sulla destra, verso le camerate dei ragazzi. Mi fece più male quel rimprovero che quello della McGrannit, la rabbia e lo spavento di Hagrid e la freddezza di Piton messi insieme.

E ripensai alle parole di Jenna, qualche settimana prima, mentre assistevamo agli allenamenti di Quidditch, iniziando a chiedermi se forse, inconsciamente, le avessi dato motivo di pensarci sul serio.

 

 

   
 
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