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Autore: Angel TR    04/03/2016    2 recensioni
She saw my silver spurs and said let's pass some time
And I will give to you summer wine

Lana del Rey - Summer Wine.
{Avvertimenti e note all'interno | Raccolta disomogenea | LilixAsuka}
{Storie partecipanti alla "Le situazioni di lei&lei" indetta da starhunter Challenge indetta su EFP}
{Partecipa alla challenge "Just stop for a minute and smile" indetta da Sou_Shine su EFP}
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Emily Rochefort
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Bondage, Gender Bender
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Belle Époque'
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P.S. siccome io ed il rating siamo appiccicati, vorrei il vostro parere: è più arancione o giallo? Devo mettere "tematiche delicate"? T,T

Bullet - Hollywood Undead
Nickname: Angel Texas Ranger
Rating: Giallo/ Arancione
Genere: Angst
Titolo: Watch me fly


My legs are dangling off the edge,
A stomach full of pills didn't work again.
I put a bullet in my head,
And I'm gone, gone, gone, gone!




Il cielo scuro, del colore del miglior velluto blu che Lili avesse mai indossato, sembrava una trapunta morbida e confortevole, così distante dallo squallore sulla terra.
La brezza estiva soffiava forte, carezzandole la pelle morbida e scostandole la frangetta bionda dalla fronte scoprendo un brufoletto che proprio non ne voleva sapere di andarsene.

Fino a quel momento, Lili aveva tenuto il naso alzato in su, verso una stella particolarmente luminosa che si stagliava nel cielo.

Mi stai guardando, papà?

Si voltò, abbassando lo sguardo.
Il tetto di uno degli edifici della Mishima Zaibatsu portava un'enorme H gialla dipinta. Un tempo anche Lili aveva avuto il piacere di possedere un elicottero privato per lei e suo padre.
Ora non ne era rimasta nemmeno un'elica.

A dir il vero non era rimasto nulla della vecchia vita a sei stelle di Emilie Rochefort.

Poggiò lo stivaletto un po' più in là, ora metà era oltre il ciglio del tetto. Lo mosse, come una ballerina, facendolo danzare sopra la vita che scorreva — le macchine colorate non erano altro che puntini, le teste delle persone non riusciva a scorgerle, il rumore del quartiere finanziario di Tokyo però ben udibile anche da quell'altezza vertiginosa.

Per un attimo, Lili tremò e si ritrasse; per darsi coraggio, agitò una scatoletta tra indice e pollice e ne versò il contenuto sul palmo della mano, poi ingoiò, lo sguardo fisso nel vuoto.

Arrivo, papà.

Mosse un altro passo.

Infilò la mano nella borsetta che aveva a tracolla, cercando con le dita la consistenza fredda e dura del metallo e, quando la sentì, s'immobilizzò un attimo.
C'era una piccola semiautomatica da tasca in calibro 6,35 mm, nel caso non avesse avuto il coraggio di saltare. Buffo pensare come, in tempi di guerra, era ridicolmente facile ottenere un'arma, sebbene minuscola come quella.

Deglutì prima di stringere forte le dita attorno alla pistola e tirarla lentamente fuori.

Poi qualcosa suonò, talmente fuori luogo che Lili scoppiò a ridere di gusto.

Il telefono.

Qualcuno si era accorto della sua assenza? E chi? Oltre a suo padre, chi aveva lei, chi pensava a lei?

Pescò l'aggeggio dalla tasca e controllò il display. Magari avrebbe potuto lasciare un messaggio per quei bastardi, ammesso e non concesso che il corpo di una sedicenne sfracellatosi sul loro suolo non fosse già abbastanza.

Ma ciò che lesse la fece traballare un attimo.

Asuka?

Come poteva sapere che lei era sull'orlo del baratro? Lili sollevò il pollice, schiaccio o non schiaccio, schiacciò il tasto verde e si portò il telefono all'orecchio.

«Asuka?» la voce trillò isterica.

La sua amica rispose ben più controllata, sebbene Lili la conoscesse troppo bene per non avvertire una profonda nota di rabbia e paura nella sua voce. «Dove cazzo sei finita, finta bionda?»

Per un secondo, Lili si sentì parecchi metri più sotto, durante un giorno qualunque di un mese qualunque e un sorriso aleggiò sulle sue labbra. «Dici sempre che non ti importa dove sono» rispose con un tono canzonatorio.

La voce ringhiò. «Lili, non sto scherzando. Te lo ripeterò una seconda volta: dove-cazzo-sei?»

E allora Lili capì di aver commesso un errore. Da qualche parte, in casa, aveva lasciato un indizio che potesse far presagire le sue intenzioni — uno scontrino, le pillole, chi lo sa. Con Asuka era inutile tentare di sparare cazzate per cui Lili optò per la semplice verità.

«Se proprio insisti...sono sul tetto della Mishima Zaibatsu, l'edificio a destra.»

Sentì Asuka trattenere il fiato. «Posso sapere per quale stronzissima ragione ti trovi su quel cazzo di tetto?»

«Non ci provare neppure, carina» intimò Lili, piazzandosi una mano sul fianco snello nonostante l'amica non potesse vederla.

«Tu non ci provare neppure, cretina! Sto venendo a prenderti, non muoverti da lì, mi hai capita? Ti sfondo se non mi stai a sentire.»

Lili rise del tono intimidatorio di Asuka e del gioco di parole. «Mi sfonderò lo stesso.»

Udiva chiaramente il rumore ovattato dei passi della ragazza, sapeva che stava cercando di prendere tempo trattenendola al telefono. «Non riuscirai a non farmi saltare. O salto o mi sparo in testa. Ho comprato una pistola, proprio come mi hai consigliato tu» disse teneramente.

«Io ti avevo detto di comprare una pistola per difenderci dai ladri, stupida oca bionda. Cosa ti spari se non hai materia grigia, eh?» la rimbrottò Asuka, la voce che si spezzava.

«Sei veramente rozza. Pensi che non mi sappia difendere da un paio di ladruncoli?» rispose Lili, vagamente indignata ma divertita. Si sentiva la testa leggera: le pillole stavano facendo il loro effetto. «Sei tu che non ti sapresti difendere, hai troppo bisogno di me.»

Asuka colse al volo l'appiglio. «Esattamente, cretina. Ho bisogno di te quindi vedi di tenere il tuo culo a terra.» la sentiva affannare, evidentemente stava correndo.

Lili sorrise a quella manifestazione di affetto — o forse era solo un modo per tenersi pulita la coscienza. «"La Mediatrice di Osaka"» la canzonò con dolcezza.

«La Mediatrice di Osaka ti aprirà in due se non la stai a sentire» fece la sua amica.

Lili poggiò la fronte alla canna gelida della pistola, sospirando. Si sfilò la borsetta a tracolla e la gettò sulla H gialla dipinta, in un gesto simbolico perlomeno per lei. Saggiò la durezza metallica della pistola, trastullandosi con l'idea della totale assenza di anima dell'oggetto. Lo sfiorò con le labbra.

Buttarsi giù avrebbe sortito sicuramente un effetto maggiore sui mass media che spararsi un colpo alla tempia. Ma spararsi e buttarsi giù doveva essere ancora più di scena.

«Lili, ci sei?»

«Ah-ah» rispose, senza staccare gli occhi dalla semiautomatica.

«Cosa stai facendo?» chiese Asuka. Ancora, cercava di prendere tempo.

«Sto guardando la pistola. Secondo te è più chic saltare o spararmi?» ripropose Lili, quasi vezzeggiando l'arma.

«È più chic se ti mando all'ospedale con il culo rotto» fece Asuka.

Lili arricciò il nasino. «Quanto sei volgare, mon Dieu. Come me lo rompi?» scherzò.

«A calci» minacciò la ragazza. «Fai poco la gattamorta»

Di nuovo, a Lili venne spontaneo ridere. Le sembrava quasi di non essere lì, ad un passo dalla strada, pulsante di vita, piena di traffico di Tokyo. Respirò profondamente, beandosi della vista spettacolare che le si offriva davanti.

«Papà mi sta guardando» disse probabilmente al telefono, in realtà a nessuno in particolare.

La voce le giunse quasi disperata. «E spera che tu non faccia cazzate da cogliona quale sei»

Il campanello dell'ascensore trillò.

«Non ti avvicinare, Asuka» avvisò Lili.

Non si voltò, alzò la pistola e se la puntò alla tempia.


I put a bullet in my head,
And I'm gone, gone, gone, gone!
Bullet - Hollywood Undead

  
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