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Autore: _exodus    25/02/2016    1 recensioni
| Inazuma Eleven | Nessuna coppia | Angst; Malinconico | !Violenza! | Partecipante al contest "I non-toni dell'Amore" indetto dagli Shiri Sixteen |
Ormai Kyosuke era abituato a serate del genere, ogni sera il gruppo di amici si ritrovava in quel vagone e ognuno faceva sempre le medesime azioni, come se fosse stato un rituale sacro, il loro. Quello che facevano poteva essere benissimo accomunato ad un rituale devoto all’alcol. Ogni volta bevevano fino ad ubriacarsi. Bevevano per dimenticare, dicevano. Per dimenticarsi del tempo che continuava a scorrere senza sosta, delle loro vite senza senso e prive di utilità, perché secondo la società loro erano solo teppisti che si ubriacavano, imbrattavano muri con orrendi graffiti e prendevano decisioni affrettate senza mai riflettere. Tsurugi odiava quelli che giudicavano, quelli che si fermavano alle apparenze, per questo permetteva a quell'alchimia perversa di sapori e sensazioni di scorrere con il suo sapore forte, amaro e dolce allo stesso tempo, nella sua gola bruciante, per poi abbandonarsi al destino.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kirino Ranmaru, Matatagi Hayato, Matsukaze Tenma
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Kirino Ranmaru era sempre stato un ragazzo piuttosto problematico, non osava mai aprirsi agli altri, se non alle uniche persone a lui care, due delle quali se ne erano andate nel giro di poche settimane.
Il ragazzo dai capelli del medesimo colore delle fragole soffriva di depressione da molto tempo ormai, ogni mattina prendeva degli psicofarmaci che lo aiutavano almeno in parte. Il medico gli aveva prescritto un numero massimo di due pillole al giorno, ma dopo la morte di Hayato queste diventarono tre, con lo scorrere dei giorni quattro, poi cinque; quando morì Tenma divennero sei e nel giro di una settimana divennero circa una decina. Il corpo già macilento assunse un’aria ancora più malsana, grosse occhiaie violacee comparvero sotto gli occhi cerulei di Kirino, ormai spenti da tutta quell’oppressione. Ranmaru era molto affezionato a Takuto, il quale gli continuava a dire che un giorno, prima o poi, anche loro la felicità l’avrebbero trovata, un giorno anche loro avrebbero visto la luce alla fine del tunnel. Con il passare del tempo si convinse dell’esatto contrario e dopo le due pertite subite quell’ideale di “felicità” si era ormai fatto ancora più irraggiungibile.
Era domenica, esattamente le undici del mattino. Ranmaru si alzò molto lentamente dal letto, con un’aria completamente svogliata. Si avvicinò allo specchio del bagno della propria stanza e si osservò nel suo riflesso: si faceva schifo da solo. La pelle cadaverica, in contrasto con le profonde borse ancora più marcate da un colore bluastro misto a del viola, gli occhi, più grigi che azzurri, erano arrossati per via del sonno e delle ore passate a piangere silenziosamente. Iniziò a far scorrere l’acqua del lavandino, si piegò poggiando gli avambracci e con le mani a scodella si portò il liquido gelido al fiso. Si fissò un’altra volta nello specchio mentre piccole goccioline gli colavano lungo gli zigomi, arrivando poi al mento, i capelli ormai bagnati appiccicati alla fronte.
Aprì il piccolo armadietto nascosto dietro lo specchio e prese la scatola dove teneva gli antidepressivi, non stette nemmeno a contare quante ne prese, si versò tutto il contenuto sulla mano facendo anche cadere alcune pillole nell’acqua. Ingerì tutto senza pensarci due volte. Quel giorno voleva andare a fare un giro, non gli importava dove, voleva solo uscire da quella casa nella quale la luce del sole non entrava da molto tempo. Indossò una maglia bianca, il primo paio di pantaloni che riuscì a pescare nel caos totale che si nascondeva nell’armadio e per coprirsi indossò una felpa grigia.
Ibuki, invece, sembrava aver trovato la felicità, o per lo meno quella che sembrava felicità. Aveva conosciuto una ragazza, era fin troppo carina per ritrovarsi nella zona che era soprannominata “Il Ghetto” a causa della sua fama per la gente che vi girava. Il ragazzo dalla pelle olivastra conosceva benissimo quella zona, quasi come le proprie tasche. Sapeva che vi si potevano trovare prostitute in ogni dove, eppure i capelli rosati, del medesimo colore dei fiori di ciliegio, i dolci occhi azzurri e la pelle nivea le davano quasi un’aria angelica. Sembrava impaurita quella notte che la vide. Passarono le settimane e lui s’innamorò follemente cadendo nella ragnatela dalla quale sarebbe difficilmente uscito. Sakura, così si chiamava la giovane, all’apparenza era una ragazza dolce e disponibile, ma tutto cambiò nel giro di poco tempo, lei iniziò a diventare una ragazza alla quale interessavano solo gli averi di Munemasa, non l’amore accecante che provava per lei.
I due si trovavano in un motel, avevano appena passato una notte di fuoco insieme, Ibuki era convinto di essere riuscito finalmente a raggiungere la felicità, quella di cui Takuto tanto parlava. Eppure il castano gli aveva detto che la felicità era eterna, allora perché si svegliò verso le cinque del mattino, con solo il sole che, timido, faceva capolino e un forte profumo di Chanel. Nessuna traccia di Sakura. Se ne era andata, lasciando solo il ragazzo dai capelli biancastri, solo con un grande vuoto.Fece passare la mano sulle lenzuola piegate dal corpo perfetto della ragazza. Sospirò.
Cosa non andava in lui? Perché lei se ne era andata? Aveva davvero approfittato di lui per tutto quel tempo? Per il giovane era una cosa inconcepibile, lui si era davvero innamorato di quella ragazza. Si buttò a peso morto sul materasso ed estrasse dalla tasca l’accendino che portava sempre con sé per poi iniziare a giocare con la piccola fiamma.
 

Ranmaru non sapeva dove si trovava esattamente, ormai camminava sotto il sole e senza sosta da diversi minuti, in quel momento l’unica cosa di cui era a conoscenza era il forte dolore al cranio che lo costringeva a fermarsi di tanto in tanto. Poi si bloccò in mezzo al marciapiede, le forze iniziarono ad abbandonarlo, le gambe a cedere sembrando fatte di gelatina, avvertì un forte capogiro e cadde per terra gemendo.
Ibuki stringeva in mano una piccola tanica contenente della benzina, non sapeva esattamente da dove provenisse, l’aveva trovata nascosta sotto la scrivania malandata che era stata messa nella stanza per cercare di far sembrare quella piccola topaia una stanza per lo meno decente. Aprì il tappo del contenitore in plastica e ne svuotò il contenuto sulle lenzuola, spargendone un po’ anche sul pavimento. Riafferrò l’accendino in metallo, osservò la fiammella scottante muoversi instabile e poi lo buttò fra le coperte appiccando il fuoco nel quale aveva deciso che sarebbe morto.
 

 

Parole: 895

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Per chiunque se lo fosse chiesto, per farvi un'idea in più della fanfiction e spoilerarvi qualcosa provate a guardare questo video.
   
 
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