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Autore: Shichan    18/02/2016    1 recensioni
Miyuki sa meglio di chiunque altro che a volte è più facile annientare gli altri che soffocare se stessi, eppure ora guarda Eijun e pensa sarebbe comodo conoscere un modo per non dover fare né l'una né l'altra cosa.
Mei è pieno del suo talento, passa le dita sul pianoforte come se le passasse sul proprio corpo, perché lo strumento non è un tramite ma espressione pura di sé.
Satoru è stato così abituato alla figura che vedeva nello specchio, da trovare insopportabile il pensiero di poter essere qualcosa di diverso - o di volerlo diventare: finge meglio di quanto lui stesso creda, tranne che con Haruichi.
Per tutti e tre, respirare non è mai stato così difficile.
[MiSawa, FuruHaru, MiyuMei (passata); tematiche delicate, consigliata la lettura delle note al primo capitolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Eijun Sawamura, Kazuya Miyuki, Mei Narumiya, Satoru Furuya
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Eeeee buon MiSawa day (L)

 

 

 

Quando ha il turno di sera e tocca a lui fare chiusura, Kuramochi torna a casa con giusto la forza di mangiare un boccone – se non ha già approfittato della bontà d’animo del loro cuoco – e di darsi una lavata veloce prima di morire sul letto. Il lavoro di cameriere non è particolarmente difficile, specie se si è spigliati abbastanza; a fine giornata, però, le sue gambe implorano pietà in un modo diverso da come facevano dopo gli allenamenti al liceo.
Tuttavia, quando invece ha la fortuna di avere il turno che va dall’ora di pranzo a poco prima dell’ora di cena – dovuto al fatto che da loro non si servono unicamente i pasti completi ma anche i dessert con cui una clientela per lo più femminile si intrattiene nei pomeriggi – approfitta volentieri di una serata tranquilla in casa propria.
Per inciso, quindi, i suoi piani per quel giorno erano ben diversi dal ritrovarsi Sawamura nella stanza, svaccato sul suo letto e con la faccia affondata nel suo cuscino, a brontolare cose che non è nemmeno sicuro di comprendere appieno; l’unico dettaglio di cui è certo è che c’entri Miyuki, perché Eijun lo ha letteralmente angosciato con la storia dell’appuntamento. Dubita sia un caso che l’altro si sia presentato da lui proprio di ritorno da quel presunto appuntamento, e che l’abbia fatto senza nemmeno passare da casa propria a cambiarsi.
Kuramochi mentirebbe se dicesse di non avere a cuore Eijun, perché dopo quasi tre anni di conoscenza e di frequentazione data dall’essere vicini di casa, non sarebbe vero. Sono entrambi persone portate ad affezionarsi a chi li circonda, e a non imparare anche se in passato qualcosa non è andata come speravano. Sawamura se possibile ha una fiducia ancora più incrollabile della sua, ed è proprio per questo che Kuramochi ha avuto chiaro fin dall’inizio che qualsiasi cosa avesse detto, l’altro non avrebbe rinunciato all’appuntamento.
«Se mi riempi di moccio il cuscino ti ammazzo.» pronuncia, le braccia incrociate al petto e seduto alla scrivania nella propria stanza, lo sguardo su Eijun che non accenna a muoversi dalla sua posizione. Kuramochi sbuffa sonoramente, recupera un foglietto di carta destinato comunque a essere buttato, lo appallottola e lo lancia dritto contro la testa di Sawamura: ancora nessuna reazione.
«Mi dirai prima o poi che è successo, o ti trasferisci a casa mia, Eijun?» sbotta quindi, esasperato ma senza alzare la voce; vede l’altro voltare appena la testa e sbirciare nella sua direzione. Non si nota, visto che il braccio copre in parte il suo viso, ma Youichi è sicuro che ci sia un broncio da qualche parte.
«Miyuki è un bastardo.»
«Non mi stai dicendo nulla di nuovo.» commenta. Sa che chiunque lo senta parlare di Miyuki immagini quasi sempre che ci sia stato un burrascoso passato con loro, qualcosa che abbia lasciato a entrambi un rapporto insanabile. In verità hanno semplicemente un’amicizia particolare, un modo di fare diverso dall’amico medio, e sono entrambi inclini a insultarsi e sfottersi più o meno velatamente; ma Kuramochi sa che in fondo Miyuki è meno peggio di quanto sembri.
Da lì a difenderlo a spada tratta, comunque, ne passa.
«Mi pentirò di quanto sto per chiederti e ti giuro, se entri nel dettaglio più del necessario te la faccio pagare.» prosegue, e nella testa di Sawamura c’è già l’immagine di Kuramochi che lo chiude in una morsa terribile dell’ennesima mossa di wrestling, soffocandolo definitivamente.
«Che è successo?» domanda secco Kuramochi ed Eijun un po’ se lo aspetta, un po’ no. Alla fine si tira su, mettendosi a sedere con la schiena contro il muro – un lato del letto di Youichi poggia contro la parete – e porta il cuscino al petto, affondandovi il mento e parte del broncio che ora è evidente.
«Ha… non ha—»
«Oh cristo, non cominciare a balbettare come una ragazzina da fumetto di terza categoria!» implora Youichi perché è già atroce fare da consulente amoroso, farlo a Sawamura e farlo quando la controparte è Miyuki; almeno i sospiri sognanti, gli occhi che brillano e rose di dubbio gusto sullo sfondo se li vuole risparmiare. Eijun per un attimo dimentica l’oggetto della conversazione e assume un’aria indignata, ribattendo che non si sta comportando affatto in quel modo. Sbraita un po’, Youichi gli lancia un’altra pallina di carta, e cade di nuovo il silenzio.
«Mi ha baciato. Più o meno.»
«Che schifo.» è il commento immediato «E che diamine significa più o meno?»
«Cioè, non proprio un bacio serio. Più spostato. Più… più.»
«Sto per vomitare.»
«Ma lo hai chiesto tu, Youichi-san
«Perché stai piagnucolando da trenta fottutissimi minuti sul mio letto, come se ti avessero ucciso il gatto e io volevo solo fare nottata a giocare ai videogiochi e invece devo sentire di te che sei uscito con quello stronzo di Miyuki e che ci hai fatto cose che non voglio alimentino i miei incubi! Ma quando ti lagni sei più fastidioso di una spina nel culo, quindi falla breve e meno dettagliata possibile!» gli sbraita contro, raggiungendolo per avere almeno la soddisfazione di dargli uno scappellotto più forte di quanto servirebbe.
Si fissano e sospirano entrambi, Youchi in maniera più rumorosa, Eijun tra l’offeso e il rassegnato.


Eijun non sa se definire la chiacchierata con Kuramochi imbarazzante o utile a sentirsi più calmo, forse perché è stata entrambe le cose. Non è meno confuso dal gesto di Miyuki di baciarlo all’angolo della bocca, dove non si tratta di un bacio vero e dal quale non può tirar fuori alcuna risposta – non un “questo è il primo e ultimo appuntamento che abbiamo”, ma nemmeno un “usciamo insieme”.
Lui non è fatto per pensare, e cercare di farlo tenendo conto di cosa potrebbe agitarsi nella mente dell’altro è pura utopia. Miyuki è una persona complessa sotto ogni punto di vista, e per quanto Eijun sia sicuro di averlo inquadrato almeno un poco, non può di certo vantarsi di esserci riuscito al punto da non aver bisogno che l’altro gli parli chiaramente; peccato che sperare in un discorso chiaro e a cuore aperto da parte di Kazuya sia assurdo quasi quanto ritrovarsi un Furuya loquace.
«Eijun-kun?» è il richiamo di Haruichi a riportarlo alla realtà, la mano sulla maniglia del vagone in cui si trova che stringe appena più forte, mentre lui lascia uscire un sospiro lungo dalle labbra e porta lo sguardo verso il basso. L’amico è seduto di fronte a lui e ha il volto leggermente alzato per guardarlo: a volte Eijun non sa dire cosa l’altro pensi, ma sa bene che raramente sbaglia, specie quando si tratta di indovinare qualcosa che lo riguarda. Gli piace l’amicizia fra loro, e si fida completamente dell’altro: non è un caso Haruichi sia stato l’unico a cui abbia parlato dell’attrazione per Miyuki ancora prima di dichiararsi al diretto interessato, e non solo perché Kominato – tramite il fratello – conosceva già l’ex ricevitore.
«Stai meglio?» gli domanda l’altro, con un sorriso discreto ma gentile. Eijun tace, in un primo momento, per poi annuire lentamente.
Sono più o meno quattro settimane che limita i suoi contatti con Miyuki alle ripetizioni del sabato, se non si conta la partita di quasi quindici giorni prima, che è stata un vero disastro; non il “durante”: ha scoperto che giocare con Miyuki è qualcosa di quasi ipnotizzante per certi versi, ed entusiasmante per altri. Per tutta la durata della partita Eijun non era riuscito a fare altro che concentrarsi sui segni di Miyuki, sul suo guantone, sulla certezza che avvertiva quasi sottopelle che qualunque lancio avesse fatto, l’altro sarebbe riuscito a prenderlo. Benché non avessero mai giocato insieme prima, mai una volta si era ritrovato a dubitare di un segno di Miyuki o della sua guida nel gioco – ed era così strano, perché al di fuori di quella parentesi fatta di baseball, Eijun non riusciva a trovare una sola cosa dell’altro che non gli insinuasse dubbi e confusione nella testa.
Il problema era stato quando la partita era finita, l’entusiasmo era andato scemando e l’adrenalina aveva smesso di scorrergli nel sangue rendendolo euforico senza alcun motivo; a quel punto tutte le sensazioni gli erano caracollate addosso ancora una volta e ignorarle non era facile quando il proprio savoir faire è pressoché inesistente.
Ogni sabato in cui lo ha visto, invece, è stato in un certo senso più semplice: lo ha salutato e ha ascoltato le correzioni agli esercizi; ogni tanto hanno scambiato qualche chiacchiera durante la pausa – se la gamba gli ha dato altri problemi,  il torneo interscolastico, cose del genere – ma mai Eijun ha accennato a quanto avvenuto durante l’appuntamento, né a come se n’è andato dandogli del bastardo.
Nel mezzo c’è stato anche Natale, poi, una cosa che ha sempre messo Eijun di buon umore nonostante tutto, perché la casa si riempie di chiacchiere e di persone, nel via vai di parenti che vanno a trovarli da quando si sono trasferiti, senza contare la visita da parte proprio di Haruichi e di suo fratello.
Loro e la famiglia di Kuramochi si sono uniti nella festa della Vigilia, facendo un unico cenone perché sarebbe stato inutile farne di separati per poi andarsi a trovare a vicenda di lì a poco per gli auguri. Kuramochi non gli ha chiesto altro, né Ryousuke – nell’accompagnare Haruichi a portare a Eijun il suo regalo prima di andare dai propri parenti – ha accennato a quando Sawamura è stato alla sua università.
Avrebbe potuto mandare gli auguri a Miyuki ma non lo ha fatto, finché non gli è arrivata una mail in cui l’altro ne ha scritti per lui e la sua famiglia; a quel punto ha dovuto rispondere per forza di cose e si è sentito lo stomaco così stretto da fargli passare buona parte dell’appetito.
«Eijun-kun.» pronuncia Haruichi, il tono più fermo e in qualche modo deciso, segno che non ha creduto a quel suo annuire: «Dovresti parlare con Miyuki-san.» azzarda quindi, ritrovandosi un Sawamura che lo fissa ad occhi sgranati.
«Non è meglio che restare così confusi? Chiedigli una spiegazione. Te la deve, dopotutto, e non credo si rifiuterà di dartene una.» aggiunge, anche se in questo c’è una punta di bugia – conosce superficialmente Miyuki, quindi non è così sicuro l’altro risponderà senza battere ciglio, ma conosce bene Eijun e sa che se non glielo assicura, forse l’amico non si deciderà mai davvero. Eijun è una persona che prende di petto questioni e rapporti, ma Haruichi non trova poco da lui quanto sta succedendo, forse perché ha saputo prima di chiunque altro e lo ha visto confuso, entusiasta di quegli incontri settimanali anche se erano per studiare; ha visto Eijun tornare a scuola dopo un week-end e impegnarsi come non mai nello studio, rivelandogli con un sorriso contagioso che aveva strappato una promessa (“più una scommessa, ma che importa!”) a Miyuki se avesse superato i test con un voto concordato all’ultima lezione.
Non è affatto sicuro che le cose possano risolversi per il meglio o che l’amico sia corrisposto, ma vederlo arrovellarsi su cose del genere gli fa sentire un po’ la mancanza dell’Eijun a cui è abituato.
Lo ritrova però in un annuire più deciso e un broncio leggero, accompagnato dal borbottio: «Dopo le feste.» che trasforma quella fuga fatta di contatti limitati in un prendere tempo per prepararsi alla sua personale lotta.
Va bene così.

Eijun adora sua madre, ma come ogni adolescente ha avuto e ha dei momenti in cui ha sentito di volerla strozzare con le proprie mani. Uno di quelli è quando, rientrato in casa, si è ritrovato Miyuki Kazuya nel salotto a prendere un tè con suo nonno.
Se il gelo che ha lasciato in strada potesse renderlo una statua di ghiaccio, lo sarebbe già diventato.
Lo sguardo di Miyuki per un istante gli suggerisce che non era lì che voleva essere al rientro di Eijun o, comunque, non voleva trattenersi a tal punto. Nel panico che gli ha appena ucciso lo stomaco in una manciata di secondi, Eijun gli riconosce una totale mancanza di colpa: sa che sua madre adora Miyuki, che gli è grata per l’impennata di voti del proprio figlio – “impennata” considerando la media precedente, chiaro –, ed è conscio del fatto che la sua famiglia sia ospitale per natura genetica visto come la cosa faccia anche parte di lui.
Non incolpa nessuno, ma al tempo stesso vorrebbe gridare che è palese lo vogliano morto, specialmente quando sua madre, approfittando del suo rientro, decide che è una buona idea dare un colpetto sulla spalla di Miyuki e pronunciare un: «Insisto, Miyuki-kun, perché ti fermi per la cena. Ti dobbiamo almeno un ringraziamento per l’aiuto che hai dato a Eijun.»
Miyuki non ha modo di rifiutare, e un’occhiata di Sawamura Eitoku basta a Eijun per capire che una frase come “lo hai già ringraziato visto che le mie ripetizioni le paghi” potrebbero valergli una sberla che sarebbe seconda solo al manrovescio di quando aveva dieci anni e per ripicca aveva disegnato qualcosa di molto stupido sulle mutande preferite del nonno.
Non vuole ripetere assolutamente l’esperienza.
Mettere a posto le scarpe all’ingresso, indossare per bene le pantofole, salire in camera a sistemare la borsa che aveva con sé, mettere a posto il cappotto e indossare una felpa calda e comoda non bastano a calmarlo e a far sì che possa mostrare un’espressione normale quando in salotto si ritrova solo con Miyuki.
Ha detto ad Haruichi “dopo le feste”, e per lui significava “dopo Capodanno”, invece si ritrova al trenta di dicembre con Miyuki Kazuya nel suo spazio vitale e non sa perché. Potesse lo caccerebbe fuori di casa, ma la verità è che sa lui per primo di non avere un motivo valido per farlo.
«Sono passato da Youichi perché a Capodanno non sarò a Tokyo e probabilmente sarà un incubo mandargli gli auguri. Non che a noi cambi molto, ma i suoi ci tengono abbastanza.» commenta Kazuya senza che Eijun abbia fatto alcuna domanda, adocchiando la tazza di tè ormai vuota: «Ho pensato, già che c’ero, di passare anche da voi.» e nel tono di voce a lui sembra di cogliere un “non credevo sarei finito a cenare qui”.
Eijun annuisce, sospira, e anche se le prime due parole che gli vengono in mente non sono proprio concilianti o accoglienti, le relega in un angolo di mente perché rasenterebbe il ridicolo arrabbiarsi di nuovo. Anche se è ancora convinto di averne pieno diritto.
«Almeno hai fatto gli auguri a Youichi-san?» s’informa per non far cadere un silenzio che odierebbe più del solito.
«No, ha il turno di sera al lavoro.» liquida la questione Miyuki, puntando gli occhi sull’altro, come se stesse cercando di leggere la situazione e capire cosa può dire e cosa no – non fosse che al momento Eijun non lo crede per niente capace di tanta accortezza nei suoi confronti, anche meno di quanto lo credesse prima, il che è tutto dire.
Le cose vanno meglio quando sua madre lo chiama dalla cucina, e lui si rimangia mentalmente ogni istinto omicida nei suoi confronti; borbotta una mezza scusa e sparisce nel corridoio che collega salotto e cucina, per riaffacciarsi poco dopo nella stanza ed elencare una serie di piatti che la signora Sawamura vuole essere sicura piacciano a Miyuki.
Eijun si impegna a sparire quando ha avuto le informazioni che voleva, ma Miyuki fa lo stesso – si assicura di recuperare la tazza usata per il tè così da avere un motivo di spostarsi in casa d’altri e raggiungere gli altri due. Si ritrova a guardare madre e figlio nello stesso spazio, una cosa che è abituato a vedere per il tempo di qualche scambio, visto che di solito lei lascia Eijun e Miyuki nella stanza del primo perché possano studiare.
Non si è mai preso il tempo di guardarli a lungo e lo fa ora, non stupendosi molto di come Eijun in cucina rischi di essere più un tornado che fa cadere tutto piuttosto che un valido aiuto, ma nemmeno del modo in cui si sporge a baciare la guancia della madre con una naturalezza unica e un affetto smisurato. La supera di tutta la testa, ma sembra un bambino nel modo in cui le sorride perché ha accettato di fare il piatto che gli piace e che ha espressamente richiesto.
Decisamente da Sawamura, si ritrova a pensare Miyuki: quello è proprio il calore che ha sempre percepito venire da Eijun, qualcosa che non ha a che fare con la temperatura corporea, e non sembra affatto strano notarlo come carattere distintivo della famiglia intera; sembra solo un puzzle che combacia perfettamente con l’ultimo pezzo aggiunto per completarlo.
Eijun, si dice, è proprio come se lo aspettava.

La cena è meno drammatica di quanto si possa pensare. Se Eijun dovesse trovare un momento imbarazzante, questo non comprenderebbe né silenzi pesanti tra lui e Miyuki, né occhiate indesiderate o riferimenti al loro appuntamento; Eijun sceglierebbe piuttosto gli aneddoti che suo nonno ha deciso di condividere con l’ospite, o una battuta di suo padre che riscuote un gran successo tra i vecchi amici d’infanzia di Eijun ma che a Tokyo – dove la realtà della campagna è vagamente registrata come qualcosa che sì esiste, ma lontana da lì – dubita sortisca lo stesso effetto.
Eppure Miyuki è impeccabile nei suoi comportamenti, tanto che Eijun ha anche pensato fosse assurdo perché andiamo, hanno solo un anno di differenza eppure a volte quel bastardo sembra lontano anni luce anche in quello.
Il problema nasce dopo, quando la cena è ormai finita e sua madre sta recuperando gli ultimi piatti dal tavolo, mentre la tv accesa manda la notizia che i treni sono stati fermati per il maltempo. Fuori la neve si è ammassata così tanto che quando Eijun prova a uscire con le scarpe da ginnastica indossate alla bell’e meglio, affonda nella neve fino alla caviglia e rimpiange di aver anche solo tentato.
Sua madre lo richiama dentro, e si rivolge a Miyuki, perché gli autobus sostitutivi non passano più a quell’ora, e di certo l’altro non può pensare di tornare a piedi; la signora Sawamura lo invita a passare la notte lì ed Eijun ha un moto di amore incondizionato per suo padre quando fa notare che “forse Miyuki-kun si sentirebbe più a suo agio con Youichi-kun visto che si conoscono dal liceo”.
Esce fuori che Kuramochi è, ovviamente, bloccato al lavoro e costretto a farsi ospitare da un collega; viene da sé che sia più sconveniente chiedere ai Kuramochi di ospitare un amico del figlio quando il suddetto figlio non c’è, e non ci vuole molta insistenza perché Miyuki stesso si arrenda all’evidenza di dover dormire in casa Sawamura.
«Dovevi partire questa sera, Miyuki-kun
«Fortunatamente no, Sawamura-san. Contavo di partire comunque domani verso pranzo, perciò dovrei cavarmela con uno dei primi autobus in mattinata.»
Eijun cerca di prestare attenzione allo scambio tra l’altro e sua madre, oltre che al futon che sta portando nella propria camera; a un certo punto, mentre manda Miyuki in bagno perché faccia per primo e sua madre sistema il materasso, manda anche una mail ad Haruichi. È una cosa assolutamente inutile, ma ha davvero bisogno di scrivere a qualcuno che “Miyuki Kazuya sta per dormire in casa mia, Harucchi se resto nel vialetto dici che congelo?”, per quanto stupido sia – e lo è parecchio.
Si dà il cambio con l’ospite e si prende il suo tempo in bagno, tanto che sua madre passa a bussare lì per augurargli la buonanotte; ne esce con il pigiama che altro non è se non una tutta vecchia ma calda, le posa un bacio sulla guancia e percorre corridoio e scale per raggiungere la sua camera.
Quando entra ha ancora qualche momento grazie al dover posare i vestiti al loro posto, ma finito anche quello non ha altra scelta se non parlare. Fissa Miyuki per qualche attimo, e poi sospira: «Prendi tu il letto.»
Se ne pente nel momento esatto in cui nota il sorrisetto sulle labbra dell’altro.
«Non servono tutte queste premure, Sawamura, davvero.» assicura divertito, restandosene seduto sul futon steso a terra così vicino al letto di Eijun che deve fare attenzione a non pestarlo per raggiungere il proprio materasso. Resta ancora fermo dove si trova, scuotendo la testa: «Sei un ospite, dormi tu sul letto.» insiste.
«Sei troppo basso, starei scomodo nel letto.»
«Ma se sono alto quanto te! E crescerò anche!» ribatte, avvicinandosi istintivamente solo per rimpiangerlo dopo, ma Miyuki ha già allungato una mano e gli ha dato un colpetto alla fronte, ridacchiando: «Torna a dirlo quando mi avrai superato.» lo prende in giro, ma con fare bonario, come se finalmente entrambi si fossero tolti almeno un piccolo peso – è la prima, vera frase che si rivolgono al di fuori delle lezioni e di una cena in cui passarsi del cibo l’un l’altro oltre la tavola.

Miyuki decide di arrendersi quando sente l’ennesimo sospiro alle proprie spalle e il rumore di un corpo che si muove sotto le lenzuola. Si volta, ritrovando la schiena di Sawamura e la sveglia sul comodino di lui che segna l’una e dieci di notte. Hanno spento le luci che era da poco passata la mezzanotte, quindi è un’ora che Miyuki sente l’altro muoversi nel letto, di sicuro sveglio e chiaramente incapace di fingersi addormentato.
Poco prima, non sa dire quanto, può giurare di averlo sentito alzarsi a sedere e fare per mettersi in piedi – lo ha chiamato a bassa voce ma Miyuki non ha risposto, sicuro che l’altro fosse deciso a ritrattare la questione letto, per nulla convinto a lasciarlo dov’era. In assenza di replica Eijun si è nuovamente sdraiato, ma non sembra trovare una posizione.
Miyuki si arrende perché, davvero, vorrebbe prendere l’autobus presto domani e farlo con più di due ore di sonno, il massimo a cui può aspirare se Sawamura continua a rigirarsi nel letto. Si tira su a sedere, scostando le coperte, e stringe gli occhi per distinguere alla meno peggio i contorni; non recupera gli occhiali, dal momento che dovrebbe comunque toglierli da lì a breve, e si limita ad alzarsi in piedi senza dover percorrere chissà quale distanza per ritrovarsi vicino al letto di Eijun.
L’altro si volta nello stesso momento in cui Miyuki scosta le sue coperte con tutto l’intento di mettersi al letto – come c’era da aspettarsi Sawamura prima si irrigidisce e poi si gira di scatto, e nel buio Miyuki non ne è sicuro ma quasi si immagina l’espressione allucinata dell’altro.
«Che stai facendo?!» sibila, facendogli spazio involontariamente, allontanandosi verso il lato opposto.
«Ti giri da un’ora, se sei così preoccupato che io prenda freddo, tanto vale che dormiamo entrambi nel letto.»
«Perché dobbiamo dormire insieme?!»
«Perché hai un solo letto?» ribatte come se fosse un’ovvietà. Per la verità non lo è, ne è consapevole, ma non vuole far dormire Eijun a terra – prima di tutto perché è casa sua, e secondo perché… beh, non ci trova un vero motivo, escludendo il fatto che non stanno insieme e come è andato l’unico tentativo di fare qualcosa “da coppia”.
Poi che sia esclusivamente colpa sua sembra un dettaglio irrilevante.
«Lo fai di proposito?» si sente interrogare in un sussurro quasi sconfitto «Perché se è così sei veramente uno stronzo.»
Miyuki rimane fermo, entrambe le gambe già sotto le coperte e un gomito che sorregge il suo peso contro il materasso, mentre lui era già lì per sistemarsi meglio in assenza di calci a mandarlo di nuovo giù sul futon. Sa che la domanda di Eijun è giusta, legittima, e che se Kuramochi lo vedesse lo prenderebbe a calci in culo fino allo sfinimento; sa di non essere corretto, ma sa anche che sarebbe impensabile spiegare a Eijun quattro settimane di silenzi in risposta ad altri silenzi, di piccoli gesti notati senza rispondervi, di nervosismo palese che ha cercato di ignorare – non solo non infierendo con una presa in giro ma anche (soprattutto) senza fare qualcosa che quel nervosismo lo avrebbe sciolto, ma lo avrebbe anche trasformato in una confusione imbarazzata che lui non era pronto a fronteggiare.
Non è pronto nemmeno ora, mentre si sdraia e copre entrambi, in silenzio. Sente Eijun rabbrividire, o forse tremare, e poi irrigidirsi nelle spalle come se quella fosse la sua presa di posizione.
Ci sono troppe cose che dovrebbe dirgli, spiegargli. Di sicuro dovrebbe farlo prima di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi gesto o parola o decisione.
Invece lascia scivolare un braccio sopra il fianco dell’altro, avvicinandolo al proprio corpo – lo sente caldissimo e si chiede se sia solo la sua temperatura o le troppe coperte, o magari l’imbarazzo – e posa un bacio alla base del collo di Sawamura, con leggerezza e con naturalezza. Lo sfiora con il naso, ma quello è involontario, una conseguenza del chinare leggermente la testa e poggiarla contro la nuca dell’altro.
«Dormi.» mormora piano, e sa che forse è codardo da parte sua, ma quel calore lo stordisce abbastanza da convincerlo di non voler affrontare nessuna conversazione al momento: «Parliamo domani.»
Funziona, per un po’, per un lasso di tempo che Miyuki non sa quanto sia di preciso. È abbastanza perché lui si rilassi e rischi quasi di addormentarsi, non fosse per la voce di Eijun che lo chiama e lo fa tornare del tutto sveglio, vigile. Non lo sa ma è passata quasi un’ora senza che nessuno dei due dicesse nulla o si muovesse; sessanta interminabili minuti in cui l’unico movimento percepibile è stato quello dato dal respiro apparentemente regolare dell’altro.
Questo è il tipo di cosa che si dovrebbe aspettare da Sawamura, lo sa. Però era davvero a tanto così dallo scivolare nel sonno, e decide che quella può essere una scusa dopotutto; si percepisce anche dal tono appena roco con cui replica al richiamo improvviso di Eijun. Evidentemente voleva tastare il terreno per vedere se era sveglio, perché alla sua risposta si gira in modo da fronteggiarlo – sembra essersi dimenticato del braccio di Miyuki che gli cinge un fianco e che, faccia a faccia, lo fa sembrare troppo vicino. O forse ne è ben conscio, visto come non lo stia guardando negli occhi, o almeno crede, tra buio e assenza di occhiali può solo provare a indovinare in effetti.
«Devi piantarla di fare queste cose.» esordisce e Miyuki vorrebbe poter fare il finto tonto. Lo vorrebbe così tanto che ci prova davvero, a farlo.
«Quali cose?»
«E se invece non la vuoi smettere» prosegue Eijun come se lui nemmeno avesse parlato «devi spiegarmi perché le fai.»
Una spiegazione è ciò che Miyuki non è pronto a dare, ciò che ha evitato anche solo di nominare per un motivo preciso: troppe implicazioni. Dovrebbe definire il suo rapporto con Sawamura, tanto per cominciare. No, in realtà il rapporto è già definito a modo suo – Eijun vuole stare con lui, lo ha reso chiaro alla dichiarazione, all’appuntamento, lo palesa in quasi ogni gesto che gli rivolge e ogni occhiata solo per lui. Miyuki? Pensa di sì. Pensa che stare con Eijun potrebbe essere una cosa bella o, a voler essere pessimisti, meno peggio di tante frequentazioni passate.
Vuole dirglielo? Pensa di no. Dire a Eijun che non si vede poi così male con lui implicherebbe ammettere cose che non è solito chiarire ad alta voce. Ma soprattutto, dovrebbe mettersi a nudo e quella è una cosa che una volta fatta non torni più indietro.
Non è fatto per essere messo alle strette, Kazuya.
«Devi» calca Eijun, riparte alla carica perché ci vuole ben più di un silenzio per farlo desistere «spiegarmi perché mi baci. Anche se non sono baci seri.»
«Che vuol dire baci seri?»
«Cristo Miyuki, sto parlando seriamente.»
Lo so, vorrebbe dirglielo ma si limita a inspirare quasi a pieni polmoni e a espirare lentamente; sembra dimenticarsi della vicinanza che fa quasi mescolare i respiri.
«Va bene.» decreta: «Cosa vuoi fare con me?»
La domanda suona così assurda persino a lui che sa di cosa sta parlando da non riuscire a stupirsi della perplessità che coglie nel «Come cosa—» di Eijun; ma la tronca quasi subito, come se non lo avesse nemmeno sentito: «Sai cosa fanno insieme due persone che stanno insieme, di solito?»
«Se mi stai di nuovo prendendo per il culo giuro che—»
«Sto parlando del sesso, Sawamura.» e gli risparmia una battuta di terza categoria per la quale, in effetti, il “prendere per il culo” non era così distante dalla realtà. Lo sente irrigidirsi, avendo ancora il braccio a contatto col suo corpo. Interpreta quel silenzio come una improvvisa presa di coscienza e decide che ormai ci sta, ormai ha tirato fuori l’argomento, e per quanto odi ancora l’idea di condividere qualcosa di tanto personale, sa anche di non potersi sottrarre. Sawamura non si arrenderebbe mai con una frase fatta sul genere di “lascia stare, non capiresti”.
Anche se forse è vero che non può capire – Miyuki crede siano in pochi quelli che ci riescono davvero.
«E te lo sto dicendo perché a me fare sesso non piace. Potrei non volerne mai fare con te. O, per quello che mi riguarda, con nessuno per tutta la vita.» sgancia la bomba così. Ormai è stanco anche di trovare un modo per girarci intorno.
Sawamura si chiude in un silenzio attonito più che comprensibile, quasi scontato; lo sente sistemarsi meglio sotto le coperte, senza aumentare né diminuire la distanza fra loro.
Incredibilmente – o forse no? – non arrivano alle sue orecchie frasi scontate o istintive.
Non arriva nulla; quel “nulla”, si dice Miyuki allontanando il braccio dal fianco dell’altro e scivolando lentamente nel sonno, è una risposta già sufficiente.


Eijun si fissa le scarpe, con la punta della destra struscia nervosamente contro l’asfalto. Sente le mani sudate nelle proprie tasche, quindi le tira fuori passando i palmi sui pantaloni.
Sono le sette di sera del tre gennaio, e lui si ritrova davanti all’appartamento di Miyuki senza poter bussare, perché il padrone di casa non c’è ancora; è stato Haruichi a dirgli che l’altro sarebbe tornato da casa del padre nel tardo pomeriggio – indiscrezione trapelata grazie a Ryousuke, che a quanto pare trova abbastanza divertente l’idea di mettere in difficoltà Miyuki a quel modo. Anche se prima o poi Eijun sospetta dovrà pagare quelle informazioni.
Sawamura è lì da quasi un’ora, quando sente dei passi salire le scale e vede comparire poco dopo Miyuki, un borsone a tracolla e lo sguardo stupito nel ritrovarselo lì; Eijun lo vede fermarsi sul penultimo gradino, sospirare, e riprendere ad avanzare verso di lui. Non gli dice nulla, limitandosi a cercare le chiavi nella tasca del proprio cappotto e ad aprire la porta, entrando. La lascia aperta e lo adocchia: «Entra.» dice soltanto.
È la sua prima volta nell’appartamento di Miyuki: è molto essenziale, con un corridoio brevissimo su cui si affaccia un piccolo bagno con solo i servizi, e alla fine del quale c’è una sola stanza più grande, che al momento ospita un tavolino basso e una tv insieme all’angolo cottura. Eijun, a un’occhiata più discreta possibile, suppone che nell’armadio che occupa un’intera parete si trovi anche il futon.
È strano. Si aspettava, chissà perché, un appartamento occidentale.
«Siediti dove preferisci.» lo invita Miyuki in un tono che Eijun non sa distinguere bene. Non riesce a capire se sia arrabbiato per quell’improvvisata o stanco per il viaggio, o nessuna delle due cose.
Si guarda intorno mentre l’altro posa il borsone in un angolo e si dedica all’angolo cottura, i rumori classici di una casa che gli arrivano all’orecchio; poco dopo Miyuki presta di nuovo a lui tutta la propria attenzione: «Ho messo su il tè.»
«Grazie.» borbotta Eijun e si odia, perché avrebbe mille cose da dire e invece oltre a quel meccanico “grazie” l’unica a cui riesce a dare forma sul momento è un «Buon anno.» a cui Miyuki replica con un mezzo sorrisetto e un augurio identico al suo.
Non è così che funziona tra loro. Non ha mai funzionato così, eppure al momento sembra l’unico modo in cui riescono a stare nella stessa stanza. A Eijun non piace, non è con quest’intenzione che gli ha detto cosa prova per lui – a dire il vero non c’era proprio alcuna intenzione in generale, ma già che lo ha fatto sperava che la cosa fosse percepita come… una cosa bella.
A quanto pare non lo è.
«Tu…» esordisce ma si blocca, in testa troppi rimproveri sulla mancanza di tatto fatti da molte persone e in altrettante occasioni. Deglutisce, lo adocchia, torna con lo sguardo sul tavolo. È più forte di lui, non crede di saper girare intorno alle questioni: «Qualcuno ti ha fatto qualcosa di male?»
L’espressione di Miyuki è impagabile: è difficile capire se sia più incredulo, più confuso o più divertito.
A giudicare dallo sbuffo che gli sfugge fra le labbra e da come l’espressione si rilassa, forse l’ultima.
«Tu sei davvero incredibile.» gli dice, ed Eijun all’improvviso sente caldo, non sa se per l’imbarazzo o per quella che ha tutta l’aria di essere un’ennesima presa in giro. Sta per ribattere che è serio e non c’è niente da ridere, ma Miyuki lo anticipa.
«Nessuno ha fatto niente. Non ho nessun trauma di qualche tipo.»
«…Oh.» è sollevato e non prova nemmeno a negarlo, anche se questo porta tutto su un piano diverso, ossia quello in cui la miriade di domande che gli affolla la mente spinge e spinge per uscire fuori e avere risposta. Non è sicuro di poter chiedere.
«Sawamura, ti ho già detto una volta che pensare troppo non ti si addice. Se vuoi farmi una domanda, falla e basta.» pronuncia Kazuya guardandolo – ormai non ha granché da perdere, ormai Eijun sa e se lui avesse voluto davvero evitare le spiegazioni avrebbe fatto come con tutti gli altri prima di Sawamura: avrebbe taciuto, lasciando che pensassero quello che preferivano o gli tornava più comodo.
Insospettabile, ma Eijun indugia ancora. Miyuki non avrebbe mai detto che l’altro potesse essere indeciso pur avendo appena ricevuto il permesso di chiedere qualsiasi cosa gli passi per la testa. Invece aspetta, e aspetta, al punto che il silenzio da sempre tipico di quel piccolo appartamento che sa di primo assaggio di indipendenza, per lui, appare quasi scomodo.
Sawamura inspira e Miyuki è pronto – qualsiasi cosa gli chieda, non sarà mai qualcosa che non abbia già sentito almeno una volta, in fondo.
«Io—» comincia Eijun, tacendo per qualche momento come se nemmeno lui sapesse come articolare la domanda; ma quello che viene dopo no, è qualcosa che Miyuki non si è mai sentito dire prima: «Non ho mai detto di voler uscire con te per fare… insomma.» e Kazuya sbatte le palpebre non solo per quella frase – che non è ancora neanche vicina a ciò che lo attende dopo – ma perché Sawamura è visibilmente in imbarazzo. Perché non pronuncia “sesso”. E Miyuki ha esorcizzato quella parola così tanto che ad un certo punto, non sa bene come, ha finito per essere una cosa senza importanza, qualcosa a cui non dare peso.
Lui ha conosciuto solo due tipi di approcci nei confronti di quell’argomento: il proprio e quello delle persone per cui una relazione non può prescindere dalla sfera sessuale. Kazuya non è mai stato ipocrita al punto da dar loro torto, ma come avrebbe mai potuto rapportarsi alla cosa quando per lui il sesso era quasi un deterrente della relazione stessa?
Non ha mai visto un approccio che stesse nel mezzo, prima d’ora.
«Voglio dire, potrebbe anche… potrebbe. Ma non è per forza. E poi magari ti odio e non ti sopporto, ecco.»
Non gli risponde subito, perché ammette di non sapere cosa dire. C’è una piccola parte di lui che è lusingata da quello che legge nelle parole di Sawamura, e ne è persino intenerito; ma l’altra sa che non può concedergli una mezza risata e un “va bene” come se niente fosse, come se bastassero le buone intenzioni.
«Grazie.» perché almeno di questo Miyuki deve dargli atto, perché c’è del buono in quello che Eijun ha detto e lui non vuole negargli quello che lo rende migliore delle altre persone che sono state al suo posto «Ma è probabile sia solo un pensiero del momento.» aggiunge, i lineamenti non contratti come si sarebbe aspettato. Ha affrontato quel discorso altre volte, alcune con molto distacco dato da una relazione non così importante al punto che mettervi la parola fine lo sconvolgesse, altre con toni che spera di non sentire mai più. In quelle occasioni ha imparato come non ci sia un vero modo per cercare di farsi capire – soprattutto quando non te ne sei mai curato, quando non ti è mai neanche interessato e all’improvviso diventa l’unica cosa con cui puoi mettere la parola “fine” a un rapporto. Farsi capire non è una cosa fatta per lui, e invece si ritrova ancora una volta a dover prendere un pezzo di sé tra le mani, modellarlo perché sia fatto di parole da pronunciare guardando negli occhi qualcuno.
Ma non guarda Eijun; gli occhi sono puntati sul tavolino, e sente lo sguardo di Sawamura su di sé. Può quasi immaginarselo, con quell’espressione confusa che spesso lo rende davvero buffo.
«Che vuol dire?»
«Adesso non sarebbe un problema. Siamo usciti insieme una sola volta, dopotutto. Ma a un certo punto ci saranno delle cose che vorrai fare con me, no?» lo incalza con un mezzo sorriso – perché sa che andrà così: è successo con quell’unica ragazza con cui ha avuto anche un rapporto sessuale, è successo con chi c’è stato dopo e si chiedeva perché Miyuki non andasse mai oltre. In questo nessuno è diverso, nemmeno Eijun.
«Non è sbagliato, Sawamura. Vorrai fare quello che fanno la maggior parte delle persone con chi frequentano. Ma a un certo punto io potrei dirti di “no”. » lo dice senza alzare i toni e senza calcare le parole. Lo pronuncia con fermezza, il tono basso come se raccontasse una favola a un bambino che vuol fare addormentare. Eppure, è conscio di come ci sia una crudeltà di fondo in quello che dice, una cosa che non potrà mai rendere meno dolorosa o meno cattiva alle orecchie degli altri: il rifiuto e la consapevolezza che, ecco, siamo tornati al punto di partenza.
È una manciata di secondi quella in cui c’è un moto di stizza, e rabbia, e anche qualcosa che si avvicina pericolosamente all’odio. Perché a volte Kazuya vorrebbe davvero che le cose fossero diverse.
Quello che stona è un colpo secco, il pugno di Eijun che batte sul tavolino – non a tutta forza, ma è come se lo avesse fatto, e anche se Miyuki non lo biasima vorrebbe che la smettesse, che tutti la smettessero.
«Perché devi decidere per me?» incredibilmente Sawamura non sbraita, anche se trema: «Ok, forse se usciamo insieme a un certo punto ti chiederò di fare… qualcosa di più che tenerci per mano o più di un bacio.» c’è un rossore che Eijun ignora e invece Miyuki non riesce a ignorare «Ma è ovvio che se mi dici di no sarebbe un no. Voglio dire, sembro una persona che potrebbe arrabbiarsi perché non vuoi? Certo, se non volessi perché non ti piaccio sarebbe strano— se non ti piacessi da adesso e tu uscissi comunque con me per poi dirmi che non ti piaccio dopo, allora ecco, mi arrabbierei perché dimostreresti di essere davvero lo stronzo che sembri e che a volte riesci a essere senza neanche impegnarti.» prosegue e Miyuki si chiede se faranno mai un discorso senza che Eijun sottolinei il suo essere stronzo, ma in fondo pensa anche di non aver fatto molto per dimostrare il contrario, e allora lascia correre. «Ma se non fosse così, insomma, mi hai detto adesso che il sesso» lo pronuncia quasi di fretta, rischiando di incespicare nelle parole «non ti piace. Se voglio ancora uscire con te non pensi significhi… beh, non è che non mi importi, ma se diventa una cosa insostenibile posso dirtelo. O possiamo pensarci insieme. Chiunque potrebbe pensarci, andiamo. Cioè, non voglio pensarti con un’altra persona, ma intendevo dire che… è ok. Adesso è ok. Non mi è mai piaciuto un ragazzo prima e potrebbe non piacere nemmeno a me, l’idea di fare cose.»
Dice proprio così: cose. Per tutto il tempo in cui a fatica Eijun riesce a dare un nome a quello di cui stanno parlando, gli occhi che a Miyuki sono piaciuti dalla prima volta – senza malizia, senza alcun doppio fine o significato – non incontrano mai la sua figura, non lo cercano mai; trovano le mani, il legno, ma non lui.
Un fischio dalla cucina li fa quasi sobbalzare entrambi. Miyuki si alza, quasi stordito perché aveva totalmente dimenticato di aver messo su il bollitore. Si muove con pochi passi, spegne i fornelli e sistema l’occorrente per servire il tè al suo ospite; sono gesti meccanici che gli consentono, in un certo senso, una tregua. Ma momenti del genere, quando non sai cosa dire o non sai come dirlo nemmeno se ci pensassi su per giorni interi, non durano mai abbastanza o quanto vorresti.
Non impiega granché a ritrovarsi di fronte a Sawamura, le tazze da tè che fumano davanti a entrambi, oggetto di distrazione che non può essere tale per sempre senza insospettire.
Miyuki ha una percezione piuttosto chiara di cosa dovrebbe e di cosa non dovrebbe fare: dovrebbe dire a Eijun che capisce cosa intende, ma che non potrebbe funzionare; che per quanto bastardo possa essere, nemmeno lui arriverebbe mai a chiedere a qualcuno di sacrificare se stesso o i suoi desideri per stare con lui. Non dovrebbe dare alcuna speranza perché renderebbe tutto più difficile. Uscire insieme, e poi? Finirebbero per l’affezionarsi l’uno all’altro, e avrebbero più mancanze che certezze, dopo una separazione.
Si tratta di realismo, più che di pessimismo; e di quello che è il modo di fare di tutte le persone che stanno al mondo: basarsi sulle esperienze vissute, poche o tante che siano.
Miyuki sa come andrà a finire, ma sa anche come vorrebbe che non finisse stavolta – egoisticamente, ma in completa sincerità, non pensa di desiderarlo perché si tratta di Eijun. Lo vuole e basta.
Si detesta per la prima volta dopo anni quando sente la sua voce riempire la stanza con un: «Proviamo.»

   
 
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