Only Seth
«Ben
svegliata».
Una voce
calda e soave accarezzò l’udito della ragazza, le
cui palpebre si schiusero
lentamente resistendo invano alla luce del sole mattutino, che
penetrava sotto
le tende dell’immensa porta finestra.
Si
stropicciò gli occhi, sorridendo appena nel mettere a fuoco
il volto abbronzato
del suo interlocutore.
«Buongiorno
a te, mio Faraone»
rispose in un
sussurro, ridacchiando appena quando scorse l’espressione
contrariata del
ragazzo.
«Kisara,
quante volte ti ho detto di non chiamarmi-»
Le labbra
candide della ragazza sigillarono quelle del Faraone con un fugace
bacio.
«Seto» rettificò allora, passandogli le
dita tra i capelli ed iniziando a
giocherellare con le ciocche che gli cadevano sulla nuca.
Lui si
scompose appena, curvando un angolo della bocca
all’insù.
«Non vorrai
mica iniziare a borbottare di prima mattina» aggiunse lei,
vedendo che Seto non
sembrava in grado di portare avanti la conversazione. Non che
solitamente fosse
un gran chiacchierone, comunque.
«Io non
borbotto» si limitò a rispondere lui, sulla
difensiva.
Kisara alzò
le spalle, dandogli un colpetto sul petto. «Certo che
no» confermò
ironicamente, tirandosi dietro l’orecchio un ciuffo ribelle.
Lui sbuffò
in modo impercettibile e adagiò la testa sugli alti
guanciali reali, spesso
causa di fastidiosi e ricorrenti dolori al collo.
«Oggi sei
particolarmente loquace» le disse quando lei
poggiò il capo nell’incavo della
sua spalla, cingendogli la vita con un braccio.
«Sarà per
sopperire alla tua fastidiosa dote di sintesi, mio Faraon-».
Questa volta
fu lui a bloccare l’ennesima provocazione sul nascere,
cingendole il volto con
entrambe le mani ed estinguendo in un secondo la breve distanza che li
divideva. Carezzare quella pelle così nivea gli dava ogni
volta la sensazione
di profanare qualcosa di splendido e puro; eppure
l’espressione maliziosa sfoggiata
da Kisara sembrava quasi cozzare con il volto innocente che le
Divinità le avevano
donato.
«Ora devo
andare» dichiarò lui troncando i pensieri della
ragazza sul nascere. «Questioni
importanti reclamano la mia presenza».
Lei annuì e
a malincuore lasciò che si allontanasse per indossare gli
abiti e le effigi che
lo rendevano a tutti gli effetti il Sovrano d’Egitto.
«Mana ti
attende nel cortile del Palazzo, alle nove» le
ricordò, indossando il
copricapo.
Kisara legò
la sua folta chioma con un nastro dorato e recuperò la veste bianca, malamente
abbandonata ai piedi
del letto la sera prima.
«Lo ricordo,
Seto. Sarò puntuale, non temere».
Incrociò per
l’ultima volta lo sguardo del suo compagno, la cui velata
dolcezza di poco
prima aveva lasciato posto
ad
un’espressione concentrata ed austera, intenta nella lettura
di alcune
importanti pergamene.
Un po’ le
dispiaceva doverlo lasciar andare, perché spesso poteva
ricongiungersi a lui
solo verso sera, quando puntualmente lo trovava stanco e spossato.
Eppure il
Faraone ritagliava sempre del tempo per lei, perché, diceva,
un sovrano non può
vivere senza una luce che governi la sua esistenza. Così
Kisara riusciva a
bearsi di quei brevi momenti trascorsi con lui, quegli attimi dove il
ragazzo
cessava di ricoprire il ruolo di Faraone e tornava, solo per lei, ad
essere unicamente
Seto.
Umile tentativo di rendere giustizia ad una coppia tanto splendida, in un improbabile passato dove Kisara ha ancora il suo Ka (spero si dica cosi, perdonatemi ma parlo da “ignorante” che ha visto solo l’anime XD) e vive a palazzo assieme a Seto divenuto Faraone. Insomma, un What If inventato di sana pianta, spero comunque possa essere di vostro gradimento.
Qualora vi andasse di lasciarmi il vostro pensiero ne sarei ovviamente molto contenta. ^^
Un abbraccio,
Vavi