Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Floramoss    07/03/2016    7 recensioni
E' da poche settimane che Harry vive ad Hogwarts, affidato a Severus. Tra loro c'è ancora tanta distanza, colmata solo dal senso del dovere da parte del professore e da una passiva obbedienza da parte del bambino. Ma le cose iniziano a cambiare, lentamente. E sarà il piccolo, con il suo vissuto difficile e la naturale e irrefrenabile voglia di affetto, a compiere il primi passi lungo questa strada in salita. Con la complicità di un uomo mascherato, che forse tanto diverso da Piton non è.... la storia si pone idealmente dopo In principio fu l'argento.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Lucius Malfoy, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gli eroi si ricordano, i miti non muoiono mai

               Gli eroi si ricordano, i miti non muoiono mai.    

                         (dal film L’uomo dei sogni)

 

Ad Alan, in memoria

 

- Sono pronto per andare a dormire signore – il bambino lo stava fissando a un paio di metri dalla poltrona su cui si era seduto a bere il solito whisky. Ma il bicchiere era ancora pieno sul vecchio tavolino tondo di legno scuro: l’uomo aveva abbandonato la testa all’indietro sul velluto ormai un po’ logoro. E aveva chiuso gli occhi per qualche tempo, benché riuscisse comunque a scorgere la danza del fuoco attraverso le palpebre. Erano le otto passate, avevano cenato, e Severus aspettava il momento in cui Potter sarebbe andato a letto per ritrovare un po’ della sua vecchia solitudine. Stavolta però si era lasciato cogliere da troppi pensieri: un tranello in cui gli capitava talvolta di cadere, e lui rimaneva lì, a crogiolarsi fra ricordi e dolore. Il piccolo lo colse di sorpresa. Si mise ritto e boccheggiò un attimo prima di aprire bocca:

- Ha lavato  i denti? – Un cenno affermativo della testa.

- Preparato le cose per domattina? -

- Domani non ho scuola. –

Ancora un black out nella testa del professore di pozioni. Perché Potter non aveva scuola l’indomani? Il piccolo lo guardava con un’aria talmente innocente che Severus non riuscì a fare la sua faccia peggiore e soffocò ogni accenno di nervosismo. Provò a mettere in moto tutta la rete neurale in cerca del ricordo che gli mancava. Nulla. Vuoto totale. Era uno di quei giorni in cui il mattino veniva raggiunto velocemente dalla sera e non si accorgeva nemmeno di aver vissuto un’altra giornata della sua insulsa vita. Quei giorni che iniziavano pesantemente: a lui capitava spesso e aveva smesso di contarli. Si alzava con un senso di vuoto che lo faceva quasi barcollare. Perché? Se c’era un senso nel suo macinare le ore che lo separavano dalla notte era unicamente quello dell’inerzia, o del senso del dovere. Ma una vita vissuta così è davvero un fardello senza senso.

Il bambino con gli occhi verdi era ancora lì, nel suo pigiama un po’ grande e con i denti lavati. Aspettava la buonanotte dell’insegnante per dirigersi nella propria stanza ma capiva che il signore che vestiva sempre di nero e che si chiamava Severus era particolarmente triste quella sera, più di tante altre sere. A dire il vero, da quando viveva lì, non aveva mai visto il signor Severus ridere. Forse non ne era capace. O forse qualcuno gli aveva rubato il sorriso. Si può rubare una cosa del genere? Harry era convinto di sì. Forse gli avevano fatto quella cosa là… l’”incantamento”… non era sicuro si chiamasse così ma in quel posto succedevano cose strane a volte, e a lui gli “incantamenti” lo facevano restare con la bocca a forma di O anche se sapeva che era maleducazione. Zia Petunia gliel’avrebbe chiusa con uno schiaffo. Ma il signor Severus finora non l’aveva mai fatto. Non lo picchiava. Lo sgridava un po’. Del resto lui sapeva di essere un bambino pasticcione. Quindi se lo meritava. A dire il vero il signor Severus poi sembrava anche dispiaciuto. O almeno gli pareva. Gli adulti sono proprio persone difficili da capire. Però da quando lo avevano portato in quella nuova casa lui non stava male, e a pensarci bene preferiva restare lì con quell’adulto arcigno che rideva poco piuttosto che tornare dagli zii che non sapevi mai di che umore sarebbero stati.

Il pozionista intanto cercava inutilmente il ricordo mancante e alla fine si arrese. Non gli toccava che chiedere direttamente all’interessato.

- Mi spiace signor Potter ma non ricordo il motivo perché domani non dovrebbe andare a scuola. Può aiutarmi per cortesia? –

- La scuola è chiusa signore. Ci sono gli insetti. –

Giusto, gli insetti. Scarafaggi. La scuola era infestata dagli scarafaggi. Quegli idioti di babbani. Per problemi del genere chiudere una scuola quando sarebbe bastato un colpo di bacchetta. Realizzò in quel momento la vera gravità della cosa: con Potter a casa tutto il giorno come si sarebbe organizzato? In un primo momento pensò di ricorrere ai Weasley: avrebbe spedito lì il marmocchio sicuro che Molly non avrebbe rifiutato le sue cure al Bambino-che-era-sopravvissuto. Sembrava che Harry avesse legato con il suo coetaneo Ronald, il che facilitava ulteriormente le cose. Ma si rammentò subito di una concomitanza sfavorevole: i Weasley non sarebbero stati a casa in quei giorni. L’intera famiglia era in partenza per il Donegal, per una riunione di famiglia in grande stile. Un matrimonio, gli era sembrato di capire. Inorridì al pensiero di uno sciame di teste rosse in convito per celebrare una unione e pertanto una futura nuova progenie. Quella famiglia sembrava avere la capacità di moltiplicarsi in modo raccapricciante. Tornò subito al pensiero più urgente: poteva lasciare il bambino tutto il giorno con gli elfi domestici. L’idea gli sembrò fattibile. Quindi decise di congedare il suo ospite. – Domani signor Potter rimarrà chiuso qui tutto il giorno. Io devo lavorare. E lei non può uscire. Per questioni di sicurezza. – Il piccolo non fece obiezioni ma gli parve di scorgere un po’ di delusione nello sguardo. Lo osservò lasciare educatamente la stanza dopo aver detto “certo signore. Come vuole signore”. Sembrava quasi un soldatino. Ma Severus non provò soddisfazione in quella cieca obbedienza. Era la prima volta che gli capitava. Lui amava la cieca obbedienza. Rendeva le cose più facili. Ma sapeva bene cosa lo tradiva questa volta. Avrebbe dovuto far girare il bambino per casa con una benda sugli occhi. Non era obiettivo quando incrociava quello sguardo. E Potter non facilitava le cose perché sovente lo scopriva fissarlo: probabilmente lo stava studiando visto che potevano ancora considerarsi degli estranei.  Bevve un sorso di whisky tornando al cruccio primario. Ricacciò in fondo alla sua lacera coscienza il senso di rimorso che stava già facendo capolino. Cos’altro avrebbe potuto fare del resto? Rimanere a casa l’indomani e perdere un giorno di lezioni? E poi cosa avrebbe fatto tutto il santo giorno da solo con il moccioso? Giocare? Scartò l’idea inorridito. Dialogare? E di cosa? Dare lezioni di magia? A un bambino di sette anni per giunta cresciuto senza il minimo sentore dell’esistenza del mondo magico? Mandò giù un altro po’ di whisky. Avrebbe agito come da programma. Potter sarebbe rimasto chiuso in casa a far compagnia agli elfi. Nessuna variabile a scardinare la routine. 

Rimase in piedi ancora un paio d’ore per studiare alcune pozioni commissionategli dal Ministero e poi si diresse verso la camera da letto. Indugiò un attimo davanti alla camera di Harry. Ed entrò. Il piccolo mago dormiva apparentemente tranquillo con l’orso George al suo fianco. Il professore diede una veloce occhiata alla stanza constatando che era tutto in ordine. Se la cosa gli faceva piacere per certi aspetti, per altri gli ricordava quanto Potter avesse faticato a fare suo quello spazio. C’erano ancora diffidenza e meraviglia verso tutto ciò che a un bambino cresciuto in condizioni normali sarebbe apparso come naturale o scontato. Scontato come un letto. Il piccolo chiedeva permesso per tutto, aveva paura di dire o fare sempre troppo o troppo poco, usava la sua stanza ma non la viveva. Come fosse un ospite indesiderato. In effetti lo era. Cioè lo era stato. Ora era più tollerabile, certo, benché rimanesse un impegno di cui Severus avrebbe fatto volentieri ma meno.  Riposò di nuovo lo sguardo sul fagotto rannicchiato sotto le coperte e si accorse solo allora che George aveva addosso una mascherina nera. Da dove saltava fuori quella maschera? E da quando George era diventato l’orsetto mascherato? Sì sentì stranamente preso in contropiede e scoprì che non gli piaceva. Il bambino non gli raccontava tutto o lui non era stato un tutore attento. Percepì una fitta di fastidio. Si giustificò all’istante pensando che probabilmente era nato tutto durante un banalissimo gioco fra bambini a scuola, niente di così notevole da essere riferito. Di sicuro anche Ron Weasley non raccontava tutto a sua madre una volta tornato a casa. Per Salazar! Si era appena paragonato a Molly Weasley. E peggio ancora, a una madre. Maledisse mentalmente Silente per tutta quella situazione e guadagnò il suo letto. Ma non sarebbe stata una notte tranquilla. Almeno non per lui. Silente invece, ne era sicuro, avrebbe dormito come un bambino dopo una poppata. Lo maledisse mentalmente una seconda volta.

Venne l’alba e con essa una giornata tiepida e gradevole. Dalle alte finestre del sotterraneo si intravedeva il sole e benché a Severus poco importasse solitamente delle condizioni atmosferiche si sentì inspiegabilmente lieto. Fece per svegliare Harry ma decise di lasciarlo a letto ancora un po’: non aveva senso dargli la sveglia tanto presto. Ma il piccolo era già in piedi. Vestito. E discretamente pettinato.

- Signor Potter c’è forse un qualche particolare motivo per cui lei sembra pronto per andare a scuola quando oggi dovrebbe stare a casa? –

- La colazione signore. E’ alle sette e quindici minuti e non si deve fare tardi. –  Severus dovette assumere uno sguardo piuttosto sconcertato perché il bambino si sentì subito in dovere di dare spiegazioni.

- E’ una regola signore. Nessun ritardo è consentito se non per gravi e giustificati motivi. – Severus si rammentò di quelle parole pronunciate nei primi giorni di convivenza. Potter aveva una memoria formidabile. Ma nemmeno questa volta si sentì compiaciuto. C’era qualcosa che stonava davvero in tanta condiscendenza .

- Potter la colazione è alle 7 e un quarto quando deve recarsi a scuola. Non prende forse la colazione alle 8 e 30 il fine settimana? –

Il piccolo sembrò pensarci su un attimo poi annuì ma non sembrava convinto.   

- Signor Potter cos’è che non capisce? –

- Ho capito signore. Quello che lei dice va sempre eseguito. –

- Non è affatto così Potter maledizione, un po’ di senso critico! – L’unico risultato fu vedere il bambino sbiancare: aveva alzato la voce e per esprimere un concetto che sicuramente il giovane Potter non avrebbe potuto comprendere. Tentò di assumere subito un tono più neutro.

- Non sono arrabbiato con lei. Intendevo solo dire che le regole è giusto rispettarle ma che ci sono situazioni in cui si può agire diversamente. –

- Quando è signore che si può agire diversamente? E se poi lei mi punisce perché non si poteva? –

Era un terreno difficile. Spiegare a un bambino, a cui non era stata insegnata la differenza tra cosa è bene e cosa non lo è, che esistono una coscienza e una intelligenza in grado il più delle volte di orientare le proprie scelte era una palude piena di sabbie mobili in cui destreggiarsi significava possedere molto acume e soprattutto buon senso. Non che il pozionista ritenesse di non averne ma si rese conto che il lavoro da fare avrebbe richiesto tempo e pazienza. A meno che non avesse lasciato il moccioso nello stato di semilarva in cui glielo avevano consegnato. Ma sapeva in cuor suo che non avrebbe mai potuto agire così meschinamente.

- Ogniqualvolta se ne presenterà l’occasione signor Potter cercherò di farle capire come è meglio agire di fronte ad una regola. Visto che comunque è già pronto facciamo colazione. Poi le assegnerò dei compiti da fare durante la mattinata. –

Il pasto fu silenzioso ma Severus sentiva come al solito gli occhi del figlio di Lily su di sé. Si spazientì un poco. Pensò quindi di fare almeno un minimo di conversazione per tagliare l’aria. Disse la prima cosa che gli venne in mente.

- Ho notato che il suo orso porta una maschera signor Potter. Potrei conoscerne il motivo? – La domanda era alquanto stupida, se ne rendeva conto. Cosa gli importava in fondo di saperlo. O forse, inconsciamente, voleva saperlo davvero? Si accorse però che la domanda aveva messo il suo ospite in difficoltà: era arrossito questa volta, e aveva gli occhi sbarrati, come chi viene colto con le mani nel barattolo della marmellata. La cosa stuzzicò Severus ulteriormente:  invece che cambiare discorso incalzò con la questione . 

- Sembra che l’argomento la imbarazzi. Ma a questo punto poco importa. Ora sono davvero curioso Potter. Che ci fa il suo orso con quella maschera nera? – Era crudele, se ne rendeva conto, ma era più forte di lui. Il bambino arrossì ancora di più. Poi si decise a parlare.

- Questa è una di quelle volte in cui posso fare diverso dalle regole? –

- Si dice “diversamente”…. e no, questa è una delle volte in cui deve ubbidire e rispondere. – Non era corretto, non lo era affatto. Stava abusando psicologicamente su un bambino indifeso. Non era crudele, era davvero infame. Se ne pentì. Stava per aprire bocca per dire a Potter che non era obbligato a rispondere quando Potter lo anticipò.

- E’ Zorro signore. –

Zorro? E chi diamine era Zorro? Qualcosa di babbano di sicuro con un nome tanto idiota. Provò a frugare fra i suoi ricordi d’infanzia ma non gli venne in mente nulla.

- Zorro…. è davvero il nome di un orso o di che altro Potter? – Harry non capì la domanda perché mantenne sul suo tutore uno sguardo interrogativo.

- Mi sa dire chi è realmente Zorro, Potter? – Ancora silenzio. 

- Non è un interrogatorio. Mi interessa davvero. Io non so chi sia Zorro…. – la sua domanda non era frutto di scherno questa volta. Anche il tono era molto colloquiale, cosa che incoraggiò il piccolo a rispondere.  

- Zorro è un signore con una maschera nera, un mantello nero e tutto vestito di nero. E ha anche un cavallo nero che si chiama Tornado, e un nascondiglio segreto. E ha un servitore che lo aiuta ma che non parla e mi fa morir dal ridere…–

- E cosa fa questo Zorro di speciale?

- Lui salva quelli che sono in pericolo o in prigione anche se non c’entrano niente. Lui li libera sempre. Fa così e così con la spada – e con sempre maggior fervore imitò il suo eroe, dimenticando ogni pudore.

-   I soldati lo vogliono catturare ma non ci riescono mai. Perché secondo me non sono tanto furbi. Loro non hanno mica capito che Zorro è il signor Diego… ma come si fa a non capirlo dico io… sono uguali solo che uno ha la maschera e uno no! – il bambino rise volentieri. Nessuno rideva mai in quelle stanze. Suonò strano, ma piacevole.

- Invece Zorro è furbo e veloce e coraggioso. Combatte contro 5 soldati in un colpo solo! Anzi anche contro 15 soldati qualche volta! –

Bene, un eroe… ogni bambino ha bisogno del suo eroe in fondo… solitamente è il padre. Cacciò l’idea di James Potter in veste di eroe. Con una maschera nera sulla faccia per di più. Si innescarono nella mente del professore una serie di associazioni di idee che inevitabilmente lo avrebbero portato sui luoghi dolorosi del passato. Pensò di interrompere la conversazione ma si rese conto che era la prima volta che il moccioso metteva in fila tante parole di seguito. E tutto grazie a questo favoloso Zorro. Severus decise che era meglio assecondarlo.

- Chi le ha parlato di Zorro? L’insegnante? -  

Il bambino scosse vistosamente la testa.

- Oh no signor Severus. I miei compagni hanno l’album delle figurine. E’ bellissimo… e poi lo fanno anche alla tv. Mi piacerebbe tanto….- A questo punto l’entusiasmo venne meno e con esso le parole. Il Pozionista se ne avvide.

- E… Potter?! Non vuole finire il discorso? – Harry aveva abbassato gli occhi sulla sua colazione adesso.

- Gradirei sapere adesso perché si è azzittito.-

- Non….. non posso dirglielo signore. –

Piton studiò attentamente il bambino. Era certo che stesse tremando leggermente. Qualcosa sembrava spaventarlo. Ebbe un’intuizione.

- Potter mi stava dicendo forse che le piacerebbe avere un album delle figurine o una televisione per vedere Zorro? -  il piccolo attese un attimo, si accartocciò ancora più su sé stesso.

- Potter risponda per cortesia. – Harry annuì senza sollevare lo sguardo.

- Crede che sia una cosa di cui vergognarsi o avere paura? –

-  Non era permesso chiedere nulla signore. Zio Vernon diceva che non me lo meritavo e quindi non dovevo nemmeno chiedere signore. –

- Cos’è che non meritava Potter. –

- Le cose… avere le cose come Dudley. –

- Erano delle cose particolari quelle che non poteva chiedere? –

- Qualsiasi cosa signore. Io non ero bravo. Ma ci provavo a fare il bravo. Solo che non ci riuscivo. –

La colazione gli restò indigesta. Era intollerabile che un bambino venisse tormentato a quel modo. Rivide per un attimo Tobias sfilarsi la cinghia dei pantaloni mentre sua madre implorava inutilmente di non punirlo. Lasciò che Harry terminasse in silenzio il suo pasto. Si alzò da tavola e si diresse nel suo studio. Era quasi ora di salire per la prima lezione ma i suoi precedenti propositi stavano vacillando. La conversazione con il bambino lo aveva indisposto e turbato. Prese l’uscio e si diresse da Silente.

Quando rientrò nel suo appartamento, dopo circa 20 minuti, trovò Harry seduto sulla poltrona che gli aveva assegnato nei primi giorni di convivenza. Stava evidentemente aspettando di sapere cosa fare.

- Potter prenda la giacca. Usciamo. -   

-  Signore ma mi aveva detto che sarei stato qui a fare delle faccende. –

- Ho cambiato idea. Andiamo a Londra. – Harry deglutì vistosamente. Aveva proprio detto così? Il signor Severus lo portava a fare una passeggiata? Non era mai accaduto prima. Oddio… non è che lo voleva lasciare là da qualche parte vero? Hogwarts gli piaceva, non voleva andarsene. I primi giorni si era sentito un po’ fuori posto lì ma adesso non più. Gli piaceva, gli piaceva tanto stare lì. Il Signor Severus non lo voleva più? Lo sapeva che non doveva nemmeno iniziarlo quel discorso… Zorro era un segreto, doveva stare zitto… Lo aveva sgridato. Quel discorso sulle regole, non lo aveva proprio capito. Sentì il panico stringergli forte la pancia ma non osò farne parola. Mise la giacca e attese il suo tutore.

Severus si aggiustò un attimo il bavero della giacca davanti allo specchio. Aveva notato il disagio del bambino. Era difficile saper scegliere cosa fare con lui. Aveva già organizzato quella giornata ma adesso i programmi erano cambiati. Due parole con il Preside per assicurarsi che le sue ore in aula venissero coperte, altre due parole di sommaria spiegazione a cui sapeva avrebbero dovuto seguirne presto altre più esaurienti. In cuor suo sapeva che le priorità nella sua vita erano ormai cambiate: tutto stava adesso nel capire cosa fosse meglio per il figlio di Lily. Stava venendo alla luce un mondo di sofferenza a cui non era preparato. Dopo l’ultima involontaria confessione del moccioso non se l’era più sentita di lasciarlo solo con gli elfi per più di mezza giornata. Al bambino servivano stimoli positivi. Gli elfi non gli sarebbero stati di molto aiuto in questo senso. Non gli piaceva l’idea di uscire in città con lui, era pur sempre il bambino-che-era-sopravvissuto e lui un ex mangiamorte. Sebbene l’identità di Harry fosse al sicuro doveva prendere le giuste precauzioni. Si riguardò allo specchio. Poteva sembrare un londinese qualunque con un bambino qualunque. Ma non aveva abbandonato il suo colore. Look informale benché rigorosamente total black.

Raggiunse Harry: per lasciare Hogwarts scelse una passaporta che li avrebbe portati nei pressi dei Kensington Gardens. La loro giornata sarebbe partita da lì.

- Si aggrappi a me Potter. – Sentì la mano del piccolo stringere forte la sua manica, poi, dopo qualche istante, il mondo divenne verde.  Severus strizzò gli occhi, il sole era delizioso e i colori vividi. Harry era pallido, barcollò un pochino così Severus lo fece sedere su una panchina affinché si riprendesse dagli effetti del trasferimento. Sigillò per bene la passaporta, il tronco cavo di un albero secolare. Solo pochi membri dell’Ordine ne conoscevano la posizione. Dopodichè invitò Harry a seguirlo.

-  Dove andiamo signore? – Harry continuava a celare la sua ansia.

- Per adesso a prendere un po’ di aria. E a dar da mangiare agli scoiattoli. Poi prenderemo una fetta di torta sotto quel gazebo.-  Il bambino lo guardò da sotto in su con stupore. Aveva quel naso prominente che non ispirava simpatia e gli occhi neri come se gli avessero rovesciato dentro una boccetta di inchiostro. E una voce profonda, che sembrava provenire dal fondo di un pozzo. Non riusciva a capire se era buono ma era certo però che non fosse cattivo. Forse non lo voleva abbandonare… voleva davvero fare una passeggiata e mangiare una fetta di torta. Sentì che il mal di pancia se ne stava andando e ne fu sollevato. Iniziava già ad avere una certa acquolina ma non osò far premura all’uomo. Si incamminarono nel parco. Severus taceva: senza darlo a vedere stava controllando attentamente l’ambiente. Gli parve tranquillo: c’era parecchia gente, madri con bambini, qualche vecchio, coppie di fidanzati e alcuni giovani che correvano in abbigliamento sportivo. Nulla che potesse costituire pericolo. Allentò quindi l’attenzione e si rilassò. Sedettero sul prato sotto un albero  e rimasero lì in silenzio per un po’. Harry ogni tanto lanciava un’occhiata di traverso al suo tutore. Aveva voglia di fare una corsa ma ancora una volta non osava chiederlo. Finché Severus non lo anticipò.

- Scommetto che le piacerebbe fare due salti Potter. E giocare un po’ con quei bambini laggiù…sembra che le scuole cittadine abbiano avuto tutte seri problemi con gli scarafaggi oggi…. Non risponde? –

- Sì signore, mi piacerebbe. –

- Potter sia chiaro. Se c’è qualcosa che desidera fare o avere me lo chieda. Starà poi a me decidere se la sua sia una domanda appropriata e dare l’appropriata risposta. Avanti, vada a giocare. –

- Grazie signore. – Harry si alzò e raggiunse il gruppo di bambini che stavano armeggiando con un aquilone. Non gli sembrava vero, quella giornata stava prendendo una bella piega. Anche se il signor Severus era tanto serio la sua vita era certamente più bella di prima. Gli adulti sono proprio strani a volte. La zia Petunia parlava tanto e rideva tanto ma con lei non era felice.  

Severus lo lasciò sfogare per un po’. Lo osservava. Era più piccolo degli altri, ma aveva una voglia scandalosa di vivere e lui gli stava regalando una giornata come mai ne aveva avute prima. Si accorse allora di un venditore di aquiloni. I babbani erano bravi ad intuire il business: in una giornata del genere, col venticello costante, quell’uomo avrebbe guadagnato almeno una cena. E abbondante pure. Gli fece cenno di avvicinarsi e scelse un aquilone: non se ne intendeva molto ma pensò che ad Harry sarebbe poco importato la forma o il colore. Ricevere un regalo e senza che ci fosse una particolare ricorrenza sarebbe stato sufficiente. E infatti così fu. Quando raggiunse il bambino e gli consegnò l’aquilone Harry faticò a capire che era per lui.

- E’ davvero mio? Lo devo restituire dopo? –

- E’ suo Potter. Lo può tenere. Cerchi solo di non romperlo. –

- Ma non è il mio compleanno… -

- Lo so. Se ha bisogno di un motivo Potter allora mettiamola così: è un premio perché a scuola sta ottenendo buoni risultati. -  Il piccolo continuava a guardare prima l’aquilone e poi il suo uomo in nero. Alternativamente. Aveva anche il respiro leggermente alterato per l’emozione. La sua espressione di sorpresa era impagabile.

- Grazie signore… però… però io non lo so usare.- 

A quello non aveva pensato. Gli era talmente venuto spontaneo acquistarlo che non aveva considerato che quel miserabile di Vernon non lo aveva mai portato al parco a far volare un aquilone. A dire il vero però nemmeno lui sapeva come fare. E non poteva certo lasciare lì il moccioso con l’aquilone a terra. Tanto valeva averglielo regalato. Si stava complicando la vita. Ma perché doveva complicarsela? Lui era un mago, avrebbe usato la magia per far volare quel coso. Senza essere visto estrasse la bacchetta e incantò l’aquilone che iniziò a sollevarsi sotto gli occhi estasiati di Harry e di quelli invidiosi di qualche bambino in difficoltà a far decollare il proprio.

- Ha fatto una magia signore? – Harry lo sussurrò come fosse complice di un segreto.

- Può darsi Potter. Adesso tenga ben stretto il filo se no lo perderà. –

Harry iniziò a correre col suo aquilone incantato e presto fu seguito da altri bambini. Piton tornò al suo punto di osservazione: sentiva una certa soddisfazione in quello che aveva fatto e la cosa gli creò un senso di disagio. Non stava iniziando a prendere troppo sul serio il suo ruolo? No, se avesse preso troppo sul serio il suo ruolo adesso sarebbe stato insieme ad Harry a far volare quel maledetto aquilone. Come gli altri genitori, zii,  nonni e parenti vari  lì presenti. Ritrovò il suo equilibrio e tornò a rilassarsi sotto l’albero.

Richiamò Potter quando decise che era il momento di mangiare la famosa fetta di torta. Fece atterrare l’aquilone ed Harry lo raggiunse subito col regalo che strisciava nell’erba come fosse un serpente addomesticato. Era arrossato dal sole e dalle corse. Al pozionista sembrò in piena salute per la prima volta da quando era arrivato ad Hogwarts. Gli occhiali gli erano caduti in avanti e istintivamente allungò una mano per sistemarglieli sul naso. La reazione del piccolo lasciò il  pozionista sgomento. Harry si ritrasse di scatto facendosi scudo con le braccia. Un gesto di autodifesa che la diceva lunga sulla sua precedente vita in famiglia.

-Non era mia intenzione colpirla Potter. Volevo solo aggiustarle gli occhiali. – attese qualche attimo, vide che il bambino si manteneva sulla difensiva.

- Usavano darle ceffoni? Può dirmelo, loro non lo sapranno. - 

Harry annuì.

- Succedeva di frequente? -

Annuì di nuovo.

- Per quali motivi? -

- Perché… perché parlavo quando non ero interrogato. O facevo qualcosa che non andava bene.  Ero maleducato.-

Il primo pensiero fu quello di schiantare i Dursley. Ma come avevano potuto, come aveva potuto Petunia trattare così il figlio di sua sorella! Era più meschina di quanto avesse sempre pensato. E il lavoro da fare con quel bambino sempre più difficile. Senza fare commenti o ulteriori domande si alzò in piedi.

- Forza Potter, la giornata è ancora lunga. -

Dopo un giro alla toilette per darsi una sistemata finalmente si sedettero al gazebo. Scelsero una fetta di Victoria cake. Severus si permetteva raramente simili dolcezze, e si sorprese a gustarle con piacere.

- Dove andiamo ora signore? torniamo a casa? – la paura di essere lasciato lì, da qualche parte, era ricomparsa.

- Lei ha voglia di rientrare? –

Il signor Severus gli faceva un sacco di domande ma lui non era mai sicuro di quale risposta dare. Tentennò.

- Potter se è stanco torniamo ad Hogwarts altrimenti proseguiamo con la nostra passeggiata. Allora?

 – Non sono stanco signore. –

- Molto bene. Mi segua. – Il piccolo si accostò al suo tutore e i due presero per Brompton Street. Si fermarono improvvisamente davanti ad una libreria e Severus entrò. Harry lo seguì e una volta entrato spalancò gli occhi. Quel posto era pieno zeppo di libri. Ce n’erano ovunque, su scaffali di legno altissimi e in pile posate a terra. Non era molto illuminato ma sembrava molto confortevole.  Il signore che ci lavorava era un po’ vecchio e rotondo, portava gli occhiali sulla punta del naso e sotto uno spazzolino di baffi bianchi. Indossava una camicia chiara sotto un gilèt grigio e aveva un curioso orologio che usciva dal taschino. Provò una simpatia immediata. Piton andò da lui, gli disse qualcosa che Harry non capì e poi l’omino sparì su di una scala che portava ad un ballatoio.

- Approfitti dell’occasione Potter, gironzoli un po’ fra tutto questo ben di Dio… non potrà mettere piede nella biblioteca ad Hogwarts ancora per qualche anno. Sempre poi che non preferirà il quidditch, come temo succederà. –

- Cos’è il quidditch signore? –

- Il gioco più stupido del mondo, che malauguratamente è anche lo sport ufficiale della nostra scuola. – Il vecchietto stava scendendo le scale, si sentiva lo scricchiolio. Ricomparve con un’espressione soddisfatta dipinta sulla faccia.

- Eccolo qua. – E porse a Severus un libro. – E’ ancora il preferito dei bambini eh? –

Il pozionista prese il libro e subito lo mise fra le mani del piccolo.

- Ecco il suo Zorro, Potter. Non potrà collezionare le figurine ma almeno può leggerne la storia. - 

Il piccolo era senza respiro. Il signor Severus gli aveva fatto un altro regalo, il secondo in poche ore, e gli aveva regalato un libro con le figure e la storia di Zorro. Gli tremavano perfino le mani.

- Anche questo posso tenerlo? Come l’aquilone? –

- Lo terrà e lo leggerà, come esercizio. Visto che non so nulla di Zorro mi leggerà una pagina al giorno. – Rimasero in libreria ancora un po’, Severus acquistò alcuni vecchi libri babbani che lo avevano incuriosito mentre Harry, seduto su uno sgabello, aveva già immerso il naso nel suo prezioso volume. Zorro era davvero forte. Lui avrebbe voluto conoscerlo. Chissà se un giorno sarebbe successo. Si sentiva le formiche in pancia per l’emozione. Una giornata così piena di belle sorprese e formicolii non gli era mai capitata. Pregò che gli insetti non se ne andassero dalla scuola così, forse, il Signor Severus lo avrebbe portato a passeggio di nuovo.  

Una volta fuori dalla libreria Piton meditò il da farsi. Avrebbe potuto tornare ad Hogwarts, il moccioso aveva già avuto di ché svagarsi e c’era da preparare la lezione per il giorno successivo. Già, la lezione. Stava terminando le scorte di ingrediente base e spine di pesce leone. Poteva allungarsi fino a Diagon Alley. L’accesso non era distante. Ma che fare con Potter? Non gli sembrava una buona idea portarlo lì: e se qualcuno lo avesse riconosciuto? No, era improbabile. Il bambino-che-era-sopravvissuto era una specie di leggenda. Di lui si erano perse le tracce. E l’esile e anonima figura del bambino era una copertura naturale perfetta. Era più difficile casomai spiegare cosa ci facesse Severus Piton in giro con un bambino. Ma anche a quello si poteva trovare una spiegazione più che plausibile. Decise di prendersi il rischio.

- Potter, ora la porterò in un luogo di Londra che non esiste sulle mappe. Lei mi cammini al fianco, non parli con nessuno e se dovessero farle domande lasci rispondere me. Vedrà cose strane laggiù, cerchi di non esprimere troppo vivacemente la sua sorpresa o il suo entusiasmo. Siamo intesi? – Senza dare nell’occhio coprì la cicatrice a forma di saetta con un piccolo incantesimo: Harry sentì un po’ di solletico.        

- Le ho applicato un cerotto mimetico, andrà via fra qualche ora. Veda di non grattarsi.–

Il piccolo annuì. Dal tono del suo tutore avrebbe dovuto essere almeno un po’ preoccupato. Invece quella cosa lo stava divertendo. Stava vivendo un’avventura. Come succedeva al suo eroe.

Arrivarono senza problemi a Diagon Alley e si inoltrarono per i vicoli del quartiere. La bocca di Harry era perennemente aperta. Aveva promesso a sé stesso di non fiatare ma non riusciva a tenere la bocca sigillata perché quello che stava vedendo sfilare davanti ai suoi occhi superava ogni immaginazione. La gente lì era strana: c’erano donne e uomini abbigliati come nei libri di favole e anche le case e il cielo sembravano quelli dei libri illustrati. I negozi non erano negozi normali: nelle vetrine c’erano cose strane che si muovevano da sole e oggetti che non aveva mai visto prima. E gli sembrava di sentire ogni tanto suonare dei campanellini, oppure era qualcuno che cantava ma non si capiva da dove quei suoni venissero. Il suo tutore camminava speditamente accertandosi però che non rimanesse indietro. Talvolta salutava quelli che incrociava per strada ma non si fermava mai. Aveva notato che qualcuno dei passanti lo guardava con aria interrogativa. Non c’erano bambini in giro, forse era per quello. Probabilmente in quel quartiere le scuole non avevano avuto problemi con gli insetti. Poi qualcosa in una vetrina attirò il suo sguardo. C’era una divisa rossa da gioco,  o almeno così gli sembrava. Aveva dei paracolpi sulle spalle e alle ginocchia. Stava in piedi da sola ovviamente, senza un manichino dentro. E poi c’era una scopa, come quelle che zia Petunia usava per ramazzare nel giardino, ma era bellissima, col manico lucido e le setole fiammanti. E un boccino con delle piccole ali chiuso dentro una gabbietta. Si fermò d’istinto e per poco non perse il suo tutore che proseguiva imperterrito lungo la via. Quando Severus si accorse che Harry non era più al suo fianco fu preso per un attimo dal panico. Si guardò freneticamente attorno e per fortuna lo vide subito, qualche passo indietro, immobile davanti al negozio di articoli sportivi. Lo raggiunse immediatamente.

- Non lo faccia più intesi?! – prese il piccolo per un braccio in malo modo facendolo ruotare verso di sè. Harry si spaventò. Il signor Piton era arrabbiatissimo, ma lui si era solo fermato a guardare la vetrina. Cosa c’era di male? Severus si accorse che stava spaventando il bambino quindi si calmò.

- Potter doveva avvisarmi per Merlino! Se si perdesse sarebbe un grosso guaio capisce? –

- Se mi perdo posso chiedere ai poliziotti. –

- Qui non ci sono poliziotti Potter. E nessuno, le ripeto, nessuno, deve sapere chi lei è! Ne va della sua vita. – “E della mia”, aggiunse parlando a sé stesso.

- Comunque i geni evidentemente non mentono mai se fra tutte le vetrine ha scelto di fermarsi proprio qui. –

Harry non capiva.

- E’ una divisa da quidditch Potter. Con tutta l’attrezzatura. Uno sport in cui suo padre eccelleva particolarmente. Solo in quello per altro – Le ultime parole le disse a bassa voce.

- Ma la scopa a cosa serve? –

- A inseguire le palle. –

- Bisogna corrergli dietro con la scopa? –

- No Potter, la scopa serve per volare. E così che si rincorrono le palle, volando.–

Harry non poteva crederci. Volare su una scopa? Come le streghe….

- Il mio papà volava su una scopa? –

- I maghi usano normalmente le scope per muoversi.  Ovviamente non nei cieli di Londra Potter. –

- Ma non è una cosa da femmine? –

- Potter la prego, questi sono i soliti spropositi messi in giro dai babbani sulla nostra gente! La scopa è un banalissimo mezzo di trasporto magico, non il segno distintivo delle streghe. Ma perché me la prendo poi. E’ vissuto in mezzo a un branco di stupidi  fino a qualche mese fa. Forza proseguiamo, la bottega che cerco non è lontana. -  

- Severus Piton che si occupa di quidditch….interessante come la vita ad Hogwarts ti abbia rammollito. –

La voce suadente che colse Severus alle spalle lo fece irrigidire. Sapeva che voltandosi avrebbe trovato Lucius Malfoy. Si augurò che non lo avesse udito parlare ad Harry e si maledisse per aver usato il cognome del ragazzino invece che sceglierne uno fittizio. Una leggerezza imperdonabile da parte sua. Si ricompose all’istante e si girò. Malfoy era solo. Elegante e superbo, come solo lui sapeva essere.

- Salve, Lucius.  – Malfoy spostò lo sguardo su Harry e Severus trattenne il fiato.

- Noto che hai compagnia. Chi è il moccioso? – Dunque non lo aveva sentito fare il nome di Potter. Cercò una risposta che fosse credibile.

- Il figlio di amici. –

- Amici? Hai pure degli amici Severus? Non c’è proprio più religione. –

- Amici di Silente. Se non mi lasci finire di parlare…. –

- Così oltre a fare l’insegnante di pozioni per il vecchio preside fai anche il baby-sitter. C’è stato chi aveva progetti decisamente più grandi per te un tempo. –

- Non mi pare che sia andato tanto lontano però. –

- Tu invece sei sceso a patti col nemico. –

- La guerra è finita Lucius. Io sto solo sopravvivendo. E mi sta bene così. –

- Sei davvero triste. – Fissò ancora Harry. Il piccolo era evidentemente intimorito da Malfoy. Si era seminascosto dietro a Severus.

- Mi ricorda qualcuno… -

- Non vedo come sia possibile. La sua famiglia non è di queste parti. –

- E perché te ne stai occupando tu? Non avevi lezione stamattina, professore? –

- Avevo bisogno di rifornimenti. E il bambino non aveva mai visto Diagon Alley. – Severus sperava che Lucius non interrogasse Harry. Era quasi certo che non lo avrebbe fatto perché nella sua arroganza non si sarebbe abbassato a parlare con un bambino, figlio di amici di Silente. Ma nel dubbio cambiò discorso.

- Draco sta bene? –

- Certo, a parte il fatto che non vede mai il suo padrino. –

- L’ultima volta me lo hai impedito tu. Mi hai cacciato da casa tua. –

- Sono le tue attuali frequentazioni che non condivido, non prenderlo come un fatto personale. Ti avevo offerto un lavoro ricordi? –

- Il Ministero ti tiene ancora d’occhio Lucius. Io volevo rifarmi una vita. – Lucius sorrise perfido.

- Vita dici? Fare il servo a Silente? Ma in fin dei conti… servire sembra essere la sola cosa che ti riesce Severus. –

- Non disprezzare troppo il mio lavoro Lucius. Tuo figlio fra qualche anno sarà mio allievo. –

- Vedremo. Non è detto che lo iscriverò ad Hogwarts. – E dopo aver dato un’altra occhiata sprezzante al bambino battè a terra il bastone e si incamminò. Severus si sentì sollevato, la segretezza di Harry era salva. Ma le parole di Malfoy gli bruciavano dentro. Un servo. Questo era in fin dei conti. Impedito a vivere una vita solo sua. Ma non poteva che incolpare sé stesso. Venne riscosso dalla voce di Potter.

- Credo che il quidditch mi piaccia signore. Anche se non ci so giocare. -  Piton fece una smorfia contrariata ma fu felice che il piccolo avesse riportato la conversazione su argomenti più frivoli.

- E’ stato bravo. Se dovessimo incontrare qualcun altro, e spero proprio di no, lei si comporti esattamente come ha fatto adesso. –

Ad Harry quel signore biondo con il codino e il bastone non era per niente piaciuto. Aveva due occhi sottili che quando ti guardavano sembravano coltelli. E poi non era stato gentile col signor Severus anche se lui non aveva capito granché dei loro discorsi. Era felice che se ne fosse andato: aveva avuto un po’ paura, ad essere sincero, ma col signor Severus si sentiva al sicuro.

La tappa per il rifornimento di ingrediente base e spine di pesce leone fu breve ma sufficiente a lasciare Harry, per l’ennesima volta quel giorno, con la bocca aperta. In quel negozio c’erano vasi di tutte le forme e colori, pieni di cose talmente strane e schifose che avrebbero fatto la felicità di qualsiasi bambino. Finché il suo tutore si occupava dei propri acquisti il piccolo si aggirava fra gli scaffali. Non aveva ancora avuto il permesso di entrare nel laboratorio di Piton ma se anche ci avesse messo dentro il naso quello che c’era nel negozio avrebbe superato di gran lunga qualsiasi aspettativa. In un altro momento il professore si sarebbe attardato volentieri, vista anche la curiosità manifestata da Potter, ma l’incontro con Malfoy gli aveva messo una certa fretta di tornare ad Hogwarts. Prese ad Harry delle caramelle saponose: servivano a mantenere pulita la bocca senza necessariamente lavarsi i denti ed erano quindi comode da tenere in tasca quando si era fuori casa. L’importante era succhiarle. Masticandole avrebbero prodotto delle bolle come se a ingoiare una saponetta. Ovviamente gli proibì di portarle a scuola, ma considerato che quello era il terzo regalo del giorno, senza contare la fetta di Victoria cake, Harry era dispostissimo a qualsiasi sacrificio.

Erano quasi fuori dalla cittadella quando Severus si accorse di essere seguito. Era certo che fossero in tre. Non aveva idea però delle loro intenzioni e non aveva voglia di scoprirlo. Agguantò Harry e lo trascinò in una strada laterale. Sperava di sgattaiolare fra i vicoli del quartiere  vecchio e di uscire dal cancello nord. Poco importava se la strada per tornare verso i Kensington Garden sarebbe stata più lunga da lì e il bambino sicuramente stanco di camminare: arrivato a quel punto avrebbe preferito piuttosto prenderlo in braccio che fare spiacevoli incontri. Ma gli inseguitori furono più veloci. Quando capì che non aveva più vantaggio si fermò, spinse Harry in un angolo e gli fece segno di fare assoluto silenzio. Impugnò la bacchetta, senza estrarla però dalla giacca.

- Avete per caso smarrito la strada? – i tre inseguitori fermarono la loro corsa e arretrarono un attimo di fronte al pozionista. Era un uomo che metteva sempre una certa soggezione, anche apparentemente disarmato.

- Allora? – Lì studiò velocemente. Non li conosceva; a prima vista potevano sembrare dei balordi qualsiasi in cerca di soldi. Erano più vecchi di lui, fisicamente più grossi, con l’aria da scagnozzi abituati a svolgere lavori sporchi di bassa manovalanza . Questa almeno fu la sua conclusione. Probabilmente erano anche pessimi maghi. Ma dopo aver combattuto una guerra in entrambi i fronti non ci si fida più delle apparenze.

- Hai qualcosa che vogliamo. –

- Spine di pesce leone? Il negozio non è lontano da qui. Compratevele. -

- Non fare lo spiritoso. Sai benissimo di cosa parliamo. – Severus afferrò ancora più saldamente la bacchetta mentre Harry, dietro l’angolo, osservava la scena trattenendo il fiato. Se facevano del male al signor Severus lui come sarebbe tornato a casa? Non voleva tornare dagli zii. La sua nuova vita iniziava a piacergli davvero.  Col suo burbero signor Severus compreso.

- Consegnaci il bambino. E tornerai a casa integro. -

- Tornerò a casa integro in ogni caso. Vedete quindi di sparire. -

- Sei in minoranza numerica. E ti devi preoccupare anche del ragazzino. Non farei troppo lo spavaldo. –

- E voi dovreste stare attenti a chi importunate per la strada. Perché le sorprese possono essere spiacevoli. –

- E’ un rischio che si può correre se ti fa guadagnare un bel po’ di denaro. Il bambino è prezioso dicono. –

- Chi lo dice. –

- Le persone giuste. Quelle che sanno dove sta la grana. –

- Allora rivedete le vostre frequentazioni perché sono poco informate:  il bambino non è ricco. –

- A noi non importa. Verremo pagati comunque. – Severus macinava pensieri uno dietro l’altro nel tentativo di capire cosa volessero veramente quei due e soprattutto se Harry fosse o meno un bersaglio casuale. Ma aveva paura di scoprire la verità. Ad ogni modo doveva uscirne vittorioso se voleva portare a casa Potter sano e salvo. Senza perdere altro tempo estrasse velocemente la bacchetta e altrettanto velocemente schiantò il primo dei tre. Doveva pensare in fretta alle mosse successive, essere più veloce di loro perché nel frattempo i due rimasti in piedi estrassero anch’essi la bacchetta e iniziarono l’offensiva. Acuì i sensi, aveva imparato a farlo durante il periodo della guerra in cui aveva iniziato a fare il doppio gioco. Con la coda dell’occhio notò che uno dei due prendeva la direzione di Potter mentre l’altro restava a fronteggiarlo. Lanciò su Harry un protego e subito dopo un incantesimo di ostacolo sul suo assalitore. Contemporaneamente schivò il tentativo piuttosto goffo del terzo uomo di pietrificarlo. Il colpo rimbalzò sul muro accanto e sulla strada frantumandosi in schegge di luce. Come previsto erano maghi piuttosto scarsi, i loro colpi imprecisi e la scelta degli incantesimi dimostrava una conoscenza approssimativa della magia. “Ignoranti e presuntuosi ”, pensò, “pessima combinazione”. Schiantò con facilità anche il mago che gli stava di fronte poi si dedicò a quello che si era avvicinato pericolosamente a Harry. Usò il levicorpus, lo conosceva bene, lo aveva subìto e sperimentato già tante volte, gli dava sempre una certa soddisfazione mista a fastidio praticarlo. Il balordo si dimenava, sospeso a mezz’aria a testa in giù. Il pozionista lo raggiunse, le loro facce erano alla stessa altezza pur se sottosopra una rispetto all’altra e Severus provò un moto di puro, malvagio piacere a sentirsi il dominatore della situazione. Un rigurgito del suo vecchio sé stesso, una forte eco delle sue frustrazioni. Avrebbe potuto fare di quell’uomo quello che voleva. Ma si ricordò che lì c’era anche il bambino, quindi decise di non infierire ulteriormente ma di interrogarlo soltanto.

- Allora, idiota, chi vi ha pagato per fare questa ridicola figura. –

La posizione non aiutava il miserabile, e la netta superiorità dimostrata da Severus nel difendersi e ferire lo aveva intimorito. Iniziò a parlare subito. Probabilmente lo sguardo penetrante e spietato di Severus in quel momento era un ulteriore motivo per non fare reticenza.

- Un… un mago molto ricco… uno di quelli che contano e che non permette gli si dica di no… con due occhi che gelerebbero i pensieri. -  

- Biondo? Dall’aspetto signorile? –

- S…sì… ti prego fammi scendere… non sono in grado di farvi del male, l’hai… l’hai visto… -

- Non sareste stati in grado di colpire un bersaglio a un metro… ma tu resti qui perché non te non ho ancora finito…. legilimens. –

Entrò nei pensieri dell’uomo come un coltello che affonda in un panetto di burro. Nessuna resistenza, nemmeno un misero tentativo di opporsi a quella violazione. Una volta visto ciò che gli interessava, Severus lasciò perdere il farabutto, lo liberò dal levicorpus e lo lasciò cadere a terra dove rimase a lamentarsi e a leccarsi le ferite.

Harry intanto non aveva osato nemmeno respirare: durante quei pochi istanti in cui si era consumato lo scontro era rimasto perfettamente immobile, gli occhi puntati sul signor Severus, le mani strette insieme sul petto e il cuore che batteva forte per la paura. Aveva osservato i fasci di luce rossa uscire dalla bacchetta, volare a terra due dei tre uomini, e poi sollevarsi il terzo come se un gancio invisibile lo tirasse per una gamba. Era successo tutto talmente in fretta che non sapeva nemmeno se aveva avuto il tempo di sbattere le ciglia. E allora lo aveva visto, alla fine, Zorro, proprio a pochi passi da lui, col suo vestito nero, veloce e preciso, forte e coraggioso. Aveva una bacchetta invece della spada e non aveva la maschera ma poteva portarlo via da lì su una scopa invece che su un cavallo, e lo aveva difeso contro chi voleva fargli del male. Provò una venerazione infinita per il suo cavaliere che era stato così gentile quel giorno da fargli anche dei regali. Gli luccicavano gli occhi quando Severus si voltò verso di lui e non udì nemmeno le sue parole:

- Presto andiamocene. – Harry non si mosse di un passo. - Mi ha sentito? Non siamo al sicuro qui! – E afferrandolo ancora una volta con una certa asprezza se lo trascinò dietro lasciando a terra i tre uomini storditi.

 - Che le prende Potter? Non abbiamo tempo per spaventarci adesso, ci penseremo quando saremo rientrati ad Hogwarts. – Ma Harry non era più spaventato, era ancora in preda alla sua scoperta, in totale adorazione.  

Percorsero velocemente la strada che li separava dall’albero cavo a Kensignton: Harry faceva fatica a star dietro al suo tutore, aveva le gambe corte, lui, in fin dei conti, ma non emise un lamento e nemmeno si permise di protestare.

Una volta nuovamente ad Hogwarts il professor Piton assaporò l’aria familiare e sicura dei sotterranei. Lì era al riparo, e anche Potter lo era. Non doveva più preoccuparsi. Ma aveva davvero avuto paura. Sarebbe andato subito da Silente a riferirgli l’accaduto, benché avesse appurato che l’offensiva subita era solo frutto dell’insania di Malfoy e non celava quindi mandanti o scopi peggiori.

- Lei vada a lavarsi e a prepararsi per la cena. Gli elfi penseranno a tutto. Io devo andare dal preside. Potter?! A cosa sta pensando! –

La meraviglia del bambino non si era ancora esaurita. Nella sua testolina le immagini di quel pomeriggio si rincorrevano e lui restava lì, a contemplarle, come se stesse guardando un film che solo lui era in grado di vedere.

 - Potter! – Harry si ridestò.

- E’ tornato fra noi o è ancora a spasso per chissà quale mondo sconosciuto? Per quando rientro la voglio in pigiama, profumato di sapone e con il tovagliolo già sulle ginocchia. Intesi? –

- Si. Signore. – Severus non capiva quello sguardo sognante. Probabilmente le emozioni di quella giornata erano state troppe. E se ne diede la colpa: non avrebbe dovuto portarlo a Diagon Alley.

Raccontò ad Albus che l’aggressione era stata commissionata su due piedi da Lucius. Aveva trovato i tre energumeni in una bettola e li aveva assoldati. Il bambino era figlio di amici di Silente quindi si poteva far passare a Silente qualche brutta ora facendo sparire il moccioso e gettando i suoi genitori nel panico totale. Una piccola vendetta per un mangiamorte che aveva perso molto dopo la sconfitta di Voldemort e che girava libero solo perché non c’erano prove delle sue bieche frequentazioni. Albus e il suo pozionista erano sollevati ma consci che per Harry Potter il pericolo di vita non era del tutto escluso: quel giorno poteva succedere il peggio sebbene fosse stato un bersaglio accidentale. I due uomini si lasciarono con un moto di inquietudine: l’identità di Harry era salva ma la sua incolumità non così al sicuro come si erano augurati.

Severus rientrò nel suo appartamento e trovò il bambino pulito, in pigiama e seduto a tavola. Il pasto iniziò nel più totale silenzio. Poi Severus prese la parola, perché temeva che la disavventura avesse aggiunti nuovi traumi a quelli già esistenti.

- Si è spaventato oggi pomeriggio? –

Harry scosse la testa. Aveva la bocca piena e non voleva sputacchiare il cibo.

- Mi impegnerò affinché non venga più coinvolto in episodi così incresciosi signor Potter, temo che oggi sia stata colpa di una mia leggerezza e mi… dispiace. –

Harry continuava a masticare in silenzio. Non capiva tutto quel parlare forbito del suo tutore, a volte era davvero difficile seguirlo. Gli sembrava più cupo del solito ma di una tristezza diversa dalle altre volte. Ma come si faceva ad essere tristi dopo una giornata del genere? Non sapeva cosa dire in realtà, lui si era divertito tanto invece anche se aveva avuto un pochino di paura, però quando erano spuntati fuori quei tre brutti ceffi era stato davvero il momento migliore di tutti. Il signor Piton non sembrava dello stesso parere. Eppure era stato forte, aveva vinto no? Gli aveva stesi in quattro e quattro otto quelli là.  Appena ebbe modo rispose:

- Signore grazie per questa bella giornata. So che è una brutta cosa da dire ma… domani mi spiace un po’ tornare a scuola. –

Severus guardò il bambino con perplessità. Beata incoscienza: sembrava proprio non essersi reso conto di aver corso un rischio reale in quel vicolo.

- Bene allora…. allora meglio così, se non si è spaventato troppo intendo. Comunque se dovesse presentarsi ancora l’opportunità di lasciare il castello per una passeggiata sceglierò meglio la destinazione. – Harry ancora non capì. Ma sentiva come se avesse qualcosa di caldo che lo scaldava dentro, un benessere che non aveva mai provato prima. Si sentiva a casa, al sicuro. E l’uomo che viveva con lui… beh adesso non lo avrebbe più voluto cambiare con nessun altro.

Andò a dormire con il sorriso sulle labbra. Aveva fatto una cosa mentre il signor Severus era dal preside. Un piccolo segreto che il signor Severus avrebbe presto scoperto. Era un po’ curioso ma glielo avrebbe chiesto il giorno dopo, se gli era piaciuto.

Piton era distrutto: la giornata era stata impegnativa, sia fisicamente che moralmente. Passò come di consueto dalla camera di Potter, lo vide dormire abbracciato al suo orso. Notò che gli aveva tolto la maschera nera. Gli sfuggì una smorfia di biasimo: il tempo di Zorro, evidentemente, come era venuto era anche già passato.  Vide invece che i regali di quel giorno facevano bella mostra di sé sullo scrittoio e di ciò ne fu, volente o nolente, compiaciuto. Ancora non sapeva che di lì a qualche minuto, entrando nella propria camera, si sarebbe misurato ancora con nuove emozioni, sbattendo il naso contro la sua nuova vita. Come ogni sera avrebbe aperto la porta, si sarebbe diretto immediatamente in bagno per una doccia scaccia stanchezza, avrebbe raggiunto il cassettone per recuperare la biancheria pulita, poi, con delicatezza, avrebbe sfiorato il ritratto dei Lily che teneva sulla libreria lì accanto. Dalla stessa libreria avrebbe scelto qualcosa da leggere e infine si sarebbe avvicinato al letto. A allora l’ avrebbe ritrovata, la maschera. Appoggiata sul suo cuscino, come un fiore lasciato da un innamorato. Zorro non se ne era affatto andato. Avrebbe vagato per quelle stanze ancora per lungo tempo, tenendo per mano un ragazzino impaurito e insicuro. Lo avrebbe protetto e incoraggiato. Lo avrebbe elogiato e anche rimproverato, quando necessario. Ma non lo avrebbe mai deluso e lasciato solo. Severus ancora non lo sapeva: il segno di Zorro, quel giorno, aveva preso il posto del marchio nero sulla sua pelle.         

 

 

 

 

   

 

 

  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Floramoss