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Autore: sissi149    01/03/2016    5 recensioni
Nel Principato di Yomiuri Land, a prima vista, tutto scorre tranquillamente, senza grossi problemi. In realtà il Principe Legittimo è partito da più di un anno per un viaggio senza meta, seguendo uno strano individuo che un giorno si era presentato al castello. Il compito di governare è affidato al fratello e al fedele Sovrintendente, ma il primo è da qualche tempo colpito da misteriosi malori.
Nella foresta, invece, si sta formando un gruppo agguerrito di Ribelli, deciso a porre fine ad alcune crudeli decisioni dell'ultimo periodo prese dalla casa reale.
Tra gli schieramenti trovano posto anche la serva del Signore del Caos e la devota alla Dea dell'Armonia. In più, un tradimento è dietro l'angolo...
[I personaggi sono più di quelli indicati nello specchietto, dove il massimo è 5]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Koshi Kanda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Poemi di Yomiuri Land'
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Erano passati due mesi dall'insediamento sul trono di Kanda e la situazione per i Ribelli e la popolazione non era mutata rispetto al regno di Jun, anzi, era pure peggiorata: il nuovo Reggente aveva impugnato saldamente le redini del potere, imponendo da subito nuove tasse ai villaggi mediamente distanti dalla Cittadella. Una piccola parte di Maki aveva sperato che con una persona diversa a governare si sarebbero risolti i guai, ponendo fine alla loro condizione di fuorilegge, ma del resto cosa si poteva sperare da un uomo che aveva fatto credere a tutti che il suo signore fosse morto, invece di tentare di trarlo in salvo dalla prigionia? Come se non bastasse, dal giorno del funerale non era caduta una sola goccia di pioggia: buona parte della semina era già compromessa e con Kanda che reclamava per sé la maggior parte dei raccolti, ai piccoli contadini non restava che patire la fame. La foresta Meiwa aveva le sue riserve di cibo e per questo i Ribelli avevano preso l'abitudine di consegnare qualcosa ai villaggi più in difficoltà.

Quel giorno era il turno di un piccolo centro abitato poco distante dal limitare della foresta. Maki guidava la delegazione, insieme a Kojiro, mentre Ken si occupava della retroguardia: secondo le ultime informazioni che aveva raccolto alla Cittadella, dei nuovi soldati erano stati ingaggiati col compito specifico di badare a loro.

“Ryo, smettila di starmi così vicino, mi dai fastidio!”

“Hanji, non essere così indisponente, è una giornata stupenda, non rovinarmela!”

“Adesso sarei io quello che da fastidio?”

Kojiro sbuffò, seccato da quei continui battibecchi tra i due, un giorno o l'altro li avrebbe abbandonati in qualche luogo sperduto per non averli più tra i piedi. Invece Takeshi, dietro la coppia, rideva divertito insieme a Shimada, con cui trasportava un grosso cervo.

L'abitato che raggiunsero era veramente molto piccolo: la maggior parte delle case, tutte in legno e dai tetti di paglia, si trovavano lungo la via principale. Le strade laterali erano poche. Il centro esatto del villaggio era segnato da un altare della Dea su cui era posta una piccola statua lignea, grezzamente intagliata.

“Buona giornata signor Furuoya.” Maki salutò l'anziano capo villaggio.

“Che la Dea vi benedica, le nostre provviste stavano terminando. - i Ribelli depositarono i loro carichi - Alcuni dei bambini si sono addirittura ammalati in settimana.”

“Davvero? Sono sicura che appena glielo riferiremo Yayoi verrà a vedere.” La donna si avvicinò all'altare e offrì un piccolo mazzo di fiori di campo alla Dea.

“Siete troppo buoni. In questo periodo di buio siete la nostra luce.”

Maki avrebbe voluto ribattere, a volte quell'uomo era troppo cerimonioso per i suoi gusti, ma non ne ebbe il tempo: dalla parte opposta del villaggio entrarono tre cavalieri al galoppo, seguiti da almeno una ventina di uomini a piedi, che subito si disposero a circondare il piccolo gruppo di Ribelli e contadini.

“Che succede?” Il vecchio Furuoya era sbiancato di botto.

Una voce tonante si levò sicura:

“Ribelli, in nome del Reggente sua Signoria Kanda, vi dichiaro in arresto per tradimento!”

Kojiro batté le mani lentamente in segno di scherno:

“Bravo, bel discorso. Suppongo che adesso dovremmo lasciarci catturare?”

Genzo lo squadrò da capo a piedi, quasi quasi avrebbe voluto sorridere: dal capo dei Ribelli non si aspettava una reazione diversa.

"Vi verremo a prendere, qui e in capo al mondo!" Sfoderò la spada e diede un leggero colpo con i talloni al cavallo, facendolo partire all'attacco.

I fuorilegge organizzarono subito una difesa: Maki, la più vicina, si preparò ad affrontare il Capitano. Quando questi le passò a fianco intercettò la lama con la sua, sorprendendolo: non si aspettava che una donna lo sfidasse. Tirò le briglie e fece girare l'animale, per tornare sui suoi passi.

Caricò vari fendenti, ma la donna era agilissima e riusciva ad evitare tutti i suoi affondi. Compiva brevi e rapidi spostamenti improvvisi, a cui il cavallo non riusciva a reagire per tempo, riducendo di fatto lo svantaggio dell'essere appiedata. Maki sapeva di avere tra le mani una spada micidiale: la sua katana, forgiata a più strati, anche se non era molto affilata era in grado di sprofondare nella carne. Veloce come il lampo fece una rapida giravolta su sé stessa e colpì di taglio la gola del cavallo, con tutta la forza che aveva, recidendo di netto la gola e la carotide. Genzo si rese conto della situazione e lanciando un'imprecazione saltò di sella, prima di cadere nella polvere, atterrando e bilanciandosi con le ginocchia per avere la spinta per una nuova ripartenza. La sfida corpo a corpo iniziò.

Gli altri due cavalieri proseguirono alla ricerca di un avversario. Makoto Soda scelse per sé Kojiro, deciso a ricoprirsi di gloria per aver sconfitto quello che sembrava essere il capo dei loro nemici, convinto di poterlo eliminare in un solo colpo.

Kojiro, invece di aspettarlo, iniziò a correre verso di lui tentando di sfruttare totalmente la sua muscolatura: puntò direttamente all'uomo con la sua grossa spada. Soda ridacchiò:

"Stai cercando di suicidarti?"

"Lo vedremo!"

Kojiro si abbassò per evitare il colpo, risollevandosi subito e spedendo la sua lama e tutto il braccio contro l'armatura di Makoto, con un urto talmente violento da buttarlo giù di sella. I due rotolarono nella polvere uno sull'altro, perdendo le armi.

“Bastardo! Questo è per tutti i villaggi che hai distrutto!”

Hyuga, in posizione dominante, sferrò un pugno nello stomaco di Soda, poi iniziò a colpirlo al volto, ma il Sicario non era disposto a demordere: con una ginocchiata ben assestata costrinse il fuorilegge a mollare la presa. Questo rotolò su un fianco, in preda al dolore. Aprì gli occhi appena in tempo per vedere una spada calare su di lui. Riuscì ad afferrare la lama con entrambe le mani e a fermarne la discesa, mentre sentì il sangue uscire da uno dei palmi. Un ragazzo venne in suo soccorso e con un calcio negli stinchi fece perdere l'equilibrio a Soda, permettendo a Kojiro di rialzarsi, recuperare la sua arma e tornare all'attacco.

Il terzo uomo, un soldato biondo dai tratti stranieri, si lanciò verso un gruppetto di tre Ribelli, ribaltando al suo passaggio tutti i cesti di cibo. Takeshi estrasse la sua piccola spada, consapevole di essere quello meglio armato: nel gruppo erano in pochi a possedere vere armi, gli altri si accontentavano di bastoni o qualcosa di improvvisato. All'ultimo momento però ebbe paura, non si era mai trovato a fronteggiare un simile avversario da solo, e si gettò in terra di lato. Il suo avversario lo superò senza preoccuparsi e di netto infilzò al petto Shimada, che era rimasto senza copertura. Il Ribelle non ebbe nemmeno il tempo di rendersi conto di ciò che era successo che crollò a terra, mentre una pozza di sangue si allargava sotto di lui.

Takeshi urlò.

All'improvviso Ken, arrampicatosi su un tetto, dall'alto saltò sul soldato, costringendolo a cadere di sella. Nel finire a terra l'uomo atterrò con un ginocchio sul polso destro del Ribelle che, nonostante tutto, non mollò la presa sulla spada, non poteva permetterselo, non dopo quello che aveva appena visto fare a quell'individuo. Si alzò e si mise in guardia, il biondo lo stava aspettando con un sorrisetto sghembo. Incrociarono un paio di volte le lame, ma i colpi di Wakashimazu perdevano progressivamente potenza, mentre le fitte alla mano aumentavano.

“Guardati, vuoi combattere e non sei nemmeno in grado di reggere la spada! È troppo pesante per te?” Lo schernì lo straniero, notando l'arma tremare vistosamente.

“Ride bene chi ride ultimo!”

Tutti gli altri erano impegnati a combattere con i soldati appiedati, ma erano in evidente svantaggio, sia numerico, sia di mezzi che di abilità, non erano addestrati.

Genzo e Maki duellavano già da un po', senza che nessuno dei due prendesse realmente il sopravvento sull'altro.

"Tutto qui quello che sa fare il Capitano della Guardia Reale?"

Genzo ringhiò per la provocazione, ma si rendeva conto che il combattere contro una donna lo rendeva molto più legato nei suoi movimenti: l'educazione che aveva ricevuto gli aveva sempre imposto di trattare con rispetto le donne ed il fatto che la sua avversaria fosse una nemica del Regno pericolosa ed armata non riusciva comunque a mettere a tacere gli anni di applicazione del suo codice d'onore. I suoi colpi erano violenti e decisi, ma non così direzionati come al solito.

Maki dall'altra parte riusciva a difendersi senza troppi problemi e in più sapeva giocare sporco. Non le piaceva, ma quando c'era di mezzo la vita ogni mossa era lecita per tornare a casa in salvo. Aveva visto con la coda dell'occhio Shimada cadere e si era resa conto che la sua priorità era quella di fare in modo che i compagni raggiungessero il Toho il più possibile incolumi.

“Dea, perdonami quello che sto per fare.” Pensò prima di spedire Genzo, con un calcio ben assestato, sull'altare, facendoglielo travolgere e

“Kojiro, dobbiamo ripiegare! Torniamo nella foresta.”

Iniziò a correre verso gli alberi, cercando di sfondare la linea dei soldati. Un uomo della Guardia tentò di sbarrarle il passo per impedirle la fuga, ma Akanime dopo aver parato il suo fendente gli conficcò la spada nella coscia costringendolo con molta probabilità a zoppicare da lì alla fine dei suoi giorni.

“No! Io non mollo!” Il Capo dei Ribelli era troppo orgoglioso per lasciare il campo di battaglia sconfitto, nonostante l'impugnatura della sua stessa arma fosse diventata appiccicaticcia per il sangue che continuava a colare dalle sue mani.

“Non fare il cretino Kojiro, ci massacreranno! Dobbiamo ritirarci!” Urlò Ken, il cui polso non era più in grado di reggere gli assalti dell'avversario. Con la sinistra raccolse della polvere e gliela gettò negli occhi, approfittandone per scappare.

Controvoglia Hyuga fece la stessa mossa con Makoto, gridandogli però in corsa:

“Ci rivedremo, abbiamo un conto aperto! Parola di Kojiro Hyuga!”

“Voi cinque, inseguite i Ribelli!” Ordinò Genzo a un gruppo di uomini, ben sapendo che sarebbe stato inutile: una volta entrati nella foresta sarebbero spariti facilmente, i loro abiti sembravano essere fatti apposta per confonderli con gli alberi e l'ambiente circostante.

“Dannatissimi fuorilegge! - Soda imprecò, avvicinandosi al soldato che aveva duellato con Ken – allora Louis, che te ne pare?”

“Che quella feccia oggi ha avuto fortuna, la prossima volta non avranno scampo. Intanto uno è eliminato.” Rise malignamente, rigirando il cadavere di Shimada con un piede.

Soda si rivolse a tutto il gruppo:

“Ora completiamo il lavoro: accendete le torce e bruciate il villaggio!”

Genzo si avvicinò furioso, quasi urlando contro l'uomo di fiducia del Sovrintendente:

“Che cosa significa questo? Sono io che do gli ordini!”

“Già, dimenticavo. - Gli rispose con fare indisponente, infilando una mano sotto la casacca ed estraendone un documento – Queste sono le nuove disposizioni di sua Signoria il Reggente: tutti i villaggi o chiunque verrà trovato in combutta con i Ribelli dovrà venire eliminato. È chiaro che questa gente preferisce i Ribelli al legittimo sovrano, li stavano aspettando.”

Louis rincarò la dose, con crudeltà inaudita:

“Dovrebbero ringraziarci che bruciamo solo le case: un lavoro eseguito bene comporterebbe l'uccisione di tutti.”

Impotente, Wakabayashi non poté fare altro che restare a guardare quelli che avrebbero dovuto essere suoi uomini distruggere un intero villaggio di gente pacifica: nessuno di loro aveva preso le armi in mano quando era scoppiato il combattimento, si erano limitati a cercare un riparo.

Strinse i pugni con rabbia. Per la prima volta nella sua vita si ritrovò a domandarsi dove fossero finiti gli ideali e i valori che l'avevano spinto a diventare un membro della Guardia Reale, un garante della giustizia del Principe.

 

 

 

 

Jun camminava per la radura del Toho, aiutandosi con un bastone che Yayoi gli aveva procurato: fare delle passeggiate era diventata la sua attività preferita da quando aveva cominciato ad avere abbastanza forze da lasciare il villaggio. Del resto non aveva molte alternative, a parte la donna tutti gli altri Ribelli non lo consideravano, oppure gli lanciavano sguardi ostili, se non furiosi, quando lo vedevano. Di conseguenza, per non restare sempre chiuso in casa, aveva preferito passeggiare nella foresta, per evitare problemi a tutti. Soprattutto Ken sembrava aver sviluppato una particolare indisposizione nei suoi confronti e credeva di conoscerne il motivo: si vedeva a occhio nudo come Yayoi gli piacesse, ma lei sembrava non capirlo.

Superò alcuni cespugli e si inoltrò tra gli alberi, seguendo un sentiero che aveva di recente scoperto. Si sentiva in forma, recuperava energia a vista d'occhio, poteva fare sempre qualcosa in più. Ricordava come i primi giorni, se appoggiava una mano sul petto, faceva fatica a percepire il battito del cuore, talmente era debole, mentre ora lo sentiva chiaro e distinto senza difficoltà. Addirittura Yayoi gli aveva ridotto la dose di pozione, ora la prendeva solo al mattino.

Quella donna era eccezionale: gli aveva promesso di curarlo e l'aveva fatto, il Priore Katagiri avrebbe dovuto prendere qualche lezione da lei. Stare in sua compagnia era così piacevole. La mattina, appena sveglio, aspettava con impazienza il suo arrivo con la medicina, sperando che si fermasse con lui a chiacchierare. A volte aveva la sensazione di conoscerla da sempre, eppure non sapeva quasi nulla di lei, le poche informazioni che le carpiva, non rivelavano molto. Anzi, era sicuro che gli nascondesse qualcosa, che ci fosse qualcosa, legato a quei bagliori, che non voleva dirgli e la cosa gli dava fastidio, un tremendo fastidio. A quel punto interveniva la sua razionalità a ricordargli che alla fine lui era comunque un estraneo e un prigioniero, a parti inverse si sarebbe comportato nella medesima maniera.

Improvvisamente Jun si accorse di essersi spinto più lontano dal villaggio di quanto avesse mai fatto. Tuttavia il rumore di acqua che scorreva lo attirava in avanti: pensò di raggiungere il fiume per rinfrescarsi prima di tornare al Toho.

Camminò ancora per qualche tempo poi, attraverso le fronde cadenti di un albero, vide lo specchio d'acqua, ma non era vuoto: una figura nuotava tra la corrente, immergendosi ed emergendo più volte. Anche se non riusciva scorgere il volto, Jun non poteva sbagliare su chi fosse: il colore dei capelli era inconfondibile.

Yayoi si avvicinò alla riva e uscì dal fiume. Indossava solo la sottoveste bianca, senza maniche e lunga fino al ginocchio, ma era talmente bagnata che aderiva al corpo come una seconda pelle e sembrava quasi trasparente, non lasciando molto spazio all'immaginazione. Il Principe rimase paralizzato, con la gola secca, non riusciva a muoversi, a staccarle gli occhi di dosso e, al tempo stesso, si sentiva a disagio per essere nascosto a guardarla. La donna si voltò nuovamente verso l'acqua, raccogliendola con le mani a coppa e passandosela sul viso.

In quel modo Jun riuscì a notare qualcosa sulla bassa schiena di Yayoi: attraverso la leggera stoffa fradicia, era chiaramente visibile una mezza luna rivolta verso l'alto. Ricordò alcune conversazioni avute con Matsuyama, confermando i suoi sospetti. Per esserne completamente sicuro si allungò in avanti, ma quello spostamento lo fece sbilanciare e, nel tentativo di non cadere, mise il piede su un ramoscello caduto a terra, spezzandolo.

Al rumore la Strega si drizzò di colpo, cercando il pugnale per difendersi.

“Chi è là?” Chiese titubante, la mano che reggeva la lama tremava vistosamente: aveva paura di qualche animale selvatico.

“Sono io. - Jun non ebbe altra scelta che uscire dal nascondiglio – Non volevo spaventarti.”

“Jun! Dea misericordiosa, non farlo mai più!” Lasciò cadere il pugnale, che si conficcò nel terreno, e si passò una mano davanti agli occhi, cercando di far passare lo spavento.

“Cosa fai qui?” Chiese all'uomo, che nel frattempo le si era avvicinato.

“Io stavo... – rendendosi conto della situazione in cui si trovavano, si bloccò e abbassò di colpo lo sguardo, a rimirarsi i piedi. - Non ti stavo spiando.”

Solo a quell'affermazione, Yayoi ricordò di essere quasi nuda e sentì le guance andare in fiamme. Raccolse i vestiti abbandonati su un sasso e cercò di coprirsi in qualche modo.

“Sono... sono... - balbettò – Aspettami qui.”

Sparì dietro un albero. Si appoggiò al tronco, lasciando scivolare via le vesti e respirando profondamente, mentre il cuore tentava di uscirle dal petto. Non si era mai vergognata tanto in vita sua: avrebbe voluto venire assorbita dalla corteccia e dal legno.

Un campanello suonò nella sua testa: e se il Principe avesse visto anche quello?

Il panico l'assalì ancora di più, ma si costrinse a controllarsi. Lentamente strizzò la sottoveste e si rimise il vestito, cercando di rendersi presentabile. Prese un profondo respiro e tornò al fiume.

Jun era rimasto nella stessa identica posizione in cui l'aveva lasciato, in piedi con il bastone stretto nella mano destra.

“Eccomi.”

“Scusami ancora: stavo facendo una passeggiata e non sapevo ci fosse qualcuno nel fiume.”

“Sei venuto da solo così lontano dal Toho?”

“Non me ne sono reso conto.”

La donna scosse la testa, lo prese per una mano e lo condusse verso un grosso sasso piuttosto piatto sulla faccia superiore, facendolo sedere.

“Mettiti qui e riposa un po'. Sai che non dovresti allontanarti troppo da solo.”

Nel tono della sua voce il Principe colse un rimprovero dettato dalla preoccupazione.

“Mi sento bene.”

“Ora, ma c'è tutta la strada del ritorno da fare. - inginocchiata accanto a lui, gli aveva afferrato il polso già da qualche momento. Sospirò – Piccoli segnali di affaticamento, una volta al villaggio sarà peggio.”

L'occhiata che gli lanciò fece sentire Jun in colpa: sapeva che avrebbe dovuto stare più attento, invece di rimuginare nei suoi pensieri e perdere la nozione del tempo e dello spazio. Quasi per scusarsi l'aiutò a rialzarsi e la invitò a sedere sul masso accanto a lui. Nervosamente si passò una mano nei capelli.

“È che...”

“So perché cerchi la solitudine: vedo come gli altri trattano. È sempre così con l'ultimo arrivato, anche per me non è stato facile farmi accettare subito. Dagli tempo.”

Gli sorrise incoraggiante.

“Dubito che in te abbiano mai visto la causa dei loro problemi.”

“No, però per qualcuno non è stato facile fidarsi.”

Yayoi voltò la testa, seguendo il volo di una farfalla, perfettamente consapevole del fatto che non tutti fossero in grado di comprendere la sua condizione senza dubbi.

Jun, invece, capì che se voleva avere conferma dalla donna di ciò che aveva intuito, doveva parlarle in quel momento: era scoperta, forse sarebbe riuscito nel suo intento. Le appoggiò una mano sulla spalla.

“Yayoi. C'è una cosa che devo dirti: ho visto il tatuaggio. - la sentì sussultare – Sei una Strega Bianca?”

La donna chiuse gli occhi, i suoi timori si erano avverati: era riuscito a vedere e capire. Prese un profondo respiro ed esalò:

“Sì. Ora puoi anche inorridire.”

Con uno strattone si liberò della sua presa e si allontanò di qualche passo, portandosi una mano sulla bocca e sforzandosi di non piangere: in passato era stata considerata pericolosa da qualcuno, spaventato dalla magia e non in grado di cogliere la differenza tra quella buona e quella cattiva, ma non riusciva a sopportare che fosse proprio lui a vederla in quel modo.

“Perché dovrei?” Senza pensarci l'aveva seguita, le era subito dietro.

“Sono una Strega!”

“Non si dice forse che le Streghe Bianche siano figlie della Dea? - ringraziò mentalmente Matsuyama di averlo istruito in proposito – Che il loro compito sia quello di recare aiuto a chi ne è bisognoso? E poi, mi hai salvato la vita,se non ci fossi stata tu non sarei qui ora.”

Yayoi si voltò e lo fissò: nel suo sguardo non c'era menzogna, ma soprattutto non c'era traccia di orrore, ribrezzo o altro.

“Sono una stupida.” Abbassò la testa, chiedendo implicitamente perdono per aver dubitato di lui.

L'uomo sorrise intenerito: rendersi conto che anche quella donna, nonostante i poteri di cui disponeva, avesse dei momenti di debolezza gli fece nascere l'istinto di proteggerla.

“Sei solo prudente.”

“Ken non sarebbe dello stesso parere. - alzò lo sguardo rinfrancata, cercando di alleggerire il momento – Comunque, le leggende si riferiscono solo alle prime Streghe Bianche: mia madre era mortale come te e me, e una grande Strega, molto potente.”

“Anche tua madre?”

“E probabilmente anche mia figlia, se mai ne avrò una.” Aggiunse l'ultima parte velocemente, mentre estraeva il coltello dal terreno e lo fissava alla cintura.

“È meglio rientrare. Spero ti sia riposato abbastanza.”

Jun annuì e riprese il bastone, avviandosi dietro la Strega. Procedevano non troppo spediti, chiacchierando: ora che Yayoi aveva rivelato il suo segreto era molto più propensa a raccontare del suo passato.

“Quando manifestai per la prima volta i miei poteri, mio padre era così orgoglioso, ma anche preoccupato: immagino avrebbe preferito una vita più normale per me.”

L'uomo non faticò ad immaginare la scena: a volte anche suo padre aveva lasciato trasparire quanto avrebbe voluto poter passare a Tsubasa e a lui il titolo di Principe senza gli oneri che questo comportava, non sempre era un privilegio. Si accorse di appoggiarsi al suo sostegno ad ogni passo più pesantemente. Quando la donna si fermò per raccogliere delle erbe ne approfittò per adagiarsi contro il tronco di un albero. La vide reciderle con dei movimenti secchi, scegliendo solo le più grandi e verdi, lasciando i piccoli germogli al loro posto, permettendo in quel modo alla piantina di ricrescere.

“Queste dovrebbero bastare. - Sfregò le mani tra loro per pulirle – Ripartiamo?”

Lentamente Jun si staccò dall'albero, stringendo con entrambe le mani il bastone, usandolo come perno: forse non era stata una buona idea quella sosta, la stanchezza gli era calata addosso di colpo.

Yayoi era già quasi sparita oltre i cespugli. Si voltò per riprendere la conversazione e si accorse che l'uomo non la seguiva, perciò decise di ritornare sui suoi passi.

“Jun, è tutto a posto?”

Il Principe annuì:

“Sono solo stanco.”

“Aspetta! - Yayoi lo raggiunse e passò il braccio sinistro di lui attorno alle proprie spalle – Reggiti a me.”

“Grazie. Avevi ragione tu, non avrei dovuto allontanarmi così dal Toho.”

Ricominciarono a camminare molto piano, la Strega cercava il percorso più piano e meno accidentato possibile, ma anche il più veloce: conosceva un paio di scorciatoie non troppo impegnative.

“Senti dolore?”

“No. Da quando prendo la tua pozione, non ne ho più sentito. Anche adesso, è diverso dai malori che avevo prima, non so come spiegarti.”

“Vuol dire che stai guarendo: non puoi ancora fare tutto, ma presto sarai come nuovo.”

Jun strinse più forte la donna: guarire per lui significava poter cominciare a fare qualcosa di concreto per fermare Kanda e riprendersi il regno. Non l'avrebbe lasciato in mano a un simile traditore per nulla al mondo. C'era sempre la possibilità che suo fratello ritornasse, ma a quanto pareva Kanda aveva acquistato abbastanza potere da permettersi di poter sfidare apertamente il Principe Legittimo. Inoltre Jun non voleva aspettare che fosse Tsubasa a risolvere la situazione: era Principe anche lui, sapeva come bisognasse prendersi cura di un regno.

Arrivarono al villaggio e vi trovarono una strana agitazione: le donne freneticamente si muovevano da un punto all'altro, accendendo fuochi e portando panni e bende. Molti degli uomini erano feriti e ammaccati.

“Ma cosa?”

“Yayoi! Finalmente! - Kojiro le si parò davanti, con aria minacciosa – Abbiamo bisogno di te è tu sparisci chi sa dove nella foresta? Con questo qui per giunta!”

Tirò un calcio ad alcune pentole, sparpagliandole per il prato. Raramente il capo dei Ribelli era così furioso, come se volesse distruggere tutto.

Jun si staccò da lei e scivolò in terra fino a sedersi. Era pallido e aveva bisogno di riprendere fiato.

“Vai dagli altri, hanno più bisogno loro.”

La Strega raggiunse il centro della radura, dove i feriti aspettavano le cure. Rapidamente fece scorrere lo sguardo su quello che le altre donne avevano già fatto e diede le istruzioni: fece mettere dell'acqua a bollire per disinfettare le bende, mandò qualcuno nella sua capanna a prendere erbe e fiale di medicamenti già pronti.

Hanji Urabe, tra tutti i presenti era quello con il problema più grave: una freccia l'aveva colpito in un fianco, ma nel tentativo di estrarla una parte della punta era rimasta conficcata nella ferita.

“Abbiamo preferito non fare nulla e mostrarlo prima a te.”

Maki informò Yayoi.

“Va bene così. Hanji, mastica questa, ti farà da anestetico.”

Gli porse una delle foglie che aveva raccolto da poco nella foresta, poi afferrò il pugnale, avvicinandolo allo squarcio della pelle.

“È meglio se ti volti.”

Infilò la lama nella carne e la spinse fino a farle toccare la scheggia di metallo, cercando di avvicinarla alla superficie. Nonostante la foglia Urabe non riusciva a trattenere alcuni gemiti di dolore. Ishizaki, lì accanto, assisteva mangiandosi le unghie di entrambe le mani e piagnucolando:

“È colpa mia, è tutta colpa mia!”

“Ryo, smettila, così non mi aiuti! Ah!”

“Quella freccia era indirizzata a me, perché ti sei messo in mezzo?”

“Non crederai che avrei lasciato diventare tuo figlio orfano prima ancora di nascere!”

Una fitta più forte gli spezzò il fiato e per istinto si mosse, cercando di allontanarsi dalla fonte del dolore.

“Fermo, ci sono quasi.” Lo ammonì Yayoi, mentre Maki, che già lo teneva per le spalle, strinse la presa.

Il frammento era ad un'altezza tale che la Strega poteva riuscire a prenderlo con le mani: delicatamente, con due dita lo afferrò e lo estrasse, ritirando anche il coltello. Il sangue iniziò a sgorgare più abbondantemente dalla ferita. Subito gli versò la posizione trasparente disinfettante che produsse la consueta schiuma, segno che stava svolgendo il suo lavoro, bruciando anche eventuali tracce di veleno. Hanji perse i sensi.

“Che ha?” Domandò Ryo preoccupato.

“Niente, è solo svenuto. Meglio, almeno non sentirà questo. - con ago e filo Yayoi ricucì i lembi di pelle – Tenetelo disteso. Una volta sveglio non deve fare movimenti bruschi. Se dovesse avere la febbre chiamatemi.”

Si ripulì le mani in una bacinella che le era stata portata, prima di occuparsi degli altri.

“Ma cosa è successo?”

Maki sospirò, massaggiandosi un gomito su cui cominciava a mostrarsi il livido di una botta.

“Un'imboscata. - Disse senza giri di parole – La Guardia Reale ci aspettava al villaggio dove siamo andati.”

“Sembrava quasi che avessero avuto una soffiata. Erano sicuri di trovarci là.”

Commentò Ken, depositando della legna per il fuoco che aveva appena raccolto: negli scontri aveva riportato solo qualche graffio, mentre il dolore al polso sembrava essersi calmato, e per tanto si era attivato per aiutare.

Il rumore di qualcosa che si ribaltava li fece voltare tutti di colpo, la mano di Maki corse rapida all'elsa della sua katana, temendo il peggio. Fortunatamente si trattava solo di Kojiro che, in preda all'ennesimo scatto d'ira, aveva rovesciato altri tegami.

“Non vedo Shimada, non era con voi?”

Wakashimazu si morsicò la lingua e scandì secco, senza tergiversare:

“È caduto. Erano troppi, ci hanno sopraffatto.”

“Noi siamo riusciti a tornare perché, grazie alla Dea, solo in tre erano a cavallo. - proseguì Maki – Qualcuno degli altri a piedi ha tentato di inseguirci, ma nella foresta li abbiamo seminati.”

“Invece avremmo dovuto rimanere! - sbraitò Kojiro – Abbiamo abbandonato il corpo di un compagno e abbiamo permesso a quei maledetti di incendiare il villaggio.” Nella loro fuga avevano visto dalla foresta le fiamme sollevarsi alte e ne avevano intuito la causa senza bisogno di ulteriori spiegazioni.

“E così avrebbero ucciso anche noi! Kojiro ragiona, non potevamo fare niente!”

“Maki, tu sei una donna, non puoi capire certe cose!”

“Davvero?!”

Per un istante regnò il silenzio nella radura, tutto sembrò arrestarsi: erano tutti voltati verso il capo e la compagna, fermi a metà di quello che stavano facendo. La tensione era quasi palpabile, i due avanzarono uno verso l'altro, pronti a sfidarsi.

La prima a riaversi fu Yukari e subito riprese i due Ribelli come fossero dei bambini:

“Smettetela! Se cominciamo a litigare tra noi, che ne sarà della causa per cui lottiamo? Credete che Shimada sarebbe felice di vederci così?”

Altro lungo momento di silenzio.

“Devo dire che la gravidanza ti sta rendendo saggia.”

Il commentò di Ken riuscì a sciogliere un po' del nervosismo che si era creato: in fondo per i Ribelli era la prima volta che perdevano un uomo da quando avevano cominciato a combattere.

“Scusa Maki. Eppure, in tutta questa storia, qualcosa non mi convince.”

Kojiro tirò un pugno contro un albero, dimenticandosi che le sue ferite avevano smesso da poco di sanguinare, lasciando un segno impresso nella corteccia.

“Se mi è concesso parlare – la voce del Principe giunse dalle sue spalle, da dove era sempre stato seduto – prima o poi una cosa del genere sarebbe successa.”

Hyuga fu da lui in due rapide falcate e lo afferrò per la tunica:

“Tu cosa ne sai? Non avrai trovato il modo di comunicare con l'esterno?”

“No. – sostenne con fermezza lo sguardo del Ribelle, costringendolo a lasciarlo andare – Da quando sono qui, vi ho visto andare ai villaggi sempre negli stessi giorni e alle stesse ore. Nella Guardia Reale non sono stupidi: se volete evitare che si ripetano situazioni del genere dovete raggiungere i villaggi sempre in giorni ed in orari diversi, mai andare due volte nello stesso posto alla stessa ora.”

“La gente è ormai abituata a ricevere cibo in determinati momenti!” Ribatté Ken, sempre pronto a controbattere a qualsiasi azione del Principe.

“Certo, il popolo perderà la certezza dei rifornimenti, ma così sarà molto più sicuro anche per loro. - sospirò – Ad ogni modo il mio è solo un consiglio, ora me ne ritorno alla mia capanna.”

Jun si alzò a fatica e si avviò verso la scala più vicina, aveva recuperato abbastanza forza per arrampicarsi fino alla piattaforma sull'albero.

“Vengo con te! Devo recuperare altre cose nella mia capanna.”

Yayoi lo seguì, passando accanto a Kojiro e lanciandogli un'occhiata come a chiedergli se fosse stato necessario trattare sua Maestà a quella maniera. Salita in cima alla scala trovò il Principe con un leggero fiatone e una mano appoggiata al petto.

“Non c'era bisogno che mi seguissi, vado solo a stendermi un po'.”

“Ti farà bene.”

Nel frattempo si era alzato il vento e le passerelle sospese oscillavano in maniera inquietante per la donna: arrivare dall'altra parte le avrebbe richiesto un autocontrollo non indifferente. Deglutì. Fu Jun a venire in suo soccorso:

“Passa con me: in due saremo più pesanti e l'aria farà più fatica a far ballare il ponte.” Senza darle modo di replicare la prese per mano e la portò con sé.

Il vento sferzò più forte e Yayoi si bloccò istintivamente, aggrappandosi al suo accompagnatore, chiudendo gli occhi. Tuttavia si accorse che la passerella era più stabile del previsto. L'uomo sorrise e proseguirono.

“Eccoci arrivati in salvo.” Erano davanti alla capanna di Jun, sulla base di legno fissa.

“Non mi starai prendendo in giro? - la Strega si separò da lui controvoglia, come ogni volta che doveva lasciarlo – Grazie.”

Il Principe scosse la testa:

“Sono io che ringrazio te. - Allungò un braccio e staccò da un ramo dell'albero di Kira uno dei fiori blu col centro giallo e glielo porse. - Per tutto quello che fai per me. So che non è molto, spero di poterti offrire di più un giorno.”

La donna rimase sola col suo fiore in mano, mentre il mondo cominciava a vorticarle intorno: al posto dello stomaco aveva un pozzo di cui non avvertiva il fondo e il cuore le martellava il petto così forte che quasi temeva lo si potesse sentire. Si mosse senza nemmeno accorgersene, come se fosse posseduta da una forza esterna, mentre la sua testa le mandava alla rinfusa ricordi di quegli ultimi due mesi.

Era al centro del ponte, una folata la sbilanciò, facendole cadere il fiore e precipitandolo nel vuoto. Improvvisamente si riscosse e capì dove si trovava, strinse convulsamente le corde che reggevano la struttura, raggomitolandosi, incapace di andare avanti o indietro, in balìa del dondolio

“Yayoi! Dea misericordiosa!”

Maki le fu accanto, la sollevò e la riportò dall'altro lato su una piattaforma aperta, l'albero su cui era posizionata era troppo piccolo per ospitare un'abitazione.

“Si può sapere che ci facevi là in mezzo?”

“Oh Maki! - balbettò l'altra donna, respirando affannosamente – Credo di essere ammalata.”

Akamine la osservò, notando il rossore del viso. Le passò una mano sulla guancia.

“Effettivamente sei un po' calda.”

“Non è solo quello: ho lo stomaco sottosopra, le gambe mi tremano, la testa vuota e il cuore, o Dea, è così veloce! Ti assicuro che le vertigini non c'entrano nulla.”

“Però c'entra lui. - La Ribelle lanciò uno sguardo alla capanna del Principe, da dove Yayoi proveniva – Per certi versi sei ancora una bambina: nessuno dei tuoi intrugli ti aiuterà questa volta. Ti sei messa in un bel guaio.” Si coprì con una mano la bocca, cercando di trattenere le risate.

L'altra restò spiazzata, poi spalancò gli occhi, comprendendo:

“Tu pensi che io sia...”

“Innamorata? Senza dubbio.”

La Strega si appoggiò col fianco destro a un ramo, sorridendo: ora capiva finalmente cosa l'aveva legata a Jun fin dal primo istante in cui l'aveva visto, quale forza misteriosa le faceva cercare la sua compagnia e le rendeva difficile il distacco, la stessa forza che le rendeva possibile l'utilizzo dei suoi poteri, il primo grande insegnamento della Dea: l'Amore. Senza rendersene conto era sempre stata innamorata del Principe, ma lui, avrebbe mai potuto ricambiare? Il fiore che le aveva regalato era caduto nel vuoto, anche il suo amore era destinato a quella fine?







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I Ribelli hanno avuto il loro primo scontro diretto con il Gruppo Speciale e per la prima volta vengono colpiti da una perdita all'interno del gruppo: la faccenda sta diventando veramente molto seria.
Onore al povero Shimada che qui compare giusto il tempo di venire ammazzato: del resto anche nel manga si è trattato di un pg meteora che è apparso solo per poche tavole nei primissimi numeri, uno dei compagni di squadra di Genzo prima che avvenisse la selezione per formare la Nankatsu che avrebbe partecipato al campionato regionale e nazionale poi.

 
  
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