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Autore: LadyofShadow    05/03/2016    1 recensioni
WARNING: Ho iniziato a scrivere questa storia quando avevo circa 14 anni, cioè 11 anni fa. Tutti i primi capitoli sono scritti di cacca ma non ho voglia di riscriverli e la tengo un po' come cronistoria del mio stile narrativo (orrendo). La storia è stata scritta inizialmente dopo il 5° libro e prima del 6°, quindi le premesse sono quelle; Sirius è morto, Silente no. Detto questo, non vale la pena leggerla se non siete vecchi affezionati lettori (che comunque saranno morti di vecchiaia visto che non l'aggiorno tipo da 4 anni).
****
Beh, che dire, è tutto un altro genere rispetto alla precedente fic. E' un po' più comica e molto più avventurosa. Avete rotto le palle x riavere Draco, e ora ve lo dovrete sorbire fino all'ultimo capitolo. Anche Jaime si spera che si comporterà un po' meglio, si caccierà nei guai un'infinità di volte e attirerà gli odii di mezza Hogwarts, professori compresi. Harry è il solito idiota di sempre. Hermione si ostina a ficcare il naso. Spoiler HP5, ma ormai credo che lo abbiano letto tutti.
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Arthur Weasley, Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Luna Lovegood, Molly Weasley, Nuovo personaggio, Pansy Parkinson, Remus Lupin, Ron Weasley, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Capitolo 76 – Una gran quantità di nulla


Jaime


Quando una giornata comincia male, di solito finisce peggio.
Soprattutto perché quel pomeriggio avrei avuto lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, che da “mia materia abbastanza preferita” era diventata “momento di disagio giornaliero” da quando era tornata Tonks e aveva ripreso la cattedra.
Non avevo voglia di andarci, quindi inconsciamente avevo rallentato il passo. E di conseguenza ero arrivato in ritardo a lezione, di quasi cinque minuti. La lezione era già iniziata.
Entrai comunque. Tonks non disse nulla, si limitò ad appuntare la mia presenza sul registro.
- Scusi per il ritardo. - biascicai, mentre entravo.
- Non fa niente, vai al tuo posto. - rispose lei, senza neanche alzare gli occhi per guardarmi.
Regolare.
Da quando è tornata, potrei anche ballare la polka sul banco durante la lezione, e lei me la farebbe passare liscia comunque.
“No, basta. Non oggi.” decisi, colto dalla rabbia del momento. Mi fermai davanti alla cattedra. Lei sapeva che ero lì, ma si ostinava a non volermi guardare. Con un ampio e deliberato gesto del braccio, buttai per terra il suo calamaio. Il rumore fece trasalire l'intera classe.
Finalmente, Tonks dovette guardarmi.
- Che stai facendo?? -
- Mi sto comportando in modo irriverente ed infantile. - le risposi, completamente serio.
- E perché? -
Lo vedevo, come si impuntava nel tentativo di mantenere la situazione su un piano civile, un piano che potesse gestire. Dietro di me, la classe era attraversata da sussurri, curiosi, agitati, indignati.
Come risposta, buttai a terra anche il suo astuccio delle penne.
- Smettila! -
- Altrimenti? -
- Ma quale “altrimenti”, non sei uno stupido, smettila e basta! Non ci si comporta in questo modo a scuola! -
- Non fare leva sul mio senso della decenza, perché non ne ho mai avuto uno! Devo distruggere qualche altro articolo di cancelleria, o ti decidi a trattarmi come uno studente?! -
Tonks allargò le braccia, rivelando la sua impotenza.
- Ti importerebbe qualcosa, se togliessi dei punti a Serpeverde? -
- No, ma non prenderla come scusa. -
- Che diavolo vuoi che faccia? - sbottò, a voce abbastanza alta – Sei del tutto indisciplinato, nemmeno Silente riesce a farti rigare dritto. Cosa posso fare, io? Non so nemmeno perché vieni a lezione! Il tuo test finale ha avuto una E, non ti serve più frequentare la mia classe per questi ultimi giorni. -
- Sono lusingato dal tuo giudizio, ma... -
Stavo per continuare con “ma sai bene che in questi tempi difficili è meglio imparare tutto il possibile”, quando all'improvviso capii cosa mi stava dicendo.
Non voleva più vedermi a lezione. Sapeva benissimo che in questi tempi difficili serve tutta la preparazione possibile. Certo che lo sapeva. Ma non voleva più vedermi a lezione perché vedermi le causava imbarazzo (anche di stomaco).
So che sembra una sciocchezza, però... mi colpì. Mi colpì più duramente di quanto mi aspettassi, perché mi stava allontanando a causa di qualcosa che non era colpa mia, anzi, che io non avevo assolutamente voluto né meritato.
- Mi rincresce di causarti imbarazzo con la mia sola presenza. - commentai alla fine, a bassa voce, faticando quasi a parlare. Avevo la gola secca, amara. - Facciamo un compromesso: - Non le diedi tempo di reagire, mi sporsi in avanti e questa volta, con una spazzata del braccio, feci cadere a terra tutto quello che c'era sulla cattedra. Il baccano fu abbastanza soddisfacente. Tonks mi guardava a bocca aperta, shockata.
- Buttami fuori per qualcosa che ho fatto, non per qualcosa che ha fatto qualcun altro. - proposi, sempre con quel tono amaro. - Ci tengo alla mia indipendenza. -
Tonks boccheggiò un paio di volte, in preda alla confusione, poi sembrò cominciare a capire. Mi sembrò di vederla arrossire. Si passò una mano davanti alla faccia, a disagio. Senza dire altro, mi voltai e me ne andai.
- No, aspetta! Mi sono sbagliata. - mi fermò che ero già arrivato sulla soglia della classe. - Vai al tuo posto e segui la lezione. Alla fine dell'ora discuteremo le conseguenze del tuo comportamento. - minacciò, indicando le cose che avevo buttato per terra.

A fine lezione, Tonks mantenne la sua promessa. Mi impose di trattenermi fin dopo il suono della campanella, quando gli altri studenti erano già usciti.
- Adesso metti a posto tutto questo disastro. - mi ordinò, indicando gli oggetti ancora sparsi per terra.
- Oh. D'accordo. - scrollai le spalle e feci il gesto di andare a raccogliere il portapenne, che era rotolato vicino alla finestra.
- No no no. Con la magia. -
- Che? Ma dai, sono poche cose, non c'è nessun bisogno di usare la magia. -
- Già, peccato che questa si suppone che debba essere una punizione. - mi fece notare.
- Ci metterò il doppio del tempo a sollevare ogni singolo oggetto con un Wingardium Leviosa e rimetterlo sulla cattedra... -
- E dovrai pure aggiustare la boccetta dell'inchiostro, raccogliere l'inchiostro e farcelo tornare dentro. - rincarò la dose.
- Scherzi? Una cosa del genere è possibile, tanto per cominciare? -
- Ah, non lo so, mia madre ci riesce. Per me è un mistero, però... boh, tu provaci. -
- E che incantesimo devo usare? -
- Non ne ho idea, insegno Difesa, non Incantesimi. Vai a consultarti con il professor Vitious se serve. Non mi interessa se ci metti tutto il pomeriggio. -
- Aaaaawww... - biascicai sconsolato – Volevo chiedere alla McGranitt di sposarmi, oggi pomeriggio. Non posso far evanescere l'inchiostro e poi farne apparire altro nella boccetta? -
Tonks parve presa un attimo in contropiede.
- Volevi chiedere alla McGranitt che cosa? -
- Tonks, potresti concentrarti sulle cose serie? Posso o non posso far evanescere l'inchiostro? -
- Aspetta, aspetta, dimentica l'inchiostro; tu vuoi chiedere cosa a chi? -
- Dai, tutta la scuola sa che ho una faida con la prof di Trasfigurazione. Questo e gli strani incidenti di Potter e dei Grifondoro sono le cose di cui si parla di più. -
- Oh, santissima Morgana. - Tonks si passò una mano davanti agli occhi. - Che cosa ti ha fatto per meritare un trattamento del genere? -
- Ha scoperto che sono tecnicamente un... beh che i miei poteri sono... posteriori alla mia nascita, e ha fatto un commento molto discriminatorio su quelli come me. -
La sua espressione passò dallo stupore all'orrore in mezzo secondo netto.
- Per la psoriasi di Merlino – sussurrò, improvvisamente pallida.
- Praticamente se l'è cercata. -
Tonks guardò me, poi guardò gli oggetti che avevo buttato giù dalla cattedra, poi di nuovo me.
- So che non usi mezze misure. - ammise – Ma non ti credevo comunque così vendicativo. -
- Vendicativo? - lasciai che la parola aleggiasse tra noi, per un lungo momento, giusto il tempo necessario perché si ricordasse chi ero, cosa avevo fatto nell'ultimo anno e cosa facevo di lavoro. - Dimmi, Tonks, te le sogni di notte queste frasi, oppure ti nascono sul momento? -

Trovai il professor Vitious in un luogo di perdizione chiamato “sala professori”, dove gli insegnati, anziché pianificare i nostri esami, correggere i compiti e lavorare per noi, bevevano il tè coi biscotti e si scambiavano pettegolezzi.
Scoprii che esisteva davvero un incantesimo per rimettere l'inchiostro nella fiala, ma mi disse anche che se si era versato per terra sicuramente era ormai contaminato con la polvere, quindi inutilizzabile. Stavo già imprecando sottovoce contro quello spreco di tempo, anche se in effetti me l'ero andata a cercare, quando per pura casualità anche la McGranitt entrò in Sala Professori.
Come mi vide, si bloccò, buttando gli occhi al cielo. Sembrava a disagio, come se non volesse che la mettessi in imbarazzo davanti agli altri professori.
Bene.
Approfittai del suo momento di confusione per spazzolarmi le vesti e tirare fuori il mio sorriso migliore.

- Sposarti? - sibilò, guardandomi con occhi sgranati – Piccolo egocentrico bas... - iniziò a sbottare, ma poi si calmò, assottigliò le labbra come quando è davvero arrabbiata, e riprese, in tono perfettamente compassato: - Chiedimelo di nuovo, ragazzo, e potrei accettare. -

Non glie lo chiesi di nuovo.

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Luna


Quando finalmente, quella sera, mi ritirai nella mia stanza dopo un'intera giornata di sorrisi svampiti e affermazioni casuali, come al solito i muscoli del viso mi facevano male per il troppo sorridere. Tirai un sospiro di sollievo e di stanchezza. I miei compagni erano ancora a cena e avevo qualche momento da dedicare a me stessa. Per essere me stessa.
Ci sono molti modi per diventare persone insospettabili. Fingersi incompetenti (come fa Neville), tenere un profilo basso, fingere di avere idee opposte alle proprie (come in teoria dovrebbe fare Jaime), o, come faccio io, fingere di non avere tutte le rotelle a posto. Mio padre è davvero così: ha reagito in questo modo alla morte di mia madre, dedicando la propria vita a continuare le strane ricerche che lei faceva, ma con molto meno metodo di quanto ne avesse lei.
Io, fingo di assomigliargli in questo, ma non mi sono mai liberata dall'idea che mia madre sia stata uccisa. Ne ho praticamente la certezza, perché so che nel periodo appena antecedente la sua morte stava lavorando su ricerche ed esperimenti per fare magia in modo non convenzionale, e questo è qualcosa che a certi maghi di sicuro non piace.
Tutta la sua famiglia si dedicava alla ricerca, da generazioni, e alla fine i suoi genitori avevano scoperto l'eredità di un antico popolo fatato, uno scrigno con dentro delle pietre magiche. Non c'è la certezza di quale popolo le abbia create, ma in ognuna di quelle pietre c'era una magia speciale che poteva essere “risvegliata” e che produceva un singolo incantesimo... o un effetto simile a un incantesimo. Questo di per sé non è straordinario, la cosa più pazzesca è che probabilmente potevano essere attivate anche da chi non possiede poteri magici, a patto che la persona avesse abbastanza concentrazione da riuscire a “entrare in contatto” con la pietra. Questa era la grande teoria di mia madre. E alla fine era riuscita a fare un grandissimo passo, integrando la magia di quel popolo fatato con la sua magia di strega umana: era riuscita a replicare una di quelle pietre. La più semplice, forse, ma era comunque un inizio. E ora quella pietra era appesa al mio collo, un piccolo quarzo trasparente che, se risvegliato, risplendeva di luce propria come per effetto dell'incantesimo Lumus. Era scolpito a forma di stella. Mia madre mi aveva regalato il primo risultato delle sue fatiche, dicendo che ero la sua piccola stella. Avevo apprezzato il dono, ma avevo nove anni, avrei preferito che mia madre stesse di più con me e meno con le sue pietre. Quel regalo non poteva sostituirla, ma era comunque importante, perché mi aveva dimostrato che mia madre pensava a me, anche quando stava nel suo laboratorio tutto il giorno.
Una settimana dopo era morta.
E io. SO. Che non è stato un incidente.
Il suo laboratorio è rimasto distrutto nell'esplosione, ma più o meno tutti i suoi effetti personali sono stati ritrovati, anche se distrutti o deformati. Le pietre, invece, non sono mai state ritrovate.

Mi accorsi che mi ero persa nei pensieri su mia madre quando la stanza intorno a me venne illuminata da una luce bianca, pura, quasi azzurra. Con un gesto automatico, avevo messo la mano sulla pietra che tenevo al collo (sempre sotto ai vestiti) e avevo risvegliato il suo chiarore. La lasciai andare, turbata, e la luce si spense. Non dovrei fare queste cose. Nessuno deve sapere che possiedo questa pietra, o quali sono i miei veri pensieri sull'incidente di mia madre.

Per fortuna, in quel momento un tremolio al mio polso mi distrasse da quel corso di pensieri. Il mio orologio digitale, quello costruito con una tecnologia così geniale che funzionava anche nel campo magico di Hogwarts, stava vibrando. Guardai lo schermo. Comparve una scritta luminosa.

Ehilà! Sono Katy,
la vostra amichevole

Dopo qualche secondo la scritta scomparve, perché lo schermo è abbastanza piccolo, e apparve questo:

programmatrice
di quartiere

Pausa, scritta:

è in arrivo un
aggiornamento

Pausa, scritta:

se avete dubbi,
entro 24 ore

Pausa, scritta:

contattatemi a
questo numero

Pausa, comparve un numero di telefono che mi appuntai su un bigliettino. Il messaggio si ripetè a loop per i successivi dieci minuti, poi lo schermo divenne nero con una clessidra in centro.
Oh. Una clessidra. Molto old-fashioned.

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Jaime


se avete dubbi,
entro 24 ore

contattatemi a
questo numero

Al momento non diedi peso alla cosa, di sicuro mi sarei adattato al nuovo aggiornamento con la rapidità di un dodo che si adatta a un nuovo ambiente per sopravvivere. Nessun supporto telefonico avrebbe potuto cambiare questo fatto.
Però, il fatto che ci fosse un'intelligenza umana dietro al nostro sistema informatico (si dice così? È informatico anche se non è un computer? Boh) mi riportò alla mente una cosa. Erinne mi aveva parlato di quella tipa che aveva inventato il modo per far funzionare i nostri orologi anche a Hogwarts. Aveva detto che era un genio.
E io conoscevo qualcuno che era alla ricerca di un genio.

“Forse potrei approfittarne per andare a trovare Draco. Solo per una mezz'oretta. Speriamo che non succeda il finimondo mentre sono via.”
Mi alzai da cena dicendo che dovevo correre in bagno e invece mi diressi verso l'esterno. Uscii in giardino e, dopo essermi assicurato che nessuno mi guardasse, puntai la bacchetta verso il mio guanto che all'occorrenza poteva diventare una Passaporta.
Cas... anzi, pianerottolo della casa di Draco, adesso. - sussurrai. Un momento dopo sentii un familiare strappo dietro l'ombelico.

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Draco


- Ma sul serio? Come fanno quei cosi a passare per alieni, hanno tutti la forma di esseri umani! -
- Perché sono attori, Draco. Attori, come dite voi, babbani. Non c'erano grandi effetti speciali negli anni Settanta! -
Meg mise in pausa la videocassetta, permettendomi di ammirare esseri umani vestiti in modo pomposo che pretendevano di essere alieni che per puro caso avevano la stessa anatomia degli umani.
- Certo, sospendendo l'incredulità dello spettatore, si può credere che siano alieni. Ma è un peccato perché la trama è così bella che meriterebbe degli effetti speciali migliori. -
- Draco, non è che gli show televisivi inglesi abbiano mai avuto questo budget sconfinato. Non siamo mica in America. -
Mi fermai a riflettere su quell'affermazione.
- Ho sempre sentito i maghi parlare dell'America come di un luogo di perdizione e di volgarità. -
- Questo conferma la mia teoria che i maghi siano molto conservatori, ma devo dire che per questa volta concordo. Non mi attira per niente. La mia amica Stella invece sta cercando in tutti i modi di andare a lavorare in America. -
- Però. - ragionai ad alta voce – Non sarebbe una cattiva idea. Non è stato dichiarato apertamente, ma siamo in guerra. Sarei più sollevato se le persone che ci stanno a cuore... insomma quelle che non sanno difendersi... andassero a vivere oltre oceano. -
Meg corrugò la fronte e fece per dire qualcosa, ma venne interrotta da qualcuno che bussò alla porta. Andai ad aprire.
Era mio fratello.
Per una volta fui quasi felice di vederlo, visto che avevo una brutta sensazione sulla piega che avrebbe potuto prendere la conversazione con Meg.

- Ciao Draco. Ciao Meg. - accennò un sorriso, poi guardò con perplessità Meg, il divano, la TV ancora in pausa. - Ma voi due non studiate mai? -
Ciao Jaime, fatti gli affari tuoi – lo salutò Meg, con finto entusiasmo e un gran sorriso fasullo. Di solito non usa i suoi finti sorrisi con gli amici più stretti, ma Jaime aveva esordito con una Perfetta Frase Genitoriale.
- No, era per dire... io sto studiando per gli esami, che poi sarebbero gli esami di Draco, e... -
- E oggi non hai risposto a nessun tentativo di contatto, quindi fai poco il martire! - lo rimbrottai. Sospettavo che non stesse affatto studiando.
- Non è colpa mia, Draco, sono stato messo in punizione dalla prof di Difesa e poi ero emozionato perché ho chiesto alla McGranitt di sposarmi. -
Aveva chiesto cosa a chi?
Sollevai un sopracciglio, al pensiero che il resto della scuola avrebbe visto ogni azione di Jaime come opera mia.
- Tu te lo ricordi, vero, che dovresti essere me? Non ci riesci a non rendermi ridicolo? -
- Oh, ma mollami! -
- Ma dai, non penserai davvero di prendere voti più alti in Trasfigurazione corrompendo la prof con due moine? -
Jaime accolse il mio commento con qualche secondo di sbalordito silenzio, poi scoppiò a ridere, lasciandomi ancora più perplesso.
- Non sono moine! Ho una faida con lei. -
- Oh. Beh. Allora va bene. Uhm. Immagino. Non fare niente di stupido o di grifondoresco, però. -
Mio fratello prese un'aria estremamente offesa, anche se gli scappava ancora da ridere.
- Draco, non riuscirei a fare qualcosa di grifondoresco nemmeno se avessi il libretto delle istruzioni. -
- Ottimo! E, già che sei qui, uhm... non prenderla nel senso sbagliato, ma perché sei qui? -
- Anche a me fa piacere vederti, Draco, e no, grazie, non voglio niente. -
- Oh, e dai! La stai prendendo nel modo sbagliato! Comunque, vuoi qualcosa? Un caffè, un tè, qualcosa? -
Jaime ci pensò un attimo.
- Si, và. Un tè va bene. - mi prese per un braccio e mi trascinò in cucina. Mi venne il sospetto che fosse solo una mossa strategica per parlarmi a quattr'occhi.
Oddio. Cosa doveva dirmi, che Meg non potesse sentire? Stava succedendo qualcosa? La guerra? La scuola? Cominciai a provare una punta di panico.
Arrivati in cucina, Jaime si chiuse la porta alle spalle.
- Forse posso darti il numero di telefono di un genio. - esordì.
Oh. Tra tutte le cose che mi sarei potuto aspettare, quella era proprio l'ultima della lista.
E che sollievo. Non potete sapere che sollievo.
- Beh, quindi? - mi pungolò, con aspettativa – Non mi merito un tè? -
- Oh, si. - sorrisi, lasciando che l'entusiasmo prendesse piede nel mio animo. L'entusiasmo era una sensazione rara, per me, e preziosa. - Dammi quel numero e ti faccio perfino un infuso di Erba Voglio. -

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La ragazza aveva un aspetto anonimo, bisogna dire questo a suo favore. A guardarla con più attenzione, ci si sarebbe accorti che aveva solo l'aspetto di qualcuno che aveva provato con molta meticolosità ad avere un aspetto anonimo; ma era il meglio che Katy potesse ottenere. Il suo outfit era costruito per gridare “persona normale” e forse ne era uscito un po' stereotipato, ma Draco aveva comunque una conoscenza ancora troppo acerba dei costumi babbani per potersene accorgere.
Quando Katy entrò nella gelateria, facendo tintinnare il campanello all'ingresso, nessuno si girò a guardarla una seconda volta. Indossava una maglietta che probabilmente altre ragazze della sua età avrebbero definito “alla moda”, jeans strappati al ginocchio e scarpe da ginnastica di marca per completare il quadretto, ma portava un cappellino con la visiera sopra i capelli fulvi raccolti in una coda alta, mischiando un look modaiolo a uno troppo casual. Dopotutto nemmeno Katy aveva una gran conoscenza dei costumi babbani. Anche se tecnicamente lo era, babbana. Aveva anche uno zainetto, che teneva su una spalla sola con ostentata noncuranza, anche se con una mano teneva la cinghia dello zaino come se avesse paura che le venisse rubato.
I suoi occhi scorsero rapidamente la piccola sala della gelateria, in cerca del suo contatto. Il mago l'aveva chiamata al telefono dandole appuntamento in quel luogo pubblico, e le aveva dato chiari riferimenti per farsi trovare. Eccolo, infatti: l'unico ad essere vestito in modo un po' troppo formale per il luogo – quantomeno aveva evitato la cravatta! – pensò Katy osservando con una piccola smorfia la sua camicia a maniche lunghe perfettamente stirata e abbottonata fino al collo, e i pantaloni di sartoria. Vestirsi in quel modo era stato superfluo, lei avrebbe potuto riconoscerlo anche solo per quei capelli così chiari da sembrare artificiali.
La ragazza si sedette al tavolino occupando il posto libero di fronte a lui, gli sorrise e lo salutò come se fosse un vecchio amico. Nessuno, comunque, stava facendo caso a loro.
- Ciao! Allora, come ti butta? -
- Ciao, Katy. Bene, grazie, ma credo che “come ti butta” non si dica più da un bel po'. - rispose Draco, fingendo di scherzare con lei e ostentando una confidenza che non c'era.
- Forse qui, nella grande città! - ribattè lei con un sorriso di scuse – Ma a Blackbury siamo ancora fermi ai primi anni Novanta. -
Draco scosse la testa, con un sorrisetto.
- Mi fa piacere allora che tu sia qui nella “grande città” per qualche giorno, almeno abbiamo avuto l'occasione di vederci. - recitò il biondo.
- Mi fa piacere che tu abbia pensato di chiamarmi. Ma avanti, raccontami di te. Hai detto che avevi un progetto per l'università che volevi farmi vedere? -
Draco annuì e senza dire altro le allungò un quadernetto, dove aveva messo in bell'ordine i suoi appunti e le sue idee.
Katy prese il quaderno e iniziò a leggere, senza prima sfogliarlo: partì dalla prima pagina, procedendo con metodo. Se anche stava provando curiosità o entusiasmo per il progetto, non lasciò trapelare nulla.
Arrivò alla fine. Chiuse il quaderno. Rimase a fissare la copertina per un lungo momento, senza neanche accorgersi che Draco aveva ordinato il gelato per entrambi e che ora il suo frozen yogurt ai frutti di bosco si stava lentamente sciogliendo nel bicchiere. Alla fine, Katy alzò lo sguardo e parlò:
- Sei uno stramboide, lo sai? -
Draco sospirò.
- Significa che il progetto è impossibile? - lei non rispose subito, e lui continuò, a mo di scusa – Senti, io non me ne intendo di queste cose, tecnologia e altro. So quello che basta per usare un computer e quel trabiccolo infernale di un cellulare. Ma per quanto riguarda la mia parte, insomma le cose per cui sono competente io, mi pareva che fosse abbastanza fattibile... -
- Non ho detto che non lo faremo. – tagliò corto Katy. - Ho detto che sei uno stramboide. Questa è un'idea strana. Non sarebbe venuta a un... uno di voi... cresciuto fra di noi. Sarebbe cresciuto prendendo la fiction per ciò che è, fiction, e poi quando avesse scoperto di essere... sai... speciale... il suo nuovo stile di vita avrebbe assorbito tutte le sue energie e i suoi sogni. Tuttavia non è neanche un'idea che sarebbe potuta venire a uno di voi cresciuto senza conoscere il nostro mondo, so che tendono a essere un po'... chiusi. -
- So che cosa intendi. – ammise il biondo, cercando di mantenere un tono neutro e leggero. – Hai ragione, io ho vissuto nella società chiusa di cui parli, ma poi ho deciso di... beh, di darmi alla macchia, non c'è un altro modo per dirlo, e ora mi sono adattato bene alla mia nuova vita, o almeno spero. -
- Ah? - Katy sollevò un sopracciglio, dubbiosa. - Adattato bene? Con quei vestiti, in una gelateria? -
Draco sbuffò e scrollò le spalle. Katy sembrò ricordarsi solo in quel momento che, trovandosi in una gelateria, da qualche parte doveva esserci un gelato per lei. Individuò subito il suo bicchiere di frozen yogurt e cominciò a sorbirlo con la cannuccia mentre sfogliava nuovamente il quadernetto di Draco per rileggere alcuni punti salienti dei suoi appunti e schizzi.
- Disegni bene. - commentò distrattamente.
- Grazie. -
- Ci servirà un database per fare questa cosa della metamorfosi. Oppure un circuito che permetta di acquisire immagini dall'esterno, magari con una telecamera, e inviarle a un calcolatore che riproduca l'immagine di un oggetto qualsiasi che si trova sul territorio e mandi l'input al... qualsiasi cosa avremo di magico... perché trasformi la cabina in quell'oggetto comune. Come un albero o un... beh, una cabina del telefono sarebbe un po' mainstream, ma magari un gazebo o un distributore di bibite. O qualsiasi cosa ci sia nei paraggi. -
- Ho capito una parola su cinque di quello che hai detto. - ammise Draco, ripulendo la coppa vuota del suo gelato con la perizia di un ciccione a dieta.
- Non importa, sto solo pensando a voce alta. Ma perché non hai previsto che questa cosa viaggi nel tempo? Nel telefilm viaggia anche nel tempo. -
- No, sarebbe troppo pericoloso. Non si può fare. -
Katy alzò gli occhi su di lui, e quello sguardo in qualche modo fece rabbrividire Draco. Strano, per uno che solo qualche settimana prima si era trovato a qualche metro da Voldemort... ma quello sguardo lo fece rabbrividire.
- Non si può fare, o “non si può fare”? - inquisì lei.
Draco finse di non capire.
- Oh, andiamo! Mi hai capito! È proprio tecnicamente impossibile, o è solo “troppo pericoloso”? -
- Sarò onesto con te, è tecnicamente impossibile al 99,9%. -
- Oh. Soltanto? - cinguettò lei.
- La mia gente conosce un modo per tornare indietro nel tempo, ma solo di poche ore. Se esiste un modo per tornare indietro di più tempo, è segreto o comunque sconosciuto ai più. Inoltre si può andare solo indietro, e a quel punto si può solo aspettare. -
- Ah. - Katy sembrava delusa. - Una cosa più dannosa che inutile. Mh. Va bene. Ti rendi conto che senza viaggi nel tempo questa cosa è solo... un cosplay molto ben realizzato? -
- No, non è vero. Permetterebbe a diverse persone di spostarsi da un luogo all'altro senza la scomodità dei nostri metodi consueti, e, spero, anche per distanze maggiori. Inoltre sarebbe un risparmio di spazio e un ottimo... posto per nascondersi. E per viaggiare senza che il Ministero debba saperlo. -
Draco capì che aveva toccato il tasto giusto quando vide una nuova luce scintillare negli occhi di lei.
- Mettiamo le cose in chiaro, amico. - iniziò lei, usando un nomignolo perché ancora non si era disturbata a chiedergli il nome. - Siamo soci in questa cosa. Tu hai bisogno di me e io di te. Se vuoi che ti aiuti a costruire e a far funzionare la tua... la nostra cabina, ci dobbiamo accordare su alcune cose. Perché quello che hai finora, è solo una gran quantità di nulla. -
- Posso pagarti, se è questo che vuoi. - propose lui, ma cominciava a intuire che il punto fosse un altro.
- No, non sono i soldi che voglio, anche se dovrai finanziare tu il progetto perché io non ho un vero lavoro, certo mi pagano per le mie invenzioni ma non sto tutto il tempo a inventare cose, no? Voglio uno spazio nella tua cabina. - lei abbassò la voce, in tono da cospiratrice. - Voglio mettere lì il mio laboratorio, non posso continuare a spostarmi e a cambiare le mie password perché c'è gente che vorrebbe rubare il mio lavoro oppure arrestarmi. -
- Arrestarti? -
- Spero non sia un problema per te. -
- Oh, ma figurati. Vengo da una famiglia di galeotti. Se non hai ammazzato nessuno, va ancora bene, e se anche l'hai fatto, sono di mente aperta. -
- Nah, niente crimini contro la persona, più roba di hacking e spionaggio industriale. - la sua voce era un sussurro ormai, e si perdeva nel caos delle allegre chiacchiere degli altri avventori. - Quando la cabina sarà ultimata, voglio che sia tanto mia quanto tua. Ci stai? -
Draco ci pensò un attimo, a disagio. L'idea non gli piaceva molto, ma a chi altri avrebbe potuto rivolgersi? Quante altre persone geniali avrebbe potuto trovare, che conoscessero bene l'ingegneria e l'informatica e che fossero già a conoscenza dell'esistenza del mondo dei maghi?
- D'accordo, ci sto. -
- Hai già ampliato la cabina con l'incantesimo di estensione irriconoscibile? -
- Sì. E' diventata grande come... boh, circa come due stanze, direi. -
- "Due stanze" non è una vera unità di misura. Vabbè, comunque è un inizio. Verrò a stabilire lì il mio laboratorio fin da subito. -
- Cosa? Adesso? Subito? -
- Sì! Ovviamente potrò portarci solo una parte della mia roba, quando riusciremo a ingrandire di più lo spazio che abbiamo, potremo pensare a portarci il resto e a costruire degli spazi per te, o comunque tu li voglia fare. -
- Va bene, ma cosa dirò alla mia ragazza? Non sarà felice di sapere che c'è una tipa che vive nel mio armadio! -
Katy lo guardò con occhi vuoti, senza capire.
- Sarà gelosa, o sarà sospettosa, o... dai, non è mica normale! -
- Seh. Neanche tu sei normale. Spiegale cosa stiamo facendo e amen. Se è intelligente, capirà, Dai, che me ne frega di te, nemmeno so come ti chiami. -
- Ah, grazie. - sbottò Draco, offeso.
- Lo sai cosa intendo. Sei un tizio che ha avuto una buona idea, possiamo collaborare e un giorno forse anche diventare amici, o qualcosa del genere. Non significa che io possa pensare di mettere in secondo piano il mio prezioso lavoro per cercare un contatto intimo o affettivo con te... o con qualsiasi altra persona, se è per questo. -
Draco si passò una mano fra i capelli, indeciso se sentirsi insultato o rincuorato.
- Però lo spiegherai tu alla mia ragazza. - lei annuì distrattamente. - E comunque, mi chiamo Draco. - aggiunse, a bassa voce.
- Non te l'ho chiesto, – rimbeccò lei – comunque tu puoi chiamarmi Katarina. -
- Pensavo che tutti ti chiamassero “Katy”. -
- Oh, non è un diminutivo. Ho solo appena cambiato nome. -

  
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