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Autore: _apefrizzola_    09/03/2016    6 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Capitolo 14
 

LA STESSA STRADA

 

 





Zonko era pieno zeppo di studenti e nonostante questo Sirius si muoveva tra scaffali e banconi con  sorprendente facilità, sfiorando con la punta delle dita praticamente tutti gli oggetti presenti nella lista delle ‘diavolerie’ bandite da Gazza. 
Sgusciava con non chalance tra le persone, mantenendo sguardo e sorrisetto provocatori su Liv che lo seguiva con attenzione passo dopo passo. Quelle mani che sfioravano tutto ma non prendevano mai niente la stavano facendo innervosire. 
Ogni volta che si fermavano su una scatola di Dolci Singhiozzini o sopra una maxi busta di Caccabombe, Liv tratteneva il respiro preparandosi a prenderne qualcuna anche lei ma, dopo qualche secondo, le lunghe dita di Sirius ci camminavano sopra, annoiate e altezzose.
«Bella tattica, Black, complimenti. Hai intenzione di comprare qualcosa entro oggi? Perchè altrimenti, visto che ci siamo, prendiamo direttamente i regali di Natale» esordì ironicamente Liv seguendo con gli occhi le mani di Sirius che accarezzavano con esasperante lentezza una Tazza da Tè Mordinaso.
Il beffardo sopracciglio nero si sollevò in un’espressione da la prendo o non la prendo?’ così irritante tanto da poter seriamente far saltare fuori la bacchetta di Liv da un momento all’altro. 
Prima che potesse succedere, però, Sirius aveva già spostato la sua attenzione dalla tazza ad un cesto colmo di Fuochi d’Artificio del Dottor Filibuster.
Liv non riuscì a fare a meno di sorridere sarcasticamente, incrociando le braccia al petto. Black non avrebbe mai potuto usare quei cosi, al castello.
«Sul serio, Black?» gli chiese senza riuscire ad abbassare gli angoli delle labbra. 
Lui si limitò ad allargare il ghigno, giocherellando con una scatolina dai colori fluorescenti. Le occhiate incuriosite ed allarmate delle ragazze attorno le fecero notare che quella situazione era decisamente fuori dagli schemi: non si era mai ritrovata da sola con Black, ad Hogsmeade.
Quelle lì pensavano forse che fosse ad un appuntamento con lui? Le loro facce preoccupate erano buffe da guardare ma il divertimento per le espressioni delle osservatrici sparì quando si accorse che Sirius non era più davanti a lei. 
Si era distratta un attimo ed era sparito, come un bambino al centro commerciale babbano.
«Che stronzo» mormorò a denti stretti adocchiandolo a pochi metri di distanza. La stava guardando con ancora quell’espressione maliziosa in volto mentre allungava un braccio sullo scaffale stracolmo di Boomerang Rimbalzatutto e pacchetti di Pallottole Puzzole. La mano si spostava tra le due scelte, fintamente indecisa. 
Liv serrò la mascella, cominciando a fare lo slalom tra la gente. Quando raggiunse la postazione del suo avversario lui era già sparito.
Si chiese se, da quando aveva cominciato a perderlo di vista come una cretina, lui stesse effettivamente prendendo qualcosa.
«Ti sei arresa?» le chiese Sirius sbucando alle sue spalle senza preavviso. Liv si voltò di scatto, notando con suo profondo rammarico un paio di fuochi d’artificio e un pacchetto di Pallottole Puzzole tra le mani di Black.

«Olivia? Allora?» la stuzzicò in tono canzonatorio lui, lo sguardo penetrante immerso nei suoi occhi.
Liv ricambiò con un sorriso altrettanto malizioso. Il Sapone di Uova di Rana la stava chiamando a gran voce dalla scatola in legno sul bancone davanti. S'infilò tra due persone, tenendo lo sguardo su Sirius, e senza ripensamenti afferrò la saponetta ben incartata.
«Quella non mi serve, grazie. Sarebbe più utile a Mocciosus» commentò lui sollevando entrambe le sopracciglia prima di guardarsi attorno con occhi socchiusi e rapiti da delle inquietanti girandole dall’aria sospetta.
Liv anticipò la sua mossa, afferrandone una per prima. Non sapeva nemmeno cos’era ma era meglio per lei vederla nella sua mano e non in quella di Black.
«E secondo te, Mocciosus  toccherebbe una cosa che ha la forma di una saponetta?» gli chiese.
Il sorriso di Sirius si allargò a dismisura, piacevolmente sorpreso dalla battuta. La seguì con lo sguardo mentre avanzava lentamente tra gli altri studenti. Il fatto che quegli occhi scuri fossero ancora incollati ai suoi rallentò per un istante il suo tempo di reazione. 
Liv aveva già preso due bustine di Vermi Sibilanti quando lui si spostò verso lo scaffale delle Caccabombe.
Vagarono per tutto il negozio senza perdersi di vista, gli unici ad avere giacche babbane in pelle nera, rispondendosi a vicenda con sguardi e sorrisi che da provocatori e beffardi divennero sinceramente divertiti.
Se Sirius sbatacchiava tra la folla una confezione di chissà cosa in direzione di Liv che stava dall’altra parte della stanza, lei rispondeva a dovere con un altro oggetto dall’aria simile.
Liv si distrasse soltanto una volta: quando dovette allungarsi per accaparrarsi un Frisbee Zannuto che stava su una mensola troppo in alto.
Non fu un grave errore perchè Sirius non approfittò di quel breve attimo per riempirsi le mani di buste e bustine. 
Usò quei preziosi ed interminabili secondi per osservare con attenzione le due fossette sulla parte inferiore della schiena inarcata di Liv, lasciata leggermente scoperta dal giubbino in pelle che si era sollevato insieme al maglione quando lei aveva tirato sù le braccia. 
Nemmeno quando il maglione tornò al suo posto Sirius riuscì a distogliere gli occhi grigi ma il suo sguardo fu subito casualmente posato sul gruppo di Corvonero lì vicino appena Liv sventolò con un enorme sorriso il suo Frisbee Zannuto verso di lui.
S'incontrarono in fila davanti alla cassa, entrambi ridenti e con le braccia cariche di ‘diavolerie’ che Gazza non avrebbe di certo approvato.
Lo sguardo penetrante di Sirius dai grandi occhi scuri di Liv scese a curiosare tra le cose che lei aveva in mano. 
Liv sollevò il mento, pronta ad attaccare anche se con una punta di sincero divertimento nella voce.
«Non bisogna sottovalutare gli oggetti babbani che potrebbero essere utilizzati per uno scherzo. Il mio baule ne è pieno e tu non hai la minima idea di che cosa siano. Quindi, anche se ti stai studiando a memoria questi pacchetti, sappi che ho altre armi». Liv si stupì di se stessa. Stava davvero elogiando qualcosa di 'non-magico' a discapito della magia?
«Non ci sono oggetti babbani che tengano contro questa roba» ribattè Sirius sollevando leggermente la piccola montagna tra le mani. 
Liv scosse la testa, convinta e sempre più infastidita dal fatto che Black era l'unico che riusciva a farle dire certe cose.
«Senza un comunissimo e babbanissimo frullatore non avrei mai potuto impiastrare la cucina della mia vicina di casa e il ‘delizioso’ vestitino di quella vipera di sua figlia, anni fa»
«Ah, sì? E come avrei fatto io a staccare dal muro e far volare sù per le scale tutte le teste mozzate degli elfi domestici fino alla camera di Walburga e Orion senza la magia ‘involontaria’- che tanto involontaria non era-?»
Liv si ritrovò a ridere sommessamente mentre la fila avanzava di un cliente e Sirius, così come lei, rimase per un attimo sconcertato dal fatto di star scherzosamente dialogando con lei. Era strano, stranissimo, ma sorprendentemente piacevole.
«Perchè hai sporcato il vestito di quella bambina?» le chiese Sirius, lo sguardo curioso adesso fermo sulle labbra di Liv che distolse lo sguardo da lui per concentrarsi sui capelli castani della ragazza che avevano di fronte nella fila.
«Era tutta la giornata che quell’odiosa parlava del suo abito. Ore ed ore di elogi per quel vestito che continuava a confrontare con i miei pantaloncini e la mia canottiera. Che cosa ci potevo fare se l’unico che mi comprava le cose era mio padre, in quel periodo?» rispose, schietta.
Sirius sorrise aggiungendo mentalmente un pezzo al misterioso puzzle che era Olivia.
«Ti chiederei perchè hai fatto volare quelle teste mozzate di elfi, ma l'unica domanda che mi viene da dire è... perchè diamine i tuoi genitori hanno teste mozzate di elfi in casa?» domandò Liv con faccia orripilata.
Le labbra di Sirius si abbassarono in un mezzo sorriso amareggiato. «Facevano paura a Regulus» si limitò a dire trovando anche lui interessanti i capelli castani della ragazza di fronte. «Adesso, molto probabilmente, li ha in camera al posto dei peluche».
Liv, cogliendo una sfumatura decisamente sferzante nel suo profondo tono di voce, lo scrutò con la coda dell’occhio: Sirius si era leggermente oscurato anche se cercava di fare l’indifferente socchiudendo gli occhi e sollevando leggermente gli angoli delle labbra.
Tutto in quel viso altero ed improvvisamente immobile suggeriva freddezza e Liv portò il suo, perplesso, verso la cassa ormai davanti a loro. 



 
 

 

*

 



«Alice!» gridò Mary avvistando il viso tondo e cordiale della ragazza in divisa da Auror appostata davanti alla porta dei Tre Manici di Scopa.
Si affrettò a raggiungerla e in un attimo la vecchia compagna di Casa la tirò a sè per poterla abbracciare forte.
«Mary! Come stai?»
«Sto soffocando»
Alice rise insieme all’amica che fu prontamente liberata dalla stretta soffocante.
«Adesso sto bene» fece Mary sorridente. Erano anni che Alice aveva finito gli studi ad Hogwarts, anni che non la vedeva, ed era sempre la solita allegra ragazza amica di tutti.
«Ti conviene entrare subito se non vuoi stare in piedi! In dieci minuti sono entrate dozzine di persone! Ma le altre dove le hai lasciate? Non mi dire che Lily è con James... no, non sarebbe possibile. E Liv? Si è decisa ad uscire con quel Tassorosso? Com’è che si chiamava?».
Mary scoppiò a ridere, di nuovo. Alice era rimasta indietro di sei anni. «Mi raggiugeranno tra poco. Lily continua a preferire la Piovra Gigante a Potter e Liv non ha nessuna intenzione di uscire con il suo cercatore avversario» spiegò con calma per godersi la reazione che sapeva sarebbe esplosa sul viso gentile di Alice.
Quel volto infatti si illuminò, sorpreso dall’ultima notizia. «Ce l’ha fatta!? É in squadra!?» chiese, euforica. Mary annuì, orgogliosa per la sua amica, venendo bloccata ancora prima di iniziare a parlare.
«Ciao, Alice. Mary.» salutò con un certo imbarazzo Remus, passando lì davanti prima di aprire la porta e sparire dentro al locale il più velocemente possibile.
«Ciao, Remus!» rispose sconcertata Alice rivolgendosi poi a Mary, rimasta bloccata e a disagio al suo fianco «Ma che ha? O meglio... ma che avete?» si corresse, incerta e sempre più divertita, scrutando la bionda per bene.
Mary si morse il labbro inferiore cercando di sorridere. L’unica cosa che le uscì fu un ghigno per niente bello che fece ridere Alice senza alcun ritegno.
«Vi siete baciati finalmente!»«Non dire sciocchezze, Alice. Sai, ripensandoci... credo che il tavolo lo occuperò alla Testa di Porco... lì di sicuro troverò posto»
«Non dirle tu le sciocchezze, Mary. Quel posto è sudicio e pieno di Vampiri, in senso letterale. Sbrigati a raggiungere il tuo futuro fidanzato o ti ruberà l’unico tavolo libero».
Mary spalancò gli occhi nocciola senza staccarli da Alice che si era incollata al vetro della porta del pub per controllarne l’interno.
«Sembra non si sia ancora accorto dell’unico tavolo libero nell’angolo a destra. Muoviti» la incitò l’Auror. «E offrigli da bere, non essere maleducata! Anche se è molto più probabile che sia lui ad offrirti una Burrobirra. Hai scelto un vero Gentleman, ragazza!» continuò ridacchiante, aprendole addirittura la porta.
Mary sospirò entrando dentro al pub.
L’idea di andare alla Testa di Porco non era da prendere nemmeno lontanamente in considerazione: Lily l’avrebbe presa per pazza.
La stessa cosa valeva per la Sala da tè di Madama Piediburro: Liv l’avrebbe linciata, dopo aver vomitato.
Il solito piacevole tepore che avvolgeva i clienti appena varcavano la porta per Mary si era inspiegabilmente trasformato in un caldo asfissiante che la costrinse a sfilarsi con urgenza la sciarpa dal collo.
Eppure sembravano tutti a loro agio lì dentro.
Scorgendo Remus vagare per i tavoli affollati il caldo aumentò e anche il mantello finì appeso al braccio insieme alla sciarpa rossa e oro.
Un’indaffarata e ridente giovanissima Madama Rosmerta stava al bancone, pieno come un uovo, e il tavolo indicato da Alice era effettivamente libero. Con un ultimo sguardo a Remus si decise a dirigersi verso quell’angolino in fondo ma non riuscì nemmeno a fare un passo perchè lo sguardo di Remus la centrò in pieno. Gli occhi ambrati di lui ci misero pochissimo a spostarsi sul tavolo libero a pochi metri da Mary che nello stesso suo momento scattò in avanti dando il via alla gara per accaparrarsi i posti.
Mary fu grata di essersi liberata da sciarpa e mantello ma quasi imprecò a voce alta quando un signore con un enorme cappello a punta le sbarrò la strada con la sedia che il suo amico prese per sedersi al suo fianco. Remus aveva recuperato quei pochi metri che aveva di vantaggio, malissimo.
Si scusò con il signore mentre lo scavalcava senza troppi complimenti e riprese a sgusciare tra sedie e tavoli il più velocemente possibile. Sperò con tutta se stessa che l’educazione di Remus lo bloccasse in qualche modo. Di certo lui non avrebbe mai scavalcato una persona per passare...
 Restò sorpresa quando lui passò sotto al tavolo di un gruppo di ragazze Corvonero che urlarono spaventate ritrovandoselo tra le gambe.
Non riuscì a frenare la risata che esplose spontanea alla vista di quella scena e non riuscì nemmeno a non pensare a quanto lui fosse bello quando sbucò dal tavolo per ricominciare a correre nella sua stessa direzione con una risata spensierata sulle labbra e i capelli castani spettinati.
«MIO!» fecero all’unisono poggiandosi al tavolo con il fiatone. Nessuno dei due voleva credere di essere arrivato nello stesso momento dell’altro. Rimasero poggiati al tavolo, l’uno di fianco all’altra, senza osare guardarsi.
Remus si sarebbe volentieri nascosto sotto al tavolo delle Corvonero. Era stata una follia ed era una follia anche la situazione in cui si trovava in quel preciso momento. Sentiva Mary respirare rumorosamente alla sua sinistra e vedeva le sue mani aggrappate al legno graffiato del tavolo, proprio vicino alle sue, graffiate anche loro ma dalla luna piena della settimana prima.
E adesso che diamine doveva fare?! Di nuovo silenzio no, Remus non poteva accettarlo. Era imbarazzante! Anche se tutto lo era.
Stare zitto era imbarazzante. Parlare era imbarazzante. Muoversi era imbarazzante. Ma non potevano stare così, come due statue.

«Il tavolo... è abbastanza grande... e le sedie sono giuste» esordì timidamente senza staccare gli occhi dal tavolo e dalle loro mani. Sentì Mary sospirare e muoversi. Forse era il caso di imitarla e raddrizzarsi in una postura molto più dignitosa.
Si staccarono dal tavolo, a disagio. Mary si sistemò la corta frangia bionda annuendo più a se stessa che a Remus. Anche perchè non lo stava affatto guardando in faccia.
«Sì. Ho visto» disse, riferendosi alle sette sedie che sarebbero benissimo bastate per entrambi i due gruppi. Quello che non andava bene era che i due gruppi non andavano affatto d’accordo. Mary si immaginò Lily seduta allo stesso tavolo di Potter e poi Liv con Black. Era come innescare una bomba. Ma cosa poteva dire? Niente. Anzi, doveva per forza dire qualcosa perchè il silenzio non si poteva più sopportare.
«Quindi...» cominciò incerta pensando che l’imbarazzo era uguale «Lo dividiamo?».
Remus annuì, nervoso, grattandosi la nuca. James l’avrebbe benedetto per l’ottima occasione che gli aveva regalato, lo sapeva.
Allontanò di scatto la mano dai disordinati ciuffi di capelli castani pensando a quanto stupido e sciatto dovesse apparire- Ci manca solo che pensi abbia le pulci a parte la salute cagionevole- e con un gesto cordiale del braccio la invitò a prendere una sedia. «Vado... ad ordinare. Cosa volete tu, Lily e Liv?» chiese gentilmente sollevando finalmente gli occhi su di lei.
Dire che era rossa era dire poco. Remus sperò con tutto se stesso che almeno lui non fosse dello stesso suo colore o si sarebbe davvero nascosto sotto al tavolo.
E perchè faceva così caldo? Nemmeno a dicembre c’era tutta quell’afa, lì dentro.
«Tre Burrobirre» farfugliò Mary tamburellando le dita sul tavolo per fare l’indifferente senza riuscirci. «Anzi... due Burrobirre e un'Acquaviola, grazie» si corresse subito sentendo un’altra ondata di caldo invaderle le guance. La burrobirra fumante avrebbe soltanto peggiorato il suo essere diventata una stufa ambulante.
Remus annuì con un sorriso e si allontanò velocemente da lì per andare dritto al bancone affollato, ricominciando a respirare come se fosse appena emerso dall’acqua. Era davvero preoccupante il fatto che ogni volta si riduceva in quello stato pietoso.

Il boccheggiare di Mary era tenuto d’occhio dalla strega palesemente perplessa seduta al tavolo vicino. Mary le sorrise, sventolandosi il menù davanti al viso arrossato. Quel caldo era anomalo, non poteva essere soltanto colpa di Remus e dei suoi modi gentili.
Mary si vergognava di se stessa per essere così sensibile a quel ragazzo, e perchè gli aveva detto di prendere un Acquaviola? Non le piaceva nemmeno. Le Burrobirre esistevano anche fredde, in bottiglia.

Ma forse aveva fatto bene a chiedere l’Acquaviola, bere dalla bottiglia non le riusciva tanto bene e più evitava le situazioni da brutta figura e meglio era.
Vide Remus prendere con una certa difficoltà il vassoio che Madama Rosmerta gli stava porgendo con sorriso cordiale. Cosa c’era da sorridere? E che si coprisse quel decoltè ogni tanto! Cos’aveva quella ragazza poco più grande di lei di così tanto speciale a parte quelle due cose enormi sotto alla maglietta?
Smise di fulminarla- anche se lei non si era minimanente accorta di essere stata trucidata con lo sguardo- quando vide Remus avanzare tra i tavoli con l’ansia dipinta in volto. Nel vassoio traballavano cinque bicchieri di Burrobirra, la sua Acquaviola e una bottiglia di Burrobirra, fredda. Mary si chiese se anche lui sentisse il vento del deserto in faccia o se semplicemente non gli andava di bere qualcosa di caldo. Ma forse più che pensare a cosa Remus avesse in faccia avrebbe fatto meglio a pensare a cosa aveva tra le mani e ad alzarsi per andare ad aiutarlo.
«Stai seduta, ce la faccio!»
Mary si riabbassò sulla sedia dopo essersi sollevata a metà in una posizione ridicola. Perchè non si era fatto aiutare e basta? Si sarebbe potuta alzare del tutto per fare qualcosa di normale come camminare, afferrare qualche bicchiere, invece di rimanere con le mani in mano in quel posto che cominciò a riscaldarsi di nuovo appena Remus poggiò con un sospiro sollevato il vassoio sul tavolo.
«Visto?» esclamò Remus dandosi subito dell'idiota. Visto!? Cosa doveva vedere? Remus si sarebbe sbattuto il vassoio in testa. Odiava quando la lingua si muoveva da sola senza seguire il cervello. Cosa c’era di così tanto spettacolare nel portare un vassoio ad un tavolo? Il sorriso di Mary, però, la fece sembrare una cosa eroica.
«Grazie, Remus» fece lei irrigidendosi nella sedia quando lui prese posto accanto a lei con fare impacciato.

«Ma figurati» rispose Remus passandole il bicchiere con l’Acquaviola ed afferrando la sua Burrobirra.
Sia la fredda bottiglia di Burrobirra che l’Acquaviola furono svuotate ad una velocità allarmante, impressionando non poco la strega che poco prima si era preoccuata del boccheggiare di Mary.
Soltanto quando Remus aveva imparato a memoria l’articolo sulla Gazzetta del Profeta del mago davanti, e Mary conosceva vita, morte e miracoli delle ragazzine Tassorosso al tavolo lì vicino, accadde qualcosa di totalmente inaspettato: sia lei che Remus scoppiarono a ridere senza più riuscire a fermarsi.
«Sembra di stare all'inferno!»
«Oh, allora non sono solo io che sento il vento del deserto in faccia! Pensavo di avere qualche problema. Anche una stanza piena di Salamandre e Schiopodi Sparacoda potrebbe essere paragonata a questa»
«É vero! L’aula di Divinazione è molto meno soffocante!»
«Non me la ricordare! Meno male non siamo più obbligati ad entrarci! E le serre di Erbologia a giugno?»
«Dei forni! Anche l’Ufficio di Vitious non scherza, ci sei mai stata?»
 
 
 
 

 

*

 
 
 
 
 
Gli occhi neri di Piton vagavano sospettosi sugli Auror appostati negli angoli della strada. Lily non aveva ancora ottenuto una risposta alla domanda: ‘Allora? Adesso che siamo soli parla’. Sapeva che era lì per Remus. ‘Il segreto non è il mio’ non poteva significare altro, a meno che non volesse parlare di qualche segreto di Avery, Mulciber o Black. Molto improbabile.
Perchè allora voleva parlare di Remus dal nulla, dopo anni? Lui non poteva sapere che aveva capito, come faceva a sapere che aveva scoperto di Remus?
Una strana sensazione cominciò ad insinuarsi in Lily che continuò a fissarlo con crescente confusione. Piton voleva di sicuro andare in un posto meno affollato.
«Non ci sposteremo da qui, Severus» disse decisa per attirare su di sè l’attenzione. Lui infatti riportò lo sguardo serio su di lei.
«Potrebbero sentirci» mormorò lanciando l’ennesima occhiata all’Auror davanti all’Ufficio Postale di fronte.
«Se parliamo a bassa voce non ci sentiranno» ribattè secca. Non aveva nessuna intenzione di allontanarsi dagli Auror. Era un controsenso ma, la sensazione di protezione che gli stavano dando le procurava anche dolore, dolore perchè si sentiva protetta da loro e non da Severus come invece era stato un tempo.
La paura era per lui, il suo ex amico che un tempo la faceva sentire al sicuro e che adesso invece rappresentava la fonte del pericolo.
Con un piccolo sbuffo contrariato Severus si decise a parlare, tenendo la voce più bassa possibile.

«Hai finalmente controllato il calendario? Hai finalmente capito che le mie teorie su Lupin erano vere?»
Lily rimase in silenzio, assottigliando gli occhi un po’ per il vento e un po’ per quelle domande che confermavano i suoi pensieri.
«Tu come fai a saperlo?» gli chiese cercando di restare calma.
Piton fece un mezzo sorriso abbassando lo sguardo sulla sciarpa verde stretta spasmodicamente nelle sue mani.
«Potter e Black... lo sanno, sanno che tu sai. Mi hanno attirato fuori dal dormitorio di notte la settimana scorsa... erano convinti fossi stato io a rivelarti il segreto». Aspettò che Lily parlasse di nuovo ma non accadde, si era come pietrificata.
Con gli occhi verdi spalancati e la bocca semiaperta, non pensava nemmeno più a togliersi i capelli dal viso arrossato dal freddo.
Sapevano? Potter e Black sapevano e quindi anche Peter... e Remus. Come?
«Lily» la richiamò Piton con crescente emozione «Lily, sai la verità! La sai! Lupin è un Lupo Mannaro!» 

Quel sussurro eccitato e quella luce che gli illuminava gli occhi neri scosse Lily. «Sì, e quindi?» sbottò con rabbia. Lo sguardo di Severus si spense all’istante ma, una punta di speranza restò ad illuminarne il fondo.
«E quindi?» ripetè sconvolto come se lei non avesse capito un semplicissimo concetto da primo anno. «É pericoloso. É una bestia. Devi stare alla larga da lui e da Potter! Stare alla larga da tutti loro!»

Lily lo bloccò all’istante con un’occhiata furiosa e tagliente. «Con che coraggio riprendi questo discorso, Severus?» sibilò gelida. «Dall’ultima volta che mi hai ripetuto queste parole è passato più di un anno»

«Ma adesso sai che è la verità!» mormorò lui, deciso a non mollare.
«La verità è che quello pericoloso sei tu! Tu e quegli incantesimi che ti inventi, tu e i tuoi amici che volete diventare...»
«Sssst!»
«Non mi allontanerò da Remus. Proprio perché so la verità, gli starò ancora più vicina».
La sorpresa e la crescente angoscia sul viso di Piton indurirono ulteriormente i lineamenti di Lily che sentiva le lacrime pungere dietro alle palpebre.
Non erano lacrime per il vento che si era sollevato con maggiore forza e non erano nemmeno per il sole che era sbucato da un grosso nuvolone scuro; erano per la consapevolezza che il suo ormai ex amico non sarebbe tornato mai più, quel bambino era sparito del tutto.
«Nemmeno se ti dicessi che lui era d’accordo con gli altri a farmi incontrare il loro amico lupo sotto al Platano?» si affrettò a dire Piton, come se si stesse liberando di un veleno trattenuto in bocca per troppo tempo.
«Che cosa vuoi dire?» esalò Lily, stranita. Piton parve rinascere a quella vista, come aveva sperato; rinvigorito da quello spiraglio di speranza, di probabile contatto con lei.
«Sei tu che ti sei infilato là sotto, Severus. Tu che li spiavi di continuo per capire cosa facessero ogni volta, tu e la tua teoria su Remus! Invece di lasciarlo in pace! Sei tu che ti sei messo nei guai da solo e Potter ti ha salvato!»
Piton quasi indietreggiò, orripilato e oltraggiato come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso.
«Io non... non è così!» sibilò, cinereo e rosso al contempo.
«Puoi inventarti quello che vuoi, ma rimani tu quello pericoloso» lo fermò Lily con voce decisa e sprezzante nonostante facesse male dire quelle parole. «E mi sembrava di essere stata chiara quando ti ho detto che ognuno di noi due ha scelto la propria strada. Nella mia strada i Lupi Mannari come Remus si sostengono, non si isolano o distruggono. Nella mia strada non si umiliano i Nati Babbani e non si usano Maledizioni Oscure. Nella mia strada tutti vanno rispettati. Vorrei tanto poter dire che la mia strada è anche la tua, ma non lo è» continuò freddamente Lily. L’espressione attonita e addolorata di Piton non la fermò. «E non lo sarà mai» concluse, sicura della propria frase.

Severus non le avrebbe mai più chiesto di parlare, glielo leggeva negli occhi neri improvvisamente opachi e velati, ed era scritto chiaro sulle labbra pallide serrate con forza; quelle labbra che come negli ultimi due addii rimasero chiuse e non aperte per smentire le sue parole, ma serrate per creare un silenzio che acconsentiva quelle convinzioni che Lily aveva sperato fossero false.
Non le apriva per dire ‘No, Lily, non userò mai più la Magia Oscura e non voglio più diventare Mangiamorte’ oppure ‘Sì, Lily, la tua strada è anche la mia’. Severus non parlava, Severus non avrebbe mai percorso la sua stessa strada.
 


 

 

*

 
 
 



«Ci verrà uno di quei mal di stomaco da paura!» esclamò Peter trotterellando al fianco di James con due bustoni di Mielandia carichi di dolciumi. Le stecche di liquirizia che fuoriuscivano come bacchette magiche gli stuzzicavano il naso con il loro invitante profumo. James rise apertamente prendendogli una busta per alleggerirgli il carico.

«Ma chi se ne frega, Pete! Andremo tutti e quattro in bagno e ci passserà!»
Le risate si prolungarono quando videro Sirius e Liv usire da Zonko con parecchie buste appese alle braccia.
«Piccioncini!» li salutò James con sguardo malizioso.
«Riprova a dire una cosa del genere e ti ritroverai la testa da Mondomago e il corpo alla stazione, James» lo stroncò Sirius in perfetta sintonia con l’occhiata assassina di Liv.
«Sono timidi, Ramoso» li sbefeggiò Peter facendo sbucare la faccia dall’enorme busta profumata di zucchero.

«Mi sa che hai proprio ragione, Codaliscia» lo assecondò James fissando con insistenza lo sguardo fintamente disinteressato di Sirius.
«É meglio se mi allontano da voi. Non vorrei mettere in pratica quello che ha detto Black» sbottò Liv infilandosi il mantello prima di incamminarsi verso i Tre Manici di Scopa con le pesanti buste in mano.
Lily e Mary di sicuro avevano già finito la loro Burrobirra.
«Le hai guardato il sedere, Felpato»
«Sì»
«Sirius... lo sai»
«É la tua Cercatrice» rispose prontamente lui pensando alla regola di James che gli proibiva categoricamente di uscire con le sue giocatrici per non distruggerle prima di una partita con il suo occasionale e canino ‘mordi e fuggi’.
«Ecco. E quindi?»
«E quindi niente, James. Hai una Cercatrice con un gran bel sedere ma non ho alcuna intenzione di ‘sconvolgerla’, tranquillo». L’intenzione c’era eccome, però, quelle due fossette sulla schiena inarcata non riusciva a togliersele dalla testa.
Quando passarono davanti al negozio di accessori per il Quidditch di fianco all’ufficio postale, ritrovarono Liv, attaccata alla vetrina che catturò in men che non si dica anche James.
«Merlino! Questa è la nuova Nimbus 1500, McAdams! In estate non era in vendita!»
«Sì, lo so! Con questa potrei sorpassare Ned Stevens in cinque secondi!»
«Prendila!»
«Ma sei pazzo, Potter? Hai visto quegli zeri? Non sono Galeoni disegnati, fanno parte del prezzo»
«Ma cosa vuoi che sia! A Natale sarà mia!»
«Cosa vuoi che sia per un riccone come te, Potter, vero?»
Peter picchiettò con un dito il braccio di Sirius che staccò gli occhi da James e Liv per seguire la direzione suggerita dall’indice dell’amico.
C’era Evans dall’altro lato della strada, in piedi davanti a Mocciosus.
«Credo ci sia una cosa ‘più importante della scopa’ di là» affermò con la certezza di riuscire ad attirare immediatamente l’attenzione di James. Lui infatti si voltò di scatto facendo spaventare Liv.

«Che c’è?!» chiese lei imitandolo.
La testa rossa di Lily vicino a quella nera di Piton fecero sparire la Nimbus1500 in un attimo.

«LILY!»

«EVANS!»
Lily diede le spalle a Severus per sorridere in direzione di Liv che con una breve corsetta le fu subito vicino, seguita da Potter. Potter che sapeva che anche lei sapeva.
Piton si allontanò, non prima di aver risposto all’occhiata torva di James.
«Che cosa ti ha fatto?» chiese con durezza Liv.

«Niente. Ha soltanto capito che parlare con me è una perdita di tempo. Penso proprio che non si avvicinerà più» rispose apparentemente tranquilla Lily, continuando a sforzarsi il più possibile per sorridere.

«Raggiungiamo Mary ai Tre Manici di Scopa» le propose Liv, piuttosto turbata dal fatto che Piton cercasse ancora di avvicinarsi alla sua amica.
«Anche noi stiamo andando lì» s’inserì James ridente, anche se tutto quello che voleva fare era andare a Schiantare Mocciosus. Evans sorrideva ma, in fondo, era terribilmente triste. «Il nostro Remus si starà chiedendo che fine abbiamo fatto».
«Andate, allora, Potter» disse Lily osservandolo con calma. James sorrise capendo benissimo perchè non si era ancora mosso. Per quello era ancora lì, per quello non aveva rincorso Mocciosus con la bacchetta sguainata: per la sensazione di invincibilità che si sentiva addosso insieme agli occhi di Lily quando non erano minacciosi.
Quell’invincibilità, però, non era più soltanto invincibilità fine a se stessa: era voglia di far sentire invincibile anche Lily.

«La strada è la stessa, penso sia inevitabile camminare vicini, no?» fece James ritrovando tutta la sua verve. 

Lily lo fissò così intensamente, colpita, tanto da farlo ammutolire. “Inevitabile camminare vicini”.

«Sì, Potter, la strada è la stessa» rispose cominciando a caminare senza fretta con Liv al fianco e James alle spalle, vicino.
La strada era la stessa e non soltanto quella per raggiungere I Tre Manici di Scopa. Anche Potter si trovava nella strada dove i Lupi Mannari come Remus si sostenevano; quella dove non si umiliavano i Nati Babbani e non si usavano le Maledizioni Oscure.
Ecco, forse Potter prendeva una via diversa da quella tutti vanno rispettati’ ma la strada principale era la stessa.
Lily non si sentiva nemmeno più in pericolo, si sarebbe tranquillamente allontanata dagli Auror con Potter. Lui non era pericoloso, proprio come Remus.

Fu davvero buffo vedere un Auror sbracciarsi verso di loro quando si avvicinarono ai Tre Manici di Scopa. Alice sorrideva così tanto mentre li richiamava sventolando le braccia che il suo sorriso si poteva vedere  lontano di parecchi metri.
«Alice!» la salutò raggiante Lily una volta davanti a lei che l’abbracciò forte per poi indicare la porta del pub.

«Guardate un po’ dentro... il tavolo nell’angolo a destra» sghignazzò trascinando tutti verso il piccolo vetro appannato.
«Non sono Remus e Mary quelli, vero? O si? Sono Remus e Mary?»
«Certo che lo sono, Liv! Ma guardali!»
«Che cosa succede!? Spostatevi, vogliamo vedere anche noi! Remus è nostro...»
«Dopo, Potter! Smettila di spingere!»
«Stanno ridendo e parlando come due persone normali, Ramoso»
«Black, levati!»
«Io sono troppo basso! Non vale!»
«Pete, non ci vedo nemmeno io. Felpato, aggiornaci visto che le donzelle qui presenti sono così pettegole tanto da non riuscire a staccarsi da lì»
«Potter, ritira subito quello che hai appena detto o ti faccio ingoiare quella bacchetta di liquirizia senza fartela masticare»
«La solita violenta... Sirius, è il mio sedere quello che stai toccando»
«Ecco perchè non era formoso e femminile. Stavo cercando quello di Olivia» mentì Sirius, aspettando la reazione che era andato a cercarsi.
«Che cosa, Black?» sbottò, infatti, Liv.
«Non possiamo raggiungerli... guardate come stanno bene da soli»
«Ma cosa dici, Evans? Io dico di entrare. Piuttosto, guarda se ci sono Burrobirre sul tavolo. Avranno ordinato anche per noi, no?»
«Cos’è questa storia del mio sedere, Black?» continuò con voce minacciosa Liv staccandosi dalla porta per spintonare Sirius sul petto e guardarlo bene in faccia.
«Oh, finalmente! Vieni Pete!» esclamò James prendendo il suo posto in prima fila.
«Quando un sedere è ben messo bisogna dirlo» fece Sirius con naturale e sfacciata disinvoltura.
Liv restò muta, incapace di credere alle parole appena sentite. Black aveva appena detto che aveva un bel sedere? La stava prendendo in giro, come al solito.
«Piantala» disse semplicemente, velenosa.
Sirius sollevò entrambe le sopracciglia, trattenendo una risata per quel suo non vedere quanto gli piacesse.
«Oh, Black, tu non sai in che guaio ti sei appena cacciato. Non aspetterò nemmeno il tuo scherzo, attaccherò e basta» lo minacciò Liv non immaginando affatto che così, invece di spaventarlo, lo aizzava ed attirava ancora di più. 
La luce negli occhi grigi avrebbe dovuto dirle qualcosa, ma era troppo occupata a maledirlo mentalmente per farci caso.
«Ci credo che non ti interessa uscire con quel Tassorosso, Liv» le mormorò Alice facendole l’occhiolino.
«Hai ragione, Evans» spezzò il silenzio James, sorprendendo tutti con quell’affermazione di certo non da lui. «É meglio lasciarli da soli».
Adesso che poteva scrutare attraverso il vetro della porta non c’erano dubbi sul da farsi: vedere Remus così rilassato e sorridente era così raro che l’ultima cosa che voleva era disturbarlo.  
«Sei Potter o il suo fratello gemello che nessuno conosce?» chiese ironica Lily guardandolo di traverso come se fosse un Avvincino fuori dall’acqua. Potter che le dava ragione era davvero un’assurdità.
«Sono James Potter che non ha mai visto Remus così sereno con una ragazza, Evans» rispose lui in un sorriso sincero.
La piacevole e sorpresa espressione che Lily assunse gli fece passare la voglia di bere Whisky Incendiario per tutta la vita: si sentiva ubriaco, stordito, ubriaco ... ubriaco l’aveva già detto?
Quel sorriso amichevole era stato rivolto nella sua direzione? Aveva visto bene? Anche se era durato pochissimo, Evans l’aveva regalato a lui? Sul serio?
Perchè continuava a vederselo davanti agli occhi anche se lei si era girata sul vetro della porta per continuare a spiare Mary e Remus? Perchè si era spento così presto?
Una destabilizzante e sconvolgente certezza gli si scaraventò addosso come un bolide; lo stesso forte bruciore che aveva sentito quando aveva visto Evans baciare Owen gli graffiò lo stomaco come un animale rabbioso: non poteva fare a meno di quel sorriso, non avrebbe potuto scambiarlo con nessun'altro.
Cercò gli occhi grigi di Sirius, trovandoli già fissi sui suoi, e si trattenne dall’afferrarlo e trascinarlo verso il posto più appartato del mondo per poter aprire la bocca.
Ma con Sirius non serviva parlare, lui aveva capito benissimo.
«L’acqua calda, Ramoso?»
Sì, quello stronzo che adesso cercava di nascondere un ghigno sadico aveva decisamente capito.
E, sì, era ufficialmente nella merda. Se stesso, non Sirius, se stesso era nella merda più totale perchè quello innamorato di Evans non era Sirius, ma lui

«Potter?! Levati quell’espressione da idiota e togli la mano dalla maniglia o rotoleremo dentro il pub come degli scemi!»





 

   
 
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