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Autore: Adeia Di Elferas    09/03/2016    1 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ La corte, tornata a Forlì, si era già messa all'opera per riprendere in mano gli affari dello Stato e riordinarli. Anche se da Imola Caterina aveva fatto del suo meglio, essere sul posto rendeva le cose più facili.
 Girolamo stava apparentemente riprendendo un po' di fiducia in se stesso, tanto che aveva ripreso a presenziare assieme alla moglie in Consiglio e alle questue della popolazione.
 Caterina era abbastanza soddisfatta della nuova condizione di suo marito, tuttavia capiva bene che non bastava averlo rimesso in pista, per farlo digerire ai forlivesi.
 Ci voleva qualche idea vincente, qualcosa che riavvicinasse definitivamente la città al suo signore, perché senza l'appoggio dei cittadini, loro non sarebbero mai stati al sicuro.
 Se Caterina avesse avuto più fede, avrebbe detto che ci voleva un 'miracolo', ma non credeva più ai miracoli da quando aveva annusato l'aria malsana che si respirava in Vaticano.
 
 La sera di domenica 18 novembre, più o meno alle dieci, brandendo una pesante croce di ferro, un giovane uomo, magrissimo e dal passo pesante, entrò in città in abiti per metà talari e per metà secolari.
 Fin da subito catturò l'attenzione dei forlivesi che lo incontravano e quando cominciò a parlare, attirò a sé una quantità incredibile di gente e portò tutti verso il cimitero di San Mercuriale.
 Malgrado il freddo e il buio, continuavano ad arrivare persone, tutte curiose di scoprire chi fosse quello strano pellegrino e cosa avesse da dire.
 Quando finalmente parlò, disse, tra nuvole di vapore: “Io sono Giovanni Novello, nato a Siena ventiquattro anni fa.”
 Si mosse in tondo, per guardare tutti i presenti, che lo avevano circondato, e nel fare ciò i suoi piedi scalzi lasciarono impronte di sangue in terra.
 La sua pelle era pallida, ma le gote erano arrossate dall'aria gelida della sera. I suoi capelli erano biondissimi, tanto da sembrare bianchi e nei suoi occhi ardeva un fuoco sacro che a molti fece subito pensare di essere di fronte a un santo.
 “Fino all'età di diciassette anni – riprese il pellegrino – ho condotto la vita del soldato. Usavo le armi dell'uomo per togliere la vita all'uomo e non vedevo la Verità.”
 Tutti i forlivesi, alcuni muniti di torcia, cercavano di indagare il più possibile di quel profilo deciso eppure ascetico, mentre il giovane uomo proseguiva: “A diciassette anni ho capito che la via che avevo scelto non era la via della salvezza. Da sette ormai vivo così come mi vedete ora: da penitente! E sono qui giunto a voi per portarvi la Parola! Per aprirvi il mondo del Signore!”
 I forlivesi tutti, pure i non credenti, a quella promessa esultarono come se avessero loro offerto un baule pieno d'oro.

 “E cosa sta facendo?” chiese Caterina, dubbiosa, quando Giuliano Feo arrivò a palazzo a riferire quello che stava accadendo al cimitero di San Mercuriale.
 “Sta predicando...” spiegò l'uomo.
 Caterina ci pensò un momento, poi chiese: “E cosa predica, di preciso?”
 Giuliano alzò le sopracciglia e rispose: “Le solite cose, più o meno... La penitenza, la conversione, quello che dicono tutti questi esaltati.”
 Allora Caterina andò alla finestra, per vedere di nuovo la folla che si era stagliata nei pressi di San Mercuriale.
 Anche Cesare e Bianca le stavano accanto e guardavano fuori. Perfino Girolamo si era degnato di andare a vedere coi suoi occhi e fissava sbigottito quel dispiegamento di gente a qualche finestra di distanza da loro.
 “Chiamatelo qui, appena avrà finito di predicare. Voglio parlargli di persona.” ordinò Caterina, congedando Giuliano Feo, che fece un inchino e se ne andò.
 Da dietro il vetro, la Contessa osservò la figura smunta e dolente di quella specie di santone che avevano detto di chiamarsi Giovanni Novello. Sembrava davvero giovane e parlava con grande trasporto. Muoveva le braccia e indicava di quando in quando chi gli stava davanti.
 Peccato non riuscire a sentire cosa stesse dicendo di preciso...
 Girolamo si allontanò dalla finestra e guardò la moglie, che invece era ancora immersa nell'osservazione e teneva i due figli per mano.
 “Perché lo vuoi incontrare?” chiese, con un velo di preoccupazione.
 Era quasi comico, per Caterina, vedere come ogni cosa che avesse a che fare con la Chiesa o con la cristianità spaventasse nel profondo Girolamo, proprio lui, quello che aveva avuto uno zio papa e che ne era andato tanto fiero...
 “Perché non tutti sanno catturare così l'attenzione di questa città. Se potremo, lo sfrutteremo a nostro vantaggio.” spiegò ella, allontanandosi a sua volta dalla finestra.

 Giovanni Novello venne portato nel palazzo che era già tarda notte. Aveva predicato senza sosta per ore e quando finalmente Caterina l'ebbe davanti a sé, le venne da chiedersi come avesse potuto quel giovane pelle e ossa resistere tanto a lungo senza svenire.
 “Sedetevi.” disse Caterina, indicando una sedia che aveva disposto davanti al suo scranno.
 Giovanni scosse il capo: “No, preferisco restare in piedi.”
 “Volete del cibo? Del vino? Dell'acqua?” offrì la Contessa, seriamente preoccupata per la salute di quel pellegrino.
 Giovanni fece di nuovo segno di no e, quasi spazientito, domandò: “Perché mi hanno portato qui? Non ho commesso nessun crimine.”
 “No, assolutamente, nessuno vi accusa di nulla.” si affrettò a dire Caterina.
 La luce delle poche candele che illuminavano la sala delle udienze gettava una strana ombra su quel mezzo santo e Caterina per un momento ne ebbe quasi paura. C'era un qualcosa che bruciava, nell'anima di quell'uomo che era suo coetaneo, una rabbia ardente eppure priva di ogni connotazione negativa. Lo invidiava per la fede febbrile che dimostrava di avere...
 “Vorrei che domani predicaste di nuovo, ma in pubblica piazza, qui, di fronte al palazzo, e di giorno.” disse Caterina, alzandosi e avvicinandosi al senese: “Vorrei davvero che la mia città vi sentisse di nuovo predicare, ma che lo facesse con animo libero, senza dover pensare ai figli assonnati o al mal di schiena che arriva alla sera dopo una lunga giornata di lavoro. Vorrei che vi potessero ascoltare sapendo di avere le botteghe chiuse e le pance piene. Gli abitanti di questa città sembrano molto interessati al vostro messaggio e quindi desidero che vi ascoltino di nuovo.”
 Giovanni Novello la ascoltò con attenzione, il volto corrucciato e le braccia lungo i fianchi magri, poi annuì: “Mi sta bene. Ditemi quando dovrò cominciare e parlerò a tutti di come la vita di ciascuno può cambiare in meglio, se abbracceranno la fede nell'unico vero Dio.”
 Caterina restò una volta di più colpita dalla passione che grondava da quelle parole, ma non lasciò trapelare la sua timorosa ammirazione: “Quanti anni avete detto che avevate, quando avete cominciato a predicare?” chiese solo, senza inflessione.
 “Diciassette.” rispose il pellegrino, alzando il mento.
 Caterina pensò che lei quando aveva più o meno diciassette anni aveva fatto nascere Cesare, il suo secondogenito e che aveva corso la piazza, proprio lì, a Forlì e poco dopo aveva fatto nascere Bianca.
 Forse, se all'epoca non fosse stata impegnata a sopravvivere a tutte quelle prove, anche lei avrebbe avuto il tempo di scoprire la fede.
 “Eravate un soldato, prima?” chiese Caterina, ancora senza intonazione.
 Il pellegrino annuì: “Lo sono stato, ma ora rinnego quella vita.”
 “Perchè?” domandò la Contessa, accigliandosi.
 “Perchè quella non è una vita da cristiano, ma da carnefice. Solo qualcuno che odia il suo prossimo potrebbe prendere con coscienza una spada e deliberatamente uccidere un altro essere umano. Chi pensa solo alla guerra, non è degno della vita che vive.” rispose Giovanni Novello: “Specialmente se si tratta di una donna.” aggiunse, con durezza.
 “Va bene. Vi farò comunicare tutti i dettagli appena possibile. Ora andate a riposare.” concluse Caterina, improvvisamente desiderosa di congedarsi dal religioso.
 La superiorità morale del suo interlocutore cominciava a irritarla. Quell'ultima stoccata, poi, l'aveva ferita in modo particolare.
 Quell'uomo non era uno sprovveduto, né uno stolto, come forse voleva far credere con quei vestiti luridi e quei piedi scalzi e pieni di piaghe. Sapeva bene con chi stava parlando e sapeva dove colpire.
 “Prima di riposare vorrei trovare un prete per farmi confessare.” disse il mezzo santo.
 “Cercate e lo troverete.” concesse Caterina.

 Quel giorno tutti i negozi e le attività commerciali erano state chiuse per ordine dei Conti Riario, che volevano l'intera popolazione radunata nella piazza centrale.
 Giovanni Novello era entusiasta di avere un simile pubblico e aveva deciso di dare il suo meglio, per cercare di convertire veramente il maggior numero di fedeli possibile.
 Girolamo, affiancato dll'ambasciatore milanese Oliva, stava a una delle finestre più in vista, molto curioso di sentire le parole del mezzo santo.
 Caterina, assieme a tutti i figli – Sforzino e Galeazzo Maria erano in braccio alle balie – stava a una finestra meno centrale, ma i suoi occhi non si staccavano dall'immagine esile eppure ricca di forza di Giovanni Novello.
 Il giovane uomo cominciò la sua predica come aveva fatto la prima volta e, fin dalle primissime parole, l'attenzione di tutti fu solo per lui.
 Più la sua arringa cresceva di intensità, più la risposta dei presenti era vivace e appassionata. Era come se avesse il potere di infiammare gli animi di chi lo ascoltava. Era come se la sua testimonianza vivente bastasse anche ai più scettici per ritrovare la fede perduta.
 Girolamo smise per un momento di ascoltare e di guardare il pellegrino, per vedere come stava reagendo la moglie a tanto entusiasmo popolare.
 Credeva di vederla soddisfatta o almeno di scorgerle in viso l'espressione che faceva quando un suo piano andava come sperato. Perché Girolamo ne era convinto: sua moglie aveva permesso a quell'esaltato di parlare di nuovo a Forlì solo perché sperava di accattivarsi i forlivesi tutti con quel gesto.
 Invece, quando le puntò contro gli occhi, la trovò assorta, con un'impercettibile ruga nel mezzo della fronte, gli occhi concentrati e una piega indefinibile delle labbra, come se fosse preoccupata.
 Stava per chiederle qualcosa, quando l'Oliva disse: “Ma che sta dicendo...?”
 Al che Girolamo tornò ad ascoltare le parole di Giovanni Novello, che aveva preso a dire: “E che venga istituito subito! Vi dico, subito! Una città come questa ha bisogno di un Monte di Pietà!”
 In molti batterono le mani e gridarono per dimostrare il loro appoggio, ma il santo li mise a tacere con un gesto imperioso delle mani e proseguì: “Quanti poveri potrebbero così avere il danaro che necessitano per guarire dalle malattie, per comprarsi il pane, per non dover andare a rubare e ammazzare? Quante donne sole potrebbero così avere di che vivere senza doversi abbandonare al peccato? Quanti bambini verrebbero strappati alla fame, se solo i genitori potessero accorrere a un Monte di Pietà?”
 Caterina si scostò dalla finestra. Le balie la guardarono interrogative, ma lei si limitò a scuotere il capo e andò verso il marito: “Fai in modo che quell'uomo predichi anche mercoledì nella chiesa di San Francesco e che porti avanti questa idea del Monte di Pietà.”
 Girolamo fece un passo verso di lei e chiese: “Ma perché...?”
 “Perché quell'uomo ci ha appena dato la soluzione a parte dei nostri problemi, ecco perché.” rispose lei, infastidita.
 Girolamo la guardò allontanarsi, senza più dirle nulla. Lanciò uno sguardo ai figli che non parevano molto scossi dal comportamento della madre. Soltanto Ottaviano aveva messo il broncio e aveva incrociato le braccia sul petto, deluso dal fatto di essere stato lasciato solo coi fratelli a guardare quel mezzo pazzo che gridava in mezzo alla folla.
 Perché sua moglie se n'era andata con quel fare stizzito, in netto contrasto con quello che aveva detto?
 Girolamo si rassegnò a non capire e tornò ad ascoltare il pellegrino, già in agitazione al pensiero di doverlo incontrare per riferirgli le parole di Caterina.

 Un Monte di Pietà, come aveva fatto a non pensarci prima...?
 Cateria non si dava pace. C'era voluto un senese penitente per farle capire cosa serviva per lenire il morso della povertà in Forlì.
 Certo, non sarebbe stata una soluzione per tutti i mali, ma sarebbe stato già un grande passo avanti.
 Si doveva solo far votare l'idea in Consiglio e...
 Caterina si passò una mano sulla fronte. Il Consiglio avrebbe bocciato di sicuro quell'idea. Per quanto potesse sperare nelle parole accorate di quel predicatore, nessuno avrebbe accettato.
 Dove prendere i fondi per cominciare?
 Come sostenere il Monte di Pietà una volta avviato?
 Forse avrebbe potuto convincere i possidenti maggiori e gli ebrei della città a contribuire, ma a che prezzo?
 La verità era che avrebbe dovuto pensarci prima, molto prima, e forse allora, prima delle carestie, prima delle congiure, prima della peste, prima della morte di Sisto IV, ecco, forse allora avrebbe avuto modo di creare il Monte di Pietà e di convincere i cittadini più ricchi a sostenerlo.
 Ormai era tardi. Nessun possidente avrebbe mai accettato di aiutare gli odiati Conti Riario...
 Con un sospiro abbattuto, Caterina pregò che almeno le buone intenzioni venissero premiate dalla popolazione anche se, dopo tante parole, un Monte di Pietà non sarebbe mai arrivato.

   
 
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