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Autore: Caroline94    29/02/2016    1 recensioni
Sei bambini vissuti fra le spoglie mura di un orfanotrofio, sei amici praticamente inseparabili, una promessa: restare uniti per sempre.
Ma quando il pericolo dell'adozione grava sui loro piccoli cuoricini neanche stringersi i mignolini serve a molto e, prima o poi, dovranno affrontare la
separazione...
E se, per puro caso, dieci anni dopo si ritrovassero a frequentare tutti e sei lo stesso istituto superiore?
{Coppie: Karin/Suigetsu, Naruto/Hinata, Sasuke/Sakura}
[Attenzione: i personaggi potrebbero essere OOC, potrebbe contenere molto fluff, potrebbe essere estremamente triste e drammatico e rispecchiare l'insanità
mentale della scrittrice.]
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Karin, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Suigetsu, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Karin/Suigetsu, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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La palestra risuonava delle voci ansanti dei ragazzi che giravano per il campo mischiate alle urla d’incitamento del professore di Educazione Fisica Maito Gai che, fischietto alla bocca, suonava allegri motivetti che accompagnassero le attività dei suoi studenti intenti a correre per il campo. Al centro della fila, piuttosto distaccate dal resto del gruppo, due ragazze cercavano di parlare al di sopra del frastuono assordante che produceva l’oggetto di metallo nelle mani dell’insegnante, anche se vi era ben poco da dire: quel giorno Sakura Haruno era tutto fuorché un vulcano di parole.
“Sei proprio sicura che fosse lei?” domandò Ino “Magari ti sei sbagliata”
“No, non posso sbagliarmi su questo: era lei” rispose concentrandosi sul parquet che rivestiva la palestra.
“E… insomma, che ha fatto quando ti ha vista?” chiese ancora la bionda.
“Quello che ho fatto io: mi ha guardata come se fossi un fantasma” rispose quasi con stizza.
“E tu che hai fatto?” rincarò la ragazza, esitante.
“Sono scappata, Ino!” sbottò Sakura fermandosi di botto e appoggiandosi ai materassini impilati nell’angolo della stanza seguita subito da Ino, che rimase in piedi davanti a lei “Sono scappata, come una codarda! Sono scappata come ho sempre fatto negli ultimi dieci anni e come continuerò a fare!” gettò fuori alzando di poco il tono. Ino rimase perplessa dall’atteggiamento dell’amica ma non poté trattenersi oltre.
“E ora che farai?” azzardò un po' timorosa da un eventuale reazione della compagna.
“Che domanda stupida” mormorò Sakura “Scapperò da lei… come sto scappando dagli altri” concluse prendendosi il volto tra le mani. Ad Ino venne spontaneo voltarsi verso il fondo della palestra dove un paio di ragazzi stavano lanciando dei tiri a canestro, tra di loro ne spiccava uno in particolare: intelligente quanto riservato, di una bellezza rara munita di grande maturità e un pizzico di sarcasmo. Sessantacinque chili di perfezione, capelli d’ebano, occhi d’ossidiana, pelle bianca e liscia; questo splendore portava il nome di Sasuke Uchiha forse il ragazzo più popolare dell’intero istituto: ammirato dalle ragazze, invidiato dai ragazzi.
Non si sapeva molto su di lui, tranne che da piccolo era stato in un orfanotrofio, lo stesso di Sakura, ed a quanto pare loro due si conoscevano anche molto bene… ma guardandoli in quel momento non si sarebbe mai detto: Sasuke e Sakura non si erano mai rivolti più di un “Buongiorno” o un “Ciao” benché frequentassero la stessa classe da oramai cinque anni. Il motivo era a dir poco sconosciuto, specialmente ad Ino che, purché sapesse tutta la storia, non aveva ancora capito perché quei due non si fossero buttati l’uno tra le braccia dell’altro, piangendo di felicità, appena si erano rivisiti. Invece era esattamente il contrario: sembrava che la loro vicinanza causasse fastidio ad entrambi.
Ino sospirò ma non disse nulla, vedendo la ragazza in evidente stato di shock. Un lungo ed acuto fischio emanato a distanza ravvicinatissima da loro le fece sobbalzare entrambe: Gai era dietro le due ragazze armato di fischietto.
“Su ragazze, non ditemi che siete già stanche? Forza, che siete giovani!” esclamo cominciando a fischiare ad intermittenza. Sakura scattò in piedi e si diresse verso il gruppo che si preparava per la partita di pallavolo seguita da Ino che non si azzardò a riprendere il discorso.
Per quel giorno era meglio chiuderla lì.
 
 
§
 
 
“Ripetimi il suo nome”
“Uzumaki…”
“Solo il nome, non m’interessa il cognome”
“Karin”
“Com’era?”
“Alta, formosa, capelli e occhi rossi. Abbastanza carina”
“Ma proprio rossi?”
“Proprio rossi. Sembravano di fuoco”
“Lunghi o corti?”
“Lunghi”
“Ah”
“Scusa, ma se t’interessa tanto vai dentro e guardala: è seduta dietro di te!”
“Non posso”
“Perché?”
“Mi spaventerei nel vedere quel che è diventata”
“Non ti capisco”
“Juugo… posso raccontarti una storia?”
“Dai, Suigetsu, non fare quella faccia da funerale: mi spaventi”
“Non c’è da avere paura… ma solo da piangere”
 
Suigetsu Hozuki era il ragazzo più allegro della 5H, quello che aveva sempre la battuta pronta, che era capace di sorridere in qualunque momento ma era anche il più pigro poiché, puntualmente, tutte le mattine, la prima cosa che faceva quando entrava in classe era addormentarsi sul banco. Era soggetto di battute per questo ma non se ne curava, stesso lui ci scherzava sopra ma c’era poco da ridere: la verità era che Suigetsu la notte dormiva pochissimo a causa degli incubi che lo tormentavano da oramai otto anni.
Spesso si svegliava di soprassalto, sudato e spaventato, e passava il resto della nottata steso ad osservare il buio finché non suonava la sveglia. Quali fossero quegli incubi era difficile dirlo ma le persone al suo interno erano sempre le stesse: cinque bambini di otto anni, ognuno con un colore di capelli diverso, ognuno con degli occhi diversi… ma tutti, puntualmente, sparivano nel nulla in modi che… beh, il ragazzo non voleva ricordare.
Quei bambini lo avevano segnato profondamente, rimanendo in un angolo della sua anima e uscendo nelle ore di sonno solo per andarsene nuovamente; più volte il ragazzo aveva pensato di star impazzendo e che avrebbe presto varcato il punto di non ritorno, specialmente negli ultimi cinque anni quando aveva visto un ragazzo coi capelli neri nel corridoio in compagnia di una nervosa ragazza dai capelli rosa e gli occhi verdi.
Quei due ragazzi lo avevano profondamente scombussolato poiché gli ricordavano troppo i due bambini che lo tormentavano in sogno: un colpo al cuore fu quando scoprì che quei due ragazzi erano proprio quei due bambini.
Da allora gli incubi aumentarono e il sonno divenne sempre più ingestibile. Ancora oggi il ragazzo si chiede come abbia fatto a superare quel periodo ma ora… abbandonò la testa al muro e chiuse gli occhi: che vita di merda gli era toccata.
Juugo era in piedi davanti a lui, in silenzio, senza sapere cosa dire, decisamente perplesso di fronte all’improvvisa confessione del compagno: Suigetsu non aveva mai parlato del suo passato men che mai aveva detto che era stato in un orfanotrofio; avere tutte quelle informazioni in una sola volta lo aveva parecchio turbato e non osava immagine come si sentisse l’albino.
“Beh, se le cose stanno così non credi che se ne accorgerà anche lei che tu sei… tu?” domandò “Evitarla non servirà a molto visto che state nella stessa classe”
“Lo so” mormorò lui “Ma ho paura di una sua reazione” confessò “Se devo essere sincero, non so nemmeno io cosa fare o dirgli”
Juugo gli posò una mano sulla spalla con fare tranquillo “Andiamo, tu sei Suigetsu, hai sempre qualcosa da dire” gli fece notare.
“Certo, peccato che siano tutte cose stupide” rispose lui.
“E’ pur sempre qualcosa”
Suigetsu abbozzò un sorriso: “Già” disse.
“Dai, ora torniamo in classe. Stiamo stati fuori anche troppo”
 
 
§
 
 
Sakura si tolse la felpa e la infilò nello zaino frugando alla ricerca dell’asciugamano, era distrutta sia fisicamente che psicologicamente e non vedeva l’ora di farsi una doccia. Si avviò verso i sanitari dove le altre ragazze si stavano lavando e nel farlo passò davanti allo specchio a muro appeso accanto ai lavandini: l’immagine rifletteva una Sakura troppo cresciuta, con i capelli troppo corti, il busto troppo piatto e la pancia troppo piena.
Si portò le mani ai fianchi e strinse tra le dita i rotolini di grasso che la ornavano, memori di un passato che voleva lasciarsi alle spalle: Sakura era sempre stata una bambina allegra e solare, con un bel fisico snello e tanta autostima… ma tutto cambiò il giorno in cui vide andare via tutti i suoi amici d’infanzia, il giorno in cui rimase sola, il giorno in cui trovò come sfogo e compagnia il cibo.
Quando venne adottata, all’età di dieci anni, Sakura pesava 47 chili. Quando cominciò le superiori, all’età di quattordici anni, Sakura pesava 85 chili. Era grassa e questo lo sapeva benissimo tuttavia non era mai riuscita ad uscire dalla depressione in cui era caduta all’età di nove anni e che non l’aveva mai abbandonata. E Sakura avrebbe continuato a mangiare ed ingrassare se quel giorno, il primo giorno di scuola, non avesse incontrato lei: Ino Yamanaka.
Incontrando Sasuke e scoprendo che avrebbero frequentato la stessa classe, la ragazza cadde in un baratro di disperazione mista alla depressione che già aveva e alla coscienza che, quando uno dei suoi più cari amici l’aveva incontrata dopo tanti anni, aveva trovato solo una palla di grasso. Fu in quel frangente che Ino entrò in scena, le stette accanto, ascoltò pazientemente la sua storia e sorresse il suo carattere già debole; Ino non era mai stata esperta in psicologia o a dare conforto agli altri così fece l’unica cosa che le riusciva meglio: rimise a nuovo una ragazzetta che sembrava oramai senza speranze.
Su insistenza della madre, e quasi costretta da Ino, Sakura iniziò una dieta ferrea accompagnata da un’intensa attività fisica, tagliò i capelli che aveva sempre portato lunghi e decise di rimodellare il proprio carattere debole e sottomesso, acquistò fiducia in sé stessa e aumentò la propria autostima.
Ora Sakura pesa 52,3 chili, è diventata una donna forte e rispettabile e non ha più il terrore di farsi vedere in pubblico solo con una canottiera. Però, lo doveva ammettere, ritrovarsi Karin di fronte quella mattina era stato un vero e proprio trauma.
“Ehi, ti sei incantata?” domandò Ino affiancandola mentre si aggiustava l’asciugamano al petto per coprirsi.
“Ah, no… stavo pensando” rispose la ragazza “Sai, penso che dovrei ricominciare a fare sport” le disse. Ino la guardò attraverso lo specchio poi annuì.
“In effetti…” portò le mani ai fianchi della rosa, dove poco prima vi erano le sue, e strinse tra le mani due dita di pelle “…dobbiamo fare qualcosa per questi” disse pensierosa “Domani cominciamo la palestra, senza se o ma” decretò infine dandogli un buffetto sulla pancia “Ho anche io qualcosa da smaltire sulle cosce” aggiunse avviandosi alle panchine per vestirsi. Sakura abbozzò un sorriso per nulla offesa anzi, al contrario, contenta che Ino non fosse la solita oca che faceva esclamazioni del tipo “Ma no, tesoro, stai benissimo! Guarda, ti invidio!”; no, non avrebbe mai sopportato una ragazza di quel calibro. Ino era speciale proprio perché era schietta e sincera, diceva le cose come stavano senza peli sulla lingua ed era la cosa che più le piaceva di lei.
Continuando a sorridere si avviò alle docce mentre già si faceva un programma mentale degli esercizi che avrebbe dovuto fare l’indomani.
 
 
§
 
 
Il sole era ancora alto nel cielo quando i ragazzi si riversarono fuori dalla scuola. Karin si stiracchiò, distrutta dopo l’intensa giornata che aveva avuto.
“Allora ci vediamo domani, Peperoncino!” scherzò TenTen salutandola guadagnandosi una risata dalla rossa.
“Attenta, sono molto cattiva con i soprannomi” l’avvisò Karin, iniziando a frugare nella borsa “Oh, cavolo!” esclamò.
“Cosa?” chiese la mora.
“Ho scordato il diario sotto il banco. Torno a prenderlo” avvisò facendo dietro front.
“Ok, allora io vado”
“Ciao” salutò lei con la mano fiondandosi contromano tra i ragazzi che uscivano, fece il percorso all’indietro e risalì le scale fino all’aula, si diresse verso il suo banco e recuperò il diario disperso; aprì la borsa e lo rimise a posto. Proprio mentre stava richiudendo la zip il rumore della porta che si chiudeva la fece gelare sul posto. Rimase impietrita per un attimo avvertendo un respiro regolare poco distante da lei e si preparò mentalmente a trovarsi di fronte chiunque: aveva già adocchiato la sedia da lanciare contro qualunque malintenzionato ci fosse alle sue spalle.
Si voltò di scatto solo per trovarsi di fronte due occhi color lavanda: il ghiro, noto anche come Hozuki (così lo aveva chiamato TenTen), era appoggiato al muro accanto alla porta dell’aula, i capelli bianchi che gli ricadevano sugli occhi e un mezzo sorriso sulle labbra.
“Chi non muore si rivede” buttò li. Karin lasciò cadere la borsa osservando il ragazzo con gli occhi sbarrati: no, un altro no! Sakura bastava… anche lui no! “Ti ricordi di me?” domandò Suigetsu che iniziava ad avere qualche dubbio.
Karin deglutì e fece due passi indietro andando a sbattere contro il banco, appoggiandovi le mani. Non poteva crederci, non era possibile, non poteva essere solo una coincidenza. Il ragazzo si passò una mano dietro la nuca nettamente a disagio, prima di sospirare e staccarsi dal muro.
“Ho capito, meglio se me ne vado… scusami” disse infine aprendo la porta dell’aula e andandosene mentre Karin si lasciava scivolare a terra, stanca e scossa: tutto quello l'avrebbe uccisa.
   
 
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