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Autore: Blablia87    21/02/2016    9 recensioni
[Omega!verse]
[Alpha!Sherlock][Omega!John]
Pezzi di una filastrocca come briciole di pane lasciate da un passato pronto a riscuotere la sua vendetta.
Genere: Angst, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Allora. Qual è il piano?” Domandò John quando furono abbastanza lontani dalla scena del crimine, lanciando un’occhiata veloce a Sherlock che camminava lento accanto a lui, sguardo serio e scia immobile.
“Mhm?” Domandò quello, dando l’idea di averlo sentito a malapena.
“Il piano. Immagino tu mi abbia trascinato via per iniziare una delle tue “indagini parallele”, dico bene?” Ripeté John, alzando un sopracciglio.
“Pensavo di aver espresso in modo abbastanza chiaro il motivo per il quale ce ne stavamo andando.” Rispose l’altro, assumendo un’aria sorpresa.
“Mi stai dicendo che tu, Sherlock Holmes, l’uomo capace di dimenticarsi di mangiare per giorni sta andando davvero a fare colazione?!” Chiese John, senza riuscire a trattenere lo stupore. “Sul serio?” Domandò nuovamente, e Sherlock si lasciò scappare un lungo sospiro, alzando gli occhi al cielo.
“TU, stai per fare colazione.” Rispose, calcando il più possibile la voce sulla prima parola. “IO, devo pensare.” Concluse, continuando a camminare e mantenendo lo sguardo dritto davanti a sé.
“Non vedo il legame tra le due cose.” Ammise John dopo un po’, mentre uscivano attraverso uno dei cancelli del parco. “Tra il mio pasto e il tuo dover pensare, dico.”
“Non tutti i collegamenti tra cose e persone sono semplici linee rette, John.” Rispose Sherlock, attraversando la strada ed aumentando il passo. “Ma una cosa resta una costante, nelle esperienze che ognuno di noi compie quotidianamente.”
“E sarebbe?” Il medico aveva velocizzato l’andatura a sua volta, e si era portato nuovamente accanto al detective.
Sherlock si bloccò, girandosi a guardarlo. John si fermò a sua volta, ricambiando lo sguardo con aria interrogativa.
Il detective scattò quindi in avanti, cercando di colpirlo al viso con una mano. Il medico si piegò di lato, istintivamente, e deviò il colpo con il dorso della sua.
“Sei impazzito?!” Gli domandò quindi, tornando il posizione eretta, ricevendo in cambio un sorriso compiaciuto.
“Quello che non cambia mai, dottore, è che ad ogni azione corrisponde una reazione.”
Disse, allegro, girando velocemente su se stesso e riprendendo a camminare.
“Certo.” Sentì dire alle sue spalle. “Adesso è decisamente tutto molto più chiaro.”
Pochi passi coperti con una leggera corsetta, e John era nuovamente al suo fianco.
“Certe persone sono come catalizzatori.” Gli disse Sherlock, accennando un sorriso in direzione della caffetteria che era appena comparsa dietro l’ultimo angolo che avevano svoltato. Un cartello, rosso e dorato, recava la scritta “Aperto 24/24”.
“Non hanno reazioni proprie, ma con le loro azioni ne creano negli altri.” Continuò il detective, fermandosi davanti alla porta a vetri bianca. “Tu, John, sei il mio “fattore accelerante”. La mia mente lavora perfettamente anche in tua assenza, sia chiaro. Ma poi dici quella determinata frase, in quel dato momento e… ed è come se mi aiutassi a pensare più in fretta.”
Sherlock aprì la porta ed entrò, mantenendola aperta per far entrare John a sua volta.
“Davvero?!” Chiese il medico, seguendo l’altro che, dopo un rapido cenno di saluto alla donna dietro il bancone, si stava dirigendo verso uno dei tavoli liberi.
“E quando lo avrei fatto, ad esempio?” Domandò scettico, accomodandosi su una delle panche color pastello.
“Nella camera da letto della signora Rogers, ad esempio. Quando hai detto che per morire in quel modo ci sarebbe voluta molta determinazione e delle ore.” Rispose Sherlock, semplicemente, passando a John entrambi i menù sul tavolo. “Questo mi ha permesso di capire praticamente subito che l’uomo visto fuori dall’appartamento della mia rete non avrebbe potuto essere l’assassino. Oppure…” Il detective si voltò a richiamare l’attenzione di uno dei camerieri, che si avvicinò lento al loro tavolo. “Poco fa, quando hai asserito che quello doveva essere l’ultimo omicidio, perché chiudeva il cerchio della numerazione.” Sherlock alzò lo sguardo sul ragazzo che era arrivato a prendere l’ordinazione e gli rivolse un sorriso sbrigativo. “Un caffè, per favore. E per il signore…” Si girò verso John, che aveva appena aperto il menù ma non aveva fatto in tempo a leggere ancora nessuna pietanza.
“Un caffè andrà benissimo anche per me.” Sospirò. “E una fetta di torta di mele, se disponibile.” Aggiunse, passando i menù con un sorriso al cameriere, che si limitò ad annuire, serio. Prese i menù e lanciò un ultimo sguardo a Sherlock, veloce, arrossendo leggermente.
John percepì distintamente la scia del ragazzo - sicuramente Omega e non molto lontano della completa maturità sessuale - acuirsi mentre si allontanava, e si trovò ad arrossire in risposta a quella reazione ormonale non sua, vergognandosene un attimo dopo.
Alzò gli occhi su Sherlock, pregando che non si fosse accorto di nulla, e si sorprese a sperare che non avesse fatto caso neanche al comportamento del giovane cameriere.
Trovò il detective intento a comporre velocemente un qualche messaggio sul telefono, apparentemente ignaro di ogni cosa attorno a lui, e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
Sherlock alzò gli occhi dallo schermo, assumendo un’aria interrogativa.
“Tutto ok?” Chiese, muovendo lo sguardo sul volto dell’altro.
John ringraziò mentalmente gli inibitori per aver azzerato la sua scia che, ne era sicuro, se non fosse stata tenuta sotto controllo dai farmaci adesso avrebbe mostrato mille sfaccettature diverse, nessuna delle quali di suo gradimento.
“Sì. Tutto bene.” Rispose, fin troppo velocemente, tanto che Sherlock intensificò il suo sguardo, sicuro a quel punto che qualcosa non andasse.
“Sono solo un po’ stanco, tutto qui. E piuttosto turbato da quel che abbiamo visto poco fa.” Cercò di giustificarsi, sporgendosi poi in avanti sul tavolo e fingendo di leggere cosa Sherlock stesse digitando. “A chi scrivi?” Domandò, sperando di riuscire finalmente a far distogliere al detective gli occhi dal suo viso.
Sherlock gli lanciò un ultimo sguardo, serio, poi tornò a dedicarsi al telefono.
“Lestrade. Mi faccio mandare le generalità dell’uomo.” Rispose, finendo di digitare e appoggiando infine il cellulare sul tavolo.
“Allora, come procediamo?” Domandò John, sentendo un misto di preoccupazione ed eccitazione iniziare a risalirgli lungo le vene.
“In nessun modo preciso. Parliamo del caso. Basterà.” Rispose Sherlock, con noncuranza, lasciandosi andare contro lo schienale della propria sedia.
“Ok. Iniziamo con ordine, allora.” Acconsentì John, mentre con la coda dell’occhio seguiva i movimenti del loro cameriere, in piedi accanto al bancone. Non riusciva a trovare un solo motivo razionale per farlo, ma sentiva di doverlo osservare. Di dover essere “pronto”, quando sarebbe tornato. La cosa lo disturbava profondamente, ancor più dato che non riusciva a trovare una buona giustificazione a quell’impellenza, ma non era in grado di sottrarsi comunque a quella parte del suo istinto che lo stava praticamente obbligando a non perdersi un solo gesto del ragazzo.
“Sì. Partiamo dalle basi.” Sherlock aprì il tovagliolo di carta che aveva davanti a sé, piegato in una forma che lo faceva assomigliare vagamente ad un fiore, ed estrasse una penna dalla tasca interna del cappotto.
“Direi che le basi sono le vittime.” Disse, iniziando a tracciare una griglia sul tovagliolo con mano ferma. “Anthony Marston, Alpha Minus.” Sillabò, trascrivendo il nome sul tovagliolo.
“Molly Rogers, Omega Plus.” Continuò John, segnando “due” con le dita, come a tenere il conto.
“E…” Iniziò Sherlock, mentre il suo cellulare emetteva un trillo acuto. “Thomas Rogers, Beta Minus.” Scrisse, dopo aver letto il messaggio di risposta di Lestrade.
“Direi che almeno su un punto possiamo già avere una certezza: non è una questione di “ceto”.” Sentenziò il detective, dopo aver dato un’occhiata d’insieme ai nomi sul tovagliolo.
“No, direi di no. Però le ultime due vittime hanno lo stesso cognome.” John si spinse in avanti e sfiorò i due nomi con la punta dell’indice sinistro. “Casualità?” Domandò.
“Nulla è casuale, John.” Rispose Sherlock, tracciando una linea a collegare i due nominativi.
Il cameriere, alle sue spalle, finì di riempire il vassoio con le tazze ed il pezzo di torta per John, ed iniziò ad avvicinarsi, seguito per tutto il tragitto dagli occhi attenti del medico. Quando fu praticamente arrivato, John riuscì a percepire chiaramente la sua scia farsi alta e dolciastra, tanto da superare l’aroma del caffè bollente e delle mele calde.
Il dottore si trovò a trattenere il fiato ancor prima di rendersene conto, e abbassò lo sguardo mantenendolo tenacemente sul tovagliolo sul quale Sherlock stava prendendo appunti.
L’altro, da conto suo, non sembrò far caso all’invito olfattivo più che palese che stava ricevendo, né al fatto che le mani del giovane stessero tremando leggermente, mentre gli posava davanti la sua tazza fumante.
Razionalmente John provava molta compassione per il ragazzo: molti Omega lavoravano, prima della maturità sessuale completa, nei periodi lontani dal Calore. Era un modo per poter conoscere un Alpha col quale creare un Legame, e comunque permetteva loro di mantenersi in mancanza di qualcuno che lo facesse al posto loro. Svolgevano quasi sempre lavori sottopagati, o comunque dove fosse possibile sostituirli senza grossa difficoltà, perché solitamente chi lavorava lo faceva per periodi di tempo molto limitati e non sempre era sicuro che potesse presentarsi a lavoro il giorno successivo. Quel ragazzo stava provando in tutti i modi a mantenersi professionale, ed era palesemente in imbarazzo per la reazione che il suo corpo stava avendo alla presenza di quell’Alpha che, a quanto poteva vedere, era accompagnato, benché mantenesse una scia libera e forte.
Ciò nonostante i suoi ormoni stavano scegliendo per lui, e non poteva far altro che cercare di farsi notare. Tutto questo John lo capiva, e una parte di sé era profondamente dispiaciuta per la situazione e per il fatto che sapeva bene che essere rifiutati da un Alpha libero era sempre dura da accettare, per un Omega in cerca di Legame. Malgrado questo, sentiva il bisogno quasi fisico che quel ragazzo si allontanasse dal tavolo il prima possibile. Avevano bisogno di pensare, dovevano… Loro… Sherlock e lui stavano…
Il cameriere posò caffè e torta davanti a lui, e John si sentì mancare l’aria per qualche secondo. Boccheggiò, cercando di incamerare ossigeno, e gli fece cenno che poteva andare, senza guardarlo in viso.
“John.” La voce di Sherlock, leggermente allarmata, sembrò rompere la bolla d’aria rarefatta che sentiva premere attorno alla testa, e finalmente riuscì a respirare in modo adeguato.
“Tutto bene?” Chiese il detective, con espressione tesa, osservando con la coda dell’occhio il cameriere allontanarsi in fretta.
“Sì…” Rispose, deglutendo un paio di volte saliva ed aria.
“Scusa, credo di…” John si guardò intorno, cercando di trovare le parole adatte. “Forse dovrei andare a lavoro. Per aiutare Mike con quel corpo, sai. “ Provò, la voce che diventava più sicura col passare dei secondi.
“Sì, certo.” Gli rispose Sherlock, serio, continuando a guardarlo in volto ma ricevendo in cambio solo un’occhiata veloce di gratitudine mista a qualcosa che sul momento non riuscì ad interpretare del tutto.
“Fatti incartare la torta. Così puoi mangiare mentre vai.” Gli suggerì il detective.
“Sì. Ottima idea.” Rispose sbrigativo il medico, alzandosi e prendendo il piatto. “Mi dispiace. Continuiamo questa cosa stasera a casa, che ne dici?” Domandò, riuscendo in fine a mettere gli occhi in quelli di Sherlock.
“Nessun problema.” Rispose lui, atono, prendendo la sua tazza e avvicinandola alle labbra.
“Ok, allora. A dopo. Ti chiamo se scopriamo qualcosa durante l’autopsia.” Concluse il medico, iniziando a dirigersi verso il bancone.
Sherlock, rimasto solo al tavolo, fece un respiro profondo, chiudendo gli occhi. Solo in quel momento un odore leggero, appena percettibile, superò quello del caffè, entrandogli nei polmoni.
Non si era mai interessato delle scie altrui, se non per fattori lavorativi, e quella, poi, era così debole, limitata, acerba, impoverita, che non avrebbe potuto accendere l’attenzione di nessun Alpha del pianeta. Era sparita nel tempo di un respiro, così come era comparsa, improvvisa, indesiderata, inappropriata, impossibile.
Eppure c’era stata. Era esistita, per quel secondo. Una scia di arance, menta e lavanda.
Si voltò in cerca di John, ma era già sparito.
Non c’era nessun errore, ne era certo. Quello era l’odore di John Watson. Una scia senza implicazioni sensuali, senza niente oltre se stessa, ma che per lui (ed anche per John, ne era sicuro) significava una cosa sola: fine dei giochi.

Angolo dell'autrice:
La domanda nasce spontanea: cosa è successo? E come fa l'odore di John ad essere esattamente come lo aveva immaginato Sherlock durante il suo "viaggio" indotto dal Soma? 
La risposta è molto più semplice (e logica) di quanto possa sembrare, tanto che sono sicura che molte di voi avranno già elaborato (o lo faranno adesso) qualche teoria a riguardo, teorie sicuramente esatte.
Non era mia intensione creare qualcosa di complesso anche al di fuori delle indagini vere e proprie, e questo perché di base, parlando di ormoni e simili, più una cosa è lineare più è credibile, almeno a mio avviso.

E quindi eccoci qui, alla prima presa di coscienza vera e propria da parte di John (e di Sherlock) che qualcosa non sta andando come previsto. Diciamo che per entrambi è la prima vera esperienza di contatto prolungato con qualcuno potenzialmente "appetibile" dal punto di vista ormonale, e per primo è toccato a John vivere in modo piuttosto intenso una reazione a tutto quello che questo comporta.
Sarebbe interessante sapere se il medico si sia accorto di aver emesso un minimo di scia, o se la sua fuga sia stata dovuta solo all'essersi reso conto di star praticamente reagendo come un Omega reclamato... (La domanda la lascio volutamente in sospeso.)

Che altro aggiungere, se non i soliti ringraziamenti di rito (e d'obbligo, visto la vostra gentilezza continua nel leggere, seguire, commentare...)?

GRAZIE A TUTTE/I! :D

A presto! ^_^
B.

 
   
 
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