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Autore: Aliseia    06/03/2016    2 recensioni
«Come fate? – chiese Minerva McGonagall con aria concentrata – il tempo per voi si è fermato. – strinse di nuovo le palpebre – Siete tali e quali…»
«Posso chiederti che cosa ti porta qui a quest’ora, Minerva?» chiese Severus Snape. Si chinò premurosamente nella direzione di lei, il pallido volto impassibile ma le mani strette sul bordo del tavolinetto, a tradire curiosità e impazienza.
«Riguarda vostro…»
«Nipote.» suggerì Black «Orion è il nipote di mia cugina Bellatrix»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Scorpius Malfoy, Severus Piton, Sirius Black | Coppie: Severus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nella Foresta Proibita'
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Note: Ultimo capitolo del mio AU che unisce la storia classica di Harry Potter alla Next Generation. Le caratteristiche dei nuovi personaggi, l’assegnazione delle Case e altri particolari sono frutto della mia fantasia. In questa storia ho introdotto due personaggi originali: Cygnus Black e Orion Black-Lestrange, rispettivamente figlio e nipote di Bellatrix Black-Lestrange.
Dedica: a Severus Snape.
 
 
 

Tra Passato e Futuro
 

 
 
Appena pochi istanti prima tutto era sereno nella casetta della Foresta. Più o meno. Se si escludono i ben noti fatti in cui Scorpius Malfoy, nel giro di un’ora dal proprio arrivo, era già riuscito a mettere Sirius e Severus l’uno contro l’altro, a indispettire i Potter e a dispiacere Rose. Al momento Severus lo aveva messo in punizione. L’arcigno Serpeverde poteva perdonare tutto: la sua cattiva educazione nei confronti di Albus, l’evidente disprezzo per gli altri Grifondoro presenti, l’atteggiamento arrogante e un po’ snob… ma non che gli facesse il verso durante le spiegazioni, alzandosi alle sue spalle mentre era davanti alla grande lavagna che conservava nello studio. Percorrendo a lunghi passi la stanza, con movenze solenni e austere ma non prive di grazia. Francamente inconfondibili. Nondimeno Severus lo interrogò sullo scopo di tale pagliacciata. E le risatine di Albus e Rose non favorirono l’imputato.
 
Così ora i due cugini ascoltavano attentamente l’incredibile spiegazione della “morte-vivente”, mentre il biondo Serpeverde, costretto da solo in cucina, era occupato a lavare e riordinare le tazze e il bricco del tè. E senza bacchetta, poiché Severus gliela aveva confiscata.
Fu perciò il primo a notare l’ombra enorme che fuggevolmente era apparsa alla finestra. Una strana ombra, lunga e a più gobbe… Un’ombra che aveva un’aria vagamente familiare.
Il ragazzo si avvicinò al vetro. Guardò fuori, un po’ allarmato. Nulla.
Alzò le spalle, del tutto intenzionato a tornare alle sue tazze e all’umile compito che Snape gli aveva assegnato.
Perché, strano a dirsi, quel lavoro non lo disturbava. Non lo disturbava grattare via lo zucchero con l’ausilio di una semplice spugnetta. O immergere le delicate tazzine nell’acqua bollente.
Anzi… I toni verdi e argento della porcellana, il candore di fondo… La serica superficie delle tazze… Sciacquare il servizio da tè e mettere in ordine la tavola erano ovviamente incombenze alle quali non era abituato, e che normalmente lo avrebbero annoiato, se non addirittura disgustato.
Ma in quel momento il giovane Malfoy era sotto un incantesimo ben più potente di quelli insegnati da Severus nella stanza accanto. E non c’erano colore, luce o morbido riflesso sulla bianca porcellana che non gli richiamassero subito alla mente gli occhi verdissimi e l’abbagliante sorriso di Albus Severus Potter.
Quando (e perché) era diventato così bello? E perché mai egli, il ragazzo più sveglio di Serpeverde, se ne accorgeva soltanto ora? Cinque anni persi… Quattro. Il quinto era appena cominciato…
Il sorriso beato che aleggiava sul pallido viso del biondino svanì… Un fruscio alla porta. Un rumore troppo brusco e goffo per indicare il ritorno di Orion. O quello del pallone gonfiato Grifondoro… Ma chissà, forse era lui.
Nondimeno il ragazzo decise di avvertire Severus. «Professor Snape?» chiamò entrando come un fulmine.
Di scatto Albus e Rose alzarono le teste dai fogli. Rose sorrise. Albus aveva uno sguardo talmente intenso, pieno di una consapevolezza così matura e anomala in un volto tanto giovane, che a Scorpius mancò il fiato, e quasi dimenticò ciò che voleva dire.
Sirius, che in piedi accanto alla lavagna non staccava gli occhi da Snape, ignorò completamente il ragazzo. Quando era rientrato non aveva detto una parola. Facendo il suo ingresso nello studio aveva fissato a lungo il proprio compagno, sorridendo vagamente. Severus lo aveva ostentatamente ignorato, mentre quel ben noto sorriso diventava più largo e se possibile ancora più affascinante.
C’era stato un piccolo segno di cedimento quando a Snape, di solito tanto calmo e preciso, era caduto un alambicco. Fermandolo a mezz’aria con un cenno della bacchetta Sirius lo aveva recuperato al volo. E mentre lo porgeva al professore le loro mani si erano sfiorate.
Severus aveva distolto lo sguardo, anziché fulminarlo come spesso faceva. Dunque il maturo Grifondoro contava di averla vinta prima di sera… Certo, se il piccolo Serpeverde rompiscatole la smetteva di creare diversivi.
«Professor Snape? C’è qualcuno fuori!»
«Ci sono Orion e James.» rispose Severus calmo.
Sirius notò come nessuna smorfia questa volta accompagnasse il secondo nome.
«Forse qualcun altro…» mormorò Scorpius. E rabbrividì.
Albus si alzò di scatto, estraendo la bacchetta. «Professor Snape, io credo che…» Rose, incredula all’inizio, si allarmò nel vedere la reazione del cugino. Anche lei in piedi, cercò il conforto nello sguardo degli altri presenti.
«Ragazzi, state calmi, questa è la Foresta proibita… Non siamo mai soli…» cominciò Sirus con aria sorniona.
Ma Severus all’improvviso alzò una mano, e con un gesto imperioso zittì il proprio compagno «C’è qualcuno» confermò.
In quel momento tutte le luci della casa si spensero contemporaneamente.
 
*
La puntura della bacchetta sul collo irrigidì i muscoli del giovane. La mano come paralizzata. «Fermo, ragazzino, o la pagherai cara…» La voce untuosa, la bocca vicinissima all’orecchio lo fecero fremere di disgusto. Albus trattenne il fiato.
«Fermi tutti!» urlò nel buio una voce più decisa «O il primo a pagare sarà questo moccioso… La Serpe-mancata…» aggiunse con sarcasmo.
Se Scorpius non avesse già riconosciuto quella voce profonda e impostata, gli sarebbero bastati il tono di disprezzo e quella precisa espressione “Serpe mancata”, per riconoscere colui che aveva parlato per secondo. «Nonno?» chiese allarmato.
«Ma… cosa…» sbottò Lucius. In quel momento una serie di tonfi, un vetro infranto e un’incredibile apparizione irruppero nella scena, cambiando il corso degli eventi.
Diremo poi del tonfo e dei vetri. Ciò che ora lasciava ognuno a bocca  aperta era la materializzazione luminosa di un animale. Nella stanza immersa nell’oscurità era balzato infatti quello che sembrava un cane, un grosso lupo irlandese per la precisione. Il capo alzato, snello e flessuoso nei movimenti. Nel buio Sirius strabuzzò gli occhi. Sembrava il suo Patronus. Sennonché nessuno di loro, nell’angoscia per l’incolumità di Albus, era stato in grado di evocarne uno. Quell’animale bello e fiero veniva di sicuro dall’esterno. Ma come… Un lupo irlandese. Sembrava proprio il Patronus di Sirius Black. Solo più giovane.
Ai primi tonfi erano seguite urla soffocate e imprecazioni. Ma nulla di paragonabile al grido di terrore che si sollevò all’apparire del magico animale.
A questo punto fu un gioco per Sirius e Severus prendere il sopravvento, e il primo atto della bacchetta di Black fu quello di ridare la luce.
Il chiarore delle candele, tornando all’improvviso, sorprese i due assalitori già a terra. Gli altri presenti si strinsero tra loro. James e Orion, entrati evidentemente dalla finestra, corsero a controllare lo stato dei più piccoli. Nessuno di loro sembrava avere subito danni. James diede un buffetto ad Albus, baciò affettuosamente Rose sulla fronte. Orion spettinò scherzosamente i biondi capelli di Scorpius. Il ragazzo Malfoy però non reagì e non sorrise. Restava immobile, il suo sguardo chiaro e scandalizzato era fisso sul nonno paterno.
Lucius Malfoy, sotto la minaccia della bacchetta di Sirius, cupamente si massaggiava un occhio. «È destino che io debba spaccarti la faccia ogni volta che ci incontriamo, Malfoy! Niente di personale. O forse sì…» Il Grifondoro si lasciò sfuggire un sorrisetto di scherno. Poi si guardò intorno.
L’altro Mago arrancava sul pavimento, carponi, bloccato dalla bacchetta di Severus. I grandi occhi acquosi, di colore indefinito, la tozza figura, ricordavano a Sirius qualcuno. Ma non avrebbe saputo dirne il nome.
Fu Severus a riconoscerlo. «Rodolphus Lestrange…» mormorò, la voce che vibrava di disprezzo.
La rivelazione lanciò un brivido lungo le schiene di molti dei presenti, e per tante ragioni. Non ultima quella che Orion portava ufficialmente quel cognome.
Il ragazzo, pallidissimo, era appoggiato alla porta. Aveva una ferita sulla spalla, un taglio che sanguinava copiosamente. Sirius allarmato lo indicò con la bacchetta. Severus con una leggera pressione dello stivale costrinse Lestrange accanto a Lucius Malfoy. «Sorvegliali» disse seccamente a Black.
James carezzò ancora il viso di Rose, strizzò l’occhio al fratello, poi si mosse per affiancare Sirius, la bacchetta sguainata. Sul suo zigomo deciso brillava il sangue di un piccolo squarcio.
Severus si avvicinò a Orion. Le sue lunghe dita seguirono il contorno della ferita. Mormorò poche parole, simili a una cantilena, e il sangue smise di fluire. «Non è niente – disse Orion – siamo entrati dalla finestra » sorrise debolmente, indicando con il mento James e il suo taglio sulla guancia.
Molto tranquillamente Severus prese dal cassetto una garza, la impregnò di un liquido azzurrino e la porse al ragazzo. «Ahi!» mormorò quello al contatto. «Silenzio – commentò Severus – tienila lì per qualche minuto e non avrai cicatrici»
«Vorrei vedere!» borbottò Orion preoccupato. Un piccolo sorriso increspò le labbra del Professore.
Poi, senza parlare, Snape ripeté la stessa operazione su James. Il taglio era più piccolo, ma il grido di dolore fu molto più sonoro. Severus, tanto per cambiare, lo fulminò con lo sguardo.
Poi osservò attentamente Rose, che gli sorrise grata.
Infine alzò il mento di Albus. Merlino, quegli occhi… Severus abbassò le palpebre, un’espressione sofferta sul volto. Il ragazzo comunque era illeso.
Al di fuori delle poche battute scambiate tra Severus e Orion, nessun altro aveva più fiatato. I ragazzi erano troppo spaventati. Gli adulti, tra vinti e vincitori, troppo scossi.
Poi Lucius, inaspettatamente, sorrise. «Non fare scherzi, Malfoy…» sibilò Sirius. A quelle parole Scorpius, che fissava il nonno come se volesse cruciarlo, si riscosse.
«Come sempre scegli la parte sbagliata, piccolo Lord…» la voce del biondo Mangiamorte suonò gelida e tagliente.
Il ragazzo divenne se possibile ancora più pallido. «Dovrei dire la stessa cosa di te.» mormorò.
Lucius abbassò lo sguardo. «Ricordati chi sei… ricorda la tua storia…» Nel suo tono vibrava una nota di frustrazione.
«Non siamo destinati a ripetere gli stessi errori» Severus affiancò di nuovo Sirius. Il suo volto era tornato impassibile. La voce bassa, non si degnava neppure di alzare la bacchetta.
«Oh, Severus… - mormorò Lucius – Che piacere rivederti… Sei… giovane!» L’ultima parola uscì gravata da un certo risentimento. L’uomo seduto a terra non aveva infatti perso la propria altezzosa bellezza, ma questa sembrava come appannata, fragile: lunghe striature bianche percorrevano i capelli un tempo di un chiarissimo uniforme biondo, piccole rughe amare s’irraggiavano ai lati degli occhi e della bocca. Il Mangiamorte alzò le iridi blu sul volto ancora fresco e affascinante di Sirius. «Che dire – continuò – probabilmente la vita bucolica vi si addice…»
Lestrange arrancò per sedersi al fianco del proprio complice. Grugnì qualche cosa mentre alzava su di loro gli occhi incolori.
«Falla finita, Malfoy – mormorò Sirius – dimmi perché siete qui, prima che perda definitivamente la pazienza»
«Per il ragazzo…» borbottò Rodolphus con un rantolo. Lucius gli rivolse una gelida occhiata.
«Beh? Che c’è?  - continuò Lestrange - Tanto vale che lo sappiano!»
Istintivamente James tornò a pararsi davanti ad Albus, che però si liberò della sua protezione.
Rodolphus Lestrange fece una smorfia che voleva essere un sorriso. «No, non lui… Il nipote di Bellatrix… Quella puttana…» la parola fece arrossire Rose.
Silenziosamente Orion venne avanti. Da terra Lucius lo studiò da capo a fondo. C’era una strana luce crudele nei suoi occhi chiari. Rodolphus guardò brevemente il ragazzo, poi voltò il capo per sputare in terra. Senza esitare Sirius gli mollò un calcio in faccia. «Quello è mio nipote, Lestrange…»
«A quanto pare – commentò Rodolphus con rabbia, asciugando un filo di sangue che gli colava dalla bocca – Ma forse non è solo tuo nipote… Di sicuro non è il mio!» aggiunse con una volgare risata che non nascondeva la frustrazione.
Orion era bianco come un cencio. Rivolse lo sguardo intorno. A Severus. Poi a Sirius. Non visto Sirius gli strinse brevemente un polso. «Cosa vuoi dire?» mormorò il Grifondoro rivolto a Lestrange, la voce che s’incrinava appena.
«Rifletti, Sirius… - proseguì Rodolphus - chi mai poteva  essere il padre di quel… bastardo? Cygnus. L’hai conosciuto, se non sbaglio…»
Orion afferrò la bacchetta. «Fermo.» gli sussurrò Severus.
«Questo frutto degenere dei Black… - proseguì Rodolphus con cattiveria - ha l’onore di essere nientemeno che il nipote dell’Oscuro Signore!» alle ultime parole il suo viso quasi si trasfigurò in una gioia maligna.
«Non ci credo…» mormorò Orion. La pelle quasi traslucida rivelava piccole vene azzurre sulle guance. Sembrava uno spettro.
Sirius deglutì «Questo ragazzo – rispose lentamente – ha l’onore, discutibile quanto si vuole, di essere… mio figlio.»
Severus si affiancò a lui, una smorfia di disappunto dipinta sul viso.
«Nostro figlio.» si corresse Sirius con un sorriso.
Nella confusione e nello stupore che avevano travolto i presenti, Lucius approfittò per rialzarsi. Con invidiabile agilità raccolse la bacchetta, poi con un balzo fu di fronte a James e ai ragazzi. «Crucio!» urlò sul maggiore dei Potter. Mentre James cadeva a terra, piegato dal dolore, la bacchetta dell’anziano Malfoy era di nuovo puntata al collo di Albus.
«Alzati, Rodolphus» sibilò.
«Non lui!» protestò l’altro Mangiamorte, mentre lo sguardo passava da Orion ad Albus.
«Pensi che minaccerei il nipote dell’Oscuro Signore? Il Mago che guiderà la nostra riscossa? – sottolineò Lucius – Egli ci seguirà spontaneamente… » Gli occhi azzurri cercarono quelli neri di Orion.
«E che facciamo dell’altro?» protestò Rodolphus, soppesando Albus come avrebbe fatto con l’incauto passerotto finito nella trappola destinata al corvo.
Lucius scosse la testa «Sei stato e sempre sarai un Mago mediocre. La Serpe mancata, qui… è il nipote di Harry Potter. L’unico in grado di resistere alla nostra nuova ascesa. Non avverti il suo potere? È l’unico temibile tra i rampolli del prescelto... il solo dotato di una magia fuori dal comune! » Lo sguardo sprezzante di Lucius corse a James che, a terra, ancora tremava per il dolore. «Vedremo poi cosa fare di lui…» aggiunse con un sorriso crudele rivolto ad Albus.
Poi, nel silenzio che seguì, Orion fece un passo avanti. «Sono con voi» disse con voce incolore.
Un mormorio percorse i presenti. «Molto bene…» il volto di Lucius si illuminò.
«Unisci la tua bacchetta alle nostre…» Il vecchio Malfoy sembrava un invasato. Rodolphus guardò il ragazzo con sospetto, poi si unì a loro.
La camicia aperta sul petto, la figura alta e snella, Orion era bellissimo e terribile. Nei suoi occhi neri non c’era alcuna luce, ma solo il vuoto.
Dopo il primo attimo di smarrimento, ogni sguardo, sconvolto o trionfale, ammirato o inorridito, si posò su di lui. Tutti tacevano.
Egli si voltò, guardò brevemente Sirius. Più a lungo Severus.
Quindi, affrontando di nuovo Lucius, allungò il braccio. I suoi occhi scuri trovarono quelli verdi di Albus. I due ragazzi, che Malfoy aveva indicato come futuri rivali, si fissarono a lungo. Orion stirò le labbra in quella che sembrava la caricatura di un sorriso, ma che era piuttosto una smorfia di dolore. Poi alzò la mano armata della bacchetta.
Lucius gongolava. Rodolphus restava guardingo. Nondimeno come gli altri due alzò il braccio.
Gli occhi di Albus erano due pezzi di vetro puntati sul volto bianco di Orion. Pietrificus totalus… Il comando del ragazzo Serpeverde fu poco più di un pensiero. Expelliarmus… Neanche un suono venne dalle labbra di Albus.
Malfoy cadde a terra, la bacchetta che schizzava via.
Con un ghigno feroce Lestrange alzò la propria, puntandola contro Orion. Ma prima che potesse anche solo pensare a quale incantesimo usare, nell’aria esplose un lampo rosso. «Crucio!» Era una chiara voce femminile, il tono morbido ma deciso di chi è abituato a comandare.
*
La bella strega dall’aria altezzosa fece il proprio ingresso nella stanza, stirando con le mani le pieghe dell’abito argentato. Era snella, il fisico ben modellato. I capelli raccolti sulla nuca erano così biondi da sembrare bianchi. Rivolse ai presenti lo sguardo pungente dei propri occhi grigi.
«Nonna…» mormorò Scorpius, desolato.
Dopo il primo attimo di smarrimento Rose si era precipitata a soccorrere James, sempre stringendo forte la mano di Albus.
La donna fece una specie di giravolta, guardando uno per uno tutti i presenti.
Sorrise teneramente al proprio nipote «Tesoro, stai bene?» mormorò. Scorpius scosse la testa, a significare il proprio disgusto. Poi la donna fissò Orion. A lungo. I suoi occhi si riempirono di lacrime. «Mio caro…» sussurrò.
Il ragazzo si ritrasse inorridito e furioso come di fronte a un’espressione ingiuriosa. «Non sono tuo, Narcissa.»
«Oh, sì che lo sei… mio nipote. Due volte. » nello sguardo chiaro danzava un’inspiegabile commozione.
«Due volte? » sbottò Sirius sarcastico. Come Severus aveva abbassato la bacchetta, ma non perdeva una mossa della donna.
«Cugino… - mormorò lei ritrovando la consueta ironia – Ti trovo bene per essere… morto.»
Sirius scosse la testa, infastidito. «Lascia stare... Ma spiegami invece… Due volte?»
Severus non aveva detto una sola parola, ma tratteneva il fiato. Istintivamente i due maghi si erano affiancati a Orion, che, pallido come un fantasma, attendeva la risposta della donna.
«Severus… - riprese lei ignorando perfidamente le loro domande - Trovo bene anche te…» sorrise, un po’ più amichevole.
Il volto di Snape era una maschera impassibile, terrea. «Continua, Narcissa.»
Senza rispondere la donna sollevò una mano diafana, sfiorò il bel volto di Orion, gli zigomi affilati. Ignorando il fatto che egli si ritraeva arrivò a sollevargli il mento con l’unghia affilata. «Orion…» un’imprevista dolcezza s’intrometteva ogni volta che si rivolgeva a lui. «Qualcuno ti ha già rivelato chi era tuo nonno… l’amante di mia sorella?» La strega aggiunse le ultime parole con una certa fatica e gli occhi lucidi.
Orion scosse la testa, inorridito. «Non voglio…» mormorò.
Anche gli occhi di Sirius s’inumidirono. «Non cambia niente…» mormorò fissando il ragazzo. «Figliolo… per noi non cambia niente…»
A quel punto e inaspettatamente Narcissa voltò il capo verso il proprio marito, che, pietrificato ma vigile, seguiva attentamente la scena. «Sei proprio un idiota. - mormorò gelida - Con queste tue idee da fanatico…» Poi guardò di nuovo il gruppetto dei maghi che aveva di fronte. «Mi meraviglio di te, Severus. Eppure lo conoscevi bene… Pensi davvero che egli… l’Oscuro Signore, potesse amare a tal punto da volere un figlio… Qualcuno che potesse condividere il suo potere? E tu… Sirius… davvero sei così cieco? »
Sirius deglutì. A quel punto c’erano lacrime anche negli occhi di Severus, ma il Grifondoro ancora non capiva. O non voleva capire.
«Sei davvero così insensibile, Sirius, o smemorato… da non rivedere in questo ragazzo qualcuno che conoscevi bene…» Narcissa scosse la testa.
Sirius si voltò. Lo sguardo smarrito, la bocca socchiusa, egli studiava il viso del ragazzo che aveva cresciuto come avrebbe fatto con la mappa di chissà quale segreto tesoro. Osservò quel volto nobile e affascinante. I riccioli scuri e ribelli che si arricciavano sulle spalle. Gli occhi neri… Quante volte, inspiegabilmente, aveva sentito una stretta al cuore nel fissarli? Quante volte si era chiesto perché quegli occhi lo mettessero in difficoltà, scatenando in lui sentimenti che non erano di repulsione, come sarebbe stato naturale pensando a Bellatrix, ma di colpa e di rabbia? A chi erano appartenuti, in tempi così remoti da non sembrare veri, quel volto delicato, quello sguardo così intenso?
Sirius prese fiato. Poi sul suo viso passò una smorfia terribile e straziante. Di stupore, di commozione, di rabbia. «Regulus…» mormorò.
Di fronte a sé aveva il ritratto del proprio defunto fratello. E non se n’era mai accorto.
 
*
Il primo a parlare fu Orion. Prendendo fiato come dopo un’immersione, gli occhi stralunati, sbottò: «Ora capisco… Sono il nipote di Bellatrix e Regulus Black. I miei nonni... Pazzi e incestuosi. Non stupisce che io sia così strano!» Parlava a fatica, ansimando, il sollievo il sorriso e le lacrime tutti insieme sulla sua faccia.
Quelle parole normalmente gli sarebbero costate uno schiaffo, ma nessuno pareva in grado.
Severus lo fissava, e sul suo viso bianco le emozioni sembrarono affiorare come un magma che preme contro un’arida superficie, incrinandone l’immobilità. Lo guardò a lungo, poi si rivolse a Narcissa. «L’Oscuro Signore non avrebbe voluto un figlio, hai ragione… Ma Bellatrix… perché?».
Sirius era voltato, nascondeva il viso tra le mani.
«Bellatrix… - rispose Narcissa - Giocava, la conosci…» un sorriso amaro deformò il volto della donna, rivelandone l’età. Abbassò gli occhi. Quando li sollevò erano lucidi, ma così fieri e splendenti che più di uno dovette distogliere i propri. Ella guardò i ragazzi a uno a uno. «Mia sorella… non è sempre stata così, sapete. C’è stato un tempo in cui era appassionata e ambiziosa. E pura… come voi.» La sua voce si abbassò in un sussurro mentre aggiungeva le ultime parole. Poi fissò Sirius e Severus, all’improvviso con un’espressione quasi supplice. «Egli… Voldemort… l’ha corrotta. Forse non ricordate… Non era solo un tiranno, ma un incantatore. Chi non ha sperimentato il potere della sua seduzione? Voi capite… »
Sirius si voltò, scosse la testa quasi con furore. «No, Narcissa, io non capisco.»
«Io sì.» mormorò Severus. Nei suoi occhi c’era una tenerezza che non si mostrava da tempo. «Regulus sapeva?» chiese poi.
Narcissa fece no con il capo «È morto senza saperlo»
«Non l’avrebbe permesso. - aggiunse convinto Severus - tutto quello che è successo dopo…Avrebbe protetto il ragazzo.»
Sirius lo fissò. «Conoscevi mio fratello meglio di me.»
«Non era troppo diverso da te» rispose Severus. Per un attimo ci fu una tale intensità tra loro che tutti gli altri ne furono esclusi.
Poi Narcissa si schiarì graziosamente la voce. «E dunque ora che abbiamo chiarito…» riprese con finta calma, voltandosi verso i due immobilizzati a terra «Dobbiamo pensare alla sicurezza dei nostri ragazzi. Rodolphus da solo non può fare nulla. E non credo che Lucius voglia affrontare un’altra patetica figura come quella di oggi… » Per la prima volta dall’inizio della serata i due coniugi si affrontarono davvero. Lucius, a terra e ancora pietrificato, seguiva ogni gesto della moglie con uno sguardo acceso, più eloquente delle parole. Impazienza e rabbia si alternavano nella luce chiarissima delle sue iridi.
Narcissa, in piedi di fronte a lui, lo dominava con la bacchetta tesa e con un’espressione risoluta e spietata.
«Non credere che quei due la passino liscia… - ansimò Sirius - Questi sono i nostri ragazzi, hai detto bene. Hanno minacciato i nostri ragazzi. La prossima volta…»
«La prossima volta li uccidiamo.» finì calmo Severus.
Sguardi ammirati e inorriditi si alzarono dai presenti. Sirius annuì.
Persino Narcissa sembrava colpita, quasi ammirata. «So che tieni a loro, Severus. A tutti loro… Non credere che non sia lo stesso per me.» La bionda strega li studiò a uno a uno. Carezzò con lo sguardo Scorpius e poi Orion. «Tengo a loro. Più o meno a tutti…» aggiunse fulminando il gruppetto dei Potter – Weasley.
James, che si era ripreso a fatica, stava appoggiato alla parete, le braccia tese a proteggere Albus e Rose.
Scorpius era accanto a Orion, quasi abbracciato a lui, come avrebbe fatto un bambino spaventato. I suoi occhi cercavano quelli della nonna, ma non si avvicinava né a lei né tantomeno al vecchio mago fermo a terra.
«Scorpius…» mormorò la strega, commossa. Non le era sfuggito il disagio del nipote, e ne cercava, se non l’approvazione, almeno la pietà. «Conosci tuo nonno… Non riesce a liberarsi del passato…» Il ragazzino scosse la testa.
«Severus… - continuò la donna – Lucius non farebbe mai del male. Non sul serio…»
Un ghigno secco attraversò il volto del Mago. «Sul serio? Ha usato la maledizione Cruciatus. » Con estrema calma Severus si avvicinò a James. Alzando una mano lo zittì in anticipo, poi socchiudendo gli occhi e con la bacchetta puntata alla sua fronte mormorò poche parole simili a una cantilena.
Il ragazzo sospirò di sollievo.
Narcissa osservò con una certa freddezza il maggiore dei Potter. Poi tornò a guardare Snape. «Lucius è uno stupido – sibilò. L’uomo a terra la fulminò con lo sguardo. – Ma è mio marito. Egli credeva… e io non ho mai tradito il segreto di Bellatrix…» Ora c’era qualche cosa di implorante nella sua voce.
Sirius si intromise con veemenza «Hai lasciato che tuo nipote… Cygnus… fosse imprigionato, torturato e perseguitato. Condotto alla disperazione. E poi alla morte!» La voce dell’anziano Grifondoro usciva con una specie di faticoso rantolo. Orion seguiva ogni parola. Mentre il suo sguardo viaggiava tra i coniugi Malfoy diventava sempre più bianco, finché non cominciò a tremare.
Severus strinse il suo braccio, Albus e Rose si avvicinarono. La ragazza sorrideva dolcemente. Gli occhi di Albus sembravano gravati da una consapevolezza che veniva da lontano.
Scorpius cercava inutilmente di attirare l’attenzione del giovane Black, mentre Sirius goffamente ammiccava nella stessa direzione.
Ma a calmare il giovane Serpeverde fu un solo sguardo, insieme complice e provocatorio. Una sola espressione: una smorfia insolente di James Sirius Potter. E Orion II Black smise di tremare.
Alzando fieramente il mento Narcissa affrontò la rabbia di Sirius. «Non lo sapevo… Lei mi disse che il bambino era morto. Era pazza, lo sai… - ancora i suoi occhi si inumidirono – Pensava di farne dono a lui. Non un erede, ma un degno Mangiamorte… Un Mago dal sangue purissimo, la discendenza selezionata dei Black…»
Sirius rabbrividì. «E quelle voci…»
«All’epoca, se non ricordo male, avevamo altre cose a cui pensare. - la donna riprese la propria aria sicura e insolente – E quando si diffuse la leggenda del figlio e del nipote di Bellatrix, erano già passati tanti anni. Voldemort era morto, e io… Non riuscivo a crederci… mio nipote…» L’intensità del suo sguardo fece ritrarre Orion. «Sei bello come loro…» la donna alzò la mano per una carezza. Questa volta Orion la fermò. «Ma io non sono lei…» rispose freddamente. Poi, con un mezzo sorriso: «E non so se sono degno di lui…»
Sirius aveva gli occhi lucidi. «Lo sei eccome.» mormorò «Forse l’unico che ha sbagliato tutto sono io…» aggiunse con un filo di voce.
Orion lo guardò. Sirius abbassò il capo. Si sentiva così colpevole e insieme così fiero. Suo nipote. Un vero Black. «Di sicuro – riprese il mago Grifondoro – dovremo cambiare il tuo cognome!»
Orion inalberò una smorfia, ma certo non poteva dargli torto. Fu solo allora che tutti rivolsero l’attenzione a Rodolphus Lestrange, fino a quel momento escluso dalla conversazione.
Troppo tardi. Il subdolo Mangiamorte aveva approfittato della confusione per strisciare fino alla propria bacchetta, e alzandosi di scatto ora la puntava facendola roteare contro i presenti. «Che nessuno si muova… Io… Se osate ostacolarmi…» Un tentativo invero abbastanza disperato, la bacchetta che tremava nella mano malferma, al punto che né Sirius né Severus alzarono la propria, limitandosi a fissare il Mago con malcelato disprezzo.
Niente di paragonabile al profondò disgusto che si era dipinto sul bel viso di Narcissa Black. Lucius roteò gli occhi, spazientito. «Vi prego – disse la donna con terribile calma – Quest’uomo, Lestrange, ormai è solo un parassita. L’ombra del Mago che era. Egli è più pericoloso per sé che per gli altri. E noi dobbiamo pensare alla sicurezza dei nostri ragazzi…»
Sirius serrò le labbra, la mano si strinse sulla bacchetta. «Dovremmo lasciarlo andare?» la sua voce era roca e minacciosa. Severus alzò il braccio, pronto a colpire.
«Sì.» rispose Narcissa, impassibile «Rodolphus ora sa che non gli conviene minacciare i ragazzi… o alzare la propria bacchetta nella stessa stanza dove sono i miei nipoti…» La luce gelida che brillava nello sguardo della strega fece impallidire il Mangiamorte.
«E di lui… cosa facciamo?» La bacchetta di Sirius ora puntava Lucius che, seduto a terra, lo fissava con un ribrezzo misto a preoccupazione.
 «Che domande – mormorò Narcissa spazientita - Parli di mio marito… Lucius torna a casa con me!»
Sirius venne più vicino «Troppo comodo…» sussurrò con insolenza piegando il capo fino a sfiorare il viso della donna.
«Sì – rispose lei – più comodo per tutti. Dovresti aver capito, caro cugino, che non ti conviene avermi come nemica…» Poi si voltò verso Severus, e sembrò trasformarsi. Un sorriso tremante sulle belle labbra carnose, la voce che si spezzava «Mio marito, come dicevamo… è uno stupido – carezzava ogni parola con tono vellutato – Ma cosa ci posso fare? L’ho sposato… Tu mi capisci, Severus… Non puoi farci niente, se ti innamori della persona sbagliata!»
Sirius era allibito. Dopo un attimo di silenzio, Severus rispose: «Capisco bene, Cissy – a quel nomignolo sia Sirius che Lucius alzarono gli occhi al cielo, mentre Snape, abbassando la voce di un tono, aggiungeva – So bene cosa significa amare un idiota…»
Sirius sbiancò completamente, persino sulle labbra, e si apprestava a reagire afferrando Severus per un braccio, ma l’altro ignorandolo continuò. «Solo che… Narcissa cara, io e te non siamo uguali… Perché io alla fine ho scelto la parte giusta. E … il più giusto degli uomini.» Guardandosi intorno Sirius arrossì vistosamente. Aveva sulla faccia un sorrisino talmente beato che James e Orion si lanciarono un’occhiata, e James voltò la faccia per non scoppiare a ridere.
«Aaaaaahhh… ora basta!!» L’alto grido di sofferenza e di frustrazione proveniva da Rodolphus, che forse più spazientito che terrorizzato si gettava nella mischia, rovesciando una sedia e facendosi strada a spintoni. Brandendo la bacchetta passò tra i ragazzi, con qualche gomitata ma senza azzardare incantesimi.
Era talmente goffo e ridicolo che con rapide occhiate i presenti ritennero di lasciarlo scappare. Dalla cucina si udì il suo grido di dolore mentre provava la sortita dal vetro rotto della finestra.
*
 
Da terra Lucius fissava ora la propria consorte, lo sguardo blu che alternava frustrazione e risentimento. Forse vergogna. Lei annuì, poi si voltò verso gli altri. «Noi andiamo a casa – affermò con sicurezza. Poi, di nuovo titubante – Scorpius…»
Il ragazzo scosse la testa. «Torno a scuola.» rispose. Senza nemmeno accorgersi si era avvicinato al gruppetto formato da Rose, Albus e James.
Orion, in disparte e ancora provato da quella lunga notte, li guardava con affetto. «Eccoli… - mormorò – i nuovi Corvi.» James lo fissò, un po’ interdetto. «Non tu, Potter… sarebbe disdicevole – alla sua smorfia insolente James rispose con un ghigno. Poi il giovane Black continuò – Albus… vorresti prendere il mio posto?» Il tono era calmo e rispettoso, quasi solenne.
Il giovane Potter sorrise «Perché no? Potremmo essere un gruppo di studio…»
James sbuffò.
«Oh, beh, poi vedremo…» aggiunse Albus con una smorfia birichina.
Nonostante il suo debole per il più giovane dei Potter, Scorpius non poté fare a meno di protestare nei confronti di Orion: «C’ero prima io! Voglio dire, tu te ne vai… e lasci il comando ai Grifondoro?» Prima che Orion potesse rispondere Albus afferrò con dolcezza il polso del giovane Malfoy «Nessun capo.» affermò con calma.
Quel contatto, il verde baluginare di quello sguardo, annientarono Scorpius peggio di un’Avada. Deglutendo e ritirando rapidamente la propria mano si rifugiò in un angolo, lasciando che il buio nascondesse la propria confusione.
Orion sorrise. «Hai lanciato un incantesimo non verbale…» sussurrò ad Albus.
Il giovanetto s’illuminò. «Tu dici?»
«Prima, con Lucius.»
«Non so… Non era previsto. Ho solo pensato e poi…»
«Già… - continuò Orion - ma non funziona così. Non basta pensarlo. Tu sei un Mago fuori del comune.»
L’ammirazione che traspariva nelle parole di Orion turbò James, il cui sguardo attento andava dall’uno all’altro. Mordendosi il labbro, il maggiore dei Potter valutò se sentirsi più fiero o più preoccupato… O magari geloso. Ma quando parlò nella sua voce suonava solo il più autentico e sincero affetto fraterno. «Un grande Mago. Forse… lo sapremo un giorno. Ma ora Albus deve studiare, e restare tranquillo a Hogwarts, con i propri amici.»
«Studio e tranquillità. Un programma degno di te… » sbottò Albus con una smorfietta insolente.
«Oh, beh…» James gesticolò, esasperato.
Ma Orion lo interruppe «Certo, Potter. Albus sa cosa fare.» Poi, rivolgendosi di nuovo al più giovane dei fratelli: «E qualunque cosa tu scelga di fare… Sappi fin da ora che sarò dalla tua parte.»
Orion accompagnò quelle parole con un leggero inchino, il braccio lungo il fianco brandiva la bacchetta come avrebbe fatto un antico cavaliere nell’atto di dichiarare la propria lealtà al sovrano.
Albus sorrise. Tutti trattennero il fiato.
Poi Rose, staccandosi dal gruppo, si gettò tra le braccia di Orion. «E tu cosa farai, mago solitario?» Egli rise, e trattenendo per un attimo un ricciolo rosso tra le dita le carezzò il viso. «Non lo so, Rose… Qualche cosa di buono, spero. Certe ingiustizie… Non posso permettere che accadano. Che un ragazzo non possa diventare Auror… Che certi vecchi maghi diffondano idee turpi tra di voi, arrivando a minacciare le vostre vite… Non lo permetterò. Mai più. »
Scosse la testa con un vago sorriso, inclinando il capo prestò per un attimo ascolto alle imprecazioni di Sirius, che insieme a Severus aveva trasportato Lucius nell’altra stanza. Probabilmente uno dei due lo aveva lasciato cadere. La gelida voce di Narcissa impartì gli ultimi ordini, poi più nulla. I due si erano di certo smaterializzati.
Senza guardare nessuno Orion lasciò la stanza. 
 
*
«Hey, Black…»
«Cosa vuoi, Black?»
«Oh, solo una curiosità… Era un lupo irlandese quello che ho visto?» la voce di Sirius vibrava di affetto e di ironia.
«A quanto pare.» rispose Orion asciutto, senza voltarsi. Sirius si avvicinò, raggiungendolo sul sentiero buio che portava al limitare della Foresta.
«E… Severus lo sa?» chiese il vecchio Mago con malcelata soddisfazione.
«Certo – rispose Orion con calma. Poi, voltandosi lentamente – Smettila di gongolare, Black.»
Ma Sirius non riusciva proprio a non sorridere. «Pensavo che… Dal momento che il tuo Animagus è un corvo…»
«Già – rispose Orion, fissandolo intensamente – Ma i Patroni possono cambiare… »
Sirius smise di ridere. «E quando?»
«Una di quelle sere in cui facevi il pazzo – Sirius sollevò una mano, come a proteggersi da quel ricordo. Ma Orion continuò – Tu eri scappato nella foresta… Severus, come al solito, non aveva detto una parola. Era uscito per raccogliere la legna. Io lo seguivo… avevo pochi anni, ma sapevo cosa fare. Sono un Mago piuttosto precoce, lo sai…» Sirius aprì bocca per replicare, gli occhi che brillavano come stelle nell’oscurità. Ma con un gesto imperioso della mano Orion lo fermò. «Un piccolo mago con le braccia cariche di legna… Commovente per chiunque… Forse anche per Severus Snape. Così alla fine si voltò per guardarmi. La fascina che portavo era talmente grande che io nemmeno lo scorgevo. Sentivo solo la sua voce… “Tornerà. Egli tornerà. E se lo desideri con tutte le forze, puoi inviargli il tuo pensiero. Un pensiero felice. Devi concentrarti… e poi dire Expecto Patronum. Ma devi volerlo davvero tanto… “ Chiusi gli occhi, e mormorai l’incantesimo… E nella Foresta apparve il mio primo vero Patronus… – Orion sorrise, come sollevato da quella rivelazione - Prima ero troppo piccolo. Anche se… Severus ne era certo… Che la nebbiolina argentea che evocavo spesso avesse la forma di un corvo… »
«E lui…» la voce di Sirius tremava.
«Ne fu felice. Non credo di averlo mai visto così felice per un mio incantesimo.»
«Peccato averlo perso…» Sirius ormai piangeva senza ritegno.
«Io sono qui.» rispose semplicemente Orion.
Finalmente l’anziano Mago Grifondoro strinse il ragazzo contro di sé. Per un attimo Orion restò con le braccia abbandonate lungo il busto, poi lentamente le sollevò. Alla fine ricambiò con forza l’abbraccio, nascondendo il viso sulla spalla di Sirius.
«Per me non sarebbe cambiato nulla… davvero…» mormorò Sirius sui riccioli neri dell’altro.
«Ma così è meglio, non è vero?» rispose Orion senza sollevare la testa, un singulto tra riso e pianto.
Sirius lo afferrò dolcemente per le spalle. «Nulla… No, guardami… Io sono tornato per amore di un Serpeverde…»
«E lui lo sa?» chiese Orion cercando di recuperare la propria calma. Sottraendosi con delicatezza all’abbraccio il ragazzo sollevò una mano per asciugarsi velocemente una lacrima.
«Certo che lo sa… Perché credi che dubiti di me?» Sirius ora era smarrito.
«Perché è così facile sentirsi sbagliati… Black.» Orion sorrise, le mani sulle spalle del proprio padrino magico.
Sirius scosse il capo. «Voi due siete la cosa migliore che mi sia mai capitata. E quel testone lo dovrebbe sapere… Dal mondo delle ombre si torna solo con un atto di volontà. Altrimenti… non c’è magia che possa compiere il miracolo.»
«Torna dentro, e parla con lui.» disse Orion, risoluto.
Sirius gli sorrise, e dopo averlo abbracciato di nuovo si voltò verso la casa.
La luce delle candele e le ombre degli alberi la ammantavano di un chiarore verde e oro.
 
*
«E dunque… Black… Non abbiamo capito bene cosa farai…»
La voce chiara di James lo raggiunse nell’oscurità. Fresca e insieme rassicurante. Orion si stupì del proprio batticuore.
«Te l’ho detto… James… non lo so.» I passi del maggiore dei Potter si arrestarono. Orion sorrise nel buio. Si voltò. Con un piccolo movimento lasciò scaturire dalla bacchetta un bagliore argenteo. “Voglio vedere i tuoi occhi” pensò.
James Sirius Potter era in piedi davanti a lui. Le braccia incrociate e l’aria insolente. Il volto leggermente piegato, lo fissava con un sorriso sfrontato. Sui suoi capelli arruffati e nelle sue iridi indugiava una luce d’argento.
«Come credi di fare?» chiese in tono spavaldo.
«Fare che cosa, Potter?» scandì Orion con calma.
«Tutte le cose che hai detto… Orion. Gli Auror, e la guerra ai Mangiamorte… senza un N.E.W.T.?» James appariva molto convinto.
«Un diploma? Dovrei conseguire il diploma?» Orion scoppiò a ridere.
Ma James rimase impassibile. «Esatto. È il primo passo per diventare Auror…»
Con un sorrisetto Orion scosse la testa «Hogwarts non è il mio posto…»
«Potrebbe diventarlo…» sussurrò James facendo un passo avanti.
Le belle labbra di Orion si piegarono in una smorfia divertita. «Dammi un valido motivo…» mormorò.
A James non parve vero di fare una mossa da Grifondoro. Deciso e sprezzante del pericolo. Una mano dietro la schiena e una sulla nuca di quello sfacciato Serpeverde, costringendolo contro un albero prese possesso di quella bocca provocante, per un bacio che almeno nelle intenzioni doveva essere memorabile.
Orion lo lasciò fare, cedendo languidamente, lasciando che le mani dell’altro con qualche difficoltà slacciassero il suo mantello, e poi percorressero il suo petto nudo, mentre la sua lingua impetuosa lo invadeva.
James già mugolava di soddisfazione, quando sollevando un ginocchio Orion lo respinse. Allontanandosi appena quello lo guardò, un po’ smarrito. Orion sorrise maliziosamente, il ginocchio che premeva tra le gambe dell’altro. Poi afferrandogli con forza i corti capelli sulla nuca, con altrettanto impeto ricambiò il bacio.
Lo allontanò ancora, lasciandolo però ansimare sul proprio collo, quindi gli sussurrò: «Bella mossa, Potter… Riprenderemo quando avrai parlato con la tua ragazza…»
James distolse gli occhi. Poi incoerentemente rispose: «Io non ho mai dubitato di te.»
Orion alzò un sopracciglio. «Ah no?»
«No. Non da quando ci siamo baciati!» rispose James imbarazzato.
«Da circa un’ora, dunque.» rimarcò Orion. Raccogliendo il mantello si staccò dal giovane Potter, dirigendosi verso casa.
James rimase lì, confuso ma non domo. «Tu tornerai!» affermò ostentando sicurezza.
«Chi lo sa…» rispose Orion senza voltarsi.
 
*
Severus scriveva nel cerchio di luce della lampada. Sirius alla finestra salutava con la mano il gruppo dei ragazzi che Hagrid era venuto a prelevare, inforcando la moto che era stata dello stesso Black. Albus e Rose si stringevano sul sidecar e rispondevano ai saluti. Scorpius, che aveva preteso di montare in sella dietro Hagrid, copriva con il proprio entusiasmo il rombo del motore. Scatenando un pandemonio peggiore di quello generato dai Mangiamorte, il piccolo gruppo lasciò la Foresta Proibita. James li avrebbe seguiti a cavallo della propria scopa.
Sirius sorrise. Un bagliore argenteo nel buio della Foresta lo avvertì che Orion stava tornando a casa, preceduto dal proprio Patronus.
«Non ci crede – mormorò il Grifondoro senza voltarsi – non crede che per me sarebbe stato lo stesso…»
Severus sollevò la testa dai fogli. Aprì un attimo la bocca, poi si piegò di nuovo  sul proprio lavoro. «E allora smetti di ripeterlo.» rispose seccamente.
Sirius si voltò di scatto «Non ci credi neanche tu?»
Ancora Severus alzò il capo. «Io… immagino che così per te sia meglio… O no?» Non c’era ironia nella sua voce, solo una disarmante onestà. La stessa che brillava implacabile nei suoi occhi scuri.
Sirius scosse la testa. «Le sue stesse parole… L’eredità non è solo un fatto di sangue, a quanto pare… »
«A quanto pare.» confermò Severus con malcelata soddisfazione.
Sirius si passò una mano sul viso. «Per te invece… Per te davvero non sarebbe cambiato nulla.» Guardò l’altro con una strana intensità.
«Già.» rispose Severus con voce velata.
«Pensi che io… Credi che io sia una brava persona?» chiese Sirius con trepidazione.
Alzandosi con la leggerezza e l’eleganza di un ragazzo, con pochi passi Severus fu accanto a lui. Non rispose, ma la sua mano sfiorò la schiena del Grifondoro.
Entrambi guardarono fuori. Orion, che si avvicinava con passo baldanzoso all’abitazione, li gratificò del più splendente, affascinante dei sorrisi.
«Teddy Lupin tornerà a Hogwarts come insegnante» riprese Sirius come se seguisse il flusso capriccioso dei propri pensieri, senza badare alla coerenza delle proprie affermazioni.
Severus si scharì la voce, ma non disse nulla. Non aveva mai voluto conoscere il figlio di Remus. Ogni mese consegnava a Minerva McGonagall la pozione anti-lupo, poiché purtroppo con la pubertà il ragazzo aveva manifestato i sintomi della maledizione paterna.
Ma per il resto preferiva ignorarlo. Il nome Lupin era un altro di quelli che scatenava ricordi troppo dolorosi.
«E se anche Orion tornasse a scuola…» proseguì Sirius. Ma fu Severus a terminare la frase: «Avremmo un Potter, un Black e un Lupin… Ma che bel quadretto… Manca solo un nuovo Snivellus, e la rimpatriata sarà completa…» un’amarezza ineludibile vibrò nella voce del Serpeverde.
Sirius scosse la testa. «Oh no… Questo non è possibile. Potremo avere un nuovo Malfoy… Un po’ diverso dai predecessori, lo devo ammettere. Un nuovo Harry… speriamo che non debba soffrire allo stesso modo… E una nuova Hermione Granger… Rose è altrettanto sveglia, lo hai notato? Ma… da allora, e per sempre, non ci sarà mai un altro uguale… a te. Esiste un solo Severus Snape.»
Con un braccio Sirius cinse i fianchi del proprio compagno, attirandolo a sé.
 
 

FINE

 

  
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