Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: MaCk_a    07/03/2016    3 recensioni
Inghilterra, 1869.
Frederick è un giovane medico; disinteressato alle ricchezze e alla mondanità, sogna solo di poter sposare Lisa, amica di sempre. Tuttavia, quel sogno che gli era sempre apparso realizzabile, appare irraggiungibile in seguito alla comparsa di un conte italiano.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Frederick Martin giurò solennemente di tenersi lontano dal mare per il resto della sua vita.

Era sbarcato a Napoli e comunicare era stata una bella impresa, perché lui conosceva la lingua che sua madre, toscana, gli aveva insegnato, e pareva che in quella città parlassero in maniera assolutamente diversa; tra l’altro tutti parevano indaffarati e trovare qualcuno disposto ad ascoltarlo era difficile. Qualcuno gli si era avvicinato, per la verità, ma aveva pure tolto il disturbo dopo aver capito che quel pallido ragazzo non aveva soldi da spendere.

Era il mese di agosto del 1870 e Fred non ricordava d’aver mai avuto tanto caldo; stanco, si sarebbe anche seduto così, per terra, ma c’era troppa gente attorno a lui e non riusciva a respirare. Dunque decise di allontanarsi un po’ e passeggiare, nella speranza d’incontrare un’anima pia disposta a parlargli lentamente.

Camminava da un quarto d’ora circa quando un uomo non troppo alto e grassottello, che poteva avere una quarantina d’anni, richiamò la sua attenzione: si stava affogando (con del vino, straordinariamente, ma Fred sapeva che spesso i liquidi erano più pericolosi dei cibi) e il ragazzo non poté fare a meno di avvicinarglisi anche se, in quel caso, non erano richieste chissà quali competenze: bastò assestargli delle potenti pacche sulla schiena.

«Grazie, guagliò.»

Fred, che aveva capito solo il “grazie”, rispose con un “prego”.

«morivo, se non era pe’ te! Mi hai salvato!»

Fred sorrise, sostenendo che l’affermazione fosse alquanto esagerata, e si presentò. L’uomo, che si chiamava Gianni, stabilì però che quel nome straniero fosse troppo complicato e prese a chiamare il ragazzo semplicemente “Fred”.

«E quindi sei venuto dall’Inghilterra!» esclamò, cercando di parlare in maniera comprensibile. «E bravo! E cerchi lavoro a Napoli?»

«No» spiegò l’altro, «mi aspettano in un paesino vicino Caserta… in realtà non so quanto vicino… ho pochissime informazioni. So solo che questo paese si chiama Valle, e che è su una montagna. Io devo andare a lavorare dal conte Ranieri.»

«Pensa tu! E io lo so dov’è, vivo sotto a quella montagna! Puoi venire con me, poi sempre lo troviamo qualcuno che sale a Valle e ti porta dal conte, che ci vuole?!»

 

Durante il viaggio in carrozza - che non fu corto - Gianni raccontò a Fred tante, forse troppe cose.

«Questa carrozza mica è mia, eh. No, è dei baroni. Io lavoro dai baroni Gaetani. Mi hanno mandato a ritirare dei vestiti, quelli ci tengono a queste cose, ricorrono solo alle migliori sartorie! Sono dei signori, veramente. Io mi ci trovo bene a lavorarci, se ti devo dire la verità. Non è male, non è male.»

Il medico inglese – che di essere un medico non lo disse – ascoltò Gianni con attenzione e seppe così dove questi era nato, com’era la sua famiglia, quando si era sposato, quanti figli aveva e persino quali erano le festività più importanti dalle loro parti. «Noi facciamo festa grande a giugno, per il patrono. Però pure a maggio non si scherza, eh: ci stanno le processioni per altri santi. A Valle invece è festa ad agosto, ma è già passata, quindi devi aspettare un anno. Eh vabbé mi dispiace. L’inverno invece non si fa niente, anche perché di solito nevica e si muore di freddo.»

Dovevano essere le otto di sera, più o meno, quando arrivarono al paese ai piedi del monte in cui Gianni viveva e di cui Fred non scoprì – o non intese - il nome. E poiché era tardi il baldanzoso signore insistette perché il ragazzo si fermasse a riposare e gli trovò alloggio presso amici di amici, o parenti di parenti, il medicò non capì bene: comunque, quelle persone furono gentilissime e lo nutrirono molto più del necessario.

La donna più anziana della famiglia, il mattino dopo, lo salutò raccomandandogli – per l’amor di Dio! – di mangiare, perché così sembrava una spiga di grano; e dopo essersi congedato anche da Gianni, che ringraziò di tutto cuore, Fred salì su un carretto malandato che trasportava viveri a Valle, guidato da un uomo anziano e silenzioso.

Fu quasi peggio dell’esperienza in mare: la strada svoltava continuamente e, poiché le ruote si muovevano su sassolini e pietre di diverse grandezze, il ragazzo non faceva che rimbalzare, chiedendosi come mai non accadesse lo stesso al conducente.

«Sono abituato» disse quello, come se gli avesse letto nel pensiero. «Quando fai questo un giorno sì e l’altro pure, non ci fai più caso e impari a tenere il culo attaccato al suo posto.»

Durante il tragitto, che durò quasi quattro ore ma perché a un certo punto si fermarono dato che pareva che Fred stesse per vomitare e non era il caso di sporcare il mezzo di trasporto, i due non parlarono molto: il ragazzo si limitò a dire che andava a lavorare dai Ranieri e che aveva lasciato l’Inghilterra per sempre, accennando vagamente alle sue origini italiane per parte di madre; l’uomo parlò invece di Valle, dicendo che era un posto freddo e spiacevole durante l’inverno, ma paradisiaco d’estate. «Se vai dal conte Ranieri stai a posto, perché i più ricchi del paese sono lui e la famiglia Di Cosmo. Io proprio a loro sto portando questa roba» spiegò, indicando con la testa il carico. «L’altra è povera gente, quindi buona e onesta. Pure il conte Ranieri è onesto, eh, per carità. I Di Cosmo invece… boh, non ci metterei la mano sul fuoco.»

A ora di pranzo («Alle due secondo te è ora di pranzo?», aveva obiettato il vecchio), più o meno, Fred giunse a Valle. Il posto gli parve magnifico: il paese era perlopiù pianeggiante, e circondato da piccole alture. Piccoli monti che sorgevano su quella montagna che da Valle era coronata perché, oltre quel borghetto, non c’era più niente, non si poteva salire oltre. Inoltre, vi era verde ovunque, dappertutto, e faceva da protagonista.

Fred ebbe l’impressione che la natura ospitasse benevolmente la comunità che però, appunto, era ospite, non padrona.

«Tu devi salire là sopra» lo richiamò l’uomo, facendogli segno col dito. «Quello è monte Janara, lo vedi il castello dei Ranieri?»

Sì, lo vedeva. Era grande, imponente, maestoso e per questo anche leggermente minaccioso e inquietante, visto dal basso.

«Là ci sali a piedi, dieci minuti e ci arrivi, un quarto d’ora al massimo. Buona fortuna.»

«Aspettate!» lo fermò l’altro, deciso. «Vi ringrazio moltissimo e mi scuso perché mi rendo conto solo ora di non avervi rivelato il mio nome. Mi chiamo Frederick Martin… oh, potete chiamarmi Fred, se preferite.»

«Non penso proprio che ci rivedremo, veramente.»

«In ogni caso, voglio che sappiate di poter contare su di me, qualsiasi cosa vi serva. Posso sapere il vostro nome?»

«Endrio. Endrio e basta, il cognome non lo tengo e non mi serve, tanto solo io mi chiamo così.»

Fred sorrise. «Grazie ancora, Endrio.»

 

***

 

Lorenzo Ranieri corse in giardino, non appena gli fu detto che un ragazzo alto, scheletrico e dal nome incomprensibile fosse giunto con la pretesa d’essere assunto.

Il medico inglese, meno pallido del solito, se ne stava seduto su una panca all’ombra di un albero e osservava ammirato la vegetazione. Il conte ordinò che nessuno si avvicinasse loro e lo raggiunse, chiamandolo amichevolmente per nome.

«Andato bene il viaggio, vecchio mio?»

«Mi ha fatto capire di non voler più lasciare l’Italia» tagliò corto l’altro, a disagio. Sapeva che non sarebbe stato semplice parlargli, non all’inizio, almeno.

Lorenzo sospirò, teso. «Ti ringrazio per esser venuto, Fred. Sono convinto che Lisa si riprenderà, con te qui. Lei non sospetta nulla… pensa che sorpresa sarà per lei! Forse dovrei prepararla… non vorrei che l’emozione le giocasse brutti scherzi…»

Fred, che era seduto, alzò lo sguardo verso il conte, che stava ritto accanto a lui.

«Io sono un medico, lo sai. Per me è umiliante e degradante divenire il capo dei tuoi camerieri.»

«Lo capisco.»

«Ma rinuncio volentieri ai miei sogni, se è per la salute di Lisa.»

«Lo so.»

Era vero che Valle era molto fresca: a fine agosto si stava bene, lontano dal caldo afoso di Napoli. Del resto, era anche logico, vista l’altitudine.

«Lorenzo, perché un uomo sposato chiama presso di sé colui che ritiene essere innamorato di sua moglie?»

Il conte fu infastidito dal quesito, ma se lo aspettava ed era preparato a rispondere.

«Perché Lisa è in uno stato pietoso e voglio aiutarla. Fred… io so che tra voi esiste un legame profondo e credo che mia moglie non sarà mai legata a me quanto lo è a te. Tuttavia è sempre mia moglie ed è una donna onesta e so che non mi tradirebbe mai. Mai e per nessuna ragione. E se ti ho chiamato qui, lo ammetto… è soprattutto perché so di potermi fidare. Non mi fa onore dirlo, forse, ma… io sono convinto che tu non toccheresti mai Lisa, ora che è sposata. Questo mi rassicura. Sei libero di disprezzarmi, a me non interessa: ci tenevo a chiarire la mia posizione e l’ho fatto. Ora seguimi, perché voglio dire a Lisa che sei qui e, se reagisce bene, potrai incontrarla subito.»

 

Lisa si accarezzava l’enorme pancione, mentre ascoltava Lorenzo: udire il nome di Fred le causò inizialmente dolore, ma quando seppe che egli era partito per vederla, per restarle accanto come sempre aveva fatto, accettando di vivere in quella casa come dirigente della servitù… allora il dolore scomparve e gioia ed egoismo si fusero: non le importava nulla di quanto significasse tutto ciò per Fred, né di quanto la situazione potesse imbarazzare Lorenzo. Il suo amico era lì, era lì per lei e non sarebbe andato via, mai più, e di certo l’avrebbe anche aiutata nel parto.

Lorenzo non uscì dalla camera da letto. Voleva osservare la scena.

Quando Fred fece timidamente capolino e poi, piano, entrò, Lisa scoppiò in lacrime. Rideva e piangeva e allargò le braccia, singhiozzando, chiamando il nome del ragazzo.

Lui, lentamente e con molta accortezza, perché il pancione era davvero ingombrante, si avvicinò e la strinse a sé. Rimasero così per dieci minuti almeno, lei in lacrime, incapace di dir qualcosa che non fosse “grazie”, lui composto ma felice e, comunque, emozionato.

Lorenzo, in piedi a un angolo del letto, con le braccia dietro la schiena, udì Fred giurare a Lisa che non l’avrebbe mai, mai più lasciata.

Erano gli ultimi giorni di agosto e il parto era previsto per la prima settimana di settembre.

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: MaCk_a