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Autore: Adeia Di Elferas    11/03/2016    1 recensioni
Caterina Sforza, nota come la Leonessa di Romagna, venne alla luce a Milano, nel 1463. Si distinse fin da bambina per la sua propensione al comando e alle armi, dando prova di grande prontezza di spirito e di indomito coraggio.
Bella, istruita, intelligente, abile politica e fiera guerriera, Caterina passò alla storia non solo come grande donna, ma anche come madre di Giovanni dalle Bande Nere.
La sua vita fu così mirabolante e piena di azione che ella stessa - a quanto pare - sul letto di morte confessò ad un frate: "Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo..."
[STORIA NON ANCORA REVISIONATA]
Genere: Drammatico, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Rinascimento
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~~ Girolamo si sentiva fiero di sé, per la prima volta da non ricordava nemmeno più quando.
 Aveva incontrato Giovanni Novello, per riferirgli le parole di Caterina e aveva voluto aggiungere anche alcuni dettagli di sua iniziativa, certo di far cosa gradita alla moglie.
 Il martedì il mezzo santo avrebbe predicato, su sua precisa richiesta, nel monastero di Santa Chiara solo per le monache.
 Il mercoledì, finalmente, avrebbe tenuto l'arringa finale nella chiesa di San Francesco, dove avrebbe dovuto – a sua insaputa – convincere anche i membri del Consiglio cittadino.
 Girolamo era convintissimo che la sua decisione di appoggiare incondizionatamente l'istituzione pronta e immediata di un Monte di Pietà gli sarebbe valsa se non il perdono plenario di Caterina, almeno un piccolo riconoscimento. Forse non era ancora troppo tardi per guadagnarsi l'affetto della moglie. Forse quel predicatore in aria di santità era stato mandato a lui da Dio proprio per permettergli di ricucire una storia mai iniziata.
 Pregò a lungo, quella sera, il Conte. Pregò come mai in vita sua. Se esisteva un Dio, doveva per forza ascoltarlo, tanto erano insistenti e accorate le sue preghiere...!

 Il mercoledì, Giovanni Novelli si presentò nella chiesa gremita di gente, pronto a sfoderare tutta la sua arte oratoria.
 Erano accorsi così tanti forlivesi che anche le strade limitrofe erano piene all'inverosimile e solo i più mattinieri erano riusciti a guadagnarsi un posto degno di questo nome.
 Caterina sedeva assieme al marito e a parte dei membri del Consiglio cittadino su un piccolo spalto messo a punto per l'occasione.
 Tutti i notabili della città erano in bella vista, pronti a farsi riempire le orecchie di pietà cristiana e di fervore salvifico, anche se molti di loro avevano approfittato di quell'occasione per mettere in mostra i gioielli e gli abiti migliori in loro possesso e far sfigurare invece i modesti abbigliamenti del Conte e della Contessa.
 Girolamo era abbastanza teso, ma quella volta credeva davvero nella buona sorte e nell'aiuto dell'Onnipotente.
 Caterina gli aveva scorto in viso un'espressione diversa dal solito. Era anche rimasta colpita dalla solerzia con cui quella mattina suo marito si era preparato di tutto punto e si era affrettato a raggiungere la chiesa di San Francesco. Già aveva temuto di doverlo trascinare di forza, quindi tanto entusiasmo era quanto meno sospetto.
 Giovanni Novello non ringraziò i presenti, né si presentò più. Cominciò la predica all'improvviso, come un rombo di tuono, allargando le braccia e fulminando il pubblico con sguardi penetranti e parole vibranti di passione: “Pentitevi!” aveva gridato: “E aprite il cuore al nostro unico salvatore!”
 Aveva attaccato con quello che ormai doveva essere un repertorio consolidato, con frasi a effetto ed esempi della bontà, ma anche dell'inflessibilità, di Dio. Aveva poi elogiato tutti quegli uomini che abbandonavano i beni terreni in favore di quelli spirituali e aveva anche puntato il dito – non solo metaforicamente – contro coloro che preferivano la spada al crocifisso.
 Mentre il suo indice era ancora verso il palchetto su cui troneggiava Caterina, Giovanni cambiò repentinamente registro, facendosi improvvisamente lieto, seppur sempre molto incisivo: “Ma coloro i quali hanno dimenticato la Via la possono ritrovare! Il Conte Riario ha deciso di far istituire il Monte di Pietà in questa vostra città! E per farlo ha annunciato che egli stesso verserà trecento ducati di tasca propria!”
 Un boato di sorpresa e di riconoscenza si alzò tra i presenti, mentre sul palco d'onore si creava un clima molto strano.
 Girolamo sorrideva con nervosismo, perchè quello era il momento che aspettava e temeva più di ogni altro.
 I membri del Consiglio avevano cominciato a parlottare concitatamente, chi più allarmato, chi più sconcertato, chi decisamente divertito da una simile fandonia – perchè tale doveva essere!
 Caterina, invece, era rimasta immobile, il viso impietrito e gli occhi fissi su Giovanni Novello.
 Trecento ducati.
 Dove li avrebbero mai presi, trecento ducati?
 Girolamo tentava senza sosta di incrociare lo sguardo di sua moglie, ma questa fece finta di non accorgersene e seguitò a guardare il santo che argomentava e vociava senza tregua...

 Appena finita la predica del romito, tutti i forlivesi continuarono a dargli il tormento, chiedendo benedizioni, consigli e preghiere.
 Caterina Sforza, invece, insieme al marito e ai membri del Consiglio dei Quaranta, non diedero più peso a Novello e si apprestarono a imbastire una seduta straordinaria.
 Arrivati a palazzo, nella sala del Consiglio, tutti quanti presero subito il loro posto e cominciò la lotta senza quartiere.
 “Dove credete di trovare i soldi che avete promesso per il Monte di pietà?” attaccò subito uno dei Quaranta: “Nelle tasche dei forlivesi, forse?!”
 “Appunto!” inveì un secondo, alzandosi il dito al cielo: “Altre tasse! Ecco la vostra soluzione alla fame! Tasse! Tasse! Tasse!”
 “Suvvia...!” rise Matteo Menghi, facendo segno a tutti di calmarsi: “Se il Conte ha fatto questa promessa, è perchè puà permettersi una simile spesa!”
 Caterina guardava suo marito perdere di secondo in secondo tutta la sicurezza che aveva recuperato in settimane intere di cure intensive e si trovò a essere furiosa sia con lui sia con il Consiglio.
 “Piuttosto – prese la parola Ludovico Orsi – a noi preme sapere chi dovrebbe contribuire all'istituzione di questo Monte di Pietà!”
 “Non i proprietari terrieri, voglio sperare!” intervenì il rappresentante dei possidenti agrari.
 “Ma nemmeno i cittadini più facoltosi!” fece uno dei più ricchi bottegai di Forlì: “Altrimenti sappiate fin da subito che da noi non avrete un centesimo!”
 Girolamo stava sudando freddo. La situazione gli stava sfuggendo di mano e avrebbe dato dieci anni di vita, pur di poter essere altrove.
 “E non crediate nemmeno di avere l'appoggio delle famiglie più antiche e nobili.” precisò Ludovico Orsi: “Perchè a queste condizioni noi non ci stiamo. Avremmo la disponibilità economica per contribuire, certo, ma...”
 “La disponibilità che vi deriva dal prestito ancora insoluto che vi ha fatto mio marito il Conte ormai anni fa?” chiese a bruciapelo Caterina, mettendo a tacere subito Orsi, che si rimise a sedere con un'espressione basita in volto.
 “Se non volete altre tasse per la popolazione, allora sappiate che il Monte di Pietà ci serve.” proseguì la Contessa: “Se voterete contro questa giusta idea del Conte, sappiate che non potremo fare altrimenti se non veder morire di fame i vostri concittadini.”
 “Se ci tenete tanto – disse uno dei Consiglieri – mettete voi tutti i soldi che servono, quando vedremo i risultati, allora contribuiremo anche noi.”
 “Non voglio insultare la vosta intelligenza mettendovi davanti all'ovvio fatto che noi non disponiamo di una cifra sufficiente per tenere in piedi da soli un Monte di Pietà.” fece notare Caterina.
 “E allora la cosa più semplice da afare a questo punto è lasciar perdere.” disse Matteo Menghi, allargando le braccia.
 “Voi siete i Consiglieri di mio marito, dovreste fare gli interessi di Forlì e invece fate solo gli interessi vostri e delle vostre tasche!” perse la pazienza Caterina: “La popolazione si aspetta un Monte di Pietà, dopo le prediche di questi giorni! Provate a pensare a cosa accadrà se si sentiranno opporre un no senza aver udito delle valide scuse!”
 “Trovatele voi, le scuse! L'idea è stata vostra o se è stata del santone, bene, voi l'avete assecondato, quindi il pasticcio è tutto vostro! Non possiamo assumerci un rischio e una spesa simili, quindi sì, parliamo per le nostre famiglie, che sono quelle che permettono ancora a Forlì di stare in piedi, quindi non lamentatevi oltre e pensate ai vostri affari: siete una donna, dovreste badare a quei vostri poveri figli, invece che impicciarvi di cose che non potete comprendere!” sbraitò uno dei Consiglieri, sbracciandosi come un matto: “Quindi propongo la votazione immediatamente!”
 “E sia, votiamo.” acconsentì Caterina, la voce fredda e i pugni stretti in grembo: “Ma sappiate che ricorderò tutte queste vostre 'difficoltà' e quando sarà il momento saprò come regolarmi con tutti voi.”
 Nessuno colse la minaccia sottintesa nelle parole della Contessa, perciò si votò e l'ipotesi di istituire un Monte di Pietà venne bocciata.
 Si decise che al popolo sarebbe stata detta solo la mezza messa e che quindi si sarebbe aspettato di veder sbollire l'effetto mistico di Novello, sperando che i forlivesi avrebbero dimenticato la promessa fatta dal Conte.
 Solo Girolamo capì quanto grande fosse la rabbia di sua moglie e solo lui comprese quanto sarebbe potuta essere temibile e inattesa la sua vendetta. Quella donna, con lui, era stata capace di architettare una penitenza durata anni... Chissà cosa mai avrebbe escogitato per farla pagare a tutti quei sedicenti 'signori'.

 “Prima che ve ne andiate, voglio che sappiate che il Consiglio non ha voluto concedere a Forlì un Monte di Pietà.” disse piatta Caterina.
 Giovanni Novello sospirò, inarcando un sopracciglio: “Non mi aspettavo che il mio messaggio venisse capito da tutti.”
 “Vi assicuro che ho fatto quel che potevo, perchè l'idea piaceva anche a me.” confessò Caterina.
 “Evidentemente vi piaceva per i motivi sbagliati, altrimenti Dio vi avrebbe aiutata.” l'attaccò Novello, quasi esultante: “Se l'aveste voluto per aiutare i poveri, allora il Signore avrebbe posto la sua mano su di voi, ma scommetto che l'avete fatto solo per motivi economici e politici e quindi Dio vi ha abbandonata.”
 “Dio mi ha abbandonata molto tempo fa.” lo corresse Caterina.
 Giovanni Novello la fissò un momento, perplesso, poi prese quelle parole come un commento sprezzante atto solo a indispettirlo, quindi preferì concludere in fretta l'udienza: “Forlì mi ha molto deluso, non credo che ripasserò da questa città, al mio ritorno.”
 “Come preferite.” disse Caterina e, con quelle parole, gli indicò la porta: “Anche noi siamo rimasti delusi... Speravamo che le vostre parole avessero più potere.”

 Per alcuni giorni in città non si parlò d'altro se non delle prediche travolgenti tenute dal romito che se n'era andato alla chetichella, rifuggendo l'ultimo bagno di folla.
 In molti si aspettavano di sentir proclamare istituito un Monte di Pietà da un momento all'altro, mentre certi, più pragmatici, erano già convinti che non se ne sarebbe fatto nulla.
 “Tanto adesso che importa a quelli è solo il matrimonio del figlio del Governatore Ricci.” stava dicendo disincantato un cliente di Andre Bernardi, mentre questi affilava il rasoio: “Dei poveri si sono già dimenticati.”
 “Quelli ci hanno illusi, come si fa con le bestie: gli metti davanti la carota, ma intanto gli dai un colpo di frusta.” disse un altro.
 Il Novacula, che era rimasto colpito come gli altri dalle parole di Giovanni Novello, ma che si era anche reso conto in fretta di quanto fossero effimeri i suoi bei discorsi, provò a dire: “La Contessa si è adoperata molto per i poveri della città, anche quando c'era la peste...”
 “La Contessa si adopera anche troppo...!” sghignazzò il cliente che era di turno: “L'hanno vista tutti in questi ultimi giorni continuare a correre alla rocca. Ad addestrarsi con la spada assieme al castellano, non so se mi spiego...!”
 E tutti i presenti risero come fossero in un'osteria e come se il soggetto del doppio senso non fosse la Contessa Riario, signora della città.
 Andrea Bernardi arrossì di imbarazzo e subito uno dei clienti prese quella reazione come segno di gelosia, così gli diede una pacca sulla schiena, dicendo, tra le risate: “Dai, Bernardi! Prima o poi verrà anche il tuo turno!”
 “Già! Per forza corre alla rocca...” aveva preso a dire intanto un altro: “Il Conte è troppo occupato a pensare ad sistemarsi i capelli come fosse una donnicciola...!”
 “E la Contessa è troppo occupata a pensare a sistemare il castellano di Ravaldino!” insinuò il primo cliente, con un gesto volgare e un ghigno che era tutto un programma.

   
 
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