Eeeee buon MiSawa
day (L)
Quando ha il turno di sera e tocca a lui fare chiusura, Kuramochi
torna a casa con giusto la forza di mangiare un boccone – se non ha già
approfittato della bontà d’animo del loro cuoco – e di darsi una lavata veloce
prima di morire sul letto. Il lavoro di cameriere non è particolarmente
difficile, specie se si è spigliati abbastanza; a fine giornata, però, le sue
gambe implorano pietà in un modo diverso da come facevano dopo gli allenamenti
al liceo.
Tuttavia, quando invece ha la fortuna di avere il turno che va dall’ora di
pranzo a poco prima dell’ora di cena – dovuto al fatto che da loro non si
servono unicamente i pasti completi ma anche i dessert con cui una clientela
per lo più femminile si intrattiene nei pomeriggi – approfitta volentieri di
una serata tranquilla in casa propria.
Per inciso, quindi, i suoi piani per quel giorno erano ben diversi dal
ritrovarsi Sawamura nella stanza, svaccato sul suo letto e con la faccia
affondata nel suo cuscino, a brontolare cose che non è nemmeno sicuro di
comprendere appieno; l’unico dettaglio di cui è certo è che c’entri Miyuki,
perché Eijun lo ha letteralmente angosciato
con la storia dell’appuntamento. Dubita sia un caso che l’altro si sia
presentato da lui proprio di ritorno da quel presunto appuntamento, e che
l’abbia fatto senza nemmeno passare da casa propria a cambiarsi.
Kuramochi mentirebbe se dicesse di non avere a cuore Eijun, perché dopo quasi
tre anni di conoscenza e di frequentazione data dall’essere vicini di casa, non
sarebbe vero. Sono entrambi persone portate ad affezionarsi a chi li circonda,
e a non imparare anche se in passato qualcosa non è andata come speravano.
Sawamura se possibile ha una fiducia ancora più incrollabile della sua, ed è
proprio per questo che Kuramochi ha avuto chiaro fin dall’inizio che qualsiasi
cosa avesse detto, l’altro non avrebbe rinunciato all’appuntamento.
«Se mi riempi di moccio il cuscino ti ammazzo.» pronuncia, le braccia
incrociate al petto e seduto alla scrivania nella propria stanza, lo sguardo su
Eijun che non accenna a muoversi dalla sua posizione. Kuramochi sbuffa
sonoramente, recupera un foglietto di carta destinato comunque a essere buttato,
lo appallottola e lo lancia dritto contro la testa di Sawamura: ancora nessuna
reazione.
«Mi dirai prima o poi che è successo, o ti trasferisci a casa mia, Eijun?»
sbotta quindi, esasperato ma senza alzare la voce; vede l’altro voltare appena
la testa e sbirciare nella sua direzione. Non si nota, visto che il braccio
copre in parte il suo viso, ma Youichi è sicuro che ci sia un broncio da
qualche parte.
«Miyuki è un bastardo.»
«Non mi stai dicendo nulla di nuovo.» commenta. Sa che chiunque lo senta
parlare di Miyuki immagini quasi sempre che ci sia stato un burrascoso passato
con loro, qualcosa che abbia lasciato a entrambi un rapporto insanabile. In
verità hanno semplicemente un’amicizia particolare, un modo di fare diverso
dall’amico medio, e sono entrambi inclini a insultarsi e sfottersi più o meno
velatamente; ma Kuramochi sa che in fondo Miyuki è meno peggio di quanto
sembri.
Da lì a difenderlo a spada tratta, comunque, ne passa.
«Mi pentirò di quanto sto per chiederti e ti giuro, se entri nel dettaglio più
del necessario te la faccio pagare.» prosegue, e nella testa di Sawamura c’è
già l’immagine di Kuramochi che lo chiude in una morsa terribile dell’ennesima
mossa di wrestling, soffocandolo definitivamente.
«Che è successo?» domanda secco Kuramochi ed Eijun un po’ se lo aspetta, un po’
no. Alla fine si tira su, mettendosi a sedere con la schiena contro il muro –
un lato del letto di Youichi poggia contro la parete – e porta il cuscino al
petto, affondandovi il mento e parte del broncio che ora è evidente.
«Ha… non ha—»
«Oh cristo, non cominciare a balbettare come una ragazzina da fumetto di terza
categoria!» implora Youichi perché è già atroce fare da consulente amoroso,
farlo a Sawamura e farlo quando la controparte è Miyuki; almeno i sospiri
sognanti, gli occhi che brillano e rose di dubbio gusto sullo sfondo se li
vuole risparmiare. Eijun per un attimo dimentica l’oggetto della conversazione
e assume un’aria indignata, ribattendo che non si sta comportando affatto in quel modo. Sbraita un po’, Youichi
gli lancia un’altra pallina di carta, e cade di nuovo il silenzio.
«Mi ha baciato. Più o meno.»
«Che schifo.» è il commento immediato «E che diamine significa più o meno?»
«Cioè, non proprio un bacio serio. Più spostato. Più…
più.»
«Sto per vomitare.»
«Ma lo hai chiesto tu, Youichi-san!»
«Perché stai piagnucolando da trenta fottutissimi minuti sul mio letto, come se ti avessero ucciso il
gatto e io volevo solo fare nottata a giocare ai videogiochi e invece devo
sentire di te che sei uscito con quello stronzo di Miyuki e che ci hai fatto
cose che non voglio alimentino i miei incubi!
Ma quando ti lagni sei più fastidioso di una spina nel culo, quindi falla breve
e meno dettagliata possibile!» gli sbraita contro, raggiungendolo per avere
almeno la soddisfazione di dargli uno scappellotto più forte di quanto
servirebbe.
Si fissano e sospirano entrambi, Youchi in maniera
più rumorosa, Eijun tra l’offeso e il rassegnato.
Eijun non sa se definire la chiacchierata con Kuramochi imbarazzante o utile a
sentirsi più calmo, forse perché è stata entrambe le cose. Non è meno confuso
dal gesto di Miyuki di baciarlo all’angolo della bocca, dove non si tratta di
un bacio vero e dal quale non può tirar fuori alcuna risposta – non un “questo è il primo e ultimo appuntamento che
abbiamo”, ma nemmeno un “usciamo
insieme”.
Lui non è fatto per pensare, e cercare di farlo tenendo conto di cosa potrebbe
agitarsi nella mente dell’altro è pura utopia. Miyuki è una persona complessa
sotto ogni punto di vista, e per quanto Eijun sia sicuro di averlo inquadrato
almeno un poco, non può di certo vantarsi di esserci riuscito al punto da non aver
bisogno che l’altro gli parli chiaramente; peccato che sperare in un discorso
chiaro e a cuore aperto da parte di Kazuya sia assurdo quasi quanto ritrovarsi
un Furuya loquace.
«Eijun-kun?» è il richiamo di Haruichi a riportarlo alla realtà, la mano sulla
maniglia del vagone in cui si trova che stringe appena più forte, mentre lui
lascia uscire un sospiro lungo dalle labbra e porta lo sguardo verso il basso.
L’amico è seduto di fronte a lui e ha il volto leggermente alzato per
guardarlo: a volte Eijun non sa dire cosa l’altro pensi, ma sa bene che
raramente sbaglia, specie quando si tratta di indovinare qualcosa che lo
riguarda. Gli piace l’amicizia fra loro, e si fida completamente dell’altro:
non è un caso Haruichi sia stato l’unico a cui abbia parlato dell’attrazione
per Miyuki ancora prima di dichiararsi al diretto interessato, e non solo
perché Kominato – tramite il fratello – conosceva già l’ex ricevitore.
«Stai meglio?» gli domanda l’altro, con un sorriso discreto ma gentile. Eijun
tace, in un primo momento, per poi annuire lentamente.
Sono più o meno quattro settimane che limita i suoi contatti con Miyuki alle
ripetizioni del sabato, se non si conta la partita di quasi quindici giorni
prima, che è stata un vero disastro; non il “durante”: ha scoperto che giocare
con Miyuki è qualcosa di quasi ipnotizzante per certi versi, ed entusiasmante
per altri. Per tutta la durata della partita Eijun non era riuscito a fare
altro che concentrarsi sui segni di Miyuki, sul suo guantone, sulla certezza che
avvertiva quasi sottopelle che qualunque lancio avesse fatto, l’altro sarebbe
riuscito a prenderlo. Benché non avessero mai giocato insieme prima, mai una
volta si era ritrovato a dubitare di un segno di Miyuki o della sua guida nel
gioco – ed era così strano, perché al di fuori di quella parentesi fatta di
baseball, Eijun non riusciva a trovare una sola cosa dell’altro che non gli
insinuasse dubbi e confusione nella testa.
Il problema era stato quando la partita era finita, l’entusiasmo era andato
scemando e l’adrenalina aveva smesso di scorrergli nel sangue rendendolo
euforico senza alcun motivo; a quel punto tutte le sensazioni gli erano
caracollate addosso ancora una volta e ignorarle non era facile quando il
proprio savoir faire è
pressoché inesistente.
Ogni sabato in cui lo ha visto, invece, è stato in un certo senso più semplice:
lo ha salutato e ha ascoltato le correzioni agli esercizi; ogni tanto hanno
scambiato qualche chiacchiera durante la pausa – se la gamba gli ha dato altri
problemi, il torneo
interscolastico, cose del genere – ma mai Eijun ha accennato a quanto avvenuto
durante l’appuntamento, né a come se n’è andato dandogli del bastardo.
Nel mezzo c’è stato anche Natale, poi, una cosa che ha sempre messo Eijun di
buon umore nonostante tutto, perché la casa si riempie di chiacchiere e di
persone, nel via vai di parenti che vanno a trovarli da quando si sono
trasferiti, senza contare la visita da parte proprio di Haruichi e di suo
fratello.
Loro e la famiglia di Kuramochi si sono uniti nella festa della Vigilia,
facendo un unico cenone perché sarebbe stato inutile farne di separati per poi
andarsi a trovare a vicenda di lì a poco per gli auguri. Kuramochi non gli ha
chiesto altro, né Ryousuke – nell’accompagnare Haruichi a portare a Eijun il
suo regalo prima di andare dai propri parenti – ha accennato a quando Sawamura è
stato alla sua università.
Avrebbe potuto mandare gli auguri a Miyuki ma non lo ha fatto, finché non gli è
arrivata una mail in cui l’altro ne ha scritti per lui e la sua famiglia; a
quel punto ha dovuto rispondere per forza di cose e si è sentito lo stomaco
così stretto da fargli passare buona parte dell’appetito.
«Eijun-kun.» pronuncia Haruichi, il tono più fermo e in qualche modo deciso,
segno che non ha creduto a quel suo annuire: «Dovresti parlare con Miyuki-san.»
azzarda quindi, ritrovandosi un Sawamura che lo fissa ad occhi sgranati.
«Non è meglio che restare così confusi? Chiedigli una spiegazione. Te la deve,
dopotutto, e non credo si rifiuterà di dartene una.» aggiunge, anche se in
questo c’è una punta di bugia – conosce superficialmente Miyuki, quindi non è
così sicuro l’altro risponderà senza battere ciglio,
ma conosce bene Eijun e sa che se non glielo assicura, forse l’amico non si deciderà mai davvero. Eijun è una persona che prende di
petto questioni e rapporti, ma Haruichi non trova poco da lui quanto sta
succedendo, forse perché ha saputo prima di chiunque altro e lo ha visto
confuso, entusiasta di quegli incontri settimanali anche se erano per studiare;
ha visto Eijun tornare a scuola dopo un week-end e impegnarsi come non mai
nello studio, rivelandogli con un sorriso contagioso che aveva strappato una
promessa (“più una scommessa, ma che
importa!”) a Miyuki se avesse superato i test con un voto concordato
all’ultima lezione.
Non è affatto sicuro che le cose possano risolversi per il meglio o che l’amico
sia corrisposto, ma vederlo arrovellarsi su cose del genere gli fa sentire un
po’ la mancanza dell’Eijun a cui è abituato.
Lo ritrova però in un annuire più deciso e un broncio leggero, accompagnato dal
borbottio: «Dopo le feste.» che trasforma quella fuga fatta di contatti
limitati in un prendere tempo per prepararsi alla sua personale lotta.
Va bene così.
Eijun adora sua madre, ma come ogni adolescente ha avuto e ha dei
momenti in cui ha sentito di volerla strozzare con le proprie mani. Uno di quelli
è quando, rientrato in casa, si è ritrovato Miyuki Kazuya nel salotto a
prendere un tè con suo nonno.
Se il gelo che ha lasciato in strada potesse renderlo una statua di ghiaccio,
lo sarebbe già diventato.
Lo sguardo di Miyuki per un istante gli suggerisce che non era lì che voleva
essere al rientro di Eijun o, comunque, non voleva trattenersi a tal punto. Nel
panico che gli ha appena ucciso lo stomaco in una manciata di secondi, Eijun
gli riconosce una totale mancanza di colpa: sa che sua madre adora Miyuki, che
gli è grata per l’impennata di voti del proprio figlio – “impennata”
considerando la media precedente, chiaro –, ed è conscio del fatto che la sua
famiglia sia ospitale per natura genetica visto come la cosa faccia anche parte
di lui.
Non incolpa nessuno, ma al tempo stesso vorrebbe gridare che è palese lo
vogliano morto, specialmente quando sua madre, approfittando del suo rientro,
decide che è una buona idea dare un colpetto sulla spalla di Miyuki e
pronunciare un: «Insisto, Miyuki-kun, perché ti fermi
per la cena. Ti dobbiamo almeno un ringraziamento per l’aiuto che hai dato a
Eijun.»
Miyuki non ha modo di rifiutare, e un’occhiata di Sawamura Eitoku
basta a Eijun per capire che una frase come “lo hai già ringraziato visto che le mie ripetizioni le paghi”
potrebbero valergli una sberla che sarebbe seconda solo al manrovescio di
quando aveva dieci anni e per ripicca aveva disegnato qualcosa di molto stupido
sulle mutande preferite del nonno.
Non vuole ripetere assolutamente l’esperienza.
Mettere a posto le scarpe all’ingresso, indossare per bene le pantofole, salire
in camera a sistemare la borsa che aveva con sé, mettere a posto il cappotto e
indossare una felpa calda e comoda non bastano a calmarlo e a far sì che possa
mostrare un’espressione normale quando in salotto si ritrova solo con Miyuki.
Ha detto ad Haruichi “dopo le feste”, e per lui significava “dopo Capodanno”,
invece si ritrova al trenta di dicembre con Miyuki Kazuya nel suo spazio vitale
e non sa perché. Potesse lo caccerebbe fuori di casa, ma la verità è che sa lui
per primo di non avere un motivo valido per farlo.
«Sono passato da Youichi perché a Capodanno non sarò a Tokyo e probabilmente
sarà un incubo mandargli gli auguri. Non che a noi cambi molto, ma i suoi ci
tengono abbastanza.» commenta Kazuya senza che Eijun abbia fatto alcuna
domanda, adocchiando la tazza di tè ormai vuota: «Ho pensato, già che c’ero, di
passare anche da voi.» e nel tono di voce a lui sembra di cogliere un “non
credevo sarei finito a cenare qui”.
Eijun annuisce, sospira, e anche se le prime due parole che gli vengono in
mente non sono proprio concilianti o accoglienti, le relega in un angolo di
mente perché rasenterebbe il ridicolo arrabbiarsi di nuovo. Anche se è ancora
convinto di averne pieno diritto.
«Almeno hai fatto gli auguri a Youichi-san?»
s’informa per non far cadere un silenzio che odierebbe più del solito.
«No, ha il turno di sera al lavoro.» liquida la questione Miyuki, puntando gli
occhi sull’altro, come se stesse cercando di leggere la situazione e capire
cosa può dire e cosa no – non fosse che al momento Eijun non lo crede per
niente capace di tanta accortezza nei suoi confronti, anche meno di quanto lo
credesse prima, il che è tutto dire.
Le cose vanno meglio quando sua madre lo chiama dalla cucina, e lui si rimangia
mentalmente ogni istinto omicida nei suoi confronti; borbotta una mezza scusa e
sparisce nel corridoio che collega salotto e cucina, per riaffacciarsi poco
dopo nella stanza ed elencare una serie di piatti che la signora Sawamura vuole
essere sicura piacciano a Miyuki.
Eijun si impegna a sparire quando ha avuto le informazioni che voleva, ma
Miyuki fa lo stesso – si assicura di recuperare la tazza usata per il tè così da
avere un motivo di spostarsi in casa d’altri e raggiungere gli altri due. Si
ritrova a guardare madre e figlio nello stesso spazio, una cosa che è abituato
a vedere per il tempo di qualche scambio, visto che di solito lei lascia Eijun
e Miyuki nella stanza del primo perché possano studiare.
Non si è mai preso il tempo di guardarli a lungo e lo fa ora, non stupendosi
molto di come Eijun in cucina rischi di essere più un tornado che fa cadere
tutto piuttosto che un valido aiuto, ma nemmeno del modo in cui si sporge a
baciare la guancia della madre con una naturalezza unica e un affetto
smisurato. La supera di tutta la testa, ma sembra un bambino nel modo in cui le
sorride perché ha accettato di fare il piatto che gli piace e che ha
espressamente richiesto.
Decisamente da Sawamura, si ritrova a
pensare Miyuki: quello è proprio il calore che ha sempre percepito venire da
Eijun, qualcosa che non ha a che fare con la temperatura corporea, e non sembra
affatto strano notarlo come carattere distintivo della famiglia intera; sembra
solo un puzzle che combacia perfettamente con l’ultimo pezzo aggiunto per
completarlo.
Eijun, si dice, è proprio come se lo aspettava.
La cena è meno drammatica di quanto si possa pensare. Se Eijun dovesse
trovare un momento imbarazzante, questo non comprenderebbe né silenzi pesanti
tra lui e Miyuki, né occhiate indesiderate o riferimenti al loro appuntamento;
Eijun sceglierebbe piuttosto gli aneddoti che suo nonno ha deciso di
condividere con l’ospite, o una battuta di suo padre che riscuote un gran
successo tra i vecchi amici d’infanzia di Eijun ma che a Tokyo – dove la realtà
della campagna è vagamente registrata come qualcosa che sì esiste, ma lontana
da lì – dubita sortisca lo stesso effetto.
Eppure Miyuki è impeccabile nei suoi comportamenti, tanto che Eijun ha anche
pensato fosse assurdo perché andiamo, hanno solo un anno di differenza eppure a
volte quel bastardo sembra lontano anni luce anche in quello.
Il problema nasce dopo, quando la cena è ormai finita e sua madre sta
recuperando gli ultimi piatti dal tavolo, mentre la tv accesa manda la notizia
che i treni sono stati fermati per il maltempo. Fuori la neve si è ammassata
così tanto che quando Eijun prova a uscire con le scarpe da ginnastica
indossate alla bell’e meglio, affonda nella neve fino alla caviglia e rimpiange di aver anche solo tentato.
Sua madre lo richiama dentro, e si rivolge a Miyuki, perché gli autobus
sostitutivi non passano più a quell’ora, e di certo l’altro non può pensare di
tornare a piedi; la signora Sawamura lo invita a passare la notte lì ed Eijun
ha un moto di amore incondizionato per suo padre quando fa notare che “forse Miyuki-kun
si sentirebbe più a suo agio con Youichi-kun visto
che si conoscono dal liceo”.
Esce fuori che Kuramochi è, ovviamente, bloccato al lavoro e costretto a farsi
ospitare da un collega; viene da sé che sia più sconveniente chiedere ai
Kuramochi di ospitare un amico del figlio quando il suddetto figlio non c’è, e
non ci vuole molta insistenza perché Miyuki stesso si arrenda all’evidenza di
dover dormire in casa Sawamura.
«Dovevi partire questa sera, Miyuki-kun?»
«Fortunatamente no, Sawamura-san. Contavo di partire
comunque domani verso pranzo, perciò dovrei cavarmela con uno dei primi autobus
in mattinata.»
Eijun cerca di prestare attenzione allo scambio tra l’altro e sua madre, oltre
che al futon che sta portando nella
propria camera; a un certo punto, mentre manda Miyuki in bagno perché faccia
per primo e sua madre sistema il materasso, manda anche una mail ad Haruichi. È
una cosa assolutamente inutile, ma ha davvero bisogno di scrivere a qualcuno
che “Miyuki Kazuya sta per dormire in
casa mia, Harucchi se resto nel vialetto dici che congelo?”, per quanto
stupido sia – e lo è parecchio.
Si dà il cambio con l’ospite e si prende il suo tempo in bagno, tanto che sua
madre passa a bussare lì per augurargli la buonanotte; ne esce con il pigiama
che altro non è se non una tutta vecchia ma calda, le posa un bacio sulla
guancia e percorre corridoio e scale per raggiungere la sua camera.
Quando entra ha ancora qualche momento grazie al dover posare i vestiti al loro
posto, ma finito anche quello non ha altra scelta se non parlare. Fissa Miyuki
per qualche attimo, e poi sospira: «Prendi tu il letto.»
Se ne pente nel momento esatto in cui nota il sorrisetto sulle labbra
dell’altro.
«Non servono tutte queste premure, Sawamura, davvero.» assicura divertito,
restandosene seduto sul futon steso a
terra così vicino al letto di Eijun che deve fare attenzione a non pestarlo per
raggiungere il proprio materasso. Resta ancora fermo dove si trova, scuotendo
la testa: «Sei un ospite, dormi tu sul letto.» insiste.
«Sei troppo basso, starei scomodo nel letto.»
«Ma se sono alto quanto te! E crescerò anche!»
ribatte, avvicinandosi istintivamente solo per rimpiangerlo dopo, ma Miyuki ha
già allungato una mano e gli ha dato un colpetto alla fronte, ridacchiando:
«Torna a dirlo quando mi avrai superato.» lo prende in giro, ma con fare
bonario, come se finalmente entrambi si fossero tolti almeno un piccolo peso –
è la prima, vera frase che si rivolgono al di fuori delle lezioni e di una cena
in cui passarsi del cibo l’un l’altro oltre la tavola.
Miyuki decide di arrendersi quando sente l’ennesimo sospiro alle
proprie spalle e il rumore di un corpo che si muove sotto le lenzuola. Si
volta, ritrovando la schiena di Sawamura e la sveglia sul comodino di lui che
segna l’una e dieci di notte. Hanno spento le luci che era da poco passata la
mezzanotte, quindi è un’ora che Miyuki sente l’altro muoversi nel letto, di
sicuro sveglio e chiaramente incapace di fingersi addormentato.
Poco prima, non sa dire quanto, può giurare di averlo sentito alzarsi a sedere
e fare per mettersi in piedi – lo ha chiamato a bassa voce ma Miyuki non ha
risposto, sicuro che l’altro fosse deciso a ritrattare la questione letto, per
nulla convinto a lasciarlo dov’era. In assenza di replica Eijun si è nuovamente
sdraiato, ma non sembra trovare una posizione.
Miyuki si arrende perché, davvero, vorrebbe prendere l’autobus presto domani e
farlo con più di due ore di sonno, il massimo a cui può aspirare se Sawamura
continua a rigirarsi nel letto. Si tira su a sedere, scostando le coperte, e
stringe gli occhi per distinguere alla meno peggio i contorni; non recupera gli
occhiali, dal momento che dovrebbe comunque toglierli da lì a breve, e si
limita ad alzarsi in piedi senza dover percorrere chissà quale distanza per
ritrovarsi vicino al letto di Eijun.
L’altro si volta nello stesso momento in cui Miyuki scosta le sue coperte con
tutto l’intento di mettersi al letto – come c’era da aspettarsi Sawamura prima
si irrigidisce e poi si gira di scatto, e nel buio Miyuki non ne è sicuro ma quasi
si immagina l’espressione allucinata dell’altro.
«Che stai facendo?!» sibila, facendogli spazio involontariamente,
allontanandosi verso il lato opposto.
«Ti giri da un’ora, se sei così preoccupato che io prenda freddo, tanto vale
che dormiamo entrambi nel letto.»
«Perché dobbiamo dormire insieme?!»
«Perché hai un solo letto?» ribatte come se fosse un’ovvietà. Per la verità non
lo è, ne è consapevole, ma non vuole far dormire Eijun a terra – prima di tutto
perché è casa sua, e secondo perché… beh, non ci
trova un vero motivo, escludendo il fatto che non stanno insieme e come è
andato l’unico tentativo di fare qualcosa “da coppia”.
Poi che sia esclusivamente colpa sua sembra un dettaglio irrilevante.
«Lo fai di proposito?» si sente interrogare in un sussurro quasi sconfitto
«Perché se è così sei veramente uno stronzo.»
Miyuki rimane fermo, entrambe le gambe già sotto le coperte e un gomito che
sorregge il suo peso contro il materasso, mentre lui era già lì lì per sistemarsi meglio in assenza di calci a mandarlo di
nuovo giù sul futon. Sa che la
domanda di Eijun è giusta, legittima, e che se Kuramochi lo vedesse lo
prenderebbe a calci in culo fino allo sfinimento; sa di non essere corretto, ma
sa anche che sarebbe impensabile spiegare a Eijun quattro settimane di silenzi
in risposta ad altri silenzi, di piccoli gesti notati senza rispondervi, di
nervosismo palese che ha cercato di ignorare – non solo non infierendo con una
presa in giro ma anche (soprattutto)
senza fare qualcosa che quel nervosismo lo avrebbe sciolto, ma lo avrebbe anche
trasformato in una confusione imbarazzata che lui non era pronto a
fronteggiare.
Non è pronto nemmeno ora, mentre si sdraia e copre entrambi, in silenzio. Sente
Eijun rabbrividire, o forse tremare, e poi irrigidirsi nelle spalle come se
quella fosse la sua presa di posizione.
Ci sono troppe cose che dovrebbe dirgli, spiegargli. Di sicuro dovrebbe farlo
prima di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi gesto o parola o decisione.
Invece lascia scivolare un braccio sopra il fianco dell’altro, avvicinandolo al
proprio corpo – lo sente caldissimo e si chiede se sia solo la sua temperatura
o le troppe coperte, o magari l’imbarazzo – e posa un bacio alla base del collo
di Sawamura, con leggerezza e con naturalezza. Lo sfiora con il naso, ma quello
è involontario, una conseguenza del chinare leggermente la testa e poggiarla
contro la nuca dell’altro.
«Dormi.» mormora piano, e sa che forse è codardo da parte sua, ma quel calore
lo stordisce abbastanza da convincerlo di non voler affrontare nessuna
conversazione al momento: «Parliamo domani.»
Funziona, per un po’, per un lasso di tempo che Miyuki non sa quanto sia di
preciso. È abbastanza perché lui si rilassi e rischi quasi di addormentarsi,
non fosse per la voce di Eijun che lo chiama e lo fa tornare del tutto sveglio,
vigile. Non lo sa ma è passata quasi un’ora senza che nessuno dei due dicesse
nulla o si muovesse; sessanta interminabili minuti in cui l’unico movimento
percepibile è stato quello dato dal respiro apparentemente regolare dell’altro.
Questo è il tipo di cosa che si dovrebbe aspettare da Sawamura, lo sa. Però era
davvero a tanto così dallo scivolare nel sonno, e decide che quella può essere
una scusa dopotutto; si percepisce anche dal tono appena roco con cui replica
al richiamo improvviso di Eijun. Evidentemente voleva tastare il terreno per
vedere se era sveglio, perché alla sua risposta si gira in modo da
fronteggiarlo – sembra essersi dimenticato del braccio di Miyuki che gli cinge
un fianco e che, faccia a faccia, lo fa sembrare troppo vicino. O forse ne è
ben conscio, visto come non lo stia guardando negli occhi, o almeno crede, tra
buio e assenza di occhiali può solo provare a indovinare in effetti.
«Devi piantarla di fare queste cose.» esordisce e Miyuki vorrebbe poter fare il
finto tonto. Lo vorrebbe così tanto che ci prova davvero, a farlo.
«Quali cose?»
«E se invece non la vuoi smettere» prosegue Eijun come se lui nemmeno avesse
parlato «devi spiegarmi perché le fai.»
Una spiegazione è ciò che Miyuki non è pronto a dare, ciò che ha evitato anche
solo di nominare per un motivo preciso: troppe implicazioni. Dovrebbe definire
il suo rapporto con Sawamura, tanto per cominciare. No, in realtà il rapporto è
già definito a modo suo – Eijun vuole stare con lui, lo ha reso chiaro alla
dichiarazione, all’appuntamento, lo palesa in quasi ogni gesto che gli rivolge
e ogni occhiata solo per lui. Miyuki? Pensa di sì. Pensa che stare con Eijun
potrebbe essere una cosa bella o, a voler essere pessimisti, meno peggio di tante
frequentazioni passate.
Vuole dirglielo? Pensa di no. Dire a Eijun che non si vede poi così male con
lui implicherebbe ammettere cose che non è solito chiarire ad alta voce. Ma
soprattutto, dovrebbe mettersi a nudo e quella è una cosa che una volta fatta
non torni più indietro.
Non è fatto per essere messo alle strette, Kazuya.
«Devi» calca Eijun, riparte alla
carica perché ci vuole ben più di un silenzio per farlo desistere «spiegarmi
perché mi baci. Anche se non sono baci seri.»
«Che vuol dire baci seri?»
«Cristo Miyuki, sto parlando seriamente.»
Lo so, vorrebbe dirglielo ma si
limita a inspirare quasi a pieni polmoni e a espirare lentamente; sembra
dimenticarsi della vicinanza che fa quasi mescolare i respiri.
«Va bene.» decreta: «Cosa vuoi fare con me?»
La domanda suona così assurda persino a lui che sa di cosa sta parlando da non
riuscire a stupirsi della perplessità che coglie nel «Come cosa—» di Eijun; ma
la tronca quasi subito, come se non lo avesse nemmeno sentito: «Sai cosa fanno
insieme due persone che stanno insieme, di solito?»
«Se mi stai di nuovo prendendo per il culo giuro che—»
«Sto parlando del sesso, Sawamura.» e gli risparmia una battuta di terza
categoria per la quale, in effetti, il “prendere per il culo” non era così
distante dalla realtà. Lo sente irrigidirsi, avendo ancora il braccio a
contatto col suo corpo. Interpreta quel silenzio come una improvvisa presa di
coscienza e decide che ormai ci sta, ormai ha tirato fuori l’argomento, e per
quanto odi ancora l’idea di condividere qualcosa di tanto personale, sa anche di
non potersi sottrarre. Sawamura non si arrenderebbe mai con una frase fatta sul
genere di “lascia stare, non capiresti”.
Anche se forse è vero che non può capire – Miyuki crede siano in pochi quelli
che ci riescono davvero.
«E te lo sto dicendo perché a me fare sesso non piace. Potrei non volerne mai
fare con te. O, per quello che mi riguarda, con nessuno per tutta la vita.»
sgancia la bomba così. Ormai è stanco anche di trovare un modo per girarci
intorno.
Sawamura si chiude in un silenzio attonito più che comprensibile, quasi
scontato; lo sente sistemarsi meglio sotto le coperte, senza aumentare né
diminuire la distanza fra loro.
Incredibilmente – o forse no? – non arrivano alle sue orecchie frasi scontate o
istintive.
Non arriva nulla; quel “nulla”, si dice Miyuki allontanando il braccio dal
fianco dell’altro e scivolando lentamente nel sonno, è una risposta già
sufficiente.
Eijun si fissa le scarpe, con la punta della destra struscia nervosamente
contro l’asfalto. Sente le mani sudate nelle proprie tasche, quindi le tira
fuori passando i palmi sui pantaloni.
Sono le sette di sera del tre gennaio, e lui si ritrova davanti
all’appartamento di Miyuki senza poter bussare, perché il padrone di casa non
c’è ancora; è stato Haruichi a dirgli che l’altro sarebbe tornato da casa del
padre nel tardo pomeriggio – indiscrezione trapelata grazie a Ryousuke, che a quanto
pare trova abbastanza divertente l’idea di mettere in difficoltà Miyuki a quel
modo. Anche se prima o poi Eijun sospetta dovrà pagare quelle informazioni.
Sawamura è lì da quasi un’ora, quando sente dei passi salire le scale e vede
comparire poco dopo Miyuki, un borsone a tracolla e lo sguardo stupito nel
ritrovarselo lì; Eijun lo vede fermarsi sul penultimo gradino, sospirare, e
riprendere ad avanzare verso di lui. Non gli dice nulla, limitandosi a cercare
le chiavi nella tasca del proprio cappotto e ad aprire la porta, entrando. La
lascia aperta e lo adocchia: «Entra.» dice soltanto.
È la sua prima volta nell’appartamento di Miyuki: è molto essenziale, con un
corridoio brevissimo su cui si affaccia un piccolo bagno con solo i servizi, e
alla fine del quale c’è una sola stanza più grande, che al momento ospita un
tavolino basso e una tv insieme all’angolo cottura. Eijun, a un’occhiata più
discreta possibile, suppone che nell’armadio che occupa un’intera parete si
trovi anche il futon.
È strano. Si aspettava, chissà perché, un appartamento occidentale.
«Siediti dove preferisci.» lo invita Miyuki in un tono che Eijun non sa
distinguere bene. Non riesce a capire se sia arrabbiato per quell’improvvisata
o stanco per il viaggio, o nessuna delle due cose.
Si guarda intorno mentre l’altro posa il borsone in un angolo e si dedica all’angolo
cottura, i rumori classici di una casa che gli arrivano all’orecchio; poco dopo
Miyuki presta di nuovo a lui tutta la propria attenzione: «Ho messo su il tè.»
«Grazie.» borbotta Eijun e si odia, perché avrebbe mille cose da dire e invece
oltre a quel meccanico “grazie” l’unica a cui riesce a dare forma sul momento è
un «Buon anno.» a cui Miyuki replica con un mezzo sorrisetto e un augurio identico
al suo.
Non è così che funziona tra loro. Non ha mai
funzionato così, eppure al momento sembra l’unico modo in cui riescono a stare
nella stessa stanza. A Eijun non piace, non è con quest’intenzione che gli ha
detto cosa prova per lui – a dire il vero non c’era proprio alcuna intenzione
in generale, ma già che lo ha fatto sperava che la cosa fosse percepita come… una cosa bella.
A quanto pare non lo è.
«Tu…» esordisce ma si blocca, in testa troppi
rimproveri sulla mancanza di tatto fatti da molte persone e in altrettante
occasioni. Deglutisce, lo adocchia, torna con lo sguardo sul tavolo. È più
forte di lui, non crede di saper girare intorno alle questioni: «Qualcuno ti ha
fatto qualcosa di male?»
L’espressione di Miyuki è impagabile: è difficile capire se sia più incredulo,
più confuso o più divertito.
A giudicare dallo sbuffo che gli sfugge fra le labbra e da come l’espressione
si rilassa, forse l’ultima.
«Tu sei davvero incredibile.» gli dice, ed Eijun all’improvviso sente caldo,
non sa se per l’imbarazzo o per quella che ha tutta l’aria di essere
un’ennesima presa in giro. Sta per ribattere che è serio e non c’è niente da
ridere, ma Miyuki lo anticipa.
«Nessuno ha fatto niente. Non ho nessun trauma di qualche tipo.»
«…Oh.» è sollevato e non prova nemmeno a negarlo,
anche se questo porta tutto su un piano diverso, ossia quello in cui la miriade
di domande che gli affolla la mente spinge e spinge per uscire fuori e avere
risposta. Non è sicuro di poter chiedere.
«Sawamura, ti ho già detto una volta che pensare troppo non ti si addice. Se
vuoi farmi una domanda, falla e basta.» pronuncia Kazuya guardandolo – ormai
non ha granché da perdere, ormai Eijun sa
e se lui avesse voluto davvero evitare le spiegazioni avrebbe fatto come con
tutti gli altri prima di Sawamura: avrebbe taciuto, lasciando che pensassero
quello che preferivano o gli tornava più comodo.
Insospettabile, ma Eijun indugia ancora. Miyuki non avrebbe mai detto che
l’altro potesse essere indeciso pur avendo appena ricevuto il permesso di
chiedere qualsiasi cosa gli passi per la testa. Invece aspetta, e aspetta, al
punto che il silenzio da sempre tipico di quel piccolo appartamento che sa di
primo assaggio di indipendenza, per lui, appare quasi scomodo.
Sawamura inspira e Miyuki è pronto – qualsiasi cosa gli chieda, non sarà mai
qualcosa che non abbia già sentito almeno una volta, in fondo.
«Io—» comincia Eijun, tacendo per qualche momento come se nemmeno lui sapesse
come articolare la domanda; ma quello che viene dopo no, è qualcosa che Miyuki
non si è mai sentito dire prima: «Non ho mai detto di voler uscire con te per fare… insomma.» e Kazuya sbatte le palpebre non solo per
quella frase – che non è ancora neanche vicina
a ciò che lo attende dopo – ma perché Sawamura è visibilmente in imbarazzo.
Perché non pronuncia “sesso”. E Miyuki ha esorcizzato quella parola così tanto
che ad un certo punto, non sa bene come, ha finito per essere una cosa senza
importanza, qualcosa a cui non dare peso.
Lui ha conosciuto solo due tipi di approcci nei confronti di quell’argomento:
il proprio e quello delle persone per cui una relazione non può prescindere
dalla sfera sessuale. Kazuya non è mai stato ipocrita al punto da dar loro
torto, ma come avrebbe mai potuto rapportarsi alla cosa quando per lui il sesso
era quasi un deterrente della relazione stessa?
Non ha mai visto un approccio che stesse nel mezzo, prima d’ora.
«Voglio dire, potrebbe anche… potrebbe. Ma non è per forza. E poi magari ti odio e non ti
sopporto, ecco.»
Non gli risponde subito, perché ammette di non sapere cosa dire. C’è una
piccola parte di lui che è lusingata da quello che legge nelle parole di
Sawamura, e ne è persino intenerito; ma l’altra sa che non può concedergli una
mezza risata e un “va bene” come se niente fosse, come se bastassero le buone
intenzioni.
«Grazie.» perché almeno di questo Miyuki deve dargli atto, perché c’è del buono
in quello che Eijun ha detto e lui non vuole negargli quello che lo rende
migliore delle altre persone che sono state al suo posto «Ma è probabile sia
solo un pensiero del momento.» aggiunge, i lineamenti non contratti come si
sarebbe aspettato. Ha affrontato quel discorso altre volte, alcune con molto
distacco dato da una relazione non così importante al punto che mettervi la
parola fine lo sconvolgesse, altre con toni che spera di non sentire mai più.
In quelle occasioni ha imparato come non ci sia un vero modo per cercare di
farsi capire – soprattutto quando non te ne sei mai curato, quando non ti è mai
neanche interessato e all’improvviso diventa l’unica cosa con cui puoi mettere
la parola “fine” a un rapporto. Farsi capire non è una cosa fatta per lui, e
invece si ritrova ancora una volta a dover prendere un pezzo di sé tra le mani,
modellarlo perché sia fatto di parole da pronunciare guardando negli occhi
qualcuno.
Ma non guarda Eijun; gli occhi sono puntati sul tavolino, e sente lo sguardo di
Sawamura su di sé. Può quasi immaginarselo, con quell’espressione confusa che
spesso lo rende davvero buffo.
«Che vuol dire?»
«Adesso non sarebbe un problema. Siamo usciti insieme una sola volta,
dopotutto. Ma a un certo punto ci saranno delle cose che vorrai fare con me,
no?» lo incalza con un mezzo sorriso – perché sa che andrà così: è successo con
quell’unica ragazza con cui ha avuto anche un rapporto sessuale, è successo con
chi c’è stato dopo e si chiedeva perché Miyuki non andasse mai oltre. In questo nessuno è diverso,
nemmeno Eijun.
«Non è sbagliato, Sawamura. Vorrai fare quello che fanno la maggior parte delle
persone con chi frequentano. Ma a un certo punto io potrei dirti di “no”. » lo
dice senza alzare i toni e senza calcare le parole. Lo pronuncia con fermezza,
il tono basso come se raccontasse una favola a un bambino che vuol fare
addormentare. Eppure, è conscio di come ci sia una crudeltà di fondo in quello
che dice, una cosa che non potrà mai rendere meno dolorosa o meno cattiva alle
orecchie degli altri: il rifiuto e la consapevolezza che, ecco, siamo tornati al punto di partenza.
È una manciata di secondi quella in cui c’è un moto di stizza, e rabbia, e
anche qualcosa che si avvicina pericolosamente all’odio. Perché a volte Kazuya
vorrebbe davvero che le cose fossero diverse.
Quello che stona è un colpo secco, il pugno di Eijun che batte sul tavolino –
non a tutta forza, ma è come se lo avesse fatto, e anche se Miyuki non lo
biasima vorrebbe che la smettesse, che tutti
la smettessero.
«Perché devi decidere per me?» incredibilmente Sawamura non sbraita, anche se
trema: «Ok, forse se usciamo insieme a un certo punto ti chiederò
di fare… qualcosa di più che tenerci per mano o più
di un bacio.» c’è un rossore che Eijun ignora e invece Miyuki non riesce a ignorare «Ma è ovvio che se
mi dici di no sarebbe un no. Voglio dire, sembro una persona che potrebbe
arrabbiarsi perché non vuoi? Certo, se non volessi perché non ti piaccio
sarebbe strano— se non ti piacessi da
adesso e tu uscissi comunque con me per poi dirmi che non ti piaccio dopo, allora ecco, mi arrabbierei perché
dimostreresti di essere davvero lo stronzo che sembri e che a volte riesci a
essere senza neanche impegnarti.» prosegue e Miyuki si chiede se faranno mai un
discorso senza che Eijun sottolinei il suo essere stronzo, ma in fondo pensa
anche di non aver fatto molto per dimostrare il contrario, e allora lascia correre.
«Ma se non fosse così, insomma, mi hai detto adesso che il sesso» lo pronuncia
quasi di fretta, rischiando di incespicare nelle parole «non ti piace. Se
voglio ancora uscire con te non pensi significhi…
beh, non è che non mi importi, ma se diventa una cosa insostenibile posso
dirtelo. O possiamo pensarci insieme. Chiunque
potrebbe pensarci, andiamo. Cioè, non voglio pensarti con un’altra persona, ma
intendevo dire che… è ok. Adesso è ok. Non mi è mai
piaciuto un ragazzo prima e potrebbe non piacere nemmeno a me, l’idea di fare
cose.»
Dice proprio così: cose. Per tutto il
tempo in cui a fatica Eijun riesce a dare un nome a quello di cui stanno
parlando, gli occhi che a Miyuki sono piaciuti dalla prima volta – senza
malizia, senza alcun doppio fine o significato – non incontrano mai la sua
figura, non lo cercano mai; trovano le mani, il legno, ma non lui.
Un fischio dalla cucina li fa quasi sobbalzare entrambi. Miyuki si alza, quasi
stordito perché aveva totalmente dimenticato di aver messo su il bollitore. Si
muove con pochi passi, spegne i fornelli e sistema l’occorrente per servire il
tè al suo ospite; sono gesti meccanici che gli consentono, in un certo senso,
una tregua. Ma momenti del genere, quando non sai cosa dire o non sai come
dirlo nemmeno se ci pensassi su per giorni interi, non durano mai abbastanza o
quanto vorresti.
Non impiega granché a ritrovarsi di fronte a Sawamura, le tazze da tè che
fumano davanti a entrambi, oggetto di distrazione che non può essere tale per
sempre senza insospettire.
Miyuki ha una percezione piuttosto chiara di cosa dovrebbe e di cosa non
dovrebbe fare: dovrebbe dire a Eijun che capisce cosa intende, ma che non
potrebbe funzionare; che per quanto bastardo possa essere, nemmeno lui
arriverebbe mai a chiedere a qualcuno di sacrificare se stesso o i suoi
desideri per stare con lui. Non dovrebbe dare alcuna speranza perché renderebbe
tutto più difficile. Uscire insieme, e poi? Finirebbero per l’affezionarsi
l’uno all’altro, e avrebbero più mancanze che certezze, dopo una separazione.
Si tratta di realismo, più che di pessimismo; e di quello che è il modo di fare
di tutte le persone che stanno al mondo: basarsi sulle esperienze vissute, poche
o tante che siano.
Miyuki sa come andrà a finire, ma sa anche come vorrebbe che non finisse
stavolta – egoisticamente, ma in completa sincerità, non pensa di desiderarlo
perché si tratta di Eijun. Lo vuole e basta.
Si detesta per la prima volta dopo anni quando sente la sua voce riempire la
stanza con un: «Proviamo.»