Rieccomi!
Torno
dopo un po’ di tempo, ma non ho mai avuto
intenzione di abbandonare questa storia.
Comincia
da qui, infatti, la prima parte, che vedrà
comparire anche qualche
vecchia
conoscenza.
I
primi tre capitoli erano da considerarsi un Prologo.
Adesso, invece, questo sembrerà un po’ di passaggio, ma serve. Serve.
PRIMA
PARTE
C |
apitolo
IV
Stava
gridando.
E
si dimenava, come in preda alla pazzia.
Ma
cosa stava accadendo?
Oscar
colpì con i pugni la schiena di André, si
dibatté, avendo davanti agli occhi
solo il bosco in cui si erano incontrati. Si pentì di
essersi fermata, di
essere scesa da cavallo, di averlo ascoltato.
Sarebbe
dovuta fuggire.
«Lasciami,
André!» gridò ancora, mentre i capelli
scendevano a coprirle il viso. «Lasciami
subito!»
Vide
la coscia del baio e la sua coda nera che frustava l’aria,
finché André non la
fece montare in sella. Cosa pensava? Che avrebbe viaggiato con lui?
«Sei
impazzito, André?! Cosa vorresti fare? Vuoi fuggire, forse?
Pensi sia questa la
soluzione?» Oscar sembrò calmarsi di colpo,
abbassò gli occhi sul garrese. «Non
è questo il modo, André. Io devo
tornare.»
Le
mani di André erano ancora vicinissime alla sua vita, come
se avesse voluto
impedirle di cadere; il pugno raggiunse il copertino, e Oscar
notò i calli
lasciati dalla scherma.
«Magari
non sarà l’idea giusta, ma è
l’unica che mi
è venuta» mormorò André, e
lei si
ritrovò a guardarlo. «Non ti lascerò
tornare
indietro.»
«E
dove vorresti andare? Me lo dici, André? Cosa ti aspetti che
succeda se non
torno? C’è una condanna sulla mia testa!»
Oscar
si sentì pronta a colpirlo per fuggire, o forse,
pensò, solo per sfogare tutta
la rabbia che l’opprimeva. Perché lei desiderava
vivere, e non era giusto, non
era giusto che André glielo imponesse.
Aveva
dato la sua parola.
Era
logico che avrebbe preferito non tornare a casa, ma cosa poteva fare?
André era
uno sciocco a non capire.
«Per
questo voglio portarti via!» gridò
André sul suo viso. «Per questo,
Oscar…»
«È
tutto inutile, André. Mi cercheranno.»
Fu
allora che la mano di André cercò la sua. La
strinse, come era successo tante
volte quando lei ne aveva avuto più bisogno.
«Andremo
lontano.»
Oscar
lasciò che André mantenesse quel contatto. Era
strano il modo in cui si
sentiva, strano e sbagliato.
Perché,
dopo tanto tempo, Oscar era felice.
Era
ormai giunta la sera.
Il
Generale Jarjayes spostò lo sguardo dalla finestra alla
statua dell’aquila, che
lo fissava dall’alto della volta decorata. Non poteva credere
a quanto aveva
sentito.
I
soldati della Guardia erano stati liberati. Perché Oscar non
era ancora
tornata?
Voleva
darle la notizia.
Era
il momento, il momento della grazia della Regina, della grazia di un
padre
verso il disonore del figlio. E non ci sarebbe stato momento
più bello per
perdonare Oscar.
Si
era giocata la vita, ed era riuscita a non perderla per una gentile
intromissione del fato.
Pose
il braccio dietro la schiena mentre si tirava dritto, pronto a chiamare
un suo
servitore. Avanzò di qualche passo sul pavimento a scacchi e
si sentì come una pedina:
Oscar lo aveva usato.
Oscar
gli aveva mentito.
O
forse… Forse era successo qualcosa. Ma lui non poteva
saperlo.
«Informa
Sua Maestà la Regina: mio figlio Oscar è
scomparso.»
«Signore?»
Il servitore lo guardò di traverso, come se non credesse a
quanto stava
dicendo.
«Va’,
adesso. E non tornare senza un messaggio!»
Pensò
a tutte le possibili risposte, a ogni eventualità, ma
l’unica cosa certa era
quella: Oscar non era tornata.
Erano
insieme sullo stesso cavallo.
Per
André era ancora incredibile, come se Oscar fosse cambiata
di colpo,
lasciandolo salire dietro di lei. Non si era fidato a farle cavalcare
il suo;
conoscendola, sarebbe potuta fuggire, tornando alla casa che, ora,
André
odiava.
C’era
ancora sua nonna là. E il Generale, e i servi con cui era
cresciuto.
Ma
non era più casa sua.
Era
stato il Generale a spingerlo a fuggire, il giorno in cui
l’aveva nominato
l’attendente di Oscar.
Il
giorno in cui l’aveva accolto a palazzo, affiancandolo a
lei… Donandogli una
spada affinché si allenasse con suo
figlio.
E
per un po’ André l’aveva davvero
considerata un maschio. Per anni i suoi
sentimenti per lei erano stati affetto e amicizia, com’era
giusto che fosse tra
due bambini.
Oscar,
rigida e ferma fino a un momento prima, si sistemò meglio
sulla sella. E André
ricordò la notte che aveva sentito il suo corpo sotto il
suo, immobile e
tremante, come lui non avrebbe mai voluto che fosse.
Si
chiese se anche lei ci stesse pensando.
Non
parlavano, non avevano detto una parola dopo che anche André
era montato in
sella. Dopo che aveva accerchiato i suoi fianchi con le braccia, per
poter
raggiungere le redini e guidare il cavallo.
Non
poteva vederla in viso, ma la immaginava rossa di vergogna, o magari,
magari
no… Magari era pallida come la luna che era rimasta a
osservarli nel cielo
azzurro, mentre il sole calava. E presto, molto presto, così
come Oscar sarebbe
stata l’unica luce per André, la luna avrebbe
guardato quei luoghi dall’alto,
illuminandoli con i suoi raggi.
«André…»
sussurrò lei.
Gli
occhi di André si posarono sui suoi capelli biondi, che
coprivano la casacca
blu. Tirò le redini per fermare il cavallo, e
sentì tutta la tensione di quella
giornata salirgli in gola.
Parlò,
cercando di non darla a vedere.
«Sì,
Oscar?»
Vide
il profilo deciso di lei mentre si voltava, e fu quando
incontrò i suoi occhi
che intuì tutti i pensieri che si portava dentro. Temette,
temette per ciò che
gli avrebbe detto, e il cuore mancò un battito quando
udì la sua risposta.
«Grazie.»
Non
importava a nessuno.
Maria
Antonietta, Regina di Francia, lo aveva anche gridato, ma non
c’era stato
qualcuno a smentirla. Della morte di Louis Joseph sembrava importare a
lei
soltanto.
Si
rigirò nel letto, nella sua stanza, lanciò
un’occhiata alla balaustra in legno
dorato, che doveva separare il suo spazio privato da quello pubblico, e
tornò a
fissare l’alcova con i suoi broccati ricamati
d’oro, capendo che nemmeno allora
sarebbe riuscita a dormire.
Ormai
ogni giorno rivedeva lui.
Lo
aveva vegliato tutta la notte, ma non le era stato concesso di
partecipare ai
suoi funerali, a Saint Denis. Aveva implorato, aveva pianto, ma il
delfino era
partito da solo.
Il
popolo, il popolo che avrebbe dovuto piangerlo, era troppo occupato a
organizzarsi, a sparlare di lei, a trasformare i suoi
Stati Generali in Assemblea Costituente.
Si
erano presi suo figlio, cosa volevano ancora?
Dio
l’aveva incoronata Regina di Francia. E loro avrebbero dovuto
amarla.
Invece,
invece quel giorno le erano arrivate voci, voci orrende sul suo conto.
Non
comprendevano il suo dolore, non riuscivano a condividere la morte di
suo
figlio.
L’aveva
detto, era vero. Aveva gridato di voler fare il bagno nel loro sangue,
ma quale
madre non lo avrebbe fatto, al suo posto?
Quale
madre, dopo aver perso un principe, sarebbe rimasta in silenzio?
Invece
il popolo, il suo popolo, quel
silenzio lo aveva donato a lei, quando i tre Stati si erano riuniti a
Versailles.
Tirò
sopra la testa le lenzuola di seta, decorate con le rose, e
risentì nella testa
le grida di quel giorno, quel maledetto giorno, un mese esatto prima
che Louis
Joseph morisse.
«Viva
il Duca d’Orleans!»
Era
stato durante la parata, mentre il delfino di Francia seguiva da una
finestra.
Come si era sentita, lei… Come si era sentita delusa. Ferita.
Suo
figlio era morto e non importava a nessuno, come non gli era importato
che
fosse l’erede al trono.
C’erano
grida fuori dalla porta, e Maria Antonietta venne distratta dalle voci.
«Glielo
direte domattina! Sua Maestà sta riposando!»
«Non
può aspettare! Il Generale Jarjayes dice che è
urgente!»
«Non
potete! Fermatevi! Non potete entrare!»
La
porta si aprì e la contessa di Noailles varcò la
soglia, sola. Maria Antonietta
si tirò a sedere sul letto e ascoltò quanto aveva
da dire.
«Maestà,
perdonatemi… È arrivato or ora un messaggero da
Palazzo Jarjayes.»
«Ditemi,
è forse capitato qualcosa a madamigella Oscar? Non fatemi
stare in pensiero!
Parlate, contessa!»
Madame
de Noailles abbassò gli occhi all’altezza della
balaustra, e sembrò non osare
avvicinarsi. La Regina si chiese se fosse capitato qualcosa a Oscar.
No,
non lei. Non l’unica persona che Louis Joseph aveva
apprezzato, che aveva quasi amato.
Non la persona che era corsa
da lei sentendo suonare le campane di Notre Dame.
«Maestà,
madamigella Oscar non si trova. Sembra che sia fuggita al sentore di
una
condanna, sembra che il vostro perdono non sia giunto in
tempo…»
Maria
Antonietta sentì i capelli scivolarle sul petto, mentre
stringeva forte le
lenzuola.
«No…»
«È
così, Maestà.»
«Non
può essere vero. Da dove arriva la fonte? Non posso credere
che madamigella
Oscar si sia macchiata di un simile tradimento!»
La
contessa di Noailles la guardò negli occhi, stavolta. E
sembrò solo dare
conferma a ciò che aveva detto.
«È
stato il Generale Jarjayes in persona a mandare un messo, Vostra
Maestà.»
La
Regina fece un gesto con la mano.
«Lasciatemi
ora, ne discuteremo domattina.»
Fu
quando la contessa de Noailles fu uscita che si lasciò
cadere sui cuscini. I
broccati che aveva intorno, i dipinti dei più grandi
maestri, furono i soli
testimoni delle sue parole.
«Madamigella
Oscar… Non sapete il dolore che mi state dando.»
Non
avevano conio.
Era
ormai notte, Oscar pensò che fosse giunta l’ora di
accamparsi, ma André tenne
al passo il baio, mentre il suo cavallo bianco li seguiva dappresso,
legato
dietro di loro.
Non
avevano livre.
E
le era venuto in mente solo ora… Forse che André
avesse qualcosa con sé? Oscar
sapeva che quelle poche monete che teneva in tasca non sarebbero
bastate, né
per avere cibo, i cui prezzi erano diventati esorbitanti, né
per un letto.
«Sarà
il caso di fermarci» esordì André.
Era
strano restare in silenzio con lui. Non ricordava di aver mai passato
tanti
momenti muti, eppure carichi di tensione. Perché
André era vicino alla sua
schiena, e ogni movimento dell’animale corrispondeva a uno
sfiorarsi.
Non
era più come quella sera lontana, di cui Oscar si era
già pentita.
Ora
quasi desiderava essere con lui, sullo stesso cavallo.
«Sì,
André. Lo penso anch’io.»
Si
sarebbero sistemati vicini? Oscar si chiese quanto lui
l’avrebbe tenuta sotto
sorveglianza: in fondo, temeva ancora che potesse fuggire.
Altrimenti
perché non lasciarle la sua cavalcatura?
Forse
anche lui sente
quello che provo…
C’era
ancora quella notte, e dopo sarebbero giunti i problemi. Di questo
Oscar era
certa.
Perché
il Generale si sarebbe accorto del suo ennesimo tradimento, della sua
fuga,
della liberazione dei suoi uomini. E l’avrebbe cercata.
Anche
in capo al mondo.
Ma
come avrebbero fatto a sopravvivere? Come avrebbero fatto, senza
denaro, e con
le divise dei soldati di Parigi? Non avrebbero trovato nessuno disposto
ad
aiutarli, non dopo gli ultimi avvenimenti.
Non
dopo la giornata delle tegole di
Grenoble, non dopo l’inverno gelido e lo scarso raccolto che
avevano fatto
salire i prezzi alle stelle.
Mentre
smontava da cavallo, Oscar si chiese se qualcuno sarebbe riuscito a
prenderli.
André aveva promesso di non permetterlo, aveva promesso di
non permettere a
nessuno di ucciderla.
Oscar
pregò, pregò per quella notte che li avrebbe
tenuti vicini, spingendola a
ricordare quella famosa sera, e pregò per suo padre,
affinché la perdonasse.
In
tempi diversi avrebbe passato quella notte a giocare.
Sarebbe
rimasta in compagnia della contessa di Polignac, a cercare di
dimenticare. Come
aveva tentato di allontanare dalla mente la finta gravidanza, il fatto
di non
riuscire a dare un erede al trono di Francia.
Ma
da quando si era allontanata dal mondo, da quando i suoi pensieri
avevano
accarezzato l’idea di ricreare un piccolo villaggio accanto
al Petit Trianon,
Maria Antonietta continuava a immaginare il futuro che avrebbe potuto
avere il
delfino in quelle dodici casette, ispirate a un quadro di Robert.
Le
Hameau, la semplicità che avrebbero potuto vivere, la stessa
che aveva creato
tanto scandalo e dicerie sul suo conto.
Ennesima
notte insonne.
La
Regina si allontanò dal ricordo del figlio e
pensò a Oscar.
Al
giorno in cui si era schierata dalla sua parte, al giorno in cui si era
sentita
costretta a intervenire per placare un duello e proteggerla.
Dov’era
andata ora? Perché era fuggita?
Non
immaginava, forse, che la sua Regina l’avrebbe protetta
ancora?
Maria
Antonietta serrò gli occhi più forte che
poté: l’indomani avrebbe preso una
decisione. Non avrebbe permesso la fine della loro amicizia.
Qualcuno
doveva riportarla indietro.
André
si chiese quanti turbamenti avrebbe portato la loro fuga.
Ci
sarebbero state chiacchiere, a Versailles.
Sua
nonna sarebbe stata interrogata a fondo dal Generale, magari anche
convocata a
Corte. La immaginava tremante, con le lacrime agli occhi, mentre
rispondeva in
modo vago. André era sicuro che con la mente sarebbe corsa a
lui.
Oscar
trasse un profondo sospiro.
Era
sdraiata al suo fianco, gli occhi aperti contro le stelle. Poteva quasi
vederne
il riflesso…
Avrebbe
tentato ancora di fuggire?
Oscar
si sorreggeva la testa con le braccia, ma era molto che non parlava.
André
pensò che avrebbe dato qualsiasi cosa per sentire la sua
voce.
Per
sentirsi dire che aveva fatto bene, che lei si sentiva al sicuro, per
udire un
altro “grazie”.
«André…»
Lui
sollevò mezzo busto per guardarla.
«Sì,
Oscar?»
Vide
la rugiada risplendere al chiarore della luna, vicino al suo viso.
Sembrava
circondata da tanti piccoli diamanti, solo che nessuno sfarzo di
Versailles
avrebbe potuto competere con quell’immagine.
Che
i nobili si tenessero i loro gioielli. A lui bastava Oscar.
«Non
temi che possa fuggire?»
André
si chiese se Oscar lo avrebbe fatto, se sarebbe fuggita.
“Ho
giurato di tornare,
André! Io ho giurato!”
«A
dirti la verità, Oscar: sì, lo temo. Ma so che
non lo farai.»
Lei
si voltò verso il suo viso e sembrò sorridere.
Forse, pensò André, si stava
chiedendo da dove gli venisse quella certezza. Tirò fuori la
sua espressione
più beffarda, quella che usava quando era sicura di
sé, quando voleva
dimostrare di non essere per niente intimorita.
Lo
guardò in segno di sfida.
«Perché
non dovrei provare?»
Era
bella.
Gli
ricordava i bei momenti passati insieme, le avventure che lo avevano
spinto a
desiderare di proteggerla, sempre. Come il giorno in cui Oscar aveva
atteso
Girodel lungo la strada, recando una grave offesa al Re. Appostata
all’ombra di
un albero, le braccia incrociate e l’espressione sicura, lo
aveva provocato
mentre tutta la Corte di Versailles li attendeva per il duello.
Era
stato André a capire i tormenti che aveva dentro. Era stato
André a spingerla a
prendere una decisione.
Ma
ora non poteva permettere che decidesse Oscar.
Sapeva
che sarebbe tornata di corsa da suo padre, lasciandosi portare via la
vita
senza reagire.
Doveva,
doveva impedirglielo.
«È
molto semplice, Oscar» disse, imitando
l’espressione sarcastica di lei. Aveva
un desiderio immenso di avvicinarla. «Se ci provi e fallisci,
non potrai più
fuggire.»
Oscar
si sollevò, mettendosi a sedere. Tornò seria e lo
guardò di sbieco.
«Cosa
intendi, André?»
In
quel momento uscì un venticello a scompigliarle i capelli, e
André si pose una
mano sulla fronte mentre rispondeva. Cercò di non perdere
l’ironia.
«Se
lo fai ti lego.»
La casacca di Oscar sussultò mentre scoppiavano entrambi a ridere.
Note
dell’autrice:
Mi
scuso di nuovo per il ritardo. Ho avuto dei problemi e la storia
è passata in
quarto piano.
So
che questo capitolo vi sembrerà un po’ noioso, ma
prometto di impegnarmi a
migliorare. Da qui in poi la storia si allarga, entrano in scena altri
personaggi e, spero, prossimamente dovrebbe esserci un po’
d’azione.
Cavalli
al galoppo!
Grazie
per avermi aspettata!
P.S.:
non ho messo note, ma non significa che le cose scritte siano inventate
(parlo
dei pensieri della Regina, dei fatti appena accennati a cui fa
riferimento
Oscar, ah e della depressione! La depressione che ha colpito Maria
Antonietta.
Non credo che mi vedrete inserire date, non credo. Ma non significa
niente. I numeri
non fanno la storia).