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Autore: fra_eater    13/02/2016    1 recensioni
“Storia partecipante alla challenge Facciamo festa! indetta da rhys89 sul forum.”
Rufy e gli altri si imbattono in una nuova isola durante il pocky day, tre coppie decidono di sottoporsi al gioco dei bastoncini al cioccolato, ma rimarrà tutto solo un gioco?
Mini long di tre capitoli ispirata al pocky day.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Tashiji | Coppie: Franky/Nico Robin, Rufy/Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3- bacio
 
“Vicino, troppo vicino.” Pensava Tashigi,mentre il sapore del cioccolato le accarezzava le papille gustative e il volto del pirata si faceva pericolosamente vicino al suo.
 
“Vicino, ancora di più. Avvicinati di più.” Robin sembrava divertita dal rossore che aveva preso il sopravvento delle guancie del nakama. Era strano vederlo così tenero, lui che era un uomo tutto d’un pezzo e che in quel momento sembrava pronto a sprofondare nelle viscere dell’inferno.
 
Ma cosa li succede?” Nami era veramente preoccupata. Non era da Rufy comportarsi così. Si piegò accanto a lui sul pavimento freddo.
 
 
Ma che avrà da agitarsi tanto?” Zoro fissava i grandi occhi della ragazza di fronte a sé che non riusciva a placarsi.
 
Sono abbastanza super? Certo che lo sono! E allora perché sto sudando anche sotto i bulloni?” Franky era nel panico più assoluto.
 
Rufy non pensava a nulla. Stava ad occhi spalancati, fissando il vuoto e chiedendosi cosa stesse causando quel tremore assurdo, quel palpitare incessante sotto il petto. Sentiva gli occhi di Nami scrutarlo preoccupata, ma non aveva il coraggio di incrociarli. Non voleva vedere quelle pupille dilatate, quelli  occhi sgranati che studiavano ogni minimo punto del suo viso e corpo in cerca del problema.
“Nami” mormorò e la ragazza si portò subito al suo fianco, il viso all’altezza dell’altro.
“Che ti succede,Rufy?”
“Non lo so” ammise lui. Furono attimi di silenzio che per entrambi parvero infiniti. Per la prima volta il ragazzo di gomma cercò di ragionare sul proprio corpo e sulle ragioni per cui aveva reagito in quel modo, arrivandoci prima della navigatrice che brancolava nel buio.
“Nami, credo che la colpa sia del tuo odore”
“Il mio… il mio odore?!?” la navigatrice era esterrefatta da tale risposta, fissava gli occhi da cucciolo spaventato di Rufy con la tentazione enorme di chiudergli con un pugno per l’insulto.
L’istinto animale del capitano si fece presente proprio un attimo prima che l’istinto omicida della ragazza si presentasse sotto forma di pugno volante che per poco non lo travolse, andando a scontrarsi contro il pavimento.
“Che diamine vuol dire?” scoppiò lei, il pugno fumante chiuso e vicino al viso.
“E che appena ti sei avvicinata il tuo profumo mi ha fatto stare male” rispose lui, rosso in viso “Mi sono sentito avvolto, trascinato, e il cuore ha cominciato a battere e…” e non riuscì ad andare avanti, non ne era capace.
Nami lo fissò per un po’, soppesando le sue parole. Forse vi era una sola cosa da fare per riuscire a finire il gioco.
Si inginocchiò di fronte a lui e prese un pocky “Chiudi gli occhi” ordinò “E mangia evitando di respirare quanto ti è possibile”.
Il ragazzo annuì e si portò di fronte a lei, in ginocchio, la schiena ritta e gli occhi chiusi.
“Dischiudi le labbra leggermente” ordinò con tono dolce e lui obbedì.
Fu improvviso e inaspettato la morbidezza che sentì premere contro le proprie labbra.
Aprì gli occhi, sperando di non cadere nelle ire della navigatrice e rimase di stucco nel vedere proprio il volto di lei così vicino al suo e capì che quella pressione era dovuta alle labbra rosee che inumidiva mordicchiadole.
Nami si allontanò, sorridendo imbarazzata e arrossendo leggermente “Il gioco finisce così di solito” disse, trattenendo a stento l’imbarazzo.
“Vuoi ancora giocare?” chiese prendendo il pacchetto in mano.
Rufy la fissò a lungo, impossibile capire cosa gli passasse per la testa.
I secondi passavano lenti e la ragazza cominciava a chiedersi se non avesse sbagliato a baciarlo così, forse era meglio lasciar perdere il tutto.
“Rufy ascolta…” ma non finì la frase. Rufy si era lanciato in avanti e l’aveva baciata sulle labbra candide, prendendola di sorpresa.
Al distacco le regalò un sorriso largo e caloroso “Ora sono pronto a giocare!” esclamò ridendo.
E Nami li tirò un pugno in testa.
“Ma perché?” protestò il ragazzo e lei rispose con un casto bacio sulla guancia “Non cambierai mai” sorrise in risposta e prese un pocky dal pacchetto aperto “Giochiamo allora.”
“Finiamo il pacchetto però.”
“Come preferisci.” Rispose con un sorriso che non tratteneva leggere lacrime fugaci.
 
Respirare. È un’azione naturale che qualsiasi essere vivente fa e quando non è regolare è sintomo che qualcosa non va o da un punto di vista emotivo oppure fisico. Ed ecco che ciò si manifestava nel carpentiere dal corpo metallico. Il battito accelerato aumentava anche la velocità del respiro, rendendolo quasi affannoso.
La poca pelle divenne paonazza per l’eccesso del sangue che affluiva e gli occhi scattavano da una parte all’altra per il panico.
Ma quel che Franky non si rendeva conto era che Robin sapeva leggere attentamente qualsiasi cosa, a partire dai reperti archeologici fino ad arrivare a lui, che conosceva come le sue tasche.
Non lo aveva mai visto in quella maniera. Era certa che in quel caso Franky si sarebbe messo a ridere in maniera isterica e a piangere, non si aspettava certamente che sarebbe andato nel panico.
“Senti” bastò questa semplice parola per richiamare la sua attenzione, con gli occhi spalancati come un cane che aspetta la punizione.
Robin si portò una ciocca di capelli corvini dietro l’orecchio “Non voglio metterti pressione” disse calma “Fai finta che non ti abbia chiesto nulla” e si alzò in piedi, ritta sotto lo sguardo del carpentiere che era ancora immobile, incapace di proferire parola.
L’archeologa impiegò diversi minuti prima di voltarsi. Avrebbe preferito che Franky la fermasse, che le dicesse qualcosa, ma si vede che non era stato in grado di costruire una spina dorsale metallica.
Un gradino.
Due gradini.
Tre gradini.
Si fermò, sperando che venisse raggiunta, tendendo le orecchie, ma nulla. Nemmeno un passo pesante.
Era stata una delusione.
Che cosa si aspettava? Franky non era il tipo per queste cose.
Scosse il capo, triste e ricominciò a salire le scale.
Era giunta a metà della scalinata, quando sentì il passo pesante dell’uomo che si era precipitato dietro di lei.
Si voltò giusto in tempo per assistere alla caduta rocambolesca del gigantesco uomo che si ritrovò con il mento contro il pavimento di legno.
“Ti sei fatto male?”
Robin era accorsa nel suo soccorso. Franky sentì il volto invaso dalle fiamme. Aveva fatto di tutto per avvicinarsi in maniera Super, ma di super vi era stata solo la figura misera e tapina che aveva appena fatto.
“IOVOGLIOGIOCARE” disse tutto d’un fiato il cyborg.
Robin spalancò gli occhi, interdetta “ Non ho capito” rispose, cercando di sollevarlo da terra.
Franky respirò a fondo e, ancora con la pancia sul pavimento, sollevò un bastoncino ricoperto di cioccolato “Voglio giocare!” ripeté con veemenza “Voglio giocare tutte le volte che vuoi, tutte le volte che lo desideri. E se questo pacchetto finisce, ne prenderò un altro e un altro ancora e…”
Robin posò l’indice sulle labbra dell’uomo che tacque.
Sorrise enigmatica ed afferrò il pocky.
Lo portò di fronte al viso e lo spezzò a metà e poi ancora, fino a ridurlo a un quarto della sua lunghezza originale “Facciamo finta di essere arrivati a questo punto” e lo strinse leggermente tra i denti, mostrandoli perfettamente bianchi e regolari tra le labbra tese.
Franky si avvicinò e morse l’altra estremità.
Quando entrambi rilassarono le labbra, il contatto fu inevitabile.
 Gli occhi di entrambi parvero illuminarsi come il sorriso che crebbe sui loro visi.
Il resto del pocky finì velocemente, ma il contatto delle labbra durò per tutto il tempo in cui ne rimase il sapore. E anche di più.
 
Un altro po’, solo un altro po’ e sarà tutto finito” Era questo che pensava la marine mentre vedeva avvicinarsi il volto del pirata.
Il bastoncino di pane rivestito al cioccolato si accorciava ad ogni secondo e l’odore di entrambi attraversò le loro narici.
Zoro non si era mai accorto del profumo di fiori di pesco che proveniva dalla ragazza nei loro scontri e dovette ammettere a se stesso che era veramente buono unito all’aroma di thé che proveniva dalla sua bocca.
Tashigi si sforzava di respirare con calma. Si sentiva terribilmente agitata e non voleva che lo spadaccino suo rivale se ne accorgesse. Il pungente odore di sakè penetrò nelle sue narici e per un attimo le fece arricciare il naso. Non reggeva l’alcool, non ne era mai stata capace e anche l’odore non le era mai piaciuto. Ma quello che sentiva non era semplicemente l’aroma pungente del sakè, oltre a quello vi era mischiato sudore e l’odore dello spadaccino che aveva sentito tutte le volte in cui avevano incrociato le spade e tutto ciò le sapeva di sfida, di adrenalina.
Sapevano perfettamente come doveva finire quel gioco ed erano entrambi decisi a rompere il bastoncino non appena le labbra si fossero sfiorate, ponendo così fine a quell’assurdo gioco.
Ecco. Il momento era giunto.
Il fiato di entrambi solleticava le guancie; Zoro cercò lo sguardo della marine, ma la ragazza aveva chiuso gli occhi; aveva delle ciglia così lunghe.
Tashigi diede l’ultimo morso, sentendo distintamente i denti del pirata scontrarsi con i suoi. Il contatto tra le labbra fu breve e la ragazza si ritirò non appena sentì la bocca del ragazzo sulla sua.
Zoro ingoiò l’ultimo boccone, assaporando la cioccolata amara mista al pane e fissando la ragazza che si era subito alzata dalla panchina, le braccia tese lungo i fianchi e l’espressione più indecifrabile che le aveva mai visto in volto.
“Questo gioco è finito, Roronoa!” esclamò austera; la marine che era in lei non l’aveva abbandonata neanche per un secondo.
“Per questa sera, dato che è il tuo compleanno, non ti arresterò” Tashigi teneva il mento alto mentre parlava, scandendo bene le parole per dare un senso di superiorità “Ma se domani sarai di nuovo sulla mia strada o qualcuno verrà a sapere di questo assurdo gioco, non avrò pietà”
Zoro la fissava immobile, il viso apatico, il braccio destro ancora poggiato sulla panchina. Non parlava e non si muoveva, la fissava e basta.
Tashigi fece un passo indietro, pronta a voltarsi, ma, stranamente, indugiò, con il fiato sospeso.
Che mi succede?”pensava “Perchè non voglio andare via?”.
Si morse il labbro, incerta su cosa fare, ma il senso del dovere era più forte e si voltò, intenta a prendere la sua strada lontano dal pirata.
A Zoro non era sfuggito il gesto. Non capiva molto la psicologia femminile, ma sapeva riconoscere qualcuno che non era pienamente convinto di fare una determinata azione e lei non voleva andare via.
 
Uno, due,tre.
Tashigi contava i passi lungo il vialetto poco illuminato.
 
Quattro, cinque, sei.
Zoro attendeva paziente. Che cosa aveva detto lei? “se domani sarai di nuovo sulla mia strada”
 
Sette, otto, nove.
 
“Che stupida che sono” Tashigi scosse il capo “Di certo non mi correrà dietro. Lui è un pirata, io una marine e…” si bloccò. Era una vana speranza, uno sciocco sentimentalismo che sospettava da tempo ma che aveva sempre rifiutato, soffocato dal peso del mantello che portava sulle spalle.
Scosse nuovamente il capo e riprese il suo cammino.
Due passi. Riuscì a fare solo due passi prima di ritrovarsi stretta tra due forti braccia, con il fiato spezzato da quello caldo dello spadaccino.
 
Eccolo. Era quello che aspettava. Un altro segnale, un solo altro segnale e sarebbe corso da lei. Quella notte non era ancora passata, era ancora il suo compleanno e lei non voleva andare via.
Si era fermata, dannazione! Si era fermata!
Non poteva prendere a calci il destino così. Quel profumo lo voleva, solo dopo quel breve contatto se ne era accorto.
Era quell’odore di fiori che aveva sempre sentito in battaglia ma che non sapeva appartenesse a lei,che gli ricordava quanto fosse entusiasmante incrociare le lame proprio con lei che non era mai prevedibile, mai priva di passione.
Erano solo delle ipotesi ma doveva tentare; prima che spuntasse il giorno doveva possedere quel profumo.
Ed eccoli lì, con lei stretta tra le braccia a sorridere.
Sorrise contro le labbra quando la sentì rispondere al bacio, quando le sue mani si avvinghiarono al suo capo e al suo collo per diminuire la distanza.
Si lasciarono solo quando il bisogno di aria era impossibile da soffocare.
Tashigi aveva le guancie paonazze, deglutì “Sei proprio un pirata!” commentò.
Zoro si leccò le labbra, ghignando “Ti piaccio per questo!” e ripresero a baciarsi, uniti in un tacito accordo che quella notte sarebbe stata solo per loro e che nessuno lo avrebbe mai saputo.
 
 
 
Lo scoppio del palloncino spaventò Chopper che si era addormentato.
“Sanji, non sono per spegnere le sigarette!” lo rimproverò il cecchino mentre si assicurava che il povero medico ricominciasse a respirare regolarmente.
Il cuoco non rispose, si alzò e cominciò a girare in cerchio, avvicinandosi allo scheletro canterino che senza voglia ed entusiasmo pizzicava le corde del violino.
L’intero ponte era adibito a festa. Coccarde e festoni colorati correvano da un albero all’altro, una lunga tavolata imbandita rendeva l’ambiente allegro così come le lanterne di carta variopinte appesa in alto e poggiate a terra. Solo i pochi partecipanti facevano a pugni con l’atmosfera di festa. I volti lunghi, l’espressione apatica ed annoiata.
“Ma che fine ha fatto Zoro?” sbottò il cecchino fissando le decorazioni “Facciamo una festa per lui e nemmeno si presenta!”
“Dove sono finiti tutti?” Brook stiracchiò le lunghe braccia.
“Franky starà lavorando a qualcosa” ipotizzò il cuoco “Nami-swan pure, mentre Robin-chan starà immersa in qualche entusiasmante lettura”
“E Rufy starà in cucina” aggiunse Chopper massaggiandosi il capo tra le corna.
“Lo escludo” esclamò Sanji, accendendosi una sigaretta “Ho chiusi tutto a chiave”
“E allora starà dormendo da qualche parte” disse Usopp, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Brook si alzò dalla sedia, imbracciando il violino e pizzicando le corde con l’archetto. Le note di un valzer aleggiarono nell’aria ed ebbero il potere di far rilassare i pirati presenti sul ponte.
“Questa è una notte molto romantica” esclamò all’improvviso il suonatore “Non mi stupirei di sapere che il capitano stia scoprendo l’amore tra le braccia della navigatrice, che Franky abbia trovato il coraggio di esprimere i suoi sentimenti per i grandi occhi blu della bella Nico Robin o che Zoro abbia perso la strada poiché invaghito da un dolce profumo di fiori. In fondo, oggi è il pocky day e sanno tutti che il cioccolato è afrodisiaco ”.
La musica si interruppe. I quattro si guardarono, soppesando le frasi del musicista per poi scoppiare in una fragorosa risata.
“Non accadrebbe mai!” esclamò il cecchino asciugandosi le lacrime e cercando di evitare di toccar il pavimento con il naso per quanto si contorceva dalle risate.
E mentre le risate si alzavano sul ponte, nessuno immaginava che delle vecchie ossa avessero inconsapevolmente ragione.




Angolo dell'autrice: alla vigilia di San Valentino metto il punto su questa mini-long sulle mie tre coppie preferite di One Piece.
Grazie a tutti voi per avermi seguito e atteso con pazienza anche questo capitolo, spero che vogliate farmi sapere se vi sia piaciuto come finale.
un bacio a tutti
fra_eater

 
  
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