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Autore: ellyb1611    01/03/2016    6 recensioni
Questa storia partecipa al contest “Una storia, più autori” – la mia consegna chiedeva di descrivere la storia di un ex criminale nazista che difende le proprie idee durante un processo.
Dal testo: "Il silenzio cadde pesantemente sull’aula del tribunale. Oskar non si pentì di quello che aveva fatto, l’uccisione di tutte quelle persone erano dettate da una scelta che lui aveva fatto da giovane.
Non si sentiva un criminale per questo.
Si sentiva semplicemente come un uomo che aveva svolto bene il suo lavoro.
E di questo nessuno poteva accusarlo."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Il lupo di Berlino

Oskar Wolfe, salì sul banco dei testimoni il 23 Dicembre del 2004.
Avanzò piano verso il banco, aiutandosi col bastone in legno che ormai da diversi anni lo accompagnava. Non poteva lamentarsi per come la salute lo aveva mantenuto in quegli anni, se non fosse per la sua protesi all’anca che non gli permetteva di deambulare correttamente.
Si sedette alla sua postazione tenendo il bastone tra le mani e guardò con la coda dell’occhio la giuria che lo stava osservando intensamente; sapeva perfettamente cosa pensavano di lui, ma poco gliene importava.
Nessuno di loro poteva immaginare cosa significasse aver vissuto gli anni della guerra, non conoscevano le motivazioni che l’avevano spinto a fare quello che aveva fatto.
Nessuno.
Però si permettevano di giudicare, di giudicarlo come persona.
In fondo cosa aveva fatto di male? Sì, aveva ucciso diverse persone, ma era un militare e i militari eseguono ordini. Lui aveva svolto il suo dovere e questo gli bastava. Non capiva neppure l’accanimento di queste stesse persone verso fatti accaduti più di sessant’anni prima.
Ora nel mondo non accade di peggio? Le persone si ammazzano per molto meno e non c’è l’ombra di nessuna guerra o perlomeno nessuna guerra come quella vissuta da lui.
La voce della giovane donna di fronte a lui lo destò dai suoi pensieri.
L’osservò, portava i biondi capelli legati in uno chignon alto e gli occhiali mettevano in risalto i suoi occhi azzurri velati di profonda tristezza. Chissà perché quegli occhi erano così tristi? Se fosse stato più giovane avrebbe cercato di capirlo.
Se fosse stato più giovane e non fosse stato in quella posizione.
« Sig. Wolfe …», disse la giovane accostandosi a lui,« … si sente bene? Se la sente di rispondere a qualche domanda?»
Oskar la guardò nuovamente e annuì.
«Sig.Wolfe…», continuò la donna, «… mi conferma che tra il 1940 ed il 1945 fu capitano delle S.S. a Berlino?»
Oskar deglutì poi iniziò a parlare.
«Per essere precisi, nel 1940 fui messo a capo della Gestapo nella sezione tedesca di Berlino, la città dove studiavo; fu solo nel 1942 che mi aggregarono alle S.S. con il grado di capitano»
La donna inspirò, poi riprese a parlare.
«Mi scuso per l’imprecisione», disse sorridendo, «dal 1942 al 1945 fu capitano delle S.S. e durante questi anni organizzò diversi attentati in cui persero la vita individui innocenti. È corretto Sig. Wolfe o anche questa volta ha una precisazione da fare?»
La voce della donna ora non era più pacata come all’inizio. Il suo tono nascondeva un filo di nervosismo che Oskar non poté fare a meno di notare. Se una cosa l’aveva imparata durante gli anni del Reich era proprio quella di saper osservare la gente. Non ricordava più quante persone aveva smascherato grazie a questa sua dote, ma erano un numero considerevole.
Sorrise e poi si rivolse alla donna.
«Signorina …»
«Avvocato Amanda Greene, la prego», precisò la donna.
L’uomo annuì.
«Avvocato Greene, nella vita ho imparato che la precisione viene prima di tutto. Con la sua professione dovrebbe saperlo bene, mia cara».
La donna fece per replicare, ma poi decise di non proseguire lasciando parlare l’uomo di fronte a sé.
«È corretto dire che in quegli anni fui a capo del Corpo paramilitare del Partito, è corretto anche che mi capitò di prendere parte e talvolta organizzare diverse esecuzioni, ma non parlerei di attentato e avrei qualcosa da ridire anche sul fatto che fossero tutti innocenti!».
Oskar parlò con la calma che lo contraddistingueva, come se stesse raccontando una favola ai suoi nipoti. Notò il viso della donna diventare paonazzo, se fosse vissuta in quegli anni non avrebbe avuto lunga vita. Troppo emotiva e, si sa, le emozioni tradiscono.
La donna gli voltò le spalle ed andò verso il suo banco, cercò tra le carte sparse su di esso e poi tornò da Oskar esibendogliele davanti agli occhi.
«Sig.Wolfe …», cominciò, «… quattrocento persone giustiziate, tra le quali troviamo oltre a persone che avevano la “colpa” di essere ebree, anche vecchi, malati, bambini…Questo per lei non significa uccidere persone innocenti?».
Il tono della voce della giovane donna si faceva sempre più grave; un tono che quasi lo irritava. Cosa ne poteva sapere lei di quello che era accaduto? Lei che, come la maggior parte della gente, conosceva i fatti così come erano riportati sui libri di storia, libri scritti da seguaci del perbenismo, scritti da giovani cresciuti col culto del “tedesco cattivo”. Strinse forte il suo bastone tra le mani prima di rispondere a quella donna.
«Quanti anni ha, avvocato Greene?», chiese Oskar lasciando spiazzata la giovane donna, «Anzi, non me lo dica… avrà all’incirca trent’anni e quante guerre ha vissuto Avvocato?»
Amanda Greene lo guardò ancora senza proferire parola.
«Come pensavo!», esclamò Oskar, «Nessuna!»
Oskar Wolfe si guardò attorno. La giuria lo stava osservando senza capire dove volesse arrivare. Scosse la testa e prese, con la mano tremolante per l’età, il bicchiere di acqua di fronte a lui e con tranquillità se lo portò alle labbra bevendone un lungo sorso. Poi, con altrettanta tranquillità, lo ripose ed iniziò a parlare.
«Se quello che mi sta chiedendo …», attaccò, «… è, se sono consapevole della brutalità dell’uccidere un uomo vi rispondo di sì. Ma questo non vuol dire che mi reputi un criminale. Ho sparato, ho ucciso, ma stavo eseguendo un ordine. E che l’abbia fatto una, due o dieci volte non fa alcuna differenza. Ero un militare e i militari eseguono ordini. In questo ero ineccepibile. Chi cadeva nelle nostre mani era un terrorista, qualcuno che aveva volutamente messo fine alla vita di giovani tedeschi, la loro morte non è stata un gran danno.»
«Sei milioni e mezzo di persone sterminate lei non lo considera un gran danno?», sbottò Amanda Greene.
Oskar Wolfe scosse la testa prima di ricominciare a parlare.
«Avevo vent’anni quando ho incontrato per la prima volta l’ideologia nazista. Oggi, le posso dire che forse le cose potevano andare in un altro modo; forse qualcuno tra di noi si è fatto prendere la mano, ma noi credevamo in quell’idea! Ci sentivamo oppressi dal continuo insediarsi di individui così diversi da noi, individui che avevano il monopolio del commercio e non solo a Berlino, ma in tutta la Germania. Dovevamo riprenderci la nostra patria e l’unico modo possibile era quello di estirpare il male alla radice. Ci credevo, ci credevamo tutti … i nostri superiori erano visti come degli dei ai nostri occhi e a vent’anni o a venticinque se un tuo superiore ti diceva che quella era la via giusta, tu ci credevi. E allora impugnavi il fucile e facevi esattamente quello che ti chiedevano di fare. Potevo non farlo, è vero, potevo rifiutarmi di eseguire l’ordine, potevo scegliere di morire perché quella sarebbe stata la mia sorte, ma non ero un martire. Ero un militare. E quella era la strada che avevo scelto!»
Il silenzio cadde pesantemente sull’aula del tribunale. Oskar non si pentì di quello che aveva fatto, l’uccisione di tutte quelle persone erano dettate da una scelta che lui aveva fatto da giovane.
Non si sentiva un criminale per questo.
Si sentiva semplicemente come un uomo che aveva svolto bene il suo lavoro.
E di questo nessuno poteva accusarlo.

 

   


Questa storia partecipa al contest “Una storia, più autori” – la mia consegna chiedeva di descrivere la storia di un ex criminale nazista che difende le proprie idee durante un processo. Devo dire che la sfida è stata assai dura, in quanto entrare nella mente di questi individui è qualcosa di troppo lontano dalle mie idee.
Per la pseudo riuscita di questa storia, mi sono rifatta al processo tenutosi contro alcuni criminali ex nazisti (in particolare contro Erich Priebke)
Questo racconto però non riporta in alcun modo estratti del processo o menziona cose dette negli stessi.
I nomi, i luoghi, le persone menzionate in questo racconto sono totalmente frutto della mia fantasia e eventuali somiglianze con fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Elly

 

  
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