Buona lettura!
*Act II*
– Thursday: stars; still frozen –
«È martedì.»
«Lo so.»
«Fa freddo.»
«Siamo a dicembre, è normale.»
«Il castello è riscaldato.»
«Malfoy,–»
«Perché stai tremando?»
Hermione fissò Draco con gli
occhi sgranati. Non le piaceva essere interrotta e non le piaceva chi
rispondeva a una domanda con un’altra domanda. Lui faceva entrambe.
Non le piacevano tante cose.
Malfoy era sempre stato una di quelle.
«Non rispondi?» la incalzò, ben
sapendo di irritarla ancora di più.
«Non sto tremando e anche se
fosse non sarebbe un tuo problema.»
Si mosse per alzarsi da terra, ma
lui le afferrò un braccio. Un brivido si propagò nel suo corpo dal punto in cui
l’aveva toccata da sopra il maglione. Che ipocrita era.
«Hai una bella faccia tosta, lo
sai? La tua mano è gelida.»
Lo sguardo che le rivolse Draco
era troppo intenso. Stonava sul suo viso. Stonava con la sua persona.
«Scaldami tu, Granger.»
Un’altra provocazione. Il sangue
le ribolliva nelle vene, ma il fuoco nei suoi occhi era freddo tanto quando la
mano di lui.
Si liberò con uno strattone e gli
voltò le spalle.
«Io non sono in grado di scaldare
nessuno.»
Quella sera Hermione tornò
nell’aula di Divinazione. I due cuscini erano per terra, nelle posizioni di
sempre. Da quando loro due avevano un “sempre”?
Draco non c’era. Al suo posto,
però, brillava la luce di un piccolo fuoco fatuo. Sul cuscino accanto al suo
era posato un biglietto.
«Se non sei in grado di scaldare qualcuno
posso ricordarti io come si fa.»
Hermione provò una fitta al
cuore. Si morse le labbra per evitare di gridare; sentiva di avere gli occhi
lucidi.
Si sedette e osservò il cielo in
silenzio. Perché Draco era così fissato con lei? Cosa voleva ottenere? Cosa
voleva dimostrare?
Era intenzionato a “salvarla”?
Non ne aveva bisogno. Forse era lui ad aver bisogno di essere salvato?
Le stelle non le diedero risposta
e lei scoprì che, in realtà, non ne voleva.
Hermione aprì gli occhi di scatto, in preda a un forte brivido.
Mise a fuoco ciò che aveva intorno e capì di essersi addormentata sul divano.
Mosse le gambe per sedersi e il romanzo che aveva letto prima di
appisolarsi cadde a terra.
«Scusa, Jane.» Si chinò per raccoglierlo e rimise il segnalibro
tra le pagine.
«L’amavo
molto, più di quello che avessi il coraggio di dire, più di quello che le
parole potessero esprimere.»
Senza alcuna ragione quella frase la infastidì. «Scusa un corno»
sibilò tra i denti.
Buttò il libro sul divano e si alzò. Aveva bisogno di un caffè per
svegliarsi del tutto e togliersi dalla mente il suo viso.
L’aveva sognato ancora. Ormai succedeva ogni notte da quando si
erano incontrati pochi giorni prima – e avevano litigato furiosamente.
La cucina fu una delusione: il caffè era finito e si era
dimenticata di comprarlo. Hermione imprecò e decise di recarsi in un bar.
Ne trovò uno di suo gusto a un paio di chilometri da casa sua, era
grande e quasi del tutto pieno. Ordinò un caffè lungo e si sedette al bancone.
«Ehi! Sei Hermione Granger?»
Oh, perfetto.
«No.»
«Davvero? Mi sembri proprio Hermione Granger!»
L’uomo si sedette sullo sgabello alla sua sinistra e si appoggiò
al bancone con un braccio, lasciandosi scivolare sul legno vicino a lei.
Il barista le posò la tazza davanti e si rivolse al nuovo cliente,
chiedendo cosa desiderasse. L’uomo rispose che ci avrebbe pensato e lo liquidò
con poche parole.
«Ma sì, sei lei. Riconosco i capelli e il viso.»
«Stai invadendo il mio spazio personale.»
Quello ci rimase male, ma decise di non demordere e rincarò la
dose. «Me lo fai un autografo?»
«No.»
«Dai, perché no? E una foto insieme?»
A quel punto, dopo aver bevuto a fatica il suo caffè, Hermione
sfoderò la bacchetta e la puntò dritta in faccia al rompiscatole; molte persone
si voltarono a osservare la scena.
«Solo perché ho rischiato la vita per contribuire a salvarti il
culo durante la guerra non significa che abbia voglia di assecondare i tuoi
deliri da fangirl.»
Quello era troppo sconvolto per ribattere.
«Volevo solo bere un caffè in santa pace. Grazie per avermi
rovinato la giornata.»
Rinfoderò la bacchetta e, senza un’altra parola, abbandonò il
locale.
Accidenti, era troppo nervosa. Non andava bene, non poteva
comportarsi così. Doveva risolvere quella dannata situazione al più presto.
«Sei ancora nervosa?»
«Solo quando sono con te.»
«Ti rendo nervosa?»
«Mi irriti, è diverso.»
Draco ridacchiò sommessamente e
prese posto accanto a lei – come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Lumacorno ti adora.»
«Sai che fortuna.»
Scosse la testa. «Hai davvero un
diavolo per capello oggi, eh?»
«Non sono dell’umore giusto,
Malfoy. Lasciami stare.»
«Anche martedì scorso eri
nervosa. Lo sarai ogni martedì?»
«Solo se ci sarai tu.»
Draco rimase in silenzio,
conosceva bene il motivo del suo nervosismo: quel giorno, a Pozioni, Lumacorno
aveva decantato a gran voce le lodi di Hermione Granger, l’eroina del mondo
magico che con le sue abilità aveva fatto tante belle cose che Draco non aveva
minimamente ascoltato.
Sapeva benissimo cosa aveva fatto
Hermione. Lui c’era stato. Aveva visto, vissuto. L’aveva vista a scuola,
l’aveva vista a Malfoy Manor, l’aveva vista nella Stanza Delle Necessità.
E quel giorno, nell’aula di
Pozioni, aveva visto il sorriso finto rivolto al professore, l’eccessiva forza
con cui aveva girato l’intruglio nel calderone, la disperazione nel suo sguardo
quando era stata giudicata, di nuovo, perfetta.
«Hai un sacco di difetti,
Granger.»
Hermione si voltò a guardarlo,
confusa. «Grazie.»
«Sei saccente, puntigliosa e non
hai un grande senso dell’umorismo.»
«Quanti complimenti, Malfoy, smettila
o potrei arrossire.»
«Non sei perfetta.»
Lei sgranò gli occhi a quelle
parole e non seppe cosa dire.
«Chi te lo dice non ha capito
nulla di te» continuò Draco, alzandosi e guardandola dall’alto.
Hermione si sentì schiacciata
dalla sua alta figura. «E tu cosa hai capito di me?»
Draco le rivolse uno strano
sorriso.
«Che non sei perfetta. Ma a me
vai bene così come sei.»
Quando fu sola, Hermione ebbe la
certezza di essere arrossita come non mai.
Draco non le aveva ancora risposto. Hermione contava i giorni e
sentì una grande pressione sulle proprie spalle.
Due settimane prima Ron le aveva chiesto di sposarlo. Lei non gli
aveva dato una risposta e aveva scritto a Draco. Lui aveva accettato di vederla
subito, ma non era stato piacevole, avevano avuto un gran brutto litigio.
Del resto, cosa doveva aspettarsi? Cosa poteva chiedergli ancora?
Non gli aveva mai detto nulla di concreto, niente di sicuro… lui non aveva basi
per fidarsi di lei e credere alle poche parole che gli aveva detto.
Aveva atteso a lungo, perso la speranza, tentato di dimenticare
quel che c’era stato… ma inutilmente. Non poteva dimenticare davvero ciò che
avevano vissuto a Hogwarts, i momenti, le parole, gli sguardi. Era tutto troppo
intenso, ancora vivido e brillante nella sua mente, eppure lei non era riuscita
a dare a Draco alcuna sicurezza.
Non poteva biasimarlo. Ma poteva lasciare Ron? L’avrebbe fatto per
lui, per loro? E poi cosa sarebbe
successo, cosa avrebbero fatto, dove sarebbero andati?
Le domande erano tante, la paura troppa, le certezze inesistenti.
Era un salto nel vuoto e lei non l’aveva ancora affrontato.
«Quando l'amore si dà al miglior offerente non può esserci
fiducia, e senza fiducia non c'è amore.»
«Ron non è il miglior offerente!» Disse lei con tono oltraggiato.
«E non sono stata io la prima a tradire la fiducia.»
«No, dici?» chiese lui beffardo.
«Te ne sei andato senza salutarmi.» La sua voce era rotta.
«Ti ho scritto una lettera.»
«Non l'ho mai ricevuta.»
«Non l'ho mai spedita.»
Perché?, si chiese, ma non osò domandarglielo a
voce alta. Conosceva già la risposta.
Ron.
Nonostante avesse detto di amarlo, Hermione non era riuscita
a lasciare Ron per Draco. Lui lo sapeva, entrambi lo sapevano. Per questo la
lettera non era mai stata spedita. Per questo era sparito per cinque anni,
perché lei… lei non gli aveva dato fiducia.
Draco Malfoy non si
era fidato di Hermione Granger.
Gli aveva scritto di nuovo pochi giorni dopo per chiarire. Nessuna
risposta.
A dire il vero neanche lei sapeva cosa dirgli: non aveva detto niente
a Ron, non si era confidata con Harry, non aveva nulla di nuovo da dire a
Draco.
Voleva solo vederlo.
Quel desiderio la stava logorando da quando aveva ricevuto la
proposta di matrimonio. Era sopravvissuta cinque anni senza di lui e ora non poteva
più farne a meno.
Le mancava più di qualsiasi altra cosa.
Perché lui l’aveva salvata.
«Sei ancora qui?»
Si voltò e lo vide sulla porta. «Ti
dà fastidio?»
Sembrava diversa da quel
pomeriggio. Draco la studiò da lontano, poi si avvicinò e si sedette lentamente
alla sua destra – come sempre.
«Mi darebbe fastidio il
contrario.»
Hermione sorrise. Raccolse la
propria bacchetta da terra e usò un incantesimo non verbale per accendere un
fuoco magico. La sua luce aranciata illuminò i loro volti e scaldò subito
l’ambiente.
«Questo fuoco può scaldare
entrambi» disse lei, voltandosi per osservare il ragazzo.
«Quindi hai ancora freddo?»
Parve pensarci seriamente.
«E tu?»
«Forse.»
Lei ridacchiò. «Ti metti sulla
difensiva?»
«Credi che non ne abbia bisogno?»
Scosse la testa. «Non quando sei
con me.»
Draco non rispose. Guardò il
fuoco a lungo, mentre lei guardava le stelle.
Note:
«L’amavo molto, più di quello che avessi il coraggio di dire, più
di quello che le parole potessero esprimere.»
Jane Eyre
«Quando l'amore si dà
al miglior offerente non può esserci fiducia, e senza fiducia non c'è amore.»
Moulin Rouge
«Te ne sei andato
senza salutarmi.»
«Ti ho scritto una
lettera.»
«Non l'ho mai
ricevuta.»
«Non l'ho mai
spedita.»
Coco Chanel