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Autore: Prandaman    25/02/2016    1 recensioni
Azeel, disertore del clan Yamkath, ha deciso di abbandonare ogni cosa per seguire la propria brama di potere. Il suo egoismo lo porterà in una delle più grandi città del regno limitrofo, capitale di ogni vizio e sensazione umana che gli era stata negata in gioventù; ma in lui scorre il sangue del Matto, un marchio maledetto che non si può cancellare con tanta facilità: strascichi del passato torneranno a tormentare la nuova vita peccaminosa da lui intrapresa, in un escalation di eventi che influenzerà il destino di migliaia di persone a sua insaputa.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terminati gli ultimi preparativi, ad Azeel non rimase che abbandonare la piazza e scalare velocemente il muro del palazzo adiacente per raggiungere la balconata dalla quale si sarebbe gustato lo spettacolo. Leggero come una foglia spinta dal vento, il furfante dal sorriso diabolico sembrò farsi beffe della gravità e con un paio di agili balzi si ritrovò nuovamente nel buio del suo angolo di mondo, poggiando la schiena su un comignolo dai mattoni rossi. La delusione di scoprire che gli rimaneva solo una dose di menta liquida da assaporare fu superata dal brivido da eccitazione che gli attraversò le ossa quando vide il portone del bordello aprirsi; i suoi polmoni erano in piena crisi da fame chimica, ma decise di non usufruire del vaporizzatore, perchè avrebbe conservato le poche vampate rimaste per festeggiare nel caldo attico che attendeva il suo ritorno.

Immerso nella tenebra più fitta e palpabile, osservò con attenzione le prede uscire dalla viziosa tana , ignari del loro destino già scritto: dapprima sgattaiolarono fuori un paio di guardie del corpo, ceffi dall’aspetto poco rassicurante raccolti da chissà qualche bettola; solo i mercenari più immorali ed avidi accettavano di difendere l’incolumità di quelle bestie d’uomo, ennesima dimostrazione che le creature simili si attraevano fra loro fino a costituire un branco; poi venne il turno del bersaglio, un corpulento anzino foderato di abiti ingombranti per non farsi riconoscere e celare il marciume che emanava: sebbene non fosse abbastanza santo da poter ardire a ruolo di giudice imparziale, il figlio delle tenebre era felice di porre fine alla vita di costui, uno scarto per la società che stava costruendo secondo i suoi gusti ,missione dopo missione.

La mia città merita di essere disinfestata da questi ratti commentò Azeel , disgustato dall’aspetto quasi facocero del generale che neppure il cappotto più massiccio poteva rendere perlomeno sopportabile alla vista.

Ed infine giunse il misterioso ospite, accompagnato dalle ultimi due sgherri ricoperti di tatuaggi esotici che chiudevano la carovana: il portamento del militare spiccava dall’empio seguito al pari di una lampada accesa in una notte di Luna nuova: i passi dei suoi scarponi grigi attraversarono il selciato della piazza con sicurezza , trasportando con se una figura robusta e slanciata che trovava riparo sotto un lungo soprabito ceruleo, stretto in vita grazie ad una batteria di cinghie dorate di pregevole fattura;a concludere quel particolare abbigliamento, venne in soccorso un cappello tricorno del medesimo colore del vestito ed una scaldacollo di tessuto scuro che proteggeva il viso dal vento gelido che stava soffiando prepotentemente sulla Cittadella e correva spensierato per le antiche vie costruite dagli avi.

I colori richiamano i Capitani della Marina, ma quei movimenti son troppo...eleganti per un lupo di mare. Le informatrici di Sir Fenze avevano proprio ragione....pensò il sicario non distogliendo le sue attenzioni dalla secondaria preda della caccia e sporgendosi in avanti senza però lasciare la tana avvolta dall’ombra: la pelle scura imbrunita dal sole della sua terra natìa si era dimostrata un dono proverbiale per offuscare la propria presenza nella notte, ma era meglio non esagerare; la curiosità dell’assassino crebbe ad ogni falcata dello sconosciuto verso la carrozza a vapore, un sentito e brevissimo climax che trovò il suo culmine quando una giovane fanciulla del bordello che rientrava a lavoro infilò sbadatamente un tacco in una fessura del selciato e si rovesciò accanto a lui.

Il furfante non aveva preventivato un simile contrattempo ed instintivamente tirò fuori dalla sacca un paio di pugnali, pronto a sospendere il suo piano per non coinvolgere una donna innocente, a maggior ragione se possedeva delle curve generose e soffici sulle quali vorresti poggiare il viso e non alzarti mai più.

Lei è fortunato ,Sir...mi mostri un valido motivo per non dover porre fine anche alla sua esistenza ed io la risparmierò, a sua insaputa... commentò fra se e se mentre faceva danzare le lame nere fra le dita , facendogli compiere un balletto quasi ipnotico .

Lo straniero si accorse della donzella in difficoltà, tuttavia si limitò ad interpretare il semplice ruolo di spettatore,un’inerte statua che non elargì alla bella ragazza neppure una buona parola; la bionda prosperosa si lamentò loquacemente della maleducazione dei presenti e si tolse la scarpe ornai rovinate per ultimare il percorso scalza e ritornare alle proprie pregevole mansioni,decretando il fallimento della prova da parte dello sconosciuto.

Mi spiace per lei,ma nel futuro mondo non ci sarà posto per gli incivili, perciò la sua eliminazione è appena diventa necessaria: Sir Fenze se ne dovrà fare una ragione... concluse il sicario riponendo le affilate armi nell’apposita fondina per poi incrociare le mani davanti a se:lo spettacolo deve continuare.

Nel frattempo la sgangerata combriccola raggiunse la vettura del generale in pensione,una sfarzosa carrozza senza cavalli nera e lunga più di sei metri, rivestita da metallo color ebano tirato a lucido per le grandi occasioni. Un paio di scagnozzi occuparono lo striminzito abitacolo del guidatore situata nella parte interiore, mentre i restanti signori poterono accomodarsi nella voluminosa e pregiata cabina passeggeri che occupava buona parte dello spazio della struttura, protetta da estese vetrate scure che impedivano agli invidiosi sguardi dei poveracci di conoscere l’artefice di quella spudorata ostentazione; nel breve frangente durante il quale le portiere rimasero aperte, Azeel scorse al suo interno il pacchiano lusso con cui il vecchio facovero era solito circondarsi: divani in velluto rosso facevano da contrasto al legno di noce con dettagli in oro con cui era foderato l’ambiente, uno splendore reso ancora più evidente dall’illuminazione di un lampadario di cristallo.

La manovrabilità di quella specie di suite d’albergo a ruote un tempo sarebbe stata messa a dura prova dalle vie anguste della Cittadella,ma i capricci dei benestanti che avevano preceduto l’ex generale avevano vinto sulle esigenze della città e si narrava che interi palazzi furono ridimensionati o demoliti per garantirne il passaggio.

Sir Byssen, si consoli: la sua sarà sicuramente la più stravagante ed  accessoriata tomba che si sia mai vista per queste strade  pensò Penombra con un sorriso, un ‘eccitazione che crebbe quando udì accendersi il mezzo di locomozione , il cui rombo esplosivo sembrava quasi calibrato per svegliare ed avvertire i concittadini meno abbienti della propria presenza; le vittime non sapevano ancora che la loro vita era appesa ad un filo, un sottile e quasi invisible cavo in metallo ancorato ad un pilastro poco distante che si tendeva sempre di più mano a mano che carrozza procedeva nella notte.  Azeel visse con nervosismo i pochi secondi che lo dividevano dal finale,immergendosi nelle  tenebre del fumaiolo in mattoni un attimo prima che l’esile corda si alzasse in’aria non avendo più altro modo per rimanere appesa al mezzo.
Quando la pressione  fu insopportabile, la colonna attirò a se un cilindro di metallo collegato all’altra estremità, dando così il permesso al detonatore collocato sotto la carrozza di scatonare la sua furia distruttiva : un lampo irradiò la porzione di piazza circostante, un’ accecante luce che dilagnò le tenebre ed invase prepotentemente la cabina dei passeggeri; il boato generato dall’esplosione fece vibrare di terrore tutte le finestre del quartiere e ,come un serpente invisibile, si insinuò scivoloso lungo le viuzze della Cittadella per portare in giro il suo orrendo messaggio di morte. Nel medesimo momento un dio indistinguibile ad occhio nudo parve scardinare e gettare le portiere ad una decina di metri dalla vettura,alzando in volo il pesante mezzo a vapore per quasi un metro, incurante della sua immensa mole da trasportare. Poi vennero le fiamme, calde lingue di fuoco che frantumarono i finestrini e si fecero largo all’interno dei due abitacoli , avvolgendo i malcapiti rinchiusi nel lussuoso forno di metallo. Un battito di ciglia ed ecco che l’intero bestione scintillante era avvolto da una palla di fuoco, dalla quale si diramavano delle vampate incandescenti che sembravano tentacoli soprannaturali intenti a cercare il responsabile per incenerirlo.

Tuttavia il furfante era ben protetto dietro il solido riparo,euforico come un fanciullo occupato a scoppiare il primo petardo; il suo era stato un approccio a dir poco inusuale, eppure non sentiva la necessità di recriminare se stesso per aver utilizzato un metodo così sbrigativo e sgraziato: il misterioso figuro aveva risvegliato strane sensazioni che era preferibile far tacere in fretta e la spettacolarità di questa esecuzione sarebbe stata impressa nella mente di ogni stramaledetto abitante della Cittadella.

Come un leone ruggisce nella foresta per mettere in chiaro il suo dominio, così io questa notte ho dichiarato guerra ai miei nemici ,mostrando a chiunque la loro vulnerabilità. Da oggi  nessuno potrà rimanere indifferente al sottoscritto ed ognuno saprà che non esiste carrozza ,castello od armatura in grado di proteggerlo dal mio giudizio commentò nella sua testa l’avido poeta dalle mani intrise di sangue, una preghiera torbida rivolta a lui prima di lasciare quel luogo che presto o tardi si sarebbe riempito di  guardie.

Ma i suoi propositi di fuga vennero interrotti da uno straziante rumore di metallo accartocciato, uno violento stridio acuto che superava in volume lo scoppiettare del fuoco che ancora inglobava il mezzo. Azeel imputava il fastidioso suono al cedimento della struttura, ma la sua curiosità felina si acuì quando gli parve di vedere una strana ombra issarsi da tutta quella devastazione.

“Mmm…?” fu il mugolìo che si fece sfuggire dalle sigillate labbra carnose, tipiche della sua etnia, una perplessità che mutò in stupore quando quei contorni si fecero più nitidi ,assumendo dei connotati quasi umani.

“Ma che diavolo…” pronunciò l’assassino , un attimo prima che un esplosione violenta di fumo e fiamme si propagasse contro di lui; il furfante ebbe giusto il tempo di allontanarsi dalla propria posizione con un pirotecnico balzo all’indietro,scivolando per un paio di metri lungo il tetto di tegole ancora bagnate a causa della pioggia precedente.

Per evitare di perdere equilibrio e controbattere alle folate di vento, il guerriero nell'ombra inarcò la schiena sul davanti e fece opposizione con gli agili e potenti quadricipiti, frenando la propria corsa a pochi centimetri dallo strapiombo; solo i suoi riflessi sovrumani impedirono ad Azeel di cadere sopra il duro marciapiede,mentre l’aria si riempiva sempre di più del rumore delle sirene e delle urla dei concittadini che timidamente uscivano dalle case per scoprire la causa di quel frastuono; ma ciò che più attirava le attenzioni della canaglia era davanti ai suoi occhi ,cioè la strana figura avvolta dalle fiamme, i cui lineamenti rispecchiavano quelli del militare dall'abbigliamento ceruleo: il forestiero sembrava non aver risentito dell’esplosione e la calorosa stretta del fuoco non stava minimamente intaccando il suo imperscrutabile portamento,incurante degli indumenti corrosi dal quell’ardore manco fosse il fresco tocco di una pioggerella estiva; il nemico fece una rapida rotazione su se stesso e si tolse l’ingombrante e rovinato vestiario, scaraventando il soprabito ed il capello tricorno oramai consumato sul selciato a far compagnia ai rottami della carrozza, rivelando la sua persona decisamente inaspettata: un giovane uomo dalla pelle candida come il latte gli si fece avanti, con lunghi capelli biondi accarezzati da un vento maligno ed una coppia di sottili occhi color smeraldo che scrutavano l’assassino con silente disprezzo. Sebbene il vestiario dell’avvenente straniero era della medesima tinta della notte più fosca, il pregiato tessuto ed i ricami dorati evidenziavano un retaggio quasi nobile, qualcosa di decisamente fuori scala persino per il facocero ben cotto dentro la carcassa di metallo.

“Cominciavo a temere che non ti saresti fatto più vedere, Penombra…” disse lo straniero con tono sprezzante, approfittando dell’occasione per scrollarsi un pò di cenere che si era posata sulle spalle.  
“Sono stato costretto a sacrificare uno dei miei soprabiti preferiti:  tale scelleratezza si aggiungerà alla lista dei tuoi crimini, assassino...” concluse seccamente quasi si aspettasse delle scuse; il linguaggio che usava sembrava forbito e nessun dialetto volgare minava la sua pronuncia perfetta: l'uomo davanti a lui non era sicuramente un popolano d'origine. 

Azeel sembrò stupefatto da quella piega inaspettata degli eventi e prese la cosa sul ridere,commentando con ironia: “Sir, non posso nasconderle di essere paralizzato dalla paura: purtroppo domani ho un altro impegno, sono costretto a malincuore a disdire l’appuntamento con il giudice, ma se mi invierà il conto del sarto, vedrò di ripagare il danno con gli interessi..”.

La risposta non sembrò trovare il consenso del militare, che rassegnato continuò a discorrere  : “Anche un vile come te ha diritto ad un processo equo , e per tua sfortuna uno dei poteri concessomi dall’Imperatore è proprio quello di poter emettere in sentenza..”.

Un dubbio si insinuò nella mente dell’assassino, l’ennesimo tassello del puzzle  che, opportunamente incastrato con i precedenti indizi ,aveva finalmente permesso di svelare l’arcano e trovare una chiave di lettura plausibile.

“Sir, non mi dica che lei è un…”

“Silenzio villano!” urlò con tono rabbioso , allungando il braccio ed indicando la figura del sicario.

“Io, Dragone Michail,alla luce delle prove e delle testimonianze ricevute, giudico te, Penombra, colpevole di omicidio plurimo , danneggiamento di proprietà pubblica e distruzione di soprabito. La relativa condanna da scontare non può che essere..” .

Il nobile interruppe improvvisamente il discorso, azionando uno strano meccanismo con un veloce movimento delle le dita: in una frazione di secondo, un oggetto metallico fuoriuscì dalla manica del braccio accusatorio, piegandosi da un lato fino ad assumere i connotati di una pistola a tamburo.

“...la morte!” disse un attimo prima di sparare.
   
 
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