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Autore: mirtyla    16/02/2016    2 recensioni
Francia, 2015. Con un divorzio alle spalle, la dottoressa Françoise de Jarjayes ritorna alla casa di famiglia di Arras per occuparsi del testamento del padre, pensando inoltre di prendere le redini del piccolo centro medico precedentemente gestito dal genitore. Ma una visita inaspettata cambierà le sue prospettive.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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André Grandier si asciugò vigorosamente dopo la doccia bollente, poi si mise l’asciugamano attorno al collo e cominciò a radersi con cura, guardandosi nello specchio appannato.
Capiva bene quello che doveva provare Françoise. Anche lui si sarebbe molto risentito se dal nulla fosse spuntato improvvisamente qualcuno che avesse avanzato pretese sul centro medico, a maggior ragione se accompagnato da una lettera del padre morto da poco. E a maggior ragione se questo qualcuno era scomparso dalla sua vita venti anni fa senza alcun motivo apparente.
Gli tornò in mente la figura di lei, rigida dalla rabbia, quando quel pomeriggio gli aveva ordinato di scendere dalla scala; e per qualche misteriosa ragione sorrise al ricordo dei suoi occhi azzurri che scintillavano esprimendo tutta la sua riprovazione. Non era una donna che accettava le cose facilmente Françoise de Jarjayes, niente affatto: e in questo André poteva dire che era rimasta la stessa che lui aveva conosciuto, indomita e fiera.
Si sentì prendere da un misto di rimpianto e tristezza per tutti quegli anni che si era perso e per tutto ciò che aveva lasciato dietro di sé ubbidendo a quell’impulso che lo aveva spinto a biasimare sua madre fino a rompere totalmente con lei e ad andarsene il più lontano possibile da tutto ciò che gliela ricordava. Eppure un tempo l’aveva amata con tutto il cuore, un amore che però era diventato odio; dopo tanti anni André poteva ancora percepire il risentimento e la disperazione che aveva provato quando tutto il suo mondo gli era crollato addosso.
Si passò una mano tra i folti capelli, pensando con tristezza che non avrebbe più potuto spiegarsi con sua madre.
All’improvviso provò un’invincibile stanchezza.
Gli ultimi giorni erano trascorsi come un sogno confuso.
Il viaggio da Marsiglia ad Arras gli era sembrato infinito, e anche l’intervallo di tempo tra la telefonata ricevuta dall’avvocato e il suo arrivo al centro medico gli appariva lunghissimo e allo stesso tempo avvenuto in un attimo.
Il letto della stanza gli sembrò estremamente invitante, quindi vi si distese rilassando ogni singolo muscolo. Pochi minuti dopo era caduto in un sonno profondo e senza sogni.





I colpi frenetici alla porta gli arrivarono attraverso la nebbia del sonno. André si girò di lato, cercando di ignorarlo per qualche minuto; poi, non potendo riuscirci, ruotò su sé stesso, mise i piedi a terra e si recò ad aprire la porta con passo rapido, rendendosi conto troppo tardi di essere vestito solo di un asciugamano avvolto attorno ai fianchi.
Lui e Françoise si fissarono per alcuni istanti, senza che nessuno dei due profferisse parola. Lei aveva un aspetto elegantemente sportivo, in jeans, stivali neri e ciclista rossa.
- Come mi hai trovato? -, domandò André, con la bocca ancora impastata di sonno. Subito dopo pensò che non era il massimo per aprire la conversazione dopo la scena della sera precedente, ma non gli era venuto in mente niente di meglio.
- Non siamo nel centro di Arras e non ci sono molti b&b qui -, spiegò Françoise, anche lei ostentando una finta disinvoltura, - Ho deciso di andare a caso, e ho avuto fortuna alla prima.
André abbozzò un sorriso imbarazzato.
- Be’...entra -, la invitò, facendosi di lato, - E scusa per come mi trovi, non....
Françoise lanciò un’occhiata allo snello corpo atletico che aveva davanti. André era un uomo davvero in forma, non c‘era niente da dire. Possibilmente l’età lo aveva migliorato, eliminando le sproporzioni dell’adolescenza per lasciar spazio a un fisico scolpito dalla sua stessa maturità.



- Guardami, Françoise! Adesso mi tuffo, guardami! >br>


Françoise si riscosse di colpo, stupendosi lei stessa di quelle considerazioni che le erano venute spontanee alla mente.
- Non è un problema, vedo pazienti tutti i giorni -, replicò piatta, stringendosi con noncuranza nelle spalle, - Ma se disturbo posso tornare più tardi.
Lui le rivolse uno sguardo intenso mentre il volto gli si distendeva in un leggero sorriso.
- Adesso va benissimo, Françoise -, rispose, - Se mi aspetti un attimo vado a mettermi qualcosa addosso. Intanto siediti.
Lei si accomodò in una delle due poltroncine di velluto verde, poi lo seguì con lo sguardo mentre attraversava la stanza per raggiungere la piccola cabina armadio. In cuor suo si rimproverò per averlo trattato come l’ultima delle canaglie. André sembrava essere esattamente il contrario, alla fine, e forse sarebbe stato giusto da parte di lei potergli offrire una possibilità di dialogo. Non era in fondo quello che le aveva chiesto suo padre? E non era questo, forse, l’ultima occasione di tendergli la mano, seppur attraverso la distanza della morte?
- Posso offrirti un caffè, un tè...? -, le domandò André, indicando il vassoio con il bollitore disposto accuratamente su un mobile accanto alla porta.
Françoise sobbalzò, ancora mezza assorta. Presa dai suoi pensieri non si era accorta che lui era tornato.
- Sì...sì, grazie-, ripose confusamente, - Un caffè, senza zucchero.
André preparò la bevanda con gesti precisi e le porse il bicchiere, quindi si sedette a sua volta. Françoise osservò il liquido scuro, poi sollevò di nuovo lo sguardo verso di lui: indossava un paio di jeans e una T-shirt simile a quella del giorno precedente, e sembrava del tutto incurante delle nuvole minacciose che, nonostante fosse ancora estate, promettevano pioggia e freddo. Lei, con quegli stivali, si sentì improvvisamente eccessiva e inadeguata.
- Volevo chiederti scusa per la mia reazione di ieri, Françoise-, cominciò lui, guardandola negli occhi, - Sinceramente.
-E io per la mia -, annuì lei, abbozzando un sorriso incerto, - Non parliamone più, vuoi?
Lui annuì a sua volta, sorridendo con un’espressione incoraggiante che rassicurò Françoise.
- Bene...-, decise quindi di cominciare, – Come hai intenzione di procedere?
André sollevò le spalle con fare dubbioso.
- A dir la verità, non so ancora -, le rispose, - Vorrei provare a dedicarmi al centro, sì. Certo ha bisogno di una bella ristrutturazione e dovrei trovare dei fondi, e poi ho ancora diverse cose da discutere con Normand....
- Spostarsi qui da una grande città non sarà facile-, obiettò lei.
André cambiò espressione.
- Una volta mi piaceva stare qui -, replicò, - Marsiglia mi piace molto, oramai la considero la mia città...Ma ci ho vissuto per molto tempo e non mi dispiacerebbe spostarmi.
Sollevò lo sguardo verso la finestra attraverso la quale si scorgeva il cielo plumbeo.
- E’ sempre bellissimo qua....-, commentò; Françoise fu certa di udire un tono di rammarico nella voce, e si affrettò a cambiare argomento nell’intento di stemperare la tensione.
- E...la tua famiglia è disposta a venire qua? -, cominciò, esitante, - Voglio dire, sei sposato, o....
Cretina, si disse nell’esatto momento in cui le parole le uscirono di bocca. Come diavolo le era venuto di fargli quella domanda? Di certo non era il modo di metterlo a suo agio, e comunque non erano affari suoi.
Lui scosse la testa.
- Nessun legame, no -, sorrise, - E tu? Sposata, figli...?
Françoise bevve un grosso sorso di caffè che le bruciò la gola.
- No, no -, rispose, cercando di assumere un tono leggero, - Nessun impegno nemmeno per me...Sono fin troppo impegnata a vivere la mia vita.
- Molto saggio -, rise André, - Molto saggio davvero...Ma ora pensiamo agli affari, ti va?
- Concordo -, approvò lei, prima di finire frettolosamente il caffè. Gli era grata per quel cambiamento repentino che lui aveva deciso di dare alla conversazione: in generale non aveva nessuna intenzione di parlare di relazioni sentimentali, e in particolare non aveva intenzione di parlare del suo matrimonio con Hans Fersen.
Tuttavia, per quanto André le sembrasse affidabile e propositivo, c’erano ancora tante cose da chiarire, e tante cose alle quali non riusciva a dare una collocazione. Decise quindi di essere diretta e di esprimergli tutte le sue perplessità.
- Devo confessarti, André -, iniziò, - che non sono sicura di essere entusiasta all’idea che tu piombi qui e diventi titolare del centro medico. Non sono certa che mio padre si rendesse conto fino in fondo de...
Andrè alzò entrambi le mani.
- Calma, Françoise -, la interruppe, - Ti è rimasta l’abitudine di saltare subito alle conclusioni, vero?
Lei non fiatò, turbata da quel commento.



-Tu sai sempre tutto, non è vero, Françoise de Jarjayes?
- Ma che diavolo dici, eh?
- La verità: tu sei testarda come un mulo e hai sempre ragione, e non c’è mai modo di farti cambiare idea. E...
- Smettila, stupido!
- Stupido a chi?!
- A te, André Grandier! E se non la finisci di insultarmi ti inseguo fino al pontile e poi ti butto in acqua, e....
- Ah sì? Provaci! Voglio proprio vedere se ne sei capace....




- Non ho intenzione di piombare proprio su niente -, continuò lui, - Ma se sono stato nominato proprietario della struttura dovrò prendermi le mie responsabilità...E se non ti dispiace le vorrei prendere alla pari con te.
La fissava dritta negli occhi, e Françoise si sentì invadere da un calore che non aveva mai avvertito prima.
- Io...-, balbettò.
André si sporse verso di lei e le premette una mano sul braccio.
-So che tuo padre accarezzava questo progetto -, proseguì, - E so anche che tu....
Françoise annuì, lentamente. La mano di lui era incandescente sul suo braccio.
Dagli una possibilità. Vuole meritarsela.
- Non...non so nulla di te, André... -, esitò.
Dagli una possibilità. Una sola.
- Intendo dire della tua esperienza lavorativa..-, si affrettò a precisare subito dopo: in alcun modo avrebbe voluto che riaffiorassero le polemiche del giorno prima.
Lui annuì comprensivo.
- Certo –, rispose - Mi sono specializzato in pediatria, ma ho una lunga esperienza anche nell’intervento d’emergenza. L’Hôpital Européen di Marsiglia potrà darti ottime referenze su di me...Ma ora che ci penso neanch’io so niente della tua esperienza, Françoise!
La guardava sorridendo, come se volesse farle capire che non c’era niente di accusatorio in quell’esclamazione; tuttavia lei non riusciva a restituirgli il sorriso. C’erano ancora troppe cose rimaste in sospeso, troppi punti oscuri.
- Sono medico chirurgo -, gli rispose senza troppa enfasi, - Tutto qui.
Non aveva voglia di ricordare quella specializzazione decisa con Hans e scelta insieme a lui perché era una passione che accomunava entrambi, e infine diventata motivo di rancore e rivendicazione come ogni altro aspetto che aveva riguardato la loro vita insieme.
- Ma perché lasciare Marsiglia così di colpo, André? -, domandò, decisa a riportare la conversazione su un territorio meno impervio.
- Voglio dire, anche se mio padre ti ha lasciato il centro...
André indugiò prima di rispondere, come se stesse cercando le parole adeguate.
- Alla fine ho sempre pensato che prima o poi sarei dovuto tornare qua -, esordì poi, - E forse questa è l’occasione giusta per farlo.
Che poi è quello che mi ha scritto mio padre, pensò Françoise.
E che voleva Marie.
- Bisognerà che tu impari qualcosa su come si esercita qui -, opinò, - Immagino sia molto diverso da Marsiglia...
- Penso che la gente soffra delle stesse malattie ovunque -, fu la replica di lui.
- Certo -, concordò Françoise, - Ma questa è una realtà differente. Qui, come sai, ci troviamo a Anzin-Saint Aubin, anche se mio nonno, in un accesso di megalomania, lo ha chiamato Centro Medico di Arras...Siamo abbastanza distanti dalla città e l’ospedale più vicino è il Centre Hospitalier d’Arras, ma noi ci occupiamo soprattutto di quelle persone che per un motivo o per un altro non possono raggiungerlo. Seguiamo anche le degenze post operatorie di chi vive in zone lontane e non ha nessuno che lo assista, e abbiamo anche una piccola sala operatoria che si occupa degli interventi più semplici.
- Molto bene -, annuì André, - C’è altro da sapere?
- Abbiamo moltissime chiamate d’urgenza da parte dei turisti, in estate -, gli rispose lei.
- Ho capito -, concluse lui, - Non credo che sarà difficile.
Françoise si concentrò per qualche istante sul fondo del bicchiere, poi sollevò di colpo gli occhi. - Dovremmo preparare una bozza d’accordo per la nostra collaborazione....-, obiettò, riluttante, - E quando pensi di poter cominciare, a proposito?
- Devo avere due settimane di ferie -, le rispose prontamente André, - Le userò come preavviso per congelare il mio incarico.
Lei scosse ripetutamente la testa in segno di approvazione.
- E... per il trasloco? -, chiese poi.
André fece un lieve sorriso.
- Non è che ci sia molto da portare -, replicò, - Sono uno che viaggia leggero, e ho con me quasi tutto quello che mi serve. Per il resto ho un collega che può spedirmi tutto con calma.
Lei si morse un labbro, poi si mise a picchiettare con l’indice sul bordo del bicchiere con aria pensosa.
Non era ancora sicura di essere disposta ad accogliere André a braccia aperte.
Però lui era lì, e lei aveva un bisogno disperato di aiuto per mandare avanti il centro medico.
Lui sembrò indovinare i suoi pensieri: rapidamente si alzò dalla poltroncina e le si chinò di fronte, appoggiando entrambi i palmi sulle ginocchia di lei.
- Concedimi sei mesi, Françoise -, le chiese con voce ferma, guardandola dritta negli occhi, - Sei mesi per lavorare insieme e per capire se possiamo farcela. Se non succederà, non sarai certo tu ad andartene.
Per alcuni secondi Françoise rimase immobile, con gli occhi fissi in quelli di lui.
- D’accordo -, acconsentì poi, riscuotendosi, - Nel giro di una settimana preparerò una bozza di contratto per una collaborazione di sei mesi.
Un brivido leggero, al quale non avrebbe saputo dare un nome, le correva lungo la schiena. Lei si alzò di scatto, confusa.
- Adesso devo scappare -, concluse, - La sera vado sempre a trovare mia madre.
- Vive da queste parti? -, domandò lui, alzandosi a sua volta.
- Ha un appartamentino nel centro di Arras -, gli rispose Françoise, - E’ riuscita a rifarsi una vita decente dopo aver lasciato mio padre.
André annuì senza rispondere, poi aprì la porta e le fece strada fino all’uscita del bed and breakfast. Fuori aveva preso a piovigginare e l’aria profumava di terra bagnata. Stava venendo l’autunno e presto le giornate sarebbero state scure e fredde. André pensò tristemente che sarebbe dovuto tornare prima se non avesse seguito la sua ostinazione.
Il cellulare di Françoise prese a suonare insistentemente, distogliendolo da quelle riflessioni.
- Il centro -, esordì lei dopo aver controllato il display, - Devo andare.
   
 
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